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Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 5 giugno 2015, n. 24236. Deve essere annullata, con rinvio, la condanna per il reato di omessa somministrazione dei mezzi di sussistenza, quando il giudice non abbia adeguatamente considerato documenti che proverebbero il pagamento di somme a favore delle persone offese, sebbene in modo non conforme ai contenuti dell’obbligo di mantenimento e anche quando non vi sia evidenza dell’avvenuta ricezione da parte dei destinatari

Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 5 giugno 2015, n. 24236 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. AGRO’ Antonio – Presidente Dott. ROTUNDO Vincenzo – Consigliere Dott. CITTERIO Carlo – rel. Consigliere Dott. VILLONI Orlando – Consigliere Dott. BASSI...

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Corte di Cassazione, sezione IV, sentenza 5 giugno 2015, n. 24217. E’ esente da colpa il conducente che investa il pedone in autostrada, la cui sagoma non sia avvistabile a distanza, che sia sceso dall’abitacolo della vettura in avaria senza indossare l’apposito giubbotto catarifrangente e si trovi sulla corsia di sorpasso

Suprema Corte di Cassazione sezione IV sentenza 5 giugno 2015, n. 24217 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUARTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SIRENA Pietro Antonio – Presidente Dott. IZZO Fausto – Consigliere Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere Dott. MONTAGNI Andrea – Consigliere Dott....

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Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 4 giugno 2015, n. 24027. L’attenuazione o l’esclusione delle esigenze cautelari non può essere desunta dal solo decorso del tempo di esecuzione della misura o dall’osservanza puntuale delle relative prescrizioni, dovendosi valutare ulteriori elementi di sicura valenza sintomatica in ordine al mutamento della situazione apprezzata all’inizio del trattamento cautelare

Suprema Corte di Cassazione sezione V sentenza 4 giugno 2015, n. 24027 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ZAZA Carlo – Presidente Dott. MICCOLI Grazia – Consigliere Dott. SETTEMBRE A – rel. Consigliere Dott. GUARDIANO Alfred – Consigliere Dott. DEMARCHI...

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Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 4 giugno 2015, n. 24011. La confessione da parte del richiedente del fatto oggetto dell’imputazione non integra un requisito della sospensione del procedimento con messa alla prova

Suprema Corte di Cassazione sezione V sentenza 4 giugno 2015, n. 24011 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. BEVERE Antonio – Presidente Dott. DE BERARDINIS Silvana – Consigliere Dott. VESSICHELLI Maria – Consigliere Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere Dott. CAPUTO...

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Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 4 giugno 2015, n. 23987. E’ configurabile la bancarotta fraudolenta qualora l’imprenditore, nella imminenza della dichiarazione di fallimento, abbia restituito al venditore i beni acquistati con patto di riservato dominio

Suprema Corte di Cassazione sezione V sentenza 4 giugno 2015, n. 23987 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. LAPALORCIA Grazia – Presidente Dott. BRUNO Paolo Antonio – Consigliere Dott. SETTEMBRE Antonio – Consigliere Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere Dott. LIGNOLA...

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Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 19 giugno 2015, n. 25944. Il reato di abuso di ufficio è caratterizzato da una “doppia ingiustizia”: la prima inerisce alla condotta ed è costituita dalla contrarietà a norme di legge o di regolamento. La seconda attiene invece al risultato della condotta e si concreta nell’attribuzione ad un privato di un vantaggio non spettantegli, in base al diritto oggettivo che disciplina la materia. Non è quindi necessario che la violazione di prescrizioni normative si sia dispiegata su entrambi i versanti, quello della condotta e quello dell’evento di vantaggio patrimoniale. L’ingiustizia del vantaggio non deve infatti necessariamente derivare dalla violazione di una norma diversa ed autonoma rispetto a quella che ha caratterizzato l’illegittimità della condotta. È infatti sufficiente la violazione di prescrizioni normative sul solo versante della condotta, sempre che, per effetto di essa, sia stato attribuito al privato un vantaggio a cui quest’ultimo non aveva diritto, senza che sia necessario che il vantaggio venga attribuito violando un’ulteriore norma di legge. Occorre pertanto che il giudice effettui, al riguardo, una duplice valutazione, tenendo ben distinto il profilo inerente all’illegittimità della condotta da quello relativo all’ingiustizia del vantaggio, non potendosi inferire quest’ultima dall’accertata esistenza della violazione di norme di legge o di regolamento ma dovendosi sempre accertare che il privato non avesse titolo a ricevere il vantaggio attribuitogli. Il reato di abuso d’ufficio può configurarsi anche in relazione all’attività discrezionale della pubblica amministrazione.

Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 19 giugno 2015, n. 25944 Ritenuto in fatto 1. S.D. ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano, in data 2-7-2014, con la quale è stata confermata la sentenza di condanna emessa in primo grado, in ordine al delitto di cui all’art. 323 cod. pen....

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Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 17 giugno 2015, n. 25364. Integra il delitto di truffa, e non il meno grave reato di omissione o falsità in registrazione o denuncia obbligatoria (art. 37 della legge 24 novembre 1981, n. 689), la condotta dei datore di lavoro che, per mezzo dell’artificio costituito dalla fittizia esposizione di somme corrisposte al lavoratore, induce in errore l’istituto previdenziale sul diritto al conguaglio di dette somme, invero mai corrisposte, realizzando così un ingiusto profitto e non già una semplice evasione contributiva. Peraltro, in tema di indebita percezione di erogazioni pubbliche, la produzione all’ente erogatore di una falsa autocertificazione finalizzata a conseguire indebitamente contributi previdenziali integra il reato di cui all’art. 316-ter cod. pen., anziché quello di truffa aggravata, qualora l’ente assistenziale non venga indotto in errore, in quanto chiamato solo a prendere atto dell’esistenza dei requisiti autocertificati e non a compiere una autonoma attività di accertamento

Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 17 giugno 2015, n. 25364 Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 26.10.2011 il Tribunale di Teramo dichiarò M.N. responsabile dei reato di cui all’art. 640 comma 2 cod. pen. in danno dell’ I.N.P.S. e lo condannò alla pena di anni 1 di reclusione ed € 309,00 di...