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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza del 27 novembre 2015 n. 24235. In tema di esecuzione esattoriale, qualora la parte destinataria di una cartella di pagamento contesti esclusivamente di averne ricevuto la notificazione e l’agente per la riscossione dia prova della regolare esecuzione della stessa (secondo le forme ordinarie o con messo notificatore, ovvero mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento), resta preclusa la deduzione di vizi concernenti la cartella non tempestivamente opposti, né sussiste un onere, in capo all’agente, di produrre in giudizio la copia integrale della cartella stessa. La cartella esattoriale non è altro che la stampa del ruolo in unico originale notificata alla parte, ed il titolo esecutivo è costituito dal ruolo. In tema di notifica della cartella esattoriale ex art. 26, comma primo, seconda parte, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, la prova del perfezionamento del procedimento di notificazione e della relativa data è assolta mediante la produzione dell’avviso di ricevimento, non essendo necessario che l’agente della riscossione produca la copia della cartella di pagamento, la quale, una volta pervenuta all’indirizzo del destinatario, deve ritenersi ritualmente consegnata a quest’ultimo, stante la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 e. e, superabile solo se il medesimo dia prova di essersi trovato senza sua colpa nell’impossibilità di prenderne cognizione

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 27 novembre 2015, n. 24235     Svolgimento del processo 1.- Con la sentenza, qui impugnata, pubblicata il 20 febbraio 2014 la Corte d’Appello di Lecce – sezione distaccata di Taranto ha pronunciato sull’appello proposto da Equitalia Sud s.p.a-, nei confronti di D.D. , avverso la sentenza del...

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Corte di Cassazione, sezioni unite, sentenza del 27 novembre 2015, n. 24244. Ai fini dell’individuazione del giudice avente giurisdizione nei confronti dello straniero nelle controversie relative a rapporti obbligatori, il foro speciale previsto dalla fonte comunitaria innanzi richiamata è pacificamente ritenuto applicabile non solo alle azioni volte alla realizzazione del vincolo contrattuale ma anche a quelle di nullità o annullabilità del negozio o di accertamento negativo dell’esistenza del vincolo, azioni in ordine alle quali, pertanto, la giurisdizione, ai sensi dell’art. 5, n. 1, del Regolamento CE n. 44/01, spetta al giudice del luogo in cui dev’essere eseguita l’obbligazione caratterizzante il negozio Se è vero infatti che la norma sembra riferirsi alle sole azioni indirizzate all’adempimento, e non a quelle volte alla dissoluzione del vincolo, e che d’altra parte le disposizioni sulla competenza derogative del principio generale del foro del convenuto non possono essere interpretate in modo da conferire al regime derogatorio una portata che vada oltre i casi contemplati dalla Convenzione (in tal senso, con riferimento all’omologa Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, si è espressa la Corte giust. CE con decisione del 27 ottobre 1998, C – 51/97), non può ignorarsi che, al postutto, anche le impugnative per invalidità, inefficacia, inesistenza del negozio, attengono alla “materia contrattuale”, in quanto postulano una originaria, effettiva o putativa, assunzione volontaria di un obbligo, del quale tendono in vario modo e con varie formule a conseguire la caducazione.

Suprema Corte di Cassazione sezioni unite sentenza 27 novembre 2015, n. 24244 Svolgimento del processo Il presente giudizio trae origine dalle domande proposte, innanzi al Tribunale di Torino, dalla società in nome collettivo F.G. nei confronti della s.c.a. Nouricia, corrente in (…), nella città di Troyes: domande di accertamento dell’insussistenza di qualsivoglia vincolo contrattuale e/o...

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Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 26 novembre 2015, n. 24144 . L’ipotesi di vendita di cosa solo parzialmente altrui si configura esclusivamente sulla base della situazione oggettiva della res alienata al momento della stipula del relativo negozio, indipendentemente dagli elementi soggettivi (come la scienza o l’ignoranza della parti al riguardo), che possono riflettersi unicamente sulle conseguenze: Per essa, ancorché la cosa venduta appartenga per quote indivise al venditore e ad un terzo, trova applicazione l’art. 1478 c.c., alla cui stregua il venditore è obbligato a far conseguire al compratore la proprietà del bene, acquistandolo egli stesso dal dominus o procurando, nelle forme previste, direttamente la ratifica del suo operato da parte del dominus stesso. Gli elementi soggettivi, al contrario, possono riflettersi unicamente sulle conseguenze di tale situazione, che sono diverse, a seconda che il compratore sia in buona o mala fede. Nel primo caso, infatti, il compratore può chiedere la risoluzione del contratto nella sua interezza, oltre a rimborsi e risarcimento, quando le circostanze del caso concreto facciano ritenere che non avrebbe acquistato la cosa senza quella parte di cui non è divenuto proprietario; nel secondo caso, invece, nell’ipotesi cioè che il compratore fosse a conoscenza del fatto che il venditore era soltanto comproprietario, il compratore può ottenere soltanto una riduzione del prezzo, oltre al risarcimento dei danni

Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 26 novembre 2015, n. 24144 Svolgimento del processo Con citazione del 3/12-7-1994 P.R. conveniva dinanzi al Tribunale di Nicosia R.C., S.F. e S.S., quali eredi di S.P., affermando che con due scritture private non autenticate, redatte il 25-6-1984 e il 28-10-1985, S.P. gli aveva alienato due appezzamenti di...

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Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 26 novembre 2015, n. 24150. La disciplina dei miglioramenti e delle addizioni nell’usufrutto, contenuta negli artt. 985 e 986 cod. civ., assume a riferimento gli interventi sul bene posti in essere dall’usufruttuario, che si traducono, al momento della restituzione, in altrettanti obblighi del nudo proprietario al pagamento di un indennizzo. Situazione diversa è quella in cui il donatario nudo proprietario deduca, come nella specie, di avere attuato a sue spese opere sul bene oggetto di usufrutto, che ne abbiano accresciuto il valore. In tale situazione – che può verificarsi in quanto non esiste un divieto, per il nudo proprietario, di effettuare interventi sul bene, con il consenso dell’usufruttuario, come desumibile dall’art. 983 cod. civ. -le opere eseguite dal nudo proprietario non possono “giovare all’usufruttuario o ai suoi eredi”, poiché ad esse non corrisponde affatto un credito dell’usufruttuario nei confronti del nudo proprietario. Viene a mancare, in tale situazione, la giustificazione del conferimento, in sede di collazione, del valore corrispondente al bene donato, comprensivo di opere realizzate dal donatario – nudo proprietario a sue spese

Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 26 novembre 2015, n. 24150   Ritenuto in fatto 1. – È impugnata la sentenza della Corte d’appello di Trento, depositata l’11 agosto 2010 e notificata il 18 dicembre 2010, che ha parzialmente riformato la sentenza del Tribunale di Trento, sezione distaccata di Cles, nel giudizio avente ad...