cassazione 5

Suprema Corte di Cassazione

sezione V

sentenza 22 ottobre 2015, n. 42579

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VESSICHELLI Maria – Presidente

Dott. SETTEMBRE Antonio – Consigliere

Dott. DE MARZO Giusepp – Consigliere

Dott. POSITANO G. – rel. Consigliere

Dott. DEMARCHI ALBENGO Paolo G – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 4193/2013 CORTE APPELLO di GENOVA, del 03/07/2014;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA dei 08/06/2015 la relazione fatta dal Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO;

Il Procuratore generale della Corte di Cassazione, Dott. CARDINO Alberto, conclude chiedendo l’inammissibilita’ di tutti i ricorsi;

E’ presente l’Avvocato (OMISSIS) per (OMISSIS), ed anche in sostituzione dell’avvocato (OMISSIS), per (OMISSIS), il quale chiede l’accoglimento dei ricorsi.

 

RITENUTO IN FATTO

 

1. Il procedimento in esame prende le mosse dagli accertamenti effettuati dal curatore del fallimento della societa’ (OMISSIS) dai quali era emersa la presenza di significativi accrediti di somme della societa’ sui conti intestati a (OMISSIS), procuratore speciale della societa’, della quale era legale rappresentate ed amministratore unico, (OMISSIS). Il precedente amministratore aveva reso dichiarazioni confessorie, individuando in (OMISSIS) il reale gestore della societa’, la quale aveva beneficiato di un consistente finanziamento comunitario per investimenti produttivi, mai realizzati e le relative somme erano state stornate da (OMISSIS) sui propri conti e su quelli del fratello (OMISSIS) e della propria convivente, (OMISSIS).

2. Pertanto davanti al Tribunale di Massa, a (OMISSIS) era stato contestato (capo a) il reato di truffa aggravata in concorso con l’amministratore del tempo, (OMISSIS), per avere giustificato la richiesta di finanziamento con un simulato contratto preliminare di acquisto di un capannone.

3. Al (OMISSIS) era, poi, contestato, in concorso con l’amministratore di diritto, (OMISSIS), il reato di bancarotta distrattiva e documentale fraudolenta (capo b) e di appropriazione indebita aggravata riguardo a quattro autovetture, al contributo comunitario ricevuto, pari ad oltre euro 740.000, al saldo di cassa, oltre che per avere occultato le scritture contabili al fine di recare pregiudizio ai creditori.

4. A (OMISSIS) e (OMISSIS) e’ stato contestato il reato previsto all’articolo 648 ter c.p. per avere impiegato, in operazioni bancarie, i fondi provenienti dalla societa’ fallita, a seguito del trasferimento operato da (OMISSIS).

5. Con la decisione di primo grado il Tribunale riteneva il reato di appropriazione indebita assorbito nella bancarotta distrattiva, affermando la responsabilita’ di (OMISSIS) per tutti i reati ascrittigli, dando atto, in motivazione, che le autovetture sottratte dall’imputato erano soltanto due. Riteneva (OMISSIS) colpevole del reato di bancarotta documentale semplice, ai sensi della L.F., articolo 217, cosi’ riqualificata l’originaria imputazione, assolvendolo da quello di bancarotta per distrazione e concedendo le attenuanti generiche. Riteneva (OMISSIS) e (OMISSIS) colpevoli del reato loro ascritto ex articolo 648 ter c.p., concedendo le attenuanti generiche prevalenti.

6. Con la sentenza impugnata la Corte d’Appello, in parziale riforma della decisione del Tribunale di Massa, diminuiva la pena inflitta a (OMISSIS), confermando, nel resto, la sentenza di primo grado.

7. Avverso la decisione della Corte territoriale propone ricorso per cassazione il difensore di fiducia di (OMISSIS) e di (OMISSIS) lamentando, con riferimento alla posizione di quest’ultima:

– violazione dell’articolo 648 ter c.p. riguardo alla trascurata centralita’ dell’effetto dissimulatorio, al fine di ostacolare l’accertamento sull’origine delittuosa del denaro;

– vizio di motivazione riguardo alla materialita’ della condotta;

– travisamento della prova risultante dall’audizione del teste, maresciallo (OMISSIS);

8. Riguardo alla posizione di (OMISSIS), la difesa lamenta:

– vizio di motivazione in ordine alla qualifica di amministratore di fatto;

– vizio di motivazione in relazione alla contestazione di cui al capo b), evidenziando che in sede di appello la difesa aveva sottolineato che il curatore non aveva ottemperato agli obblighi previsti dalla L.F., articoli 84 e 87;

– vizio di motivazione riguardo alla condotta di cui al capo a), in quanto la sentenza non fornisce alcun indizio in ordine al contributo materiale o psicologico dell’imputato.

9. Il ricorso proposto da (OMISSIS) e’ articolato in tre motivi con i quali l’imputato lamenta:

– violazione della L.F., articolo 217 e travisamento della prova;

– violazione dell’articolo 62 c.p., n. 6 nella parte in cui la Corte territoriale ha ritenuto di non concedere tale attenuante all’imputato;

– violazione di legge in relazione alla commisurazione della pena e vizio di motivazione.

10. Il ricorso proposto di (OMISSIS) e’ articolato in due motivi con i quali l’imputato lamenta:

– vizio di motivazione e travisamento dei fatti riguardo alla consapevolezza della provenienza illecita delle somme reinvestite;

– violazione dell’articolo 648 ter c.p. e mancanza di motivazione riguardo al profilo della specifica finalita’ di far perdere le tracce dell’origine illecita del denaro;

– Con motivi aggiunti depositati il 22 maggio 2015 il difensore di (OMISSIS) rileva l’incompatibilita’ giuridica del concorso con il fratello nella commissione del reato, con la struttura dell’articolo 648 ter c.p., stante la clausola di riserva.

 

CONSIDERATO IN DIRITTO

 

La sentenza impugnata non merita censura per infondatezza dei motivi.

1. Con il primo motivo di ricorso per cassazione il difensore di fiducia di (OMISSIS) lamenta violazione dell’articolo 648 ter c.p.. In particolare, la Corte d’Appello non avrebbe motivato riguardo all’ulteriore presupposto della volonta’ specifica dell’imputata di realizzare l’effetto dissimulatorio al fine di ostacolare l’accertamento sull’origine delittuosa del denaro. Secondo la Corte territoriale tale ulteriore requisito non sarebbe necessario, come affermato dalla Cassazione nella sentenza n. 9062 del 2013. La difesa rileva che tale pronunzia si pone in contrasto con l’orientamento tradizionale che ricostruisce il rapporto tra le tre fattispecie penali previste dagli articoli 648, 648 bis e 648 ter c.p., in termini di specialita’. Orientamento questo, ribadito anche dalle Sezioni Unite della Cassazione nella decisione n. 25191 del 2014 dalla quale emergerebbe che l’intento dissimulatorio debba essere riscontrato anche nella fattispecie prevista all’articolo 648 ter c.p..

2. La censura e’ infondata dovendosi richiamare l’indirizzo giurisprudenziale secondo cui per la configurabilita’ del reato di cui all’articolo 648 ter cod. pen., non occorre che il reimpiego del danaro o degli altri beni provenienti da delitto avvenga in attivita’ lecite, ne’ che tali attivita’ siano svolte professionalmente; non e’ altresi’ necessario che la condotta di reimpiego presenti connotazioni dissimulatorie, volte ad ostacolare l’individuazione o l’accertamento della provenienza illecita dei beni. (Sez. 2, n. 9026 del 05/11/2013 – dep. 25/02/2014, Palumbo e altro, Rv. 258525).

3. Per il resto nessun elemento favorevole alla tesi della difesa si evince dal contenuto della decisione delle Sezioni Unite di questa Corte citata dalla ricorrente, mentre appaiono condivisibili le articolate motivazioni della decisione richiamata, che valorizza i tre profili del dato letterale della norma (dove la necessita’ che la condotta ostacoli l’identificazione della provenienza delittuosa e’ richiesta per il solo delitto di riciclaggio), della collocazione in sequenza delle disposizioni in oggetto (che evidenzia la necessita’ di elementi costitutivi diversi nelle tre fattispecie) e dello specifico spazio operativo dell’articolo 648 ter c.p., destinato ad una fase successiva a quella del riciclaggio.

4. Con il secondo motivo il difensore deduce vizio di motivazione riguardo all’elemento psicologico del reato a causa della mancata valutazione che l’imputata non avendo ricoperto alcun ruolo nell’azienda fallita non poteva, come affermato dalla Corte territoriale, essere partecipe degli interessi economici della famiglia (OMISSIS). Nello stesso modo secondo la difesa sarebbe insufficiente la motivazione connessa alla mancata giustificazione delle somme investite, poiche’ si pretende di far ricadere sull’imputata l’onere probatorio che spetta all’accusa. Inoltre, appare censurabile l’argomentazione della Corte relativa alla esistenza di un rapporto affettivo con (OMISSIS) poiche’ da tale circostanza si potrebbe al piu’ desumere che l’imputata era a conoscenza del ruolo di amministratore di fatto svolto da quest’ultimo, ma non anche che era consapevole della provenienza illecita del denaro reinvestito.

5. Il motivo e’ destituito di fondamento. La Corte territoriale con motivazione fondata sulle risultanze documentali ha evidenziato che le somme versate ai due ricorrenti provengono certamente dai conti correnti di (OMISSIS), a loro volta alimentati dalle risorse provenienti dalla societa’, subito dopo che questa aveva incassato il finanziamento oggetto del reato sub a); conseguentemente la provvista dei trasferimenti di somme in favore dei ricorrenti proviene dal reato di bancarotta per distrazione. L’elemento psicologico viene ragionevolmente ancorato, dalla Corte d’Appello, ai rapporti familiari e affettivi stretti esistenti tra le parti e all’assenza di ogni plausibile giustificazione. Con specifico riferimento alla posizione della ricorrente, questa non svolgeva alcuna attivita’, mentre conosceva certamente l’attivita’ del proprio compagno, sia in conseguenza del rapporto affettivo che li legava, sia perche’ l’imputata aveva svolto per circa otto anni il ruolo di amministratore di una societa’ omonima di quella fallita, comunque, riconducibile alla famiglia (OMISSIS). Conseguentemente lo storno di somme in favore dell’imputata costituiva reato al quale la stessa (OMISSIS) non poteva ritenersi estranea. Al contrario, reintegrando consapevolmente quelle somme, poneva in essere la condotta prevista dall’articolo 648 ter c.p..

6. Con il terzo motivo la difesa lamenta vizio di motivazione riguardo alla materialita’ della condotta. In particolare, la Corte territoriale avrebbe errato nel considerare irrilevanti i motivi di appello, poiche’ doveva ritenersi pacifica la circostanza che le somme impiegate dall’imputata provenivano dal finanziamento comunitario oggetto della bancarotta per distrazione di cui al capo b). Sulla base di questa premessa la Corte territoriale ha ritenuto inutile esaminare le doglianze dell’imputata riguardo alla mancanza di coincidenza del dato temporale. In sostanza, secondo la difesa, l’argomentazione della Corte territoriale proverebbe troppo, con la conseguenza che la stessa non si e’ occupata della criticita’ derivante dalla mancanza di coincidenza tra le date dei trasferimenti di denaro.

7. Il motivo e’ inammissibile poiche’ la difesa si limita a censurare la motivazione della Corte territoriale senza riproporre i motivi di appello che sarebbero stati pretermessi, con cio’ impedendo alla Corte di operare una valutazione sulla congruita’ della motivazione.

8. Con il quarto motivo il difensore deduce travisamento della prova risultante dall’audizione del maresciallo (OMISSIS). Secondo la difesa sarebbe errata l’argomentazione della Corte secondo cui costituirebbe un riscontro alla ricostruzione dell’accusa la circostanza che i bonifici sui conti correnti della donna, operati in contanti, corrispondevano ai prelievi effettuati poco prima da (OMISSIS), mentre, al contrario i versamenti relativi alla complessiva somma di euro 50.000, secondo quanto riferito dallo stesso maresciallo, non trovavano una rispondenza nei prelievi operati da (OMISSIS).

9. Il motivo e’ inammissibile in quanto introduce solo profili di fatto che non possono trovare ingresso in questa sede richiedendo alla Corte di Cassazione la non consentita rivisitazione degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata. Oltre a cio’ le doglianze sono infondate poiche’, come puntualmente evidenziato dalla Corte territoriale e riportato anche dalla stessa ricorrente, un primo ordine di versamenti, era rappresentato dal deporto, in contanti, effettuato presso il conto della imputata; rispetto a tali versamenti il citato maresciallo dichiarava l’esistenza di una coincidenza con i prelievi effettuati da (OMISSIS). Si tratta certamente di un valido riscontro alla tesi della accusa, che non viene in alcun modo inficiato dall’impossibilita’ di addivenire alle medesime conclusioni con riferimento a un secondo ordine di versamenti effettuati in favore della imputata.

10. Riguardo alla posizione di (OMISSIS) la difesa, con il primo motivo, lamenta vizio di motivazione in ordine alla qualifica di amministratore di fatto, rilevando che l’imputato aveva ricevuto dalla societa’ fallita due procure speciali, sulla base delle quali aveva esercitato poteri gestori nei limiti della procura e non quale amministratore di fatto.

11. Il motivo e’ infondato perche’ come evidenziato correttamente dalla Corte territoriale esulano certamente dai poteri previsti dalla procura la possibilita’ di trasferire somme ingenti dal conto della Societa’ a quello personale dell’imputato e la possibilita’ di pagare i fornitori. Inoltre la Corte territoriale, con motivazione assolutamente ragionevole ha valutato, quale ulteriore riscontro alla qualita’ di amministratore di fatto, l’esistenza di ben due procure speciali con la previsione di amplissimi poteri, contrapposti al ruolo di testa di legno dell’amministratore di diritto.

12. Con il secondo motivo il difensore deduce vizio di motivazione in relazione alla contestazione di cui al capo b) evidenziando che in sede di appello la difesa aveva sottolineato che il curatore non aveva ottemperato agli obblighi previsti dalla L.F., articoli 84 e 87, che impongono allo stesso di apporre i sigilli sui beni che si trovano nella sede dell’impresa, anche richiedendo l’assistenza della forza pubblica e provvedendo a redigere subito dopo l’inventario. Al contrario tale intervento non e’ stato richiesto per recuperare le autovetture e l’inventario e’ stato predisposto dopo circa tre mesi.

13. Il motivo e’ infondato poiche’ le deduzioni sono inconferenti ai fini della responsabilita’ penale, in quanto l’eventuale mancato rispetto degli adempimenti previsti dalla disciplina civilistica non sposta la rilevanza del profilo penale, come ben evidenziato dalla Corte territoriale che, con motivazione giuridicamente corretta, ha evidenziato che l’imputato aveva pacificamente la disponibilita’ delle vetture della societa’ e avrebbe dovuto consegnarle al curatore, una volta intervenuto il fallimento. Da questo semplice dato oggettivo deriva la responsabilita’ per distrazione dei beni in questione, attesa la sostanziale non contestazione della materialita’ della condotta.

14. Con il terzo motivo la difesa lamenta vizio di motivazione riguardo alla condotta di cui al capo a) in quanto la sentenza non fornisce alcun indizio in ordine al contributo materiale o psicologico dell’imputato a causa dell’esistenza di un intervallo temporale rilevante tra la condotta tenuta dal precedente amministratore, (OMISSIS) e il conferimento dei poteri derivanti dalla procura in favore dell’imputato.

15. Il motivo e’ inammissibile per genericita’, oltre che infondato come ben evidenziato dalla Corte distrettuale con motivazione fondata sulle risultanze processuali, che attestano il trasferimento di somme di denaro che facevano capo alla societa’, in favore dello stesso imputato e dei propri congiunti. Nello stesso modo appare evidente il carattere simulato del compromesso di vendita del capannone che apparteneva ai familiari dell’imputato e per il quale non e’ stato mai concluso il contratto di compravendita.

16. (OMISSIS) con il primo motivo lamenta violazione della L.F., articolo 217 e travisamento della prova. In particolare, la difesa rileva che secondo la Corte d’Appello, poiche’ il reato di bancarotta semplice documentale e’ punibile anche a titolo di colpa, l’imputato avrebbe dovuto istituire, eventualmente ex novo, le scritture contabili non rinvenute, ma tale condotta risultava impossibile poiche’, come riferito dal ricorrente, (OMISSIS) gli aveva impedito di accedere alle scritture contabili e l’amministratore precedente aveva confermato che le scritture non erano state consegnate al ricorrente, che aveva assunto soltanto il ruolo di testa di legno.

17. Il motivo e’ inammissibile poiche’ si richiede alla Corte di legittimita’ di operare una valutazione in fatto al fine di verificare la fondatezza delle circostanze dedotte le quali, peraltro, risultano non pertinenti, in considerazione dell’elemento soggettivo richiesto per la punibilita’ del reato di bancarotta semplice documentale.

18. Con il secondo motivo l’imputato deduce violazione dell’articolo 62 c.p., n. 6 nella parte in cui la Corte territoriale ha ritenuto di non concedere tale attenuante all’imputato, in quanto la confessione resa non avrebbe avuto un’efficacia restitutoria. Al contrario, le dichiarazioni rese dall’imputato avevano permesso di individuare i reali colpevoli del reato, mentre il danno economico era gia’ stato provocato e non avrebbe potuto essere sanato con il contributo del ricorrente.

19. Il motivo e’ infondato avendo la Corte territoriale fatto corretta applicazione del principio giurisprudenziale secondo cui la confessione utile ai fini dell’accertamento del reato, ma priva di incidenza in ordine all’elisione o attenuazione delle sue conseguenze dannose e, quindi, dei suoi effetti, non spiega rilevanza ai fini dell’applicabilita’ della circostanza attenuante di cui all’articolo 62 c.p., comma 1, n. 6, (riparazione del danno e ravvedimento operoso) Sez. 5, Sentenza n. 3404 del 15/12/2004 Ud. (dep. 02/02/2005) Rv. 231412 e n. 14412 del 1990 Rv. 185646.

20. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta violazione di legge in relazione alla commisurazione della pena e vizio di motivazione poiche’ la Corte territoriale, dopo avere riconosciuto lo scarso apporto dell’imputato al caso di specie, ha – comunque – determinato la pena in misura ben superiore ai minimi edittali.

21. Il motivo e’ manifestamente infondato avendo la Corte distrettuale puntualmente motivato la determinazione della pena, evidenziando la gravita’ della condotta, poiche’ l’imputato si era comunque prestato a quel ruolo, dietro compenso, con precisa consapevolezza del fatto che altri soggetti amministravano la societa’, cosi’ come dallo stesso riconosciuto in sede di interrogatorio.

22. Con il primo motivo (OMISSIS) lamenta vizio di motivazione e travisamento dei fatti riguardo alla consapevolezza della provenienza illecita delle somme reinvestite.

23. Il motivo e’ destituito di fondamento poiche’, come sottolineato dalla Corte territoriale con motivazione giuridicamente corretta ed assolutamente ragionevole, le argomentazioni poste a sostegno del ricorso si basano sulle interessate dichiarazioni rese da (OMISSIS), il quale avrebbe dichiarato di non aver informato il fratello del dell’arrivo del contributo finalizzato all’acquisto del capannone e che, pertanto, lo stesso non aveva consapevolezza della provenienza illecita delle somme. Inoltre, l’imputato riteneva che il fratello avesse importanti e molteplici poteri nella societa’ fallita, in forza della procura conferita. Anche tale profilo appare destituito di fondamento, poiche’ certamente tra i poteri conferiti al fratello non sarebbe potuto rientrare quello di distrarre rilevantissime somme, pervenute dal finanziamento e di trasferirle in favore del fratello e della compagna, oltre che sui propri conti correnti personali.

24. Con il secondo motivo l’imputato deduce violazione dell’articolo 648 ter c.p. e mancanza di motivazione riguardo al profilo della specifica finalita’ di far perdere le tracce dell’origine illecita. Sotto tale ultimo profilo la Corte territoriale avrebbe omesso ogni valutazione, nonostante le censure proposta in sede di appello.

25. Il motivo e’ infondato per le ragioni gia’ evidenziate con riferimento ad analoga doglianza proposta nell’interesse di (OMISSIS) con il primo motivo.

26. Con motivi aggiunti depositati il 22 maggio 2015 il difensore di (OMISSIS) rileva che, secondo la Corte territoriale, l’imputato avrebbe concorso con il fratello nella commissione del reato generatore della provvista da reimpiegare illecitamente con cio’ rendendo inapplicabile l’articolo 648 ter c.p. stante la clausola di riserva che non consente la contestazione del reato nei confronti di coloro che abbiano preso parte, in qualita’ di concorrente, al reato dal quale provengono il denaro e le altre utilita’ oggetto della condotta. Sotto altro profilo ribadisce che, secondo le dichiarazioni rese da (OMISSIS), (OMISSIS) era all’oscuro dell’arrivo della provvista che sarebbe stata utilizzata per l’acquisto del capannone.

27. La censura e’ infondata, poiche’ la motivazione della Corte d’Appello richiamata dal ricorrente riguarda solo il profilo della consapevolezza della provenienza delle somme, non anche l’esistenza dei presupposti per il concorso nel reato di bancarotta per distrazione. La seconda questione, infine, e’ gia’ stata affrontata in precedenza esaminando il primo motivo.

28. Alla pronuncia di rigetto consegue ex articolo 616 cod. proc. pen., la condanna di ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

 

P.Q.M.

 

Rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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