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Corte di Cassazione, sezione IV, sentenza 8 febbraio 2016, n. 4990. Non causa nullità l’errore nell’indicazione del giorno della comparizione contenuta nel decreto di citazione a giudizio, nella specie d’appello, ove sia pienamente riconoscibile e inidoneo a ingenerare equivoco sulla data effettiva

Suprema Corte di Cassazione sezione IV sentenza 8 febbraio 2016, n. 4990 Ritenuto in fatto 1. La Corte di Appello di Milano, pronunciando nei confronti dell’odierno ricorrente, con sentenza del 18.2.2015 confermava la sentenza con cui il GIP del Tribunale di Busto Arsizio aveva condannato M. A., concessegli le circostanze attenuanti generiche ritenute equivalenti alla...

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Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 8 febbraio 2016, n. 4947. Il difensore della costituita parte civile non può proporre impugnazione nell’interesse di detta parte se non munito di apposita procura speciale, la quale pur non richiedendo formule sacramentali e potendo essere contenuta nella procura conferita per la costituzione in giudizio, deve essere tuttavia formulata in modo espresso. Ne consegue che non può attribuirsi il valore di procura speciale ai fini della proposizione della impugnazione al mandato difensivo conferito dalla parte civile al proprio avvocato con ‘ogni facoltà prevista dalla legge, compresa quella di assisterla, difenderla in udienza, presentare domande, richieste di risarcimenti e conclusioni, sostituire a sè altri con uguali o più limitati poteri, fare quanto altro necessario per la migliore e più corretta esecuzione della presente procura, in special modo quella di presentare e depositare la dichiarazione di costituzione presso la cancelleria del giudice competente. Il principio di immanenza della costituzione di. parte civile, che, in forza di quanto previsto dall’art. 76 comma 2 cod. proc. pen., attribuisce al difensore della parte civile il diritto di resistere all’impugnazione dell’imputato, non comprende anche il potere di impugnare la sentenza, per il quale è necessario un mandato specifico; difatti non vi è alcuna possibilità di assimilare la procura alle liti prevista dall’art. 100 cod. proc. pen. con la procura finalizzata alla costituzione di parte civile cui fanno riferimento gli artt. 76 e 122 cod. proc. pen.; specificamente, mentre la prima conferisce al professionista un valido mandato’ defensionale finalizzato a fare valere in giudizio le pretese della parte, la seconda, invece, attribuisce al procuratore la capacità di essere soggetto del rapporto processuale. In conclusione, quindi, deve escludersi la possibilità di riconoscere valore di procura speciale ai fini della proposizione dell’impugnazione al mondato difensivo conferito dalla, parte civile al proprio difensore, in quanto nello stesso è carente qualsiasi indicazione in ordine al conferimento dello specifico potere di proporre impugnazione.

Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 8 febbraio 2016, n. 4947 Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 21/10/2014, la Corte d’Appello di Salerno, pronunciando in sede di rinvio in seguito ad annullamento da parte della Corte di Cassazione della senza pronunciata dalla Corte d’Appello di Potenza dei 5/10/2012, in riforma della sentenza...

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Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 5 febbraio 2016, n. 4888. E’ legittimo il provvedimento con cui il giudice di merito rigetti l’istanza di rinvio dell’udienza, per impedimento dei difensore a comparire, documentata da un certificato medico che si limiti ad attestare un’infermità con stato febbrile (nella specie virosi respiratoria) e ad indicare una prognosi di quattro giorni senza precisare il grado di intensità di tale stato e la sua attitudine a determinare l’impossibilità a lasciare l’abitazione, trattandosi di elementi essenziali per la valutazione della fondatezza, serietà e gravità dell’ impedimento, non riscontrabili laddove si tratti di una diagnosi e di una prognosi che, secondo nozioni di comune esperienza, denotino l’insussistenza di una condizione tale da comportare l’impossibilità di comparire in giudizio, se non a prezzo di un grave e non altrimenti evitabile rischio per la propria salute. Nella specie, – rilevata la mancata nomina di un sostituto e l’assenza di qualsiasi giustificazione a riguardo – la Corte di merito si è posta nell’alveo di legittimità da ultimo richiamato laddove – senza vizi logici – ha rilevato la inidoneità della attestazione medica, che si limitava a prolungare di tre mesi il periodo di convalescenza dei difensore istante, senza attestare o comunque giustificare l’incompatibilità di tale periodo con la possibilità di comparire ed assolvere al mandato difensivo. Né vizio logico può essere ravvisato rispetto alla decisione di accoglimento di precedente istanza, anche in considerazione delle diverse indicazioni temporali e della prossimità all’intervento operatorio rispetto al quale la convalescenza era giustificata

Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza  5 febbraio 2016, n. 4888 Ritenuto in fatto  1. Con sentenza del 17.4.2015 la Corte di appello di Firenze – a seguito di gravame interposto dall’imputato S.V. avverso la sentenza emessa il 25.10.2012 dal Tribunale di Viareggio – ha confermato detta decisione con la quale l’imputato è stato...

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Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 14 gennaio 2016, n. 1314. A seguito della presentazione della domandata parte del terzo creditore di ammissione di credito ipotecario a valere sui beni come innanzi confiscati ai sensi dell’art. 12-quinquies l. 356/1992 – nel risolvere il conflitto di competenza tra il tribunale e la Corte di assise, individuata come giudice dell’esecuzione giacchè giudice che aveva emesso il provvedimento divenuto irrevocabile per ultimo – si è affermato, da un lato, che il giudice dell’esecuzione presso il tribunale che ha disposto la confisca prevista dal comma 199 della l. 24 dicembre 2012, n. 228 è il tribunale delle misure di prevenzione presso l’autorità giudiziaria che ha disposto la confisca stessa e non già il giudice dell’esecuzione di cui all’art. 665 c.p.p. e, dall’altro, che competente a conoscere la domanda proposta dal terzo creditore in buona fede, titolare di garanzia reale sul bene confiscato, è il tribunale delle misura di prevenzione presso l’autorità giudiziaria che ha disposto la confisca stessa.

Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 14 gennaio 2016, n. 1314 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SIOTTO Maria Cristina – Presidente Dott. BONITO Francesco M. – rel. Consigliere Dott. MAZZEI Antonella – Consigliere Dott. CASA Filippo – Consigliere...

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Corte di Cassazione, sezione IV, sentenza 13 gennaio 2016, n. 1006. Pur in presenza di un ricorso inammissibile e privo di motivi relativi al trattamento sanzionatorio, è stata applicata d’ufficio la legge sopravvenuta più favorevole che ha interessato l’art. 73 co. 5 del Dpr 309/90, ed è stata annullata senza rinvio la sentenza impugnata, pronunciata prima della modifica legislativa, essendo nel frattempo maturato il termine massimo di prescrizione

Suprema Corte di Cassazione sezione IV sentenza 13 gennaio 2016, n. 1006 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUARTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. D’ISA Claudio – Presidente Dott. BLAIOTTA Rocco M. – Consigliere Dott. MONTAGNI Andrea – Consigliere Dott. PEZZELLA Vincenzo – rel. Consigliere Dott....

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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 3 febbraio 2016, n. 4374. Se è vero che l’asta di una bandiera è idonea ad essere utilizzata per l’offesa alla persona, è altrettanto vero che la sua detenzione risulta astrattamente giustificata in relazione all’evento sportivo e che sono le concrete circostanze di tempo e di luogo a determinarne l’utilizzo illecito, per l’effettiva destinazione dello strumento all’offesa delle persone

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 3 febbraio 2016, n. 4374 Ritenuto in fatto 1. S.G. era condannato dal Tribunale di Salerno alla pena di mesi sei di reclusione, ai sensi dell’art. 6 bis comma 10 legge 13 dicembre 1989 n. 401, perché, nel corso di uno scontro tra opposte tifoserie, aveva in mano...

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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 4 febbraio 2016, n. 4649. L’art. 38 cod. proc. pen., nel disciplinare i termini e le forme per la presentazione della dichiarazione di ricusazione, stabilisce, al primo comma, che “La dichiarazione di ricusazione può essere proposta, nell’udienza preliminare, fino a che non siano conclusi gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti; nel giudizio, fino a che non sia scaduto il termine previsto dall’art. 491 comma 1; in ogni altro caso, prima del compimento dell’atto da parte del giudice”. II secondo comma della medesima disposizione, nel completare la disciplina relativa ai termini di presentazione della dichiarazione di ricusazione, prevede che “Qualora la causa di ricusazione sia sorta o sia divenuta nota dopo la scadenza dei termini previsti dal comma 1, la dichiarazione può essere proposta entro tre giorni. Se la causa è sorta o è divenuta nota durante l’udienza, la dichiarazione di ricusazione deve essere in ogni caso proposta prima del termine dell’udienza”. Le due previsioni, tra loro complementari, devono, onde renderle tra loro compatibili, essere riferite alla derivazione della dedotta causa di ricusazione da atti processuali (come tale da ritenersi conosciuta dall’imputato), o da situazioni esterne al processo (con la conseguente applicabilità del termine di tre giorni stabilito dalla prima parte del comma 2 dell’art. 38 cod. proc. pen.), in quanto la previsione dei primo comma, nello stabilire termini fissi con riferimento alle varie fasi processuali (con la clausola di chiusura dell’ultima parte dei primo comma, circa la necessaria presentazione della dichiarazione prima dei compimento dell’atto da parte del giudice), presuppone la conoscenza della causa di ricusazione da parte dell’imputato (a cui carico pone l’onere di presentare la dichiarazione entro detti termini), e dunque la sua derivazione ex actis; la previsione dei secondo comma della medesima disposizione, alternativa e complementare rispetto a quella del primo comma, contiene una ulteriore clausola di chiusura della disciplina relativa al termine di presentazione della dichiarazione di ricusazione, da riferirsi alle diverse ipotesi nelle quali, successivamente alla scadenza dei termini di cui al prima comma, la causa sia sorta o divenuta nota, cioè alla ipotesi in cui la causa non emerga ex actis (con la conseguente presunzione di conoscenza da parte dell’imputato), ma aliunde, da situazioni esterne al processo sorte o divenute note successivamente alla scadenza dei termini stabiliti dal primo comma, con la conseguente impossibilità di presentare la dichiarazione nel rispetto di detti termini e la previsione della possibilità di presentarla, indipendentemente dalla fase processuale, entro tre giorni o, se sia sorta o divenuta nota durante l’udienza, prima della conclusione della stessa. Ne consegue l’applicabilità dei termini stabiliti dalla prima parte del comma 2 dell’art. 38 cod. proc. pen. solo allorquando la causa di ricusazione sia sorta o divenuta nota dopo la scadenza dei termini previsti dal comma 1, in ragione della sua derivazione da situazioni esterne al processo.

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 4 febbraio 2016, n. 4649 Ritenuto di fatto 1. Con ordinanza del 20 luglio 2015 la Corte d’appello di Bologna ha dichiarato inammissibile la dichiarazione di ricusazione del Giudice per le indagini preliminari dei Tribunale di Reggio Emilia presentata da A.N., condannandolo al pagamento della somma di euro...