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Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 13 novembre 2015, n. 45453. Integrano il delitto di atti persecutori anche due sole condotte tra quelle descritte dall’art. 612 bis cod.pen., come tali idonee a costituire la reiterazione richiesta dalla norma incriminatrice. Invece, un solo episodio, per quanto grave e da solo anche capace, in linea teorica, di determinare il grave e persistente stato d’ansia e di paura che è indicato come l’evento naturalistico del reato, non è sufficiente a determinare la lesione del bene giuridico protetto dalla norma in esame, potendolo essere, invece, alla stregua di precetti diversi: e ciò in aderenza alla volontà del legislatore il quale, infatti, non ha lasciato spazio alla configurazione di una fattispecie solo “eventualmente” abituale. Il delitto, inoltre, è configurabile anche quando le singole condotte sono reiterate in un arco di tempo molto ristretto, a condizione che si tratti di atti autonomi e che la reiterazione di questi sia la causa effettiva di uno degli eventi considerati dalla norma incriminatrice. Trattandosi di reato abituale è la condotta nel suo complesso ad assumere rilevanza ed in tal senso l’essenza dell’incriminazione di cui si tratta si coglie non già nello spettro degli atti considerati tipici, bensì nella loro reiterazione, elemento che li cementa, identificando un comportamento criminale affatto diverso da quelli che concorrono a definirlo sul piano oggettivo. È dunque l’atteggiamento persecutorio ad assumere specifica autonoma offensività ed è per l’appunto alla condotta persecutoria nel suo complesso che deve guardarsi per valutarne la tipicità, anche sotto il profilo della produzione dell’evento richiesto per la sussistenza del reato. In tale ottica il fatto che tale evento si sia in ipotesi manifestato in più occasioni e a seguito della consumazione di singoli atti persecutori è non solo non discriminante, ma addirittura connaturato al fenomeno criminologico alla cui repressione la norma incriminatrice è finalizzata, giacché alla reiterazione degli atti corrisponde nella vittima un progressivo accumulo dei disagio che questi provocano, fino a che tale disagio degenera in uno stato di prostrazione psicologica in grado di manifestarsi nelle forme descritte nell’art. 612 bis cod. pen. Indubbiamente l’evento deve essere il risultato della condotta persecutoria nel suo complesso, anche se può manifestarsi solo a seguito della consumazione dell’ennesimo atto persecutorio, in quanto dalla reiterazione degli atti deriva nella vittima un progressivo accumulo di disagio che, solo alla fine della sequenza, degenera in uno stato di prostrazione psicologica in grado di manifestarsi in una delle forme previste dalla norma incriminatrice.

Suprema Corte di Cassazione sezione V sentenza 13 novembre 2015, n. 45453 Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 22 gennaio 2014 la Corte d’appello di Napoli ha confermato la pronunzia di primo grado del Tribunale di Napoli, con la quale C.M. era stato condannato per il delitto di cui all’art. 612 bis cod. pen....

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Corte di Cassazione, sezione IV, sentenza 9 novembre 2015, n. 44796. La colpa omissiva deve ancorarsi ad un obbligo giuridico che non è necessariamente vincolato all’esistenza di una norma o regola dettata da fonte pubblicistica o privatistica, ma può derivare anche dall’attività propria dell’obbligato in quanto possibile fonte di pericolo. Il gestore dell’impianto e delle piste servite ha infatti a suo carico l’obbligo della manutenzione in sicurezza della piste medesime che gli deriva altresì dal contratto concluso con lo sciatore che utilizza l’impianto. Il pericolo da prevenire, oggetto della posizione di garanzia, non è quindi solo quello interno alla pista: ed invero l’obbligo di protezione che è proiezione della posizione di garanzia riguarda anche i pericoli atipici, cioè quelli che lo sciatore non si attende di trovare, diversi quindi da quelli connaturati a quel quid di pericolosità insito nell’attività; deve escludersi, nel caso di specie, che un tale obbligo di protezione si possa dilatare sino a comprendervi i c.d. pericoli esterni, ma, nondimeno, il gestore, nel caso in esame, doveva prevenire quei pericoli fisicamente esterni alle piste, ma cui si poteva andare incontro anche in caso di comportamento imprudente di terzi

Suprema Corte di Cassazione sezione IV sentenza  9 novembre 2015, n. 44796 Ritenuto in fatto 1. Con l’impugnata sentenza resa in data 29 settembre 2014 il Giudice di Pace di Bressanone assolveva M.A. , R.K. e S.F. dal reato loro ascritto perché il fatto non costituisce reato. Questi erano stati tratti a giudizio per rispondere...

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Corte di Cassazione, sezione IV, sentenza 9 novembre 2015, n. 44811. Le norme antinfortunistiche sono destinate a garantire la sicurezza delle condizioni di lavoro, anche in considerazione della disattenzione con la quale gli stessi lavoratori effettuano le prestazioni. Nel campo della sicurezza del lavoro, gli obblighi di vigilanza che gravano sul datore di lavoro risultano funzionali anche rispetto alla possibilità che il lavoratore si dimostri imprudente o negligente verso la propria incolumità; che può escludersi l’esistenza del rapporto di causalità unicamente nei casi in cui sia provata l’abnormità del comportamento del lavoratore infortunato e sia provato che proprio questa abnormità abbia dato causa all’evento; che, nella materia che occupa, deve considerarsi abnorme il comportamento che, per la sua stranezza e imprevedibilità, si ponga al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte delle persone preposte all’applicazione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro; e che l’eventuale colpa concorrente dei lavoratore non può spiegare alcuna efficacia esimente per i soggetti aventi l’obbligo di sicurezza che si siano comunque resi responsabili della violazione di prescrizioni in materia antinfortunistica. Non può affermarsi che abbia queste caratteristiche il comportamento dei lavoratore – come certamente è avvenuto nel caso di specie – che abbia compiuto un’operazione rientrante pienamente, oltre che nelle sue attribuzioni, nel segmento di lavoro attribuitogli

Suprema Corte di Cassazione sezione IV sentenza  9 novembre 2015, n. 44811 Ritenuto in fatto 1. La Corte di Appello di Milano, con sentenza del 13.11.2014, ha confermato la sentenza di condanna resa dal Tribunale di Como in data 25.02.2014, nei confronti di B.F., in riferimento al reato di cui all’art. 590, cod. pen. Al...

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Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 3 novembre 2015, n. 44403. Integra pacificamente il delitto di rivelazione di segreti d’ufficio la condotta del collaboratore di cancelleria che fornisca a terzi non autorizzati a riceverla, e senza rispettare la procedura prevista dall’art. 110 bis disp. att. c.p.p., in relazione all’art. 335, c.p.p. – secondo la quale la segreteria della procura può rispondere alla richiesta di comunicazione delle iscrizioni contenute nel registro delle notizie di reato, solo dopo che il pubblico ministero vi abbia dato espressa risposta e nel senso derivante dalla risposta stessa, competendo al pubblico ministero di verificare se ricorra la preclusione connessa a uno dei delitti di cui all’art. 407 co. 2, lett. a), c.p.p., ovvero se sussistano specifiche esigenze che giustifichino la temporanea segretazione sulle iscrizioni – la notizia dell’iscrizione nel registro degli indagati di una determinata, in una fase di assoluta delicatezza, quale quella delle indagini preliminari, a persona non autorizzata a riceverle

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE V SENTENZA 3 novembre 2015, n. 44403 Fatto e diritto Con sentenza emessa il 13.10.2014 la corte di appello di Roma confermava la sentenza con cui il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Roma, decidendo in sede di giudizio abbreviato, in data 17.11.2009, aveva condannato M.A.C. alla...

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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 26 ottobre 2015, n. 42964. Scatta il reato di produzione, e poi detenzione, di materiale pedopornografico per l’allenatore della squadra di calcio dilettantistica che riprende di nascosto le parti intime dei ragazzi, in questo caso minori di 14 anni, mentre si trovano negli spogliatoi, e poi lo archivia su hard disk esterni al pc

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 26 ottobre 2015, n. 42964 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FIALE Aldo – Presidente Dott. AMORESANO Silvio – Consigliere Dott. DI NICOLA Vito – Consigliere Dott. MENGONI Enrico – Consigliere Dott. ANDRONIO...

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Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 22 ottobre 2015, n. 42610. Punibile per omissione di atti d’ufficio il pubblico ufficiale che non risponde ad una richiesta di provvedere anche se la stessa non è direttamente a lui rivolta. Integra gli estremi del reato di omissione di atti d’ufficio il comportamento del responsabile di un ufficio tecnico comunale che, ricevuta dal Sindaco una lettera di diffida e messa in mora direttamente rivolta all’organo politico – lettera inoltrata dal Sindaco medesimo al responsabile dell’U.T. comunale con l’esplicito “invito a darne immediato riscontro e relativa comunicazione al sottoscritto” -, non provveda nel termine di legge, atteso che detta diffida, pur essendo stata inviata a soggetto diverso da quello competente a provvedere, era giunta nella sfera di conoscenza del funzionario dell’ente locale, ponendolo in condizione di conoscere l’oggetto dell’incarico da adempiere, a lui affidato nella rispettiva qualità

Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 22 ottobre 2015, n. 42610 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. AGRO’ Antonio – Presidente Dott. ROTUNDO Vincenzo – Consigliere Dott. VILLONI Orlando – Consigliere Dott. DE AMICIS Gaetano – rel. Consigliere Dott....

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Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 22 ottobre 2015, n. 42579. Per la configurabilità del reato di «impiego di denaro di provenienza illecita», previsto dall’articolo 648-ter del codice penale, non è necessario che la condotta abbia anche connotazioni dissimulatorie, necessarie invece per contestare il reato di riciclaggio

Suprema Corte di Cassazione sezione V sentenza 22 ottobre 2015, n. 42579 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. VESSICHELLI Maria – Presidente Dott. SETTEMBRE Antonio – Consigliere Dott. DE MARZO Giusepp – Consigliere Dott. POSITANO G. – rel. Consigliere Dott....