Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 15 maggio 2015, n. 20320 Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 10.7.2014 la Corte di appello di Cagliari, a seguito di gravame interposto dall’imputato L.E. avverso la sentenza emessa il 20.6.2012 dal Tribunale di Lanusei, ha confermato detta sentenza con la quale il predetto imputato è stato...
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Corte di Cassazione, sezioni unite, sentenza 15 maggio 2015, n. 9935. 1) in pendenza di un procedimento di concordato preventivo, sia esso ordinario o con riserva, il fallimento dell’imprenditore, su istanza di un creditore o su richiesta del pubblico ministero, può essere dichiarato
Suprema Corte di Cassazione sezioni unite sentenza 15 maggio 2015, n. 9935 Svolgimento del processo Con sentenza del 30 gennaio 2013 il Tribunale di Venezia dichiarava il fallimento della Musa Immobiliare s.r.l. e, con separato decreto reso in pari data, dichiarava inammissibile la proposta di concordato preventivo con riserva formulata dalla predetta società, osservando che...
Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 15 maggio 2015, n. 10038. In tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, ovvero dettato da ragioni attinenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa, ex art. 3, l. n. 604/1966, il “motivo oggettivo” è rimesso alla valutazione del datore di lavoro, senza che il giudice possa sindacare la scelta dei criteri di gestione dell’impresa, essendo tale scelta espressione della libertà di iniziativa economica di cui all’art. 41 Cost..
Suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza 15 maggio 2015, n. 10038 Svolgimento del processo Con sentenza del 28 febbraio 2012, la Corte d’Appello di Milano, confermava la decisione con cui il Tribunale di Milano aveva rigettato la domanda proposta da G.B. nei confronti della Bastogi S.p.A., alle cui dipendenze aveva prestato la propria attività...
Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 13 maggio 2015, n. 9824. In tema di società per azioni a prevalente capitale pubblico, aventi ad oggetto l’esercizio di attività industriali sono tenute al pagamento dei contributi previdenziali previsti per la cassa integrazione guadagni e la mobilità, non potendo trovare applicazione l’esenzione stabilita per le imprese industriali degli enti pubblici, trattandosi di società di natura essenzialmente privata, finalizzate all’erogazione di servizi al pubblico in regime di concorrenza, nelle quali l’amministrazione pubblica esercita il controllo esclusivamente attraverso gli strumenti di diritto privato, restando irrilevante, in mancanza di una disciplina derogatoria rispetto a quella propria dello schema societario, la mera partecipazione – pur maggioritaria, ma non totalitaria – da parte dell’ente pubblico. La forma societaria di diritto privato è per l’ente locale la modalità di gestione degli impianti consentita dalla legge e prescelta dall’ente stesso per la duttilità dello strumento giuridico in cui il perseguimento dell’obiettivo pubblico è caratterizzato dall’accettazione delle regole del diritto privato e che la finalità perseguita dal legislatore nazionale e comunitario nella promozione di strumenti non autoritativi per la gestione dei servizi pubblici locali è specificamente quella di non ledere le dinamiche della concorrenza, assumendo rilevanza determinante, in ordine all’obbligo contributivo, il passaggio del personale addetto alla gestione del servizio dal regime pubblicistico a quello privatistico
Suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza 13 maggio 2015, n. 9824 Fatto e diritto La Corte di appello di Genova ha confermato la decisione di primo grado che aveva respinto il ricorso in opposizione proposto da AM. TER. s.p.a. avverso le cartelle di pagamento con le quali alla detta società era intimato il pagamento...
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 28 aprile 2015, n. 17710. In relazione al reato di omesso versamento di ritenute certificate di cui all’art. 10 bis, D.Lgs. 10.3.2000, n. 74, la giurisprudenza della Cassazione non concorda circa la prova dell’elemento costitutivo del reato. Infatti, recentemente è stato affermato che nel reato di specie la prova dell’elemento costitutivo, rappresentato dal rilascio ai sostituiti delle certificazioni attestanti le ritenute effettivamente operate, non può essere costituita dal solo contenuto del Mod. 770 proveniente dal datore di lavoro. In particolare, è stato sottolineato come il Mod. 770 e la certificazione rilasciata ai sostituiti siano documenti disciplinati da fonti normative distinte, rispondenti a finalità diverse, che non vanno consegnati o presentati contestualmente. Alla luce di tali principi, l’onere della prova in capo all’accusa non potrebbe dunque ritenersi soddisfatto dalla mera allegazione del contenuto del Mod. 770, poiché il pubblico Ministero dovrebbe acquisire ulteriori elementi documentali riguardanti le certificazioni, anche in possesso dell’Agenzia delle Entrate, o procedere all’audizione dei sostituiti. La Suprema Corte sottolinea altresì che tale recente orientamento si pone in contrasto rispetto alla prevalente giurisprudenza, secondo cui nel reato di omesso versamento di ritenute certificate la prova delle certificazioni attestanti le ritenute operate dal datore di lavoro in quanto sostituto d’imposta, sulle retribuzioni effettivamente corrisposte ai sostituiti, può essere fornita dal pubblico Ministero tramite documenti, testimoni o indizi: viene citata, nella specie, la Sentenza 1443/2012 che, con riguardo ad una fattispecie identica a quella oggetto della pronuncia in esame, aveva ritenuto sufficiente l’allegazione dei Modd. 770 provenienti dal datore di lavoro. L’esistenza di un contrasto giurisprudenziale sulla questione è sufficiente di per sè, ad avviso della Consulta, a qualificare il motivo di ricorso del contribuente come non manifestamente infondato
Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 28 aprile 2015, n. 17710 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SQUASSONI Claudia – Presidente Dott. AMORESANO Silvio – Consigliere Dott. PEZZELLA Vincenzo – Consigliere Dott. SCARCELLA Alessio – rel. Consigliere Dott....
Corte di Cassazione, sezioni unite, sentenza 14 maggio 2015, n. 9861. La necessità di trattazione unitaria delle domande di affidamento dell’appalto e di caducazione dei contratto concluso per effetto dell’illegittima aggiudicazione – trattazione unitaria imposta dal diritto interno in attuazione dei principi comunitari vigenti in materia – ricorre anche quando si tratti di annullamento in autotutela, confermato in sede giurisdizionale, degli atti di affidamento del servizio posti in essere in violazione delle norme comunitarie e nazionali
Suprema Corte di Cassazione sezioni unite sentenza 14 maggio 2015, n. 9861 Fatto e diritto Premesso, in fatto, che: – il Commissario delegato alla gestione dell’emergenza rifiuti nella Regione siciliana affidò ad un’Associazione temporanea d’imprese, poi divenuta Platani Energia e Ambiente s.c.p.a. (in prosieguo indicata come Platani), cui partecipava anche la Eletroambiente s.p.a., il servizio...
Corte di Cassazione, sezioni unite, sentenza 29 aprile 2015, n. 8620. Nell’ampio concetto di circolazione stradale indicato nell’articolo 2054 del Cc è compresa anche la posizione di arresto del veicolo
Suprema Corte di Cassazione sezioni unite sentenza 29 aprile 2015, n. 8620 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONI UNITE CIVILI Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Primo Presidente f.f. Dott. ROSELLI Federico – Presidente Sezione Dott. RORDORF Renato – Presidente Sezione Dott. BERNABAI Renato...
Corte di Cassazione, sezioni unite, sentenza 24 marzo 2015, n. 5848. In tema di risarcimento danni di una S.p.A. e quindi di responsabilità (per mala gestio) di ex amministratori e (per omesso controllo) di sindaci di una società di capitali, il momento consumativo della condotta costituisce il criterio generale per l’individuazione del giudice dinanzi a cui incardinare l’azione: così, non rileva la trasformazione della S.p.A. in società a totale partecipazione pubblica, avvenuta successivamente alla realizzazione della medesima condotta giuridicamente rilevante. Pertanto, accertata la posteriorità della deliberazione societaria in modifica ‘pubblicistica’ dello statuto della S.p.A., va dichiarato il difetto di giurisdizione della Corte dei Conti in favore di quella civilistica
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONI UNITE SENTENZA 24 marzo 2015, n. 5848 Ritenuto in fatto Con atti notificati nell’agosto e settembre 2010 la società Aziende Industriali Municipali Vicenza s.p.a. (in prosieguo indicata come Aim) ha citato in giudizio dinanzi al Tribunale di Vicenza i sigg.ri Bo.Sa., B.F., Be.Re., C. B., F.A., Fo.Si., M. A., P.V.,...
Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 29 aprile 2015, n. 8713. Al fine di pronunciare la separazione, il giudice è tenuto a verificare, in base ai fatti obiettivi emersi, ivi compreso il comportamento processuale delle parti, l’esistenza, anche in un solo coniuge, di una condizione di disaffezione al matrimonio tale da rendere incompatibile, allo stato, pur a prescindere da elementi di addebitabilità da parte dell’altro, la convivenza. Ove tale situazione di intollerabilità si verifichi, anche rispetto ad un solo coniuge, deve ritenersi che questi abbia diritto di chiedere la separazione: con la conseguenza che la relativa domanda, costituendo esercizio di un suo diritto, non può costituire ragione d’addebito
Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 29 aprile 2015, n. 8713 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FORTE Fabrizio – Presidente Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere Dott. DE CHIARA Carlo – rel. Consigliere Dott. ACIERNO Maria – Consigliere Dott....
Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 13 maggio 2015, n. 9816. L’art. 424, 1 comma c.c., stabilisce che le disposizioni sulla tutela dei minori e quelle sulla curatela dei minori emancipati si applicano rispettivamente alla tutela degli interdetti e alla curatela degli inabilitati. E poiché al curatore del minore emancipato non si applica l’art. 379 c.c. né altra norma prevede indennità di sorta in suo favore, ugualmente il curatore dell’inabilitato non ha diritto ad alcuna indennità, nemmeno (come osservato in dottrina) in considerazione dell’entità del patrimonio o della difficoltà dell’amministrazione, secondo quanto è previsto invece per il tutore dall’art. 379 c.c.. Ciò corrisponde alla diversità dei due istituti di protezione dell’incapace e delle funzioni svolte al riguardo, ove si consideri che il curatore, a differenza del tutore, non rappresenta né si sostituisce all’incapace, ma si limita a sostenerlo integrandone la volontà, in modo da dare vita all’esterno ad una manifestazione unitaria
Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 13 maggio 2015, n. 9816 Svolgimento del processo Il 30.3.2011 l’avv. C.C.A. , curatore dell’inabilitata O.M.B. , chiedeva al giudice tutelare del Tribunale di Busto Arsizio, sez. distaccata di Gallarate, la liquidazione di un’indennità ai sensi dell’art. 379 c.c. per l’importo complessivo di Euro 67.839,63, di cui 16.468,85...