Notifica ricorso cassazione fatta a mezzo della PEC istituzionale del ricorrente
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Notifica ricorso cassazione fatta a mezzo della PEC istituzionale del ricorrente

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|2 settembre 2024| n. 23481.

Non è nulla in quanto consente di individuare senza dubbi sia la parte ricorrente sia il difensore, in quanto l’atto li contiene tutti regolarmente, la notificazione del ricorso per cassazione effettuata redatto dall’avvocato munito di procura speciale e autorizzato ai sensi dell’art. 7 L. 53/1994 fatta a mezzo della PEC istituzionale del ricorrente. Tale notificazione è regolare perché rende riconoscibile la trasmissione come fatta da un soggetto dotato delle competenze giuridiche per farlo e quindi regolare.

Ricorso in cassazione ed il vizio di violazione o falsa applicazione di norma di diritto
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Ricorso in cassazione ed il vizio di violazione o falsa applicazione di norma di diritto

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|2 settembre 2024| n. 23480.

Il vizio di violazione o falsa applicazione di norma di diritto, ex articolo 360, n. 3 del Cpc, ricorre (o non ricorre) a prescindere dalla motivazione posta dal giudice a fondamento della decisione (e, cioè, del processo di sussunzione), rilevando solo che, in relazione al fatto accertato, la norma non sia stata applicata quando doveva esserlo, ovvero che lo sia stata quando non si doveva applicarla, ovvero che sia stata male applicata, dovendo il ricorrente, in ogni caso, prospettare l'erronea interpretazione di una norma da parte del giudice che ha emesso la sentenza impugnata ed indicare, a pena d'inammissibilità ex articolo 366, n. 4 del Cpc, i motivi per i quali chiede la cassazione (La Corte di appello, ha osservato la Suprema Corte, ha fatto, nel caso concreto, corretto uso delle regole di giudizio indicate nella motivazione con il richiamo alla giurisprudenza di questa Corte in materia di giudizio di nullità del lodo arbitrale).

A seguito della cassazione di una sentenza non sia stata riassunta la causa dinanzi al giudice di rinvio ma sia stato instaurato un nuovo giudizio
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A seguito della cassazione di una sentenza non sia stata riassunta la causa dinanzi al giudice di rinvio ma sia stato instaurato un nuovo giudizio

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|2 settembre 2024| n. 23487.

Quando, a seguito della cassazione di una sentenza non sia stata riassunta la causa dinanzi al giudice di rinvio, ma sia stato instaurato un nuovo giudizio, deve applicarsi l'articolo 393 del Cpc, secondo il quale la sentenza della Corte di cassazione conserva effetto vincolante anche nel nuovo processo che sia instaurato con la riproposizione della domanda. Un tale effetto vincolante della sentenza della Cassazione vale, tuttavia, anche in un diverso processo introdotto in data anteriore, a condizione che esso riguardi le medesime parti e abbia il medesimo oggetto. Effetto vincolante, tuttavia, da intendersi nel senso che, a fronte della caducazione di tutte le attività espletate, resta salva la sola efficacia del principio di diritto affermato dalla Corte di cassazione.

In tema di prova dell’inadempimento delle obbligazioni
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In tema di prova dell’inadempimento delle obbligazioni

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|2 settembre 2024| n. 23479.

In tema di prova dell'inadempimento delle obbligazioni il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l'adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto e il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento, ed eguale criterio di riparto dell'onere della prova deve ritenersi applicabile al caso in cui il debitore convenuto per l'adempimento, la risoluzione o il risarcimento del danno si avvalga dell'eccezione di inadempimento, ai sensi dell'articolo 1460 del Cc. Tale principio è applicabile anche nel caso in cui sia stato dedotto non già l'inadempimento dell'obbligazione, ma il suo inesatto adempimento, potendo il creditore istante limitarsi alla mera allegazione della inesattezza dell'adempimento, e gravando ancora una volta sul debitore l'onere di dimostrare l'avvenuto, esatto adempimento. Il criterio in questione, infine, non subisce modificazioni neppure nel caso in cui, come nella specie, il credito sia fatto valere mediante il ricorso per decreto ingiuntivo, giacché nel giudizio di opposizione, il quale si configura come un ordinario giudizio di cognizione e si svolge secondo la disciplina del procedimento ordinario, la posizione di attore, formalmente spettante al debitore opponente, non comporta alcuna inversione nelle ordinarie regole di ripartizione dell'onere della prova, con la conseguenza che l'opposto, pur assumendo formalmente la veste di convenuto, è tenuto a fornire la prova del diritto azionato nel procedimento monitorio

La validità della sentenza la cui motivazione sia redatta “per relationem” ad un provvedimento giudiziario
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La validità della sentenza la cui motivazione sia redatta “per relationem” ad un provvedimento giudiziario

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|2 settembre 2024| n. 23465.

La validità della sentenza la cui motivazione sia redatta “per relationem” ad un provvedimento giudiziario reso in un altro processo, presuppone che essa resti “autosufficiente”, riproducendo i contenuti mutuati e rendendoli oggetto di autonoma valutazione critica nel contesto della diversa causa, in modo da consentire la verifica della sua compatibilità logico-giuridica, mentre deve ritenersi nulla, ai sensi dell’articolo 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., la sentenza che si limiti alla mera indicazione dell’esistenza del provvedimento richiamato, senza esporne il contenuto e senza compiere alcun apprezzamento delle argomentazioni assunte nell’altro giudizio e della loro pertinenza e decisività rispetto ai temi dibattuti dalle parti, così rendendo impossibile l’individuazione delle ragioni poste a fondamento del dispositivo

Le elargizioni patrimoniali fatte tra coniugi in costanza di matrimonio ovvero in costanza di convivenza more uxorio
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Le elargizioni patrimoniali fatte tra coniugi in costanza di matrimonio ovvero in costanza di convivenza more uxorio

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|2 settembre 2024| n. 23471.

Le elargizioni patrimoniali fatte tra coniugi in costanza di matrimonio ovvero in costanza di convivenza more uxorio hanno natura di obbligazioni naturali, di cui all’art. 2034 c.c. purchè siano mosse dal principio di proporzionalità ed adeguatezza alle condizioni economiche delle parti.

Prova dell’esistenza e della validità di un testamento olografo del quale sia stata prodotta una fotocopia non autentica
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Prova dell’esistenza e della validità di un testamento olografo del quale sia stata prodotta una fotocopia non autentica

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|3 settembre 2024| n. 23612.
Quando in un giudizio debba essere provata l'esistenza e la validità di un testamento olografo, del quale sia stata prodotta una fotocopia non autentica, la cui conformità all'originale sia stata tempestivamente contestata, la parte interessata ha l'onere di produrre l'originale del documento, non potendo la copia essere oggetto né di verificazione né di querela di falso. Nell'ipotesi di perdita della scheda testamentaria, la prova, diretta alla dimostrazione dell'esistenza e alla ricostruzione, totale o parziale, del testamento è, altrimenti, soggetta alla limitazione prevista dal combinato disposto degli articolo 2724, n. 3, e 2725 del codice civile, operando tale limitazione anche nel caso in cui si tratti di accertare se una copia del testamento sia conforme all'originale andato smarrito, tenendo distinte, ai fini del corrispondente onere probatorio, la situazione dell'erede che abbia avuto la detenzione della scheda e quella dell'erede che non l'abbia mai avuta.

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Qualora l’azione di simulazione di un contratto di compravendita sia proposta da un terzo

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|3 settembre 2024| n. 23598.

Qualora l’azione di simulazione di un contratto di compravendita sia proposta da un terzo, il quale – in ottemperanza agli artt. 2697 e 1417 cod. civ. – indichi indizi sufficienti del carattere fittizio dell’alienazione, è l’acquirente che viene ad essere gravato dell’onere di provare l’effettivo pagamento del prezzo; tale onere non può dirsi osservato in forza della dichiarazione delle parti, contenuta nel rogito notarile, attestante che il prezzo è stato versato, trattandosi per l’acquirente di una mera dichiarazione a sé favorevole.

Il mutuo e la prova della consegna del denaro o delle altre cose fungibili
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Il mutuo e la prova della consegna del denaro o delle altre cose fungibili

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|10 giugno 2024| n. 16074.

Il mutuo va annoverato tra i contratti reali, il cui perfezionamento avviene, cioè, con la consegna del denaro o delle altre cose fungibili che ne sono oggetto; ne consegue che la prova della materiale messa a disposizione dell’uno o delle altre in favore del mutuatario e del titolo giuridico da cui derivi l’obbligo della vantata restituzione costituisce condizione dell’azione, la cui dimostrazione ricade necessariamente sulla parte che la “res” oggetto del contratto di mutuo chiede in restituzione, non valendo ad invertire tale onere della prova la deduzione, ad opera del convenuto, di un diverso titolo implicante l’obbligo restitutorio, non configurandosi siffatta difesa quale eccezione in senso sostanziale.

Ricorso per cassazione e l’onere a pena d’inammissibilità di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione
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Ricorso per cassazione e l’onere a pena d’inammissibilità di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|11 giugno 2024| n. 16266.

In tema di ricorso per cassazione, l'onere di specificità dei motivi, sancito dall'articolo 366, comma 1, n. 4), del Cpc, impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all'articolo 360, comma 1, n. 3), del Cpc, a pena d'inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare - con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni - la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa.