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Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 3 dicembre 2014, n. 50754. Va ritenuto pubblico ufficiale il tutore dell'incapace con la conseguente integrazione del delitto di peculato laddove il tutore dell'interdetto si appropri di somme di denaro appartenenti a quest'ultimo e ricevute, in ragione dell'ufficio rivestito. Anche per l'amministratore di sostegno valgono le stesse regole. La verifica della reale attività esercitata e degli scopi perseguiti dall'amministratore di sostegno consente di attribuirgli, negli stessi termini del tutore, la veste e qualità di pubblico ufficiale, considerato il complesso delle norme a lui applicabili ed in particolare: a) la prestazione del giuramento prima dell'assunzione dell'incarico (art. 349 Cod.civ.); b) il regime delle incapacità e delle dispense (artt. 350-353 Cod. civ.); c) la disciplina delle autorizzazioni, le categorie degli atti vietati, il rendiconto annuale al giudice tutelare sulla contabilità dell'amministrazione (artt. 374-388 Cod. civ.); d) l'applicazione, nei limiti di compatibilità, delle norme limitative in punto di capacità a ricevere per testamento (artt. 596, 599 Cod. civ.) e capacità di ricevere per donazioni (art. 779 Cod. civ.). In sostanza tutta una disciplina, formale e sostanziale, che pone l'amministratore di sostegno sullo stesso piano del tutore con gli obblighi e le ricadute penali che la sua qualità di pubblico ufficiale comporta.

Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 3 dicembre 2014, n. 50754 Ritenuto in fatto 1. I.G.M. , avvocato, ricorre, a mezzo del suo difensore, avverso la sentenza 25 marzo 2013 della Corte di appello di Milano, che, in parziale riforma della sentenza 24 maggio 2011 del G.I.P. presso il Tribunale di Milano, ha ridotto...

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Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 18 novembre 2014, n. 47588. L'obbligo di sorveglianza speciale e di residenza, quindi, in un determinato Comune non può venire meno se il condannato debba recarsi in altra città per parlare con il proprio legale

Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 18 novembre 2014, n. 47588 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. IPPOLITO Francesco – Presidente Dott. CAPOZZI Angelo – rel. Consigliere Dott. DI SALVO Emanuele – Consigliere Dott. DE AMICIS Gaetano – Consigliere...

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Corte di Cassazione, sezione tributaria, sentenza 14 novembre 2014, n. 24322. A partire dal momento della cancellazione della s.n.c. dal registro delle imprese, si verifica l'estinzione della societa' cancellata e cio' priva la societa' stessa della capacita' giuridica e processuale (con la sola eccezione della fictio iuris contemplata dalla L.F., articolo160). Pertanto, i soci diventano successori della societa' e ogni pretesa in danno della societa' deve essere indirizzata nei confronti dei soci

Suprema Corte di Cassazione sezione tributaria sentenza 14 novembre 2014, n. 24322 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TRIBUTARIA Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. PICCININNI Carlo – Presidente Dott. CIRILLO Ettore – rel. Consigliere Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere Dott. TRICOMI Laura...

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Corte di Cassazione, sezione tributaria, sentenza 14 novembre 2014, n. 24327. La procedura di accertamento standardizzato mediante l'applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravita', precisione e concordanza non e' ex lege determinata in relazione ai soli standard in se' considerati, ma nasce procedimentalmente in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullita' dell'accertamento, con il contribuente (che puo' tuttavia, restare inerte assumendo le conseguenze, sul piano della valutazione, di questo suo atteggiamento), esito che, essendo alla fine di un percorso di adeguamento della elaborazione statistica degli standard alla concreta realta' economica del contribuente, deve far parte (e condiziona la congruita') della motivazione dell'accertamento, nella quale vanno esposte le ragioni per le quali i rilievi del destinatario dell'attivita' accertativa siano state disattese. Il contribuente ha, nel giudizio relativo all'impugnazione dell'atto di accertamento, la piu' ampia facolta' di prova, anche a mezzo di presunzioni semplici, ed il giudice puo' liberamente valutare tanto l'applicabilita' degli standard al caso concreto, che deve essere dimostrata dall'ente impositore, quanto la controprova sul punto offerta dal contribuente

Suprema Corte di Cassazione sezione tributaria sentenza 14 novembre 2014, n. 24327 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TRIBUTARIA Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. PICCININNI Carlo – Presidente Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere Dott. TRICOMI Laura...

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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 27 novembre 2014, n. 25211. In tema di risarcimento del danno da invalidità personale, l'accertamento di postumi, incidenti con una certa entità sulla capacità lavorativa specifica, non comporta automaticamente l'obbligo del danneggiante di risarcire il pregiudizio patrimoniale conseguente alla riduzione della capacità di guadagno derivante dalla diminuzione della predetta capacità e, quindi, di produzione di reddito, occorrendo, invece, ai fini della risarcibilità di un siffatto danno patrimoniale, la concreta dimostrazione che la riduzione della capacità lavorativa si sia tradotta in un effettivo pregiudizio economico. La prova del danno grava sul soggetto che chiede il risarcimento e può essere anche presuntiva, purché sia certa la riduzione della capacità di guadagno. Invero, compete al danneggiato l'onere di dimostrare in quale misura la menomazione fisica abbia inciso sulla capacità lavorativa specifica (e questa, a sua volta, sulla capacità di guadagno), provando altresì, di svolgere un'attività produttiva di reddito e di non aver mantenuto dopo l'infortunio una capacità generica di attendere ad altri lavori confacenti alle sue attitudini personali. E ciò, in quanto solo nell'ipotesi in cui, in forza di detti complessivi elementi di giudizio, risulti una riduzione della capacità di guadagno e, in forza di questa, del reddito effettivamente percepito, tale ultima diminuzione è risarcibile sotto il profilo del lucro cessante. In definitiva, occorrono la dimostrazione che il soggetto leso svolgesse un'attività lavorativa produttiva di reddito, nonché la prova della mancanza di persistenza, dopo l'infortunio, di una capacità generica di attendere ad altri lavori, confacenti alle attitudini e condizioni personali ed ambientali dell'infortunato, ed altrimenti idonei alla produzione di altre fonti di reddito, in luogo di quelle perse o ridotte

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 27 novembre 2014, n. 25211 Svolgimento del processo Con citazione notificata in data 29 giugno 1987 A.G. conveniva in giudizio D.F. , la Cidas Spa, impresa cessionaria, ed il Commissario liquidatore de “La Previdenza & Sicurtà Spa, chiedendo la condanna al risarcimento dei danni da lui subiti a...