Articolo

Corte Costituzionale, sentenza n. 119 del 25 giugno 2015. Dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 1, del decreto legislativo 5 aprile 2002, n. 77 (Disciplina del Servizio civile nazionale a norma dell’articolo 2 della L. 6 marzo 2001, n. 64), nella parte in cui prevede il requisito della cittadinanza italiana ai fini dell’ammissione allo svolgimento del servizio civile

  Sentenza  119/2015 Giudizio Presidente CRISCUOLO – Redattore AMATO Camera di Consiglio del 13/05/2015    Decisione  del 13/05/2015 Deposito del 25/06/2015   Pubblicazione in G. U. Norme impugnate: Art. 3, c. 1°, del decreto legislativo 05/04/2002, n. 77. Massime: Atti decisi: ord. 222/2014   SENTENZA N. 119 ANNO 2015 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE...

Articolo

Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 9 giugno 2015, n. 11890. In tema di dichiarazione dello stato di adottabilità, l’ascolto del minore di almeno dodici anni e anche di età minore ove capace di discernimento, costituisce una modalità, tra le più rilevanti di riconoscimento del suo diritto fondamentale a essere informato e a decidere con chi crescere.

Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 9 giugno 2015, n. 11890 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FORTE Fabrizio – Presidente Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere Dott. NAZZICONE...

Articolo

Consiglio di Stato, sezione V, sentenza 18 giugno 2015, n. 3120. Si ha una concessione quando in base al titolo l’operatore si assume in concreto i rischi economici della gestione del servizio, rifacendosi essenzialmente sull’utenza per mezzo della riscossione di un qualsiasi tipo di canone o tariffa, mentre si ha appalto quando l’onere del servizio stesso viene a gravare sostanzialmente sull’Amministrazione

Consiglio di Stato sezione V sentenza 18 giugno 2015, n. 3120 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL CONSIGLIO DI STATO IN SEDE GIURISDIZIONALE SEZIONE QUINTA ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 5277 del 2014, proposto dal Comune di Cassina de’ Pecchi, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato...

Articolo

Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 19 giugno 2015, n. 25944. Il reato di abuso di ufficio è caratterizzato da una “doppia ingiustizia”: la prima inerisce alla condotta ed è costituita dalla contrarietà a norme di legge o di regolamento. La seconda attiene invece al risultato della condotta e si concreta nell’attribuzione ad un privato di un vantaggio non spettantegli, in base al diritto oggettivo che disciplina la materia. Non è quindi necessario che la violazione di prescrizioni normative si sia dispiegata su entrambi i versanti, quello della condotta e quello dell’evento di vantaggio patrimoniale. L’ingiustizia del vantaggio non deve infatti necessariamente derivare dalla violazione di una norma diversa ed autonoma rispetto a quella che ha caratterizzato l’illegittimità della condotta. È infatti sufficiente la violazione di prescrizioni normative sul solo versante della condotta, sempre che, per effetto di essa, sia stato attribuito al privato un vantaggio a cui quest’ultimo non aveva diritto, senza che sia necessario che il vantaggio venga attribuito violando un’ulteriore norma di legge. Occorre pertanto che il giudice effettui, al riguardo, una duplice valutazione, tenendo ben distinto il profilo inerente all’illegittimità della condotta da quello relativo all’ingiustizia del vantaggio, non potendosi inferire quest’ultima dall’accertata esistenza della violazione di norme di legge o di regolamento ma dovendosi sempre accertare che il privato non avesse titolo a ricevere il vantaggio attribuitogli. Il reato di abuso d’ufficio può configurarsi anche in relazione all’attività discrezionale della pubblica amministrazione.

Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 19 giugno 2015, n. 25944 Ritenuto in fatto 1. S.D. ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano, in data 2-7-2014, con la quale è stata confermata la sentenza di condanna emessa in primo grado, in ordine al delitto di cui all’art. 323 cod. pen....

Articolo

Corte Costituzionale, sentenza n. 98 del 5 giugno 2015. Dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 53, comma 15, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), nella parte in cui prevede che «I soggetti di cui al comma 9 che omettono le comunicazioni di cui al comma 11 incorrono nella sanzione di cui allo stesso comma 9».

  Sentenza  98/2015 Giudizio GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE Presidente CRISCUOLO – Redattore GROSSI Udienza Pubblica del 28/04/2015    Decisione  del 29/04/2015 Deposito del 05/06/2015   Pubblicazione in G. U. 10/06/2015  n. 23 Norme impugnate: Art. 53, c. 15°, del decreto legislativo 30/03/2001, n. 165. Massime: Atti decisi: ord. 152/2014 SENTENZA N. 98 ANNO 2015 REPUBBLICA ITALIANA...

Articolo

Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 22 giugno 2015, n. 12876. Poiché nel nostro ordinamento le eccezioni in senso stretto, cioè quelle rilevabili soltanto ad istanza di parte, si identificano o in quelle per le quali la legge espressamente riservi il potere di rilevazione alla parte o in quelle in cui il fatto integratore dell’eccezione corrisponde all’esercizio di un diritto potestativo azionabile in giudizio da parte del titolare e, quindi, per svolgere l’efficacia modificativa, impeditiva od estintiva di un rapporto giuridico suppone il tramite di una manifestazione di volontà della parte (da sola o realizzabile attraverso un accertamento giudiziale), l’eccezione di interruzione della prescrizione integra un’eccezione in senso lato e non in senso stretto e, pertanto, può essere rilevata d’ufficio dal giudice sulla base di elementi probatori ritualmente acquisiti agli atti, dovendosi escludere, altresì, che la rilevabilità ad istanza di parte possa giustificarsi in ragione della (normale) rilevabilità soltanto ad istanza di parte dell’eccezione di prescrizione, giacché non ha fondamento di diritto positivo assimilare al regime di rilevazione di una eccezione in senso stretto quello di una controeccezione, qual è l’interruzione della prescrizione. Il rilievo d’ufficio delle eccezioni in senso lato non è subordinato alla specifica e tempestiva allegazione della parte ed è ammissibile anche in appello, dovendosi ritenere sufficiente che i fatti risultino documentati ex actis, in quanto il regime delle eccezioni si pone in funzione del valore primario del processo, costituito dalla giustizia della decisione, che resterebbe svisato ove anche le questioni rilevabili d’ufficio fossero subordinate ai limiti preclusivi di allegazione e prova previsti per le eccezioni in senso stretto

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE III SENTENZA 22 giugno 2015, n. 12876 Ritenuto in fatto L’AMPAC spa (con atto del 20, 21, 22 dicembre 2005 e del 26 aprile 2006, in rinnovazione nei confronti del C. ), premesso di aver incorporato la Canavesana Finanziaria spa, convenne in giudizio quali fideiussori A.B. , P.W. , C.E....