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Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 24 giugno 2014, n. 14326. Nella nozione di "trattamento", ai sensi dell'art. 4, comma 1, lettera a), del codice in materia di protezione di dati personali, è compresa anche l'estrazione di dati, come pure la presa di cognizione ed il successivo utilizzo, come nel caso di specie, per fini commerciali di un numero di fax risultante dall'elenco delle Pagine gialle. Infatti, l'art. 129, comma 2, del codice, in attuazione della disciplina comunitaria e in particolare della direttiva 2002/58/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 12 luglio 2002, ha individuato nella "mera ricerca dell'abbonato per comunicazioni interpersonali" la finalità primaria degli elenchi telefonici realizzati in qualunque forma (prevedendo, in relazione a tale finalità, il principio della massima semplificazione per l'inclusione in essi degli abbonati), mentre il trattamento dei dati inseriti negli elenchi, se effettuato per fini ulteriori, diversi da quelli interpersonali, e in particolare per scopi pubblicitari, promozionali o commerciali, è lecito – come precisato dal Garante con il provvedimento 15 luglio 2004, relativo ai nuovi elenchi telefonici – solo se è effettuato con il consenso specifico ed espresso degli interessati, non integrato dalla mera possibilità di opporsi

Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 24 giugno 2014, n. 14326 Ritenuto in fatto 1. – Con ordinanza-ingiunzione in data 20 gennaio 2012, il Garante per la protezione dei dati personali ha intimato alla s.r.l. Manage Consulting International il pagamento della somma di Euro 10.400 a titolo di sanzione amministrativa pecuniaria per le violazioni...

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Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 19 giugno 2014, n. 26596. La transnazionalità di cui all’art. 3 L. 146/2006 citato non dà luogo ad un'autonoma fattispecie di reato, costituendo un predicato riferibile a qualsiasi delitto, che non comporta alcun aggravamento di pena, ma produce gli effetti sostanziali e processuali previsti dalla stessa legge

Suprema CORTE DI CASSAZIONE sezione V SENTENZA 19 giugno 2014, n. 26596 Ritenuto in fatto  1. N. srl (terzo interessato), N.P. , E.M. (terzo interessato) e I.P. ricorrono avverso l’ordinanza 20-1-2014 con la quale il Tribunale del riesame di Roma ha confermato il decreto di sequestro preventivo di beni immobili, mobili registrati e rapporti finanziari...

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Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 5 giugno 2014, n. 23607. In tema di intercettazione di conversazioni o comunicazioni, il requisito dell'inidoneita' o insufficienza degli impianti installati presso la procura della Repubblica deve essere valutato tenendo conto della relazione tra le caratteristiche delle operazioni di intercettazione da svolgere nel caso concreto (monitoraggio di un imminente incontro tra associati) e le finalita' perseguite attraverso tale mezzo di ricerca della prova, per le quali risultano inadeguati gli impianti dell'ufficio di procura e necessario invece il ricorso alle apparecchiature esterne. In tema di operazioni di intercettazione telefonica od ambientale, in altri termini, il requisito della inidoneita' o della insufficienza degli impianti, previsto dall'articolo 268 c.p.p., comma 3, quale condizione legittimante l'utilizzo di impianti diversi da quelli installati presso gli uffici della Procura della Repubblica, puo' essere valutato anche con riferimento alle "esigenze investigative", qualora, come avvenuto nel caso in esame, esse siano rese manifeste nel decreto del P.M. che dispone le operazioni

Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 5 giugno 2014, n. 23607 REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CORTESE Arturo – Presidente Dott. VECCHIO Massimo – Consigliere Dott. BONITO Francesco M. S. – Consigliere Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere Dott. CASA...

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Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 23 giugno 2014, n. 27193. In tema di cause di giustificazione, incombe sull'imputato, che deduca una determinata situazione di fatto a sostegno dell'operatività di un'esimente, se non un vero e proprio onere probatorio, inteso in senso civilistico, un compiuto onere di allegazione di elementi di indagine per porre il giudice nella condizione di accertare la sussistenza o quanto meno la probabilità di sussistenza dell'esimente. Ne consegue che la mera indicazione di una situazione astrattamente riconducibile all'applicazione di un'esimente, non può legittimare la pronuncia assolutoria ex art. 530 cpv. cod. proc. pen., risolvendosi il dubbio sull'esistenza dell'esimente nell'assoluta mancanza di prova al riguardo. (Nel caso di specie è stato ritenuto irrilevante che l'imputato si fosse allontanato da casa per acquistare un medicinale in quanto "stava male", atteso che non aveva dato neppure dimostrazione di non essersi potuto rivolgere ad un vicino di casa per poter risolvere quel suo problema)

Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 23 giugno 2014, n. 27193 Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. Con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Firenze riformava parzialmente la pronuncia di primo grado del 07/10/2009, riducendo la pena, e confermava nel resto la medesima pronuncia con la quale il Tribunale...

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Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 20 giugno 2014, n. 26804. L'evento del reato di lesioni va senz'altro ravvisato nella produzione delle ecchimosi attestate dal certificato rilasciato dal medico curante.

  Suprema Corte di Cassazione sezione V sentenza 20 giugno 2014, n. 26804 Ritenuto in fatto Con la sentenza impugnata S.B. veniva ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 582 cod. pen., commesso in Reggio Emilia l’11/11/2006 colpendo la moglie M.G.P. con calci e pugni, e condannato alla pena di €. 400 di multa. L’imputato ricorre...