Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 12 giugno 2015, n. 12254 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CECCHERINI Aldo – Presidente Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere Dott. SCALDAFERRI Andrea – rel. Consigliere Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere...
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Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 23 giugno 2015, n. 12967. Va considerato illegittimo il licenziamento per motivo oggettivo in ipotesi in cui il datore di lavoro non verifichi la possibile ricollocazione del lavoratore all’interno dell’azienda. Onde valutare la legittimità del licenziamento va fatto riferimento alla motivazione ufficiale comunicata nella lettera: in ipotesi in cui il licenziamento sia avvenuto durante il periodo di prova, ma nella motivazione ufficiale si faccia riferimento all’ipotesi di soppressione del posto di lavoro, dovranno dunque essere applicate le norme prescritte in relazione a quest’ultima fattispecie, e non quelle relative al principio di libera recedibilità nel corso del periodo di prova
Suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza 23 giugno 2015, n. 12967 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. VIDIRI Guido – Presidente Dott. VENUTI Pietro – rel. Consigliere Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere Dott. BALESTRIERI Federico...
Corte di Cassazione, sezioni unite, sentenza 10 luglio 2015, n. 14475. L’art. 345, terzo comma, c.p.c. (nel testo introdotto dall’art. 52 della legge 26 novembre 1990, n. 353, con decorrenza dal 30 aprile 1995), deve essere interpretato nel senso che, i documenti allegati alla richiesta di decreto ingiuntivo, anche qualora non siano stati nuovamente prodotti nella fase di opposizione, non possono essere considerati nuovi e pertanto, se allegati all’atto di appello contro la sentenza che ha definito il giudizio di primo grado, devono essere ritenuti ammissibili
Suprema Corte di Cassazione sezioni unite sentenza 10 luglio 2015, n. 14475 Ragioni della decisione 1. La Toro calcestruzzi srl richiese ed ottenne dal presidente del Tribunale di Cagliari un decreto ingiuntivo per l’importo di 24.458,35 Euro relativo al pagamento di determinate forniture effettuate in favore della F.lli Stochino srl, che propose opposizione. 2. Con...
Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 10 luglio 2015, n. 29512. I criteri ascrittivi della responsabilità da reato degli enti, rappresentati dal riferimento contenuto nell’art. 5 del D.Lgs. 231 del 2001 all’interesse o al vantaggio, evocano concetti distinti e devono essere intesi come criteri concorrenti, ma comunque alternativi. L’interesse va inteso come proiezione finalistica dell’azione da valutarsi ex ante; il vantaggio va, invece, apprezzato come potenziale ed effettiva utilità anche di carattere non patrimoniale ed accettabile in modo oggettivo, da valutarsi ex post
Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 10 luglio 2015, n. 29512 Fatto 1. Con sentenza del 29/09/2011, il Tribunale di Marsala dichiarò SICILFERT SRL responsabile dell’illecito amministrativo dipendente dal reato di cui agli artt. 21 e 24, 2 comma Decreto Legislativo 8 giugno 2001 n. 231 (e successive modificazioni), in relazione alla commissione dei...
Corte di Cassazione, sezione IV, sentenza 10 luglio 2015, n. 29799. Il conducente del veicolo può andare esente da responsabilità, in caso di investimento del pedone, non per il solo fatto che risulti accertato un comportamento colposo (imprudente o in violazione di una specifica regola comportamentale) del pedone (una tale condotta risulterebbe, invero, concausa dell’evento lesivo, come anche nella specie ritenuto, penalmente non rilevante per escludere la responsabilità del conducente: cfr. art. 41, comma primo, cod. pen.), ma occorre che la condotta del pedone configuri, per i suoi caratteri, una vera e propria causa eccezionale, atipica, non prevista né prevedibile, che sia stata da sola sufficiente a produrre l’evento (cfr. art. 41, secondo comma, cod. pen.). Ciò che può ritenersi solo allorquando il conducente del veicolo investitore (nella cui condotta non sia ovviamente ravvisabile alcun profilo di colpa, vuoi generica vuoi specifica) si sia trovato, per motivi estranei ad ogni suo obbligo di diligenza, nella oggettiva impossibilità di avvistare il pedone e di osservarne, comunque, tempestivamente i movimenti, attuati in modo rapido, inatteso, imprevedibile. Solo in tal caso, infatti, l’incidente potrebbe ricondursi, eziologicamente, proprio ed esclusivamente alla condotta del pedone, avulsa totalmente dalla condotta del conducente ed operante in assoluta autonomia rispetto a quest’ultima
Suprema Corte di Cassazione sezione IV sentenza 10 luglio 2015, n. 29799 Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 17/7/2014 la Corte d’appello di Campobasso, ribadito il giudizio di penale responsabilità, con le già concesse attenuanti generiche considerate prevalenti sulla contestata aggravante, e la diminuente per il rito abbreviato, riduceva a cinque mesi e dieci...
Corte di Cassazione, sezione IV, sentenza 10 luglio 2015, n. 29904. In tema di guida in stato di ebrezza la mancanza di diligenza incide sulla valutazione della colpevolezza dell’agente, il quale deve comunque evitare di assumere bevande contenenti alcool. Nel caso di specie, peraltro, non è contestato il fatto che l’esito dell’alcoltest sia risultato positivo e neppure è contestato il buon funzionamento dell’apparecchiatura. Pertanto ininfluente risulta il fatto che l’imputato abbia assunto sostanze alcoliche in quanto contenute in un analcolico da lui assunto dato che, considerata la prevedibilità dell’assorbimento, regole di diligenza gli avrebbero dovuto consigliare di non porsi alla guida del veicolo onde evitare comunque di incorrere nella commissione del reato.
Suprema Corte di Cassazione sezione IV sentenza 10 luglio 2015, n. 29904 Ritenuto in fatto 1. Con l’impugnata sentenza resa in data 10 luglio 2014 la Corte d’Appello di Venezia, in riforma della sentenza dei Tribunale di Belluno, sezione di Pieve di Cadore, in data 18 aprile 2013, appellata da D’A.S., sostituiva la pena dell’arresto...
Corte di Cassazione, sezione IV, sentenza 10 luglio 2015, n. 29798. In tema di infortuni sul lavoro, qualora vi siano più titolari della posizione di garanzia, ciascuno è per intero destinatario dell’obbligo di tutela impostogli dalla legge fin quando si esaurisce il rapporto che ha legittimato la costituzione della singola posizione di garanzia, per cui l’omessa applicazione di una cautela antinfortunistica è addebitabile ad ognuno dei titolari di tale posizione
Suprema Corte di Cassazione sezione IV sentenza 10 luglio 2015, n. 29798 Ritenuto in fatto Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Milano, in parziale riforma della sentenza di primo grado, concessa l’attenuante di cui all’art. 62 n. 6 c.p., riduceva la pena inflitta a M.D. e M.P., ritenuti responsabili in ordine...
Corte di Cassazione, sezione IV, sentenza 10 luglio 2015, n. 29800. In tema di sostanze stupefacenti, il fatto di lieve entità (articolo 73, comma 5, del dpr 9 ottobre 1990 n. 309) può essere riconosciuta solo in ipotesi di “minima offensività penale” della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati dalla norma (mezzi, modalità e circostanze dell’azione), con la conseguenza che, ove venga meno anche uno soltanto degli indici previsti dalla legge, diviene irrilevante l’eventuale presenza degli altri. Ciò in quanto la finalità dell’attenuante si ricollega al criterio di ragionevolezza derivante dall’articolo 3 della Costituzione, che impone – tanto al legislatore, quanto all’interprete – la proporzione tra la quantità e la qualità della pena e l’offensività del fatto
Suprema Corte di Cassazione sezione IV sentenza 10 luglio 2015, n. 29800 Ritenuto in fatto S.M. ricorre avverso la sentenza di cui in epigrafe che, confermando quella di primo grado, resa in esito a giudizio abbreviato, l’ha riconosciuta colpevole del reato di detenzione illecita di sostanza stupefacente del tipo metanfetamina [shaboo o ice] [grammi 7,5...
Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 10 luglio 2015, n. 29859. E’ configurabile il delitto di “stalking” quando, come previsto dall’articolo 612 bis cod.pen., comma 1, il comportamento minaccioso o molesto di taluno, posto in essere con condotte reiterate, abbia cagionato nella vittima o un grave e perdurante stato di turbamento emotivo ovvero abbia ingenerato un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero ancora abbia costretto lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita, bastando, inoltre, ad integrare la reiterazione quale elemento costitutivo del suddetto reato come dianzi affermato, anche due sole condotte di minaccia o di molestia. Trattasi, in tutta evidenza, di un reato che prevede eventi alternativi, la realizzazione di ciascuno dei quali è, dunque, idonea ad integrarlo, dovendosi, in particolare, intendere per alterazione delle proprie abitudini di vita, ogni mutamento significativo e protratto per un apprezzabile lasso di tempo dell’ordinaria gestione della vita quotidiana, indotto nella vittima, come nel caso in esame, dalla condotta persecutoria altrui (quali danneggiamenti e atti idonei a provocare lesioni), finalizzato ad evitare l’ingerenza nella propria vita privata del molestatore
Suprema Corte di Cassazione sezione V sentenza 10 luglio 2015, n. 29859 Ritenuto in fatto 1. La Corte di Appello di Brescia, con sentenza del 31 ottobre 2014, ha confermato la sentenza del Tribunale di Brescia dell’11 aprile 2014 che aveva condannato N.Y. per il delitto di atti persecutori in danno dell’ex compagna e madre...
Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 10 luglio 2015, n. 14517. Il grado di invalidità permanente determinato da una lesione all’integrità psico-fisica non si riflette automaticamente, né tanto meno nella stessa misura, sulla riduzione percentuale della capacità lavorativa specifica e, quindi, di guadagno della stessa. Comunque, affinché il giudice possa procedere all’accertamento presuntivo della perdita patrimoniale da menomazione della capacita lavorativa specifica, anche nei casi in cui l’elevata percentuale di invalidità permanente renda altamente probabile la menomazione di quella specifica, liquidando poi questa specifica voce di danno patrimoniale con criteri presuntivi, è necessario che il danneggiato supporti la richiesta con elementi idonei alla prova in concreto del pregresso svolgimento di una attività economica o alla prova in concreto del possesso di una qualificazione professionale acquisita e non ancora esercitata
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE VI SENTENZA 10 luglio 2015, n. 14517 Motivi della decisione 1. La Corte di Appello di Genova, sul presupposto che il diritto al risarcimento del danno patrimoniale da incapacità lavorativa specifica non discende in modo automatico dall’accertamento dell’invalidità permanente, spettando al giudice di valutare – sulla base delle prove...