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Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 17 aprile 2015, n. 7830. È nulla la notifica eseguita mediante consegna dell’atto alla madre del destinatario non già presso l’abitazione di quest’ultimo, ma presso l’abitazione della madre medesima

Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 17 aprile 2015, n. 7830 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA CIVILE SOTTOSEZIONE 2 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. PETITTI Stefano – Presidente Dott. PARZIALE Ippolisto – rel. Consigliere Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere...

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Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 14 aprile 2015, n. 7466. Quali sono i presupposti necessari per superare la relativa presunzione di comunione

Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 14 aprile 2015, n. 7466 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. PICCIALLI Luigi – Presidente Dott. NUZZO Laurenza – rel. Consigliere Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere Dott. PROTO Cesare Antonio – Consigliere Dott....

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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 19 marzo 2015, n. 5482. Il principio di non contestazione, così come risultante dalla novella L. 69 del 2009, è applicabile esclusivamente ai giudizi introdotti successivamente all’entrata in vigore di tale novella (ossia successivamente al 4 luglio 2009).

Suprema Corte di Cassazione Sezione III Civile Sentenza 19 marzo 2015, n. 5482 Svolgimento del processo E.Z. ed I.B. hanno proposto ricorso principale per cassazione affidato a quattro motivi illustrati da memoria avverso la sentenza della Corte d’Appello di Trieste del 27.4.2011 che, in un giudizio di responsabilità professionale promosso dagli attuali ricorrenti principali nei...

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Consiglio di Stato, sezione V, sentenza 29 aprile 2015, n. 2177. La condanna sui criteri reca innanzitutto l’affermazione della risarcibilità astratta di un danno ingiusto accertato, e cioè di un interesse protetto ingiustamente leso, il c.d. “danno – evento”, nonché dei pregiudizi risarcibili da tale evento lesivo derivanti quali conseguenze immediate e dirette ai sensi dell’art. 1223 c.c. (il c.d. “danno – conseguenza”). A quest’ultimo accertamento deve quindi seguire la «determinazione» dei pregiudizi (così l’art. 35, comma 2, d.lgs. n. 80/1998, ora abrogato), sui quali la condanna sui criteri non esplica altra efficacia che quella limitata alla loro astratta risarcibilità. In base alle peculiari caratteristiche della condanna “sui criteri” è demandato all’accordo tra amministrazione e soggetto in favore del quale la pronuncia è stata emessa la quantificazione dei danni – conseguenza individuati nella pronuncia di cognizione. In mancanza di ciò provvede il giudice amministrativo, con i poteri del giudice dell’ottemperanza.

CONSIGLIO DI STATO SEZIONE V SENTENZA 29 aprile 2015, n.2177 SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 10397 del 2014, proposto dalla Bindi Pratopronto s.s. di Michele Bindi& C., rappresentata e difesa dall’avvocato Andrea Scafa, con domicilio eletto presso il suo studio, in Roma, via Cicerone 44; contro Roma Capitale, rappresentata e difesa dall’avvocato Andrea...

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Corte di Cassazione, sezioni unite, sentenza 6 maggio 2015, n. 9100. Nell’azione di responsabilità promossa dal curatore del fallimento di una società di capitali nei confronti dell’amministratore della stessa, l’individuazione e la liquidazione del danno risarcibile dev’essere operata avendo riguardo agli specifici inadempimenti dell’amministratore, che l’attore ha l’onere di allegare, onde possa essere verificata l’esistenza di un rapporto di causalità tra tali inadempimenti ed il danno di cui si pretende il risarcimento. Nell’azione di responsabilità promossa dal curatore del fallimento di una società di capitali nei confronti dell’amministratore della stessa, la mancanza di scritture contabili della società, pur se addebitabile all’amministratore convenuto, di per sé sola non giustifica che il danno da risarcire sta individuato e liquidato in misura corrispondente alla differenza tra il passivo e l’attivo accertati in ambito fallimentare, potendo tale criterio essere utilizzato soltanto al fine della liquidazione equitativa del danno, ove ricorrano le condizioni perché si proceda ad una liquidazione siffatta, purché siano indicate le ragioni che non hanno permesso l’accertamento degli specifici effetti dannosi concretamente riconducibili alla condotta dell’amministratore e purché il ricorso a detto criterio si presenti logicamente plausibile in rapporto alle circostanze del caso concreto

CORTE DI CASSAZIONE SEZIONI UNITE SENTENZA 6 maggio 2015, n. 9100 Ragioni della decisione Prima di affrontare la questione di diritto sulla quale le sezioni unite sono state chiamate a pronunciarsi, è necessario soffermarsi sull’eccezione d’inammissibilità del ricorso, proposta dalla difesa della curatela controricorrente. L’eccezione non appare fondata. 1.1. Va premesso che il motivo di...

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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 6 maggio 2015, n. 9009. Tanto in ipotesi di responsabilità per cose in custodia ex art. 2051 cod. civ., quanto in ipotesi di responsabilità ex art. 2043 cod. civ., quale quella che risulta evocata nel caso specifico, il comportamento colposo del danneggiato (che sussiste anche quando egli abbia usato un bene senza la normale diligenza o con affidamento soggettivo anomalo) può – in base ad un ordine crescente di gravità – o atteggiarsi a concorso causale colposo (valutabile ai sensi dell’art. 1227, primo comma, cod. civ.), ovvero escludere il nesso causale tra cosa e danno e, con esso, la responsabilità del custode (integrando gli estremi del caso fortuito rilevante a norma dell’art. 2051 cod. civ.) e a maggior ragione ove si inquadri la fattispecie del danno nella previsione di cui all’art. 2043 cod. civ. In particolare, quanto più la situazione di possibile pericolo è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione delle normali cautele da parte dello stesso danneggiato, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso.

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 6 maggio 2015, n. 9009   Svolgimento del processo   Con sentenza in data 4 aprile 2011 n.1440, la Corte di appello di Roma, in riforma della sentenza del Tribunale di Roma n.25291/2002, ha accolto la domanda proposta dall’appellante S.F. nei confronti del Ministero dell’Interno e del Fondo...

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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 5 maggio 2015, n. 18507. Nel vigente sistema processuale, che ripudia la prova legale ed è espressamente informato ai principi della non tassatività dei mezzi di prova (artt. 187 e 188, cod. proc. pen.) e del libero convincimento del giudice (art. 192, cod. proc. pen.), non esiste alcuna preclusione all’utilizzo, a fini di prova, della copia fotostatica di un documento che non sia distrutto, smarrito o sottratto o comunque non irrecuperabile. L’art. 234, comma 2, cod. proc. pen., infatti, si limita ad autorizzare l’acquisizione della copia del documento, che per qualsiasi causa sia andato distrutto, smarrito o sottratto e non possa più essere recuperato, quando occorra far uso dell’originale, ma la norma non deve essere interpretata come espressione di una regola che pone un limite all’acquisizione delle copie fotostatiche, non contemplando alcun divieto espresso in tal senso. Non v’è perciò alcuna preclusione legale all’acquisizione della fotocopia del documento che non sia distrutto, smarrito o sottratto o comunque non irrecuperabile (artt. 189 e 191, comma 1, cod. proc. pen.), residuando in capo al Giudice il solo dovere di dar conto dei criteri adottati in sede di valutazione della relativa prova (artt. 192, comma 1, e 546, comma 1, lett. e, cod. proc. pen.).

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 5 maggio 2015, n. 18507 Ritenuto in fatto 1. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Benevento ricorre per l’annullamento dell’ordinanza del 13-20 febbraio 2014 con la quale il Tribunale di quello stesso capoluogo, in sede di riesame del decreto del 5 dicembre 2013 del Giudice per le...

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Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 30 aprile 2015, n. 18250. Il differimento facoltativo della pena per motivi di salute può essere concesso solo se sia stata diagnosticata una “grave infermità fisica” e ricorra un serio e conclamato pericolo quoad vitam” “anche in presenza di una patologia sicuramente grave del condannato (nel caso di specie, affetto da esiti di interventi per adenocarcinoma), il giudice non è tenuto automaticamente a concedere il rinvio dell’esecuzione della pena per ragioni di salute, ovvero la misura alternativa della detenzione domiciliare in casa di cura, dovendo invece verificare se la situazione patologica sia congruamente fronteggiabile in ambiente carcerario, senza che ciò contrasti con il basilare senso di umanità ed impedisca il normale regime trattamentale”. L’indagine demandata alla magistratura di sorveglianza impone anche di verificare se le condizioni di salute del condannato siano o meno compatibili con le finalità rieducative proprie della pena e con le concrete possibilità di reinserimento sociale, conseguenti all’attività rieducativa svolta, cosicché l’espiazione va legittimamente differita solo se, per la natura particolarmente grave dell’infermità del condannato, essa possa ritenersi come avvenuta in aperta violazione del diritto fondamentale alla salute e del senso d’umanità, al quale deve essere improntato il trattamento penitenziario, per le eccessive ed ingiustificate sofferenze che essa possa arrecare al condannato e le cure necessarie non siano praticabili in istituto, considerando peraltro che le eventuali situazioni acute e di crisi ben possono essere fronteggiate con il ricovero esterno ai sensi dell’art. 11 della L. 26 luglio 1975, n. 354

Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 30 aprile 2015, n. 18250   Ritenuto in fatto 1.Con ordinanza resa il 9 ottobre 2014 il Tribunale di Sorveglianza di Cagliari rigettava l’istanza, avanzata dal condannato B.T., di differimento dell’esecuzione della pena in quanto le sue condizioni di salute, seppur compromesse da plurime patologie, erano stabilizzate e...