Suprema Corte di Cassazione sezione V sentenza 27 aprile 2016, n. 17206 Ritenuto in fatto 1. Con sentenza emessa in data 7.11.2014 la Corte d’Appello di Perugia, in parziale riforma della sentenza emessa in data.28-5-2013 dal G.u.p. del locale Tribunale nei confronti di S.D. e S.G. , dichiarava la nullità della sentenza impugnata, relativamente alla...
Categoria: Cassazione penale 2016
In tema di furto applicata la scriminante dello stato di necessità: nel caso di specie il furto ha avuto per oggetto due porzioni di formaggio ed una confezione di wurstel del valore complessivo di quattro euro; l'imputato ha pagato alle casse soltanto una confezione di grissini ed ha nascosto gli altri generi alimentari sotto la giacca. Risulta altresì dalla lettura delle sentenze di merito, come l'imputato fosse soggetto privo di dimora e di occupazione. La condizione dell'imputato e le circostanze in cui è avvenuto l'impossessamento della merce dimostrano che egli si impossessò di quel poco cibo per far fronte ad una immediata ed imprescindibile esigenza di alimentarsi, agendo quindi in stato di necessità. L'accertamento, in sede di legittimità, dell'esistenza di una causa di giustificazione impone l'annullamento della sentenza impugnata perchè il fatto non costituisce reato. Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 2 maggio 2016, n. 18248.
Suprema Corte di Cassazione sezione V sentenza 2 maggio 2016, n. 18248 Ritenuto in fatto Con la sentenza impugnata, la Corte d’Appello di Genova ha confermato la sentenza del Tribunale di Genova dei 24.10.13 che condannava alla pena di giustizia, previa concessione dell’attenuante di cui all’art.62 n°4 c.p. con giudizio di equivalenza sulla recidiva, O.R.,...
Per procedere a prelievo ematico in caso di sinistro stradale, ex art. 186, comma 5, cod. strad., non occorre il consenso dell'interessato, posto che la ratio della norma è quella di ottenere informazioni utili per la verifica di uno stato di ebbrezza alcolica del conducente rimasto coinvolto in un incidente stradale. Corte di Cassazione, sezione IV, sentenza 13 aprile 2016, n. 15329
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE IV sentenza 13 aprile 2016, n. 15329 Ritenuto in fatto 1. Con sentenza n.92/15 del 21/04/2015, la Corte di Appello di Torino confermava la sentenza del Tribunale di Alessandria in data 09/12/2013 con la quale R.F. , all’esito del giudizio abbreviato, veniva dichiarato responsabile del reato a lui ascritto ed...
Quando la condotta dell’agente sia consapevolmente diretta ad uccidere, ma l’evento non si verifichi per tale condotta ma per altra, successiva, consumata dallo stesso agente nella convinzione che l’evento morte si sia invece già verificato, l’errore in itinere del dolo comporta che l’omicidio non può essere imputato a tale titolo ma di colpa e la condotta precedente, quella per la quale l’agente ebbe ad erroneamente ritenere di aver raggiunto lo scopo voluto della morte della vittima, a titolo di tentato omicidio in concorso reale con l’ipotesi colposa. Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 15 aprile 2016, n.15774.
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE I SENTENZA 15 aprile 2016, n.15774 Ritenuto in fatto e considerato in diritto Nel corso della mattinata del 6 luglio 2010 all’interno del bagagliaio di una BMW distrutta dalle fiamme veniva rinvenuto il cadavere carbonizzato di una donna identificata in seguito in D.D.R. . Le indagini consentivano di acquisire indizi...
Il pubblico ministero esercita l’azione penale con il decreto di citazione diretta a giudizio e cristallizza la pretesa punitiva con l’imputazione in essa descritta. L’avviso di conclusione delle indagini preliminari, invece, ha funzione del tutto diversa essendo atto procedurale finalizzato a compulsare, nell’ambito delle indagini preliminari e prima dell’esercizio stesso dell’azione penale, un contraddittorio endo-procedimentale finalizzato proprio a mettere l’imputato nella condizione, se lo ritiene, di proporre argomenti, temi difensivi ed elementi di prova a discarico. Si tratta, dunque, di un atto il cui scopo resta quello di consentire al pubblico ministero di assumere le più ampie determinazioni inerenti all’esercizio dell’azione penale, onde evitare – anche con la collaborazione del diretto interessato – inutili processi . È dunque fisiologico che il fatto descritto nel decreto di citazione a giudizio sia diverso da quello sommariamente enunciato nell’avviso di conclusione delle indagini; quel che conta è che non lo sia in modo radicale si che su di esso non v’è stato alcun reale ed effettivo contraddittorio. Occorre infatti considerare che la possibilità per il pubblico ministero di modificare l’imputazione successivamente all’esercizio dell’azione penale, sia nel corso dell’udienza preliminare che nel dibattimento (artt. 423, 516 e 517, cod. proc. pen.), anche per fatti che risultavano noti già dagli atti di indagine al momento dell’esercizio dell’azione penale stessa, limita i casi nullità del decreto di citazione a giudizio (o della richiesta di rinvio a giudizio) ai soli casi in cui il fatto descritto nell’imputazione, rispetto a quello enunciato nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, non sia connesso o sia del tutto “nuovo” ai sensi dell’art. 518, cod. proc. pen., che denoti cioè un accadimento assolutamente difforme da quello contestato, naturalisticamente e giuridicamente autonomo. Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 27 aprile 2016, n. 17181.
Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 27 aprile 2016, n. 17181 Ritenuto in fatto 1. Il sig. B.S. ricorre per l’annullamento della sentenza del 27/10/2014 della Corte di appello di Brescia che, in parziale riforma di quella del 27/03/2014 resa dal Tribunale di quello stesso capoluogo all’esito di giudizio abbreviato, ha ridotto la pena...
Al fine della sussistenza della circostanza aggravante del travisamento del delitto di rapina è sufficiente una lieve alterazione dell’aspetto esteriore della persona, conseguita con qualsiasi mezzo anche rudimentale, purché idoneo a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona stessa. Non è rilevante dunque che la parte offesa sia riuscita o meno a riconoscere le sembianze del rapinatore, ma che vi fosse un oggettiva alterazione dell’aspetto. L’uso di un casco da motociclista o anche solamente di occhiali da sole per commettere una rapina appaiono sufficienti a integrare un aspetto esteriore della persona. Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 29 aprile 2016, n. 17397.
Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 29 aprile 2016, n. 17397 Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 3 aprile 2015, la Corte di appello di Roma ha confermato la condanna dell’imputato C.R. e per una rapina consumata, due tentativi di rapina, una resistenza a pubblico ufficiale e un falso materiale su certificazione...
Perché sia integrata la scriminante del diritto di critica è necessario che sia rispettato il requisito della continenza, ovvero che le modalità espressive dispiegate siano proporzionate e funzionali alla comunicazione dell’informazione, e non si traducano in espressioni che in quanto gravemente infamanti e inutilmente umilianti, trasmodino in una mera aggressione verbale del soggetto criticato. Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 21 aprile 2016, n.16679.
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE V SENTENZA 21 aprile 2016, n.16679 Ritenuto in fatto Con sentenza emessa in data 28 marzo 2013 la Corte d’Appello di Napoli confermava la sentenza del Tribunale di Avellino dei 25 novembre 2009 con cui M. F., M. M. e M.F. sono stati condannati alla pena di € 600,00 di...
Le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra aggravanti ed attenuanti, sono censurabili in sede di legittimità soltanto nell’ipotesi in cui siano frutto di mero arbitrio o di un ragionamento illogico e non anche qualora risulti sufficientemente motivata la soluzione dell’equivalenza. Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 18 aprile 2016, n. 15930.
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE II SENTENZA 18 aprile 2016, n. 15930 RITENUTO IN FATTO Con sentenza del 3/4/2014 la Corte d’Appello di Bari, in riforma della sentenza del GUP del Tribunale di Trani del 12/7/2013, riconosceva agli imputati P., M. e S. (già condannati in primo grado per reati di rapina aggravata consumata e...
La mancata comparizione del testimone residente all’estero è un comportamento che può conseguire solo a una citazione andata a buon fine, che presuppone che gli sia stato correttamente citato, nelle forme imposte dalle peculiarità del caso in esame, tra le quali devono eventualmente comprendersi anche quelle della rogatoria internazionale, ma anche che la stessa presuppone, nel caso in cui la notificazione non sia stata effettuata perché il teste non è stato trovato all’indirizzo indicato, che siano compiuti tutti quegli accertamenti necessari e opportuni per potere individuare l’attuale domicilio, non essendo a tal fine sufficienti verifiche anagrafiche meramente formali. Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 8 aprile 2016, n. 14243.
Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 8 aprile 2016, n. 14243 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CORTESE Arturo – Presidente Dott. NOVIK Adet Toni – Consigliere Dott. TARDIO Angela – Consigliere Dott. SANDRINI Enrico Giuseppe – Consigliere Dott....
Ne’ e’ fondato il rilievo secondo il quale il dolo d’impeto e’ incompatibile con il dolo alternativo, posto che l’agire sulla spinta emotiva del momento non esclude la lucidita’ mentale e le facolta’ cognitive che consentono di prevedere e rappresentarsi l’evento come conseguenza della propria azione. Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 7 aprile 2016, n. 13970.
Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 7 aprile 2016, n. 13970 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. VECCHIO Massimo – Presidente Dott. LA POSTA Lucia – rel. Consigliere Dott. MANCUSO Luigi Fabrizio – Consigliere Dott. ESPOSITO Aldo – Consigliere...