Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 9 aprile 2015, n. 14250 Ritenuto di fatto 1. Vicenda processuale e provvedimento impugnato – Con la sentenza impugnata, il Tribunale ha condannato i ricorrenti alla pena di 1100 € di ammenda ciascuno per avere violato gli artt. 727 e 651 c.p. Ai fini della comprensione dei motivi...
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Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 9 aprile 2015, n. 14548. Sussiste il dolo eventuale nella condotta di chi, pur affetto da vizio parziale di mente, programmi e attui un incendio a locali occupati da persone, cagionando ad esse la morte in quanto l’evento letale è probabile, date le circostanze, costituendo una conseguenza collaterale, un prezzo eventuale della condotta voluta e tenuta dall’agente che, tuttavia, realizza l’azione nonostante l’evento ulteriore sia percepibile come diretta conseguenza della propria azione
Suprema Corte di Cassazione sezione V sentenza 9 aprile 2015, n. 14548 Ritenuto in fatto 1. L’11/04/2011, la Corte di appello di Genova riformava la sentenza emessa dal Gup del Tribunale della stessa città in data 08/04/2010 nei confronti di M.G. : l’imputato, condannato in primo grado alla pena di anni 16 di reclusione per...
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 24 marzo 2015, n. 12228. In tema di prevenzione degli infortuni sui lavoro, quantunque l’obbligo di cooperazione tra committente e appaltatore (o tra appaltatore e subappaltatore) ai fini della prevenzione antinfortunistica con informazione reciproca, previsto specificamente dall’art. 7 comma 2 Dlgs 626/1994, non esiga che il committente intervenga costantemente in supplenza dell’appaltatore quando costui, per qualunque ragione, ometta di adottare le misure di prevenzione prescritte, deve tuttavia ritenersi che, quando tale omissione sia immediatamente percepibile (consistendo essa nella palese violazione delle norme antinfortunistiche), il committente, che è in grado di accorgersi senza particolari indagini, come nel caso in esame, dell’inadeguatezza delle misure dl sicurezza, risponde anch’egli delle conseguenze dell’infortunio eventualmente determinatosi
Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 24 marzo 2015, n. 12228 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FIALE Aldo – Presidente Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere Dott. PEZZELLA Vincenzo – rel. Consigliere Dott. SCARCELLA Alessio – Consigliere Dott. MENGONI...
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 24 marzo 2015, n. 12227. La condotta di chi altera la concorrenza ricorrendo a mezzi fraudolenti non integra il delitto di cui all’art. 513 bis cod. pen., il quale punisce esclusivamente l’alterazione realizzata mediante minaccia o violenza, ma nemmeno quello di cui all’art. 513 dello stesso codice, qualora l’azione non sia posta in essere anche al fine specifico di turbare o impedire un’industria o un commercio e cioè di attentare alla libertà di iniziativa economica
Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 24 marzo 2015, n. 12227 REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FIALE Aldo – Presidente Dott. GRILLO Renato – Consigliere Dott. AMORESANO Silvio – Consigliere Dott. ANDREAZZA Gastone – rel. Consigliere Dott. ACETO Aldo...
Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 9 aprile 2015, n. 14554. La figura di reato prevista dall’art. 56 c.p., che ha come suo presupposto il compimento di atti finalizzati (“diretti in modo non equivoco”) alla commissione di un delitto, non ricomprende quelle condotte rispetto alle quali un evento delittuoso si prospetta come accadimento possibile o probabile non preso in diretta considerazione dall’agente, che accetta il rischio dei suo verificarsi (c.d. dolo eventuale), ricomprendendo invece gli atti rispetto ai quali l’evento specificamente richiesto per la realizzazione della fattispecie delittuosa di riferimento si pone come inequivoco epilogo della direzione della condotta, accettato dall’agente che prevede e vuole, con scelta sostanzialmente equipollente, l’uno o l’altro degli eventi causalmente ricollegabili alla sua condotta cosciente e volontaria (c.d. dolo diretto alternativo), o specificamente voluto come mezzo necessario per raggiungere uno scopo finale o perseguito come scopo finale (c.d. dolo diretto intenzionale). L’ipotesi del tentativo, pertanto, mentre non è compatibile con il dolo eventuale, lo è con quella particolare forma di dolo diretto che è il dolo alternativo. II dolo alternativo, infatti, sussiste se l’agente si rappresenta e vuole indifferentemente l’uno o l’altro degli eventi causalmente ricollegabili alla sua condotta cosciente e volontaria, sicché già al momento della realizzazione dell’elemento oggettivo dei reato egli deve prevederli entrambi. Si ha, invece, dolo eventuale allorquando l’agente, ponendo in essere una condotta diretta ad altri scopi, si rappresenti la concreta possibilità dei verificarsi di una diversa conseguenza della propria condotta e, ciononostante, agisca accettando il rischio di cagionarla. Ne consegue che, come già detto, il dolo eventuale non è configurabile nel caso di delitto tentato, in quanto è ontologicamente incompatibile con la direzione univoca degli atti compiuti nel tentativo, che presuppone il dolo diretto. AI contrario, vi è compatibilità tra tentativo penalmente punibile e dolo alternativo, poiché la sostanziale equivalenza dell’uno e dell’altro evento, che l’agente si rappresenta indifferentemente come eziologicamente collegabili alla sua condotta e alla sua cosciente volontà, comporta che questa forma di dolo è diretta, atteso che ciascuno degli eventi è ugualmente voluto dal reo
Suprema Corte di Cassazione sezione V sentenza 9 aprile 2015, n. 14554 Fatto e diritto 1. Con sentenza pronunciata il 19.6.2013 il giudice di pace di Dorgali condannava alla pena ritenuta di giustizia S.M.A. per il solo reato di cui al capo c) dell’imputazione, riguardante il delitto di tentativo di lesioni volontarie, commesso in danno...
Corte di Cassazione, sezioni unite, sentenza 26 marzo 2015, n. 6060. Nella liquidazione coatta amministrativa l’avvocato può pretendere un proprio credito da interessi anche in una fase successiva a quella in cui ha chiesto il credito vero e proprio per l’attività svolta
Suprema Corte di Cassazione sezioni unite sentenza 26 marzo 2015, n. 6060 REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONI UNITE CIVILI Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Primo Presidente f.f. Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente Sezione Dott. RORDORF Renato – Presidente Sezione Dott. BERNABAI Renato –...
Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 25 marzo 2015, n. 6019. Il soggetto incaricato di effettuare una Ctu va retribuito sulla base di quanto richiesto dal giudice. Nessuna maggiorazione va riconosciuta pertanto in caso di indagini più precise e complesse che tuttavia non occorrano al magistrato
Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 25 marzo 2015, n. 6019 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FORTE Fabrizio – Presidente Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere Dott. ACIERNO Maria – Consigliere...
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 7 aprile 2015, n. 6901. Nel caso in cui il giudizio penale si sia concluso con una sentenza che contiene anche la condanna generica al risarcimento dei danni a carico del responsabile civile ed in favore del danneggiato costituitosi parte civile, la successiva azione volta alla quantificazione del danno è soggetta al termine decennale di prescrizione, ai sensi dell’art. 2953 c.c., con decorrenza dalla data in cui la sentenza di condanna sia divenuta irrevocabile, in quanto la pronuncia di condanna generica, pur difettando dell’attitudine all’esecuzione forzata, costituisce una statuizione autonoma contenente l’accertamento dell’obbligo risarcitorio, strumentale rispetto alla successiva determinazione del quantum.
Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 7 aprile 2015, n. 6901 Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato il 30 gennaio 2002 il Ministero dell’Ambiente ha convenuto davanti al Tribunale di Rovigo il Fallimento della s.r.l. Intermedi Chimici Sintetici (ICS), Gh.Da. e S.M. , chiedendone la condanna al pagamento della somma di...
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 9 aprile 2015, n. 7086. Sull’interpretazione dell’obbligo di custodia di cui all’art. 2051 cod. civ. (nel caso specifico incidente causato da una grondaia posizionata sulla sede stradale dagli operai della società convenuta); l’obbligo di custodia grava sui Comuni in ordine alla manutenzione delle strade, e nel caso in esame, secondo la Corte, era agevolmente esercitabile, date le ridotte dimensioni del Comune (di Rosà); tanto più che il tratto di strada interessato si trovava all’interno del centro abitato e che, data la sua brevità, poteva facilmente essere chiuso al traffico (come poi avvenne dopo l’incidente in questione).
Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 9 aprile 2015, n. 7086 Svolgimento del processo 1. P.T., Pe.Al. e la s.r.l. SAER convennero in giudizio, davanti al Tribunale di Bassano del Grappa, la s.r.l. Costruzioni edili Sartori ed il Comune di Rosà affinché fossero condannati, in solido, al risarcimento dei danni conseguenti ad un sinistro...
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 9 aprile 2015, n. 7093. Lo svolgimento volontario di attività sportiva (nel caso di specie durante una lezione di equitazione) comporta l’esposizione volontaria dell’atleta al rischio intrinseco connesso alla disciplina praticata. L’accettazione del rischio da parte dell’atleta o dell’allievo non esclude tuttavia la responsabilità dell’organizzatore della gara o dell’istruttore sportivo. Quest’ultima permarrà intatta in tutti i casi in cui l’organizzatore o l’istruttore abbiano violato le regole poste a salvaguardia dell’incolumità degli allievi (colpa specifica), ovvero le regole di comune prudenza e diligenza. Ora, se l’accettazione del rischio da parte dell’atleta non esclude la responsabilità dell’istruttore o della scuola nei casi di colpa concretamente accertata, a fortiori non la potrà escludere nei casi di responsabilità presunta dalla legge. Sicché, quando a carico della scuola sportiva sia configurabile una ipotesi di responsabilità aggravata (ad es., ex art. 2048, 2050, 2051 o, come nella specie, 2052 c.c.), la volontaria esposizione al rischio da parte dell’atleta diventa del tutto irrilevante, salvo che non integri gli estremi della condotta colposa di cui all’art. 1227, comma 1, c.c..
Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 9 aprile 2015, n. 7093 Svolgimento del processo 1. Il 16.6.1986, durante una lezione di equitazione, la sig.a Z.M. cadde dal cavallo che montava e patì lesioni personali. Nel 1989, per ottenere il risarcimento del conseguente danno, convenne dinanzi al Tribunale di Treviso il gestore della scuola di...