Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 12 maggio 2014, n. 10272 Svolgimento del processo La Vermat s.a.s. proponeva opposizione al decreto emesso dal presidente del Tribunale di Brescia su ricorso dell’arch. A.V. , col quale le era stato ingiunto il pagamento della somma di lire 42.185.931 quale corrispettivo di prestazioni professionali relative alla progettazione,...
Categoria: Cassazione civile 2014
Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 30 aprile 2014, n. 9522. Non costituisce violazione della fondamentale regola paritaria dettata dall'art. 1102 c.c. un uso più intenso della cosa da parte del partecipante, che non ne alteri la destinazione nei casi in cui il relativo esercizio non si traduca in una limitazione delle facoltà di godimento esercitate dagli altri condomini", fermo restando che "per quanto attiene, in particolare, ai cortili, ove le caratteristiche e le dimensioni lo consentano ed i titoli non vi ostino, l'uso degli stessi per l'accesso e la sosta dei veicoli non è incompatibile con la funzione primaria e tipica di tali beni
Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 30 aprile 2014, n. 9522 Considerato in fatto Con atto di citazione del giugno 2002 F.C. , C.G. , G.G. e Fe.An. convenivano in giudizio innanzi al Giudice di Pace di Mascalucia D.M.A. , R.T. e M.S. al fine di sentir dichiarare il divieto assoluto di parcheggio di...
Corte di Cassazione, sezione VI, ordinanza del 24 aprile 2014, n. 9240. Valida la notifica all'addetto alla casa identificato con firma illeggibile e con l’indicazione del solo cognome
Suprema Corte di Cassazione sezione VI ordinanza del 24 aprile 2014, n. 9240 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA CIVILE SOTTOSEZIONE T ha pronunciato la seguente: ordinanza sul ricorso 12168/2012 proposto da: EQUITALIA CENTRO SPA, – ricorrente – Contro AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore...
Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 18 febbraio 2014, n. 3806. Per l'acquisto della servitù per destinazione del padre di famiglia occorre la sua apparenza, cioè l'esistenza di segni visibili rivelatori dell'esistenza della servitù. L'esistenza di opere visibili e permanenti è stata desunta dalla planimetria, dal contenuto della scrittura privata in cui si riconosceva la preesistenza di un canale di irrigazione e dal fatto che la comune genitrice, con testamento pubblicato, aveva assegnato zonette contigue a tutti i figli e site lungo detto canale sicchè lo stato dei luoghi manifestava la sussistenza di servitù poste a carico ed a favore per destinazione del padre di famiglia
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE sezione II sentenza 18 febbraio 2014, n. 3806 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente – Dott. NUZZO Laurenza – rel. Consigliere – Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere – Dott. SAN...
Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 8 maggio 2014, n. 9945. La responsabilità dell'imprenditore per la mancata adozione delle misure idonee a tutelare l'integrità fisica del lavoratore discende o da norme specifiche o, quando queste non siano rinvenibili, dalla norma di ordine generale di cui all'art. 2087 cod. civ., la quale impone all'imprenditore l'obbligo di adottare nell'esercizio dell'impresa tutte quelle misure che, secondo la particolarità del lavoro in concreto svolto dai dipendenti, si rendano necessarie a tutelare l'integrità fisica dei lavoratori. Se è vero che l'art. 2087 cod. civ. non configura un'ipotesi di responsabilità oggettiva e che incombe al lavoratore che lamenti di avere subito, a causa dell'attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l'onere di provare l'esistenza di tale danno, come pure la nocività dell'ambiente o delle condizioni di lavoro, nonché il nesso tra l'uno e l'altro, è altresì vero che, ove il lavoratore abbia fornito la prova di tali circostanze, sussiste per il datore di lavoro l'onere di provare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno e che la malattia del dipendente non è ricollegabile alla inosservanza di tali obblighi
Suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza 8 maggio 2014, n. 9945 Svolgimento del processo Con ricorso al Tribunale di Roma, I.F. agiva, in proprio e nella qualità di esercente la potestà sulla figlia minore S.A. , per ottenere la condanna della soc. Ericsson Telecomunicazioni, quale responsabile ai sensi dell’art. 2087 cod. civ., al risarcimento...
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 7 maggio 2014, n. 9864. L'attore che chiede la restituzione di somme date a mutuo è, ai sensi dell'art. 2697, primo comma, cod. civ., tenuto a provare gli elementi costitutivi della domanda e, quindi, non solo la consegna ma anche il titolo della stessa, da cui derivi l'obbligo della vantata restituzione; l'esistenza di un contratto di mutuo, infatti, non può essere desunta dalla mera consegna di assegni bancari o somme di denaro (che, ben potendo avvenire per svariate ragioni, non vale di per sé a fondare una richiesta di restituzione), essendo l'attore tenuto a dimostrare per intero il fatto costitutivo della sua pretesa. La circostanza che il convenuto ammetta di aver ricevuto una somma di denaro dall'attore, ma neghi che ciò sia avvenuto a titolo di mutuo, non costituisce una eccezione in senso sostanziale, sì da invertire l'onere della prova; con la conseguenza, pertanto, che rimane fermo a carico dell'attore l'onere di dimostrare che la consegna del denaro è avvenuta in base ad un titolo (mutuo) che ne imponga la restituzione
Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 7 maggio 2014, n. 9864 Svolgimento del processo 1. Sb.Ro. propose opposizione, davanti al Tribunale di Roma, avverso due decreti con i quali gli era stato ingiunto il pagamento, rispettivamente, di L. 316.274.726 e di L. 35.953.210, in favore di S.M. , a titolo di prestiti non restituiti....
Corte di Cassazione, sezione VI, ordinanza 8 maggio 2014, n. 9929. La domanda di restituzione delle somme corrisposte in esecuzione della sentenza di primo grado, essendo conseguente alla richiesta di modifica della decisione impugnata, non costituisce domanda nuova ed è perciò ammissibile in appello, segnatamente precisando, al riguardo, che la stessa deve essere formulata, a pena di decadenza, con l'atto di gravame, mentre, qualora l'esecuzione della sentenza sia avvenuta successivamente alla proposizione dell'impugnazione, ne è ammissibile la formulazione anche nel corso del giudizio
Suprema Corte di Cassazione sezione VI ordinanza 8 maggio 2014, n. 9929 Svolgimento del processo e motivi della decisione È stata depositata in cancelleria la seguente relazione, regolarmente comunicata al P.G. e notificata ai difensori delle parti. “Il relatore, cons. A.A. esaminati gli atti, osserva: 1. L.G. convenne in giudizio innanzi al Giudice di Pace...
Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 7 maggio 2014, n. 9846. Tenuto conto che i patti parasociali sono convenzioni atipiche, riguardanti i rapporti personali tra soci ed operanti sul piano organizzativo e gestionale, in cui taluni soci si prestano e si impegnano ad eseguire prestazioni a beneficio della società, essi integrano, pertanto, la fattispecie del contratto a favore di terzo. Di questo poi sono legittimati a pretendere l'adempimento sia la società quale terzo beneficiario, sia i soci stipulanti, moralmente ed economicamente interessati che l'obbligazione sia adempiuta nei confronti della società di cui fanno parte
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE sezione I SENTENZA 7 maggio 2014, n. 9846 Ritenuto in fatto Con la sentenza del 27 febbraio 2007, la Corte d’appello di Firenze ha confermato la decisione di primo grado con riguardo alla pronuncia di risoluzione per inadempimento del contratto, denominato “accordo parasociale”, concluso il 31 marzo 1976 fra N.B. ed...
Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 8 maggio 2014, n. 9991. Il rispetto della distanza prevista per fabbriche e depositi nocivi e pericolosi dall'art. 890 c.c., nella cui regolamentazione rientrano, anche i comignoli, è collegato ad una presunzione assoluta di nocività o pericolosità che prescinde da ogni accertamento concreto nel caso in cui vi sia un regolamento edilizio comunale che stabilisce la distanza medesima, mentre in difetto di una disposizione regolamentare si ha pur sempre una presunzione di pericolosità, seppur relativa, che può essere superata ove la parte interessata al mantenimento del manufatto dimostri che mediante opportuni accorgimenti può ovviarsi al pericolo o al danno del fondo vicino
Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 8 maggio 2014, n. 9991 Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato il 26 gennaio 2001 i coniugi D.G.P. e P.M. convenivano in giudizio innanzi al Tribunale di Monza A.R. e C.F. . Le parti attrici, quali proprietarie di immobile sito alla via (omissis) e confinante con...
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 10 aprile 2014, n. 8410. L'art. 2049 c.c. prevede una ipotesi di responsabilità indiretta in capo all'imprenditore appaltatore, che organizza il lavoro altrui e subisce i rischi connessi ad una non buona organizzazione; non è escluso che tale responsabilità si possa estendere, in casi particolari, anche al committente, e tuttavia tale estensione costituisce una eccezione alla regola, al verificarsi di determinati presupposti che consistono nella scelta inadeguata della ditta esecutrice da parte del committente, o nell'essersi questi intromesso nella gestione dei lavori, direttamente o tramite tecnici incaricati, fino a far assumere all'appaltatore il ruolo di mero esecutore materiale; la configurabilità di detti presupposti rientra nell'onere probatorio di chi richiede tale applicazione estensiva della norma
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE III SENTENZA 10 aprile 2014, n. 8410 Ritenuto in fatto Z.A., dopo aver promosso un accertamento tecnico preventivo ante causam, nel 1989 citava in giudizio dinanzi al Tribunale di Pescara F.A. e la ditta G.R. di Francavilla a Mare, assumendo di aver subito dei danni all’interno del proprio...