Rivendica di un immobile e la prova della proprietà

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|19 luglio 2022| n. 22661.

Rivendica di un immobile e la prova della proprietà

Nel giudizio di rivendica di un immobile, ai fini della prova della proprietà non è sufficiente un atto di divisione, il quale, atteso il suo carattere dichiarativo, non ha di per sé forza probante, nei confronti dei terzi, del diritto di proprietà attribuito ai condividenti, ma occorre necessariamente dimostrare il titolo di acquisto in base al quale il bene è stato attribuito in sede di divisione.

Ordinanza|19 luglio 2022| n. 22661. Rivendica di un immobile e la prova della proprietà

Data udienza 10 giugno 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Proprietà – Rivendica – Onere probatorio – Titoli – Inidoneità divisione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere

Dott. PAPA Patrizia – Consigliere

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere

Dott. CAPONI Remo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2068/2018 R.G. proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), domiciliati ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS), ( (OMISSIS));
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), domiciliato ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), ( (OMISSIS));
– controricorrente –
COMUNE GIOIOSA MAREA;
– intimato –
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO MESSINA n. 536/2017 depositata il 15/05/2017;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/06/2022 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE TEDESCO.

Rivendica di un immobile e la prova della proprietà

FATTI DI CAUSA

La presente lite riguarda la proprieta’ di una superfice di terreno, oggetto di domanda di rivendicazione proposta da (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS), proprietario di un fondo vicino a quello dell’attrice. In corso di causa il contraddittorio e’ stato esteso nei confronti del Comune di Gioiosa Marea (e questo perche’ all’origine della lite c’e’ una modifica del tracciato della (OMISSIS), che costituiva il confine fra i due fondi), nonche’ di (OMISSIS), comproprietaria, insieme al (OMISSIS), del fondo vicino.
Il Tribunale di Patti ha accolto la domanda, condannando il Comune, il (OMISSIS) e la (OMISSIS) al rilascio della porzione occupata, avendo accertato la proprieta’ dell’attrice su di essa in base al titolo. E’ rigettata la domanda subordinata del convenuto, di usucapione della porzione in contesa.
La Corte d’appello di Messina, adita dal (OMISSIS), ha confermato la decisione.
Per la cassazione della sentenza (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno proposto ricorso affidato a due motivi.
(OMISSIS) ha resistito con controricorso.
Il Comune di Gioiosa Marea rimane intimato.
I ricorrenti hanno depositato memoria.

Rivendica di un immobile e la prova della proprietà

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Ai fini di un’esatta comprensione delle censure di cui ai motivi di ricorso, occorre premettere alcune considerazioni sulla ricostruzione della vicenda quale emerge dalla sentenza impugnata.
Le parti in causa sono proprietari di fondi vicini, separati da una strada comunale, che segnava, in corrispondenza del suo tracciato, i confini di entrambi ((OMISSIS)).
L’attrice ha acquistato il fondo per donazione dei genitori nel 1992. Ai genitori era pervenuto in forza di divisione del 1988. Il convenuto si e’ reso acquirente del fondo con atto del 1990. Si riconosce nel controricorso che non c’e’ identita’ dei rispettivi danti causa, ne’ immediati, ne’ remoti (controricorso pag. 11).
La (OMISSIS), in concomitanza con la costruzione della autostrada (OMISSIS), ha “assunto una morfologia diversa rispetto a quello della mappe catastali”, dove, nel tratto in contestazione, e’ rappresentata “quale curva a gomito sulla destra in direzione est ovest”, mentre attualmente ha un andamento rettilineo.” La modifica avrebbe comportato la traslazione del percorso verso il fondo dell’attrice, privandolo, in quel punto, della superficie compresa fra il confine attuale e il confine catastale. Tale superficie, in parte, e’ occupata dalla strada nella sua posizione attuale, a seguito della modifica del tracciato, per altra parte, e’ costituita da terreno unito alla proprieta’ del convenuto.

Rivendica di un immobile e la prova della proprietà

Cio’ posto, la Corte d’appello ha accertato che:
– a) la posizione della strada comunale, nel 1969, coincideva con quella riportata nella mappa.
– b) nella divisione del 1988, con la quale il fondo poi donato all’attrice e’ stato attribuito ai suoi danti causa, si e’ fatto riferimento alla situazione catastale: la porzione in contesa, quindi, e’ inclusa nel titolo fatto valere dell’attrice. Cio’ e’ provato, sempre secondo la Corte di merito, anche dal fatto che “l’atto di divisione riporta in allegato la (OMISSIS) ed il terreno in contestazione in modo coincidente con le risultanze catastali”;
c) la Corte d’appello ha poi disatteso l’obiezione del convenuto, il quale aveva evidenziato che la strada aveva quella posizione da oltre venti anni, richiamando le sovrapposizioni aerofotogrammetriche del 1978 e del 1994;
c) la stessa Corte di merito ha poi riconosciuto che, gia’ nel 1972, la strada aveva assunto una morfologia diversa in concomitanza con la costruzione dell’autostrada (OMISSIS), “sicche’ la pista di cantiere fini’ in parte per coincidere con la strada in questione proprio nel tratto della curva a gomito”;
d) tuttavia – sempre secondo la ricostruzione operata dalla sentenza impugnata – “dalla citata documentazione (confermata dalla deposizione del teste (…), vigile urbano che effettuo’ il sopralluogo nel 1993) risulta evidente che il (OMISSIS) con la realizzazione del muro in calcestruzzo nel 1993, si spinse piu’ a Sud, inglobando parte del tracciato della strada comunale e parte del fondo della (OMISSIS)”;
e) in forza del rilievo che l’appropriazione e’ avvenuta solo nel 1993, a seguito della costruzione del muro, “ossia un anno prima della proposizione della domanda riconvenzionale, la Corte d’appello ha negato la ricorrenza dei presupposti per l’usucapione;
f) secondo la Corte d’appello, il (OMISSIS) non puo’ “beneficiare dell’occupazione dell’area posta in essere dal Consorzio Autostrade, non essendo quest’ultimo suo dante causa (…) e non c’e’ prova che la dante causa dell’odierno appellante abbia mai posseduto l’area in contestazione”.

Rivendica di un immobile e la prova della proprietà

2. Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 1362 e 2697 c.c. e nullita’ della sentenza per motivazione inesistente ed omessa su un punto decisivo del giudizio, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e n. 4.
Parte ricorrente sostiene che, essendo pacifico che l’attrice aveva esercitato l’azione di rivendicazione, essa avrebbe dovuto fornire la prova della proprieta’ secondo lo schema di tale azione, mentre cio’ non e’ avvenuto. La Corte di merito ha ritenuto raggiunta la prova in base al rilievo che nella divisione, con la quale il fondo poi donatole era pervenuto ai suoi genitori, si faceva riferimento al fondo nella sua consistenza catastale, comprendente quindi la porzione in contesa, attribuita, appunto, ai futuri donanti. In questo modo, continuano i ricorrenti, la Corte d’appello non ha tenuto conto che la divisione, di per se’, non costituisce titolo idoneo a fini della prova della proprieta’ nel giudizio di rivendicazione proposto nei confronti dei terzi.
3. Il motivo e’ fondato. I giudici di merito non hanno avuto incertezze nel qualificare la domanda attorea quale esercizio dell’azione di rivendicazione. Non risulta minimamente che abbia costituito oggetto di dibattitto la possibilita’ della diversa qualificazione della domanda come regolamento di confini, seppure fra le richieste avanzate dall’attrice la Corte d’appello abbia richiamato in narrativa anche quella di accertamento dell’effettivo confine fra i fondi.
Pertanto, la qualificazione della domanda come esercizio dell’azione di rivendicazione, espressamente condivisa dalla controricorrente, originaria attrice, deve ritenersi acquisita. Solo per completezza di esame di puo’ aggiungere che questa stessa qualificazione e’ coerente con la situazione dei luoghi quale risulta dalla decisione impugnata, che vede i rispettivi fondi delle parti separati da una strada comunale. Infatti, l’azione di regolamento di confini e’ ipotizzabile unicamente in relazione a fondi contigui: essa non e’ percio’ ammissibile allorche’ risulti che i fondi in contestazione siano separati da una strada pubblica, a cio’ “anche se il convenuto abbia arbitrariamente occupato il sedime di detta strada pubblica con mucchi di detriti e con colture abusivamente immesse, giungendo altresi’ all’occupazione di parte del fondo dell’attore, poiche’ in tal caso diversi sono i rimedi offerti dall’ordinamento, potendosi reagire a tale situazione con un’azione possessoria ovvero con la rivendicazione, ne’ le relative doglianze possono ritenersi comprese in una domanda di regolamento di confini” (Cass. n. 1451/1978).
3.1. Chi agisce in rivendicazione deve provare la sussistenza del proprio diritto di proprieta’ sul bene anche attraverso i propri danti causa, fino a risalire ad un acquisto a titolo originario o dimostrando il compimento dell’usucapione (Cass. n. 14734/2018; n. 28865/2021).

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La regola probatoria, valevole in tema di azione di rivendicazione, deve essere considerata in rapporto al principio, consolidato nella giurisprudenza della Corte, secondo il quale l’atto divisionale non ha per se’ solo, nei confronti dei terzi, forza probante del diritto di proprieta’ attribuito al condividente. Pertanto, quando l’atto e’ fatto valere fuori dalla cerchia dei condividenti o loro aventi causa, occorre necessariamente dimostrare il titolo di acquisto della comunione, in base al quale il bene e’ stato attribuito in sede di divisione (Cass. n. 1282/1972; n. 3724/1987; n. 1295/1977; n. 1511/1979; n. 3669/1987; n. 4828/1994; 9041/2006; n. 27034/2006; n. 4730/2015; n. 1392/2012).
Per evitare equivoci, si deve precisare che sulla perdurante validita’ di tale principio non ha avuto alcuna incidenza il riconoscimento del carattere costitutivo della divisione, operato dalle Sezioni Unite (Cass., S.U., n. 25021/2019). Tale riconoscimento, condiviso da una larga parte della dottrina, non prelude a un diverso modo di concepire l’efficacia della divisione rispetto al passato, quando prevaleva in giurisprudenza la tesi della natura dichiarativa della stessa divisione. Come risulta con estrema chiarezza dalla citata pronuncia delle Sezioni Unite, il riconoscimento dell’efficacia costitutiva della divisione deve svolgersi pur sempre nel quadro della retroattivita’ reale che la legge attribuisce eccezionalmente all’atto divisionale, per cui l’acquisto dei singoli condividenti si considera avvenuto al momento iniziale della comunione (articolo 757 c.c.). La divisione, quindi, continua a non potersi annoverare fra i titoli idonei a fornire, nel giudizio di rivendicazione proposto nei confronti dei terzi, la prova della proprieta’ dei beni compresi nei lotti rispettivamente assegnati, occorrendo necessariamente dimostrare il titolo di acquisto della comunione, in base al quale il bene e’ stato attribuito in sede di divisione (supra giurisprudenza citata); si deve escludere inoltre che la divisione sia da sola sufficiente a formare il titolo per l’usucapione abbreviata (Cass. n. 1976/1983; 1532/1967). Tali conclusioni, da sempre chiare alla giurisprudenza, si confermano ancora esatte, depurate naturalmente dall’improprio riferimento alla natura dichiarativa della divisione, operato, in verita’, in modo del tutto tralatizio nelle massime (Cass. n. 40041/2021).
4. La Corte d’appello parte dalla considerazione che i fondi in contestazione avevano quale confine la strada e riconosce che, nel 1969, la strada, che segnava il confine, aveva un andamento rettilineo. Essa riconosce che vi fu un’alterazione dello stato dei luoghi a partire dal 1972. Quindi, nel procedere all’esame dei titoli forniti dall’attrice, la corte di merito pone l’accento sull’atto di divisione del 1988, accertando che con tale atto fu attribuita ai danti causa dell’attrice il fondo nella consistenza originaria, quale era prima dell’alterazione.
Sulla base di tali considerazioni, essa ha riconosciuto che l’attrice avesse assolto all’onere di dare la prova del proprio diritto.

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5. Tale conclusione, pero’, non tiene conto del fatto che, essendo incontroverso che l’attore non era a sua volta avente causa dei condividenti in base all’atto divisionale del 1988, la divisione, di per se’, non costituiva prova idonea della proprieta’, ma era necessario dimostrare il titolo in base al quale i condividenti si resero acquirenti del bene successivamente diviso, mentre tale titolo non e’ neanche menzionato nella sentenza di appello.
Dal fatto che il confine fra i fondi fosse segnato in passato dalla strada, non puo’ certamente dedursi che quanto i condividenti divisero nel 1988 coincidesse con quanto da loro stato rispettivamente acquistato dai propri danti causa, immediati e remoti. La stessa corte di merito riconosce che l’alterazione dello stato dei luoghi e’ avvenuta nel 1972.
In assenza di un’indagine estesa al titolo di provenienza dei beni divisi, il ragionamento della Corte d’appello costituisce violazione della regola probatoria in materia di azione di rivendicazione, fondatamente denunciato con il motivo in esame.
6. Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 1149 e 1146 e 1158 c.c. e degli articolo 115 e 116 c.p.c.
La Corte di merito avrebbe dovuto accogliere la domanda riconvenzionale di usucapione del convenuto, tenuto conto delle concordi dichiarazioni dei testimoni, i quali avevano dichiarato che il (OMISSIS) e i propri danti causa avevano posseduto la striscia in contestazione.
Il motivo non e’ assorbito dall’accoglimento del primo motivo, potendo la questione ripresentarsi qualora il giudizio di rinvio avesse esito positivo per la controricorrente, sulla questione del motivo accolto. “L’assorbimento di un motivo di ricorso per cassazione postula che la questione con esso prospettata si presenti incondizionatamente irrilevante, al fine della decisione della controversia, a seguito dell’accoglimento di un altro motivo, e, pertanto, non e’ configurabile ove la questione stessa possa diventare rilevante in relazione ad uno dei prevedibili esiti del giudizio di rinvio, conseguente alla cassazione della sentenza impugnata per il motivo accolto. In tale ipotesi, quindi, la S.C. deve procedere egualmente all’esame di quel motivo annullando eventualmente la medesima sentenza anche in relazione ad esso, sia pure condizionatamente ad un determinato esito del giudizio di rinvio sulla questione oggetto del motivo principale accolto” (Cass. n. 22602/2017).
Il motivo, quindi, va esaminato, e dichiarato infondato.
Si deve partire dalla considerazione che, essendo pacifico l’acquisto del (OMISSIS) nel 1990, ai fini dell’usucapione, si atteggia quale elemento dirimente la possibilita’ del medesimo di unire il proprio possesso a quello dei propri danti causa.
In tema di accessione del possesso, di cui all’articolo 1146 c.c., comma 2, affinche’ operi il trapasso del possesso dall’uno all’altro dei successivi possessori e il successore a titolo particolare possa unire al proprio il possesso del dante causa, e’ necessario che il trasferimento trovi la propria giustificazione in un titolo astrattamente idoneo, ancorche’ invalido o proveniente a non domino, a giustificare la traditio del bene oggetto del possesso (Cass. n. 8596/2022; n. 22348/2011).
Risulta dal ricorso a pag. 9 che la questione dell’ampiezza del titolo del (OMISSIS) era stata considerata dal Tribunale e risolta negativamente per il convenuto. In appello il dibattito processuale ha riguardato solo il titolo dell’attrice e non anche quello del (OMISSIS), dovendosi quindi dare per acquisito che il titolo del convenuto non includeva la porzione in contesa. Si deve ancora evidenziare che, nel controricorso, a pag. 17, si da’ quale fatto pacifico che da “un esame di titoli di provenienza (in particolare l’atto di divisione del 26 maggio 1988 fra i danti causa della (OMISSIS) e il successivo atto di donazione da un lato e l’atto di acquisto del (OMISSIS) del 1990 (…) dall’altro), sia i danti causa della (OMISSIS), sia i danti causa del (OMISSIS) (…). hanno fatto riferimento al tracciato storico della strada comunale, come risultante in catasto”. A tali precisazioni i ricorrenti non hanno obiettato alcunche’ con la memoria.
In base alle considerazioni che precedono, si dovrebbe riconoscere che, prescindendo dalla situazione possessoria della porzione antecedente all’acquisto, sulla quale il ricorrente ancora insiste nella memoria, l’attuale ricorrente non potrebbe giovarsi dell’accessione, in carenza del titolo, essendo percio’ insussistenti a priori i presupposti dell’usucapione.
7. Il motivo, il quale investe la ricostruzione del fatto, e’ comunque infondato.

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La Corte d’appello ha risolto il problema dell’usucapione senza minimamente considerare le deposizioni dei testimoni, perche’ ha riconosciuto che l’occupazione del fondo altrui da parte del convenuto si e’ consumata nel 1993, in concomitanza con la costruzione del muro.
Secondo il ricorrente, la coincidenza, supposta dalla Corte d’appello, fra occupazione del fondo e costruzione del muro, non tiene conto di circostanze chiaramente indicate dal consulente tecnico nella propria relazione, trascritta a pag. 21 del ricorso: “Il (OMISSIS) ha poi provveduto ad allargare la stradella esistente dal lato del proprio terreno di circa 3 metri, con la costruzione di un muro di cinta che e’ ben visibile nella documentazione fotografica. Giova precisare che i pali (OMISSIS) che portano la data del 1979 per come fatto presente dalle parti, sono stati collocati al margine della stradella esistente in quel periodo ed oggi si trovano nell’allargamento operato dal (OMISSIS)”.
In questi termini, pero’, la censura finisce per richiedere, in via diretta, a questa Corte una inammissibile revisione del ragionamento di fatto posto a base della decisione impugnata (Cass. n. 16526/2016).
La Corte d’appello ha richiamato la documentazione fotografica e la deposizione di un diverso testimone. In base a questi rilievi ha ritenuto che l’appropriazione, in danno del fondo dell’attrice, fosse avvenuta nel 1993. La circostanza che l’allargamento della strada fosse stato fatto dal lato del terreno dei ricorrenti, che si sarebbe “conseguentemente ridotto” (pag. 3 memoria ricorrenti), non vuol dire, di per se’, che la porzione oggetto di allargamento fosse stata gia’ posseduta dai danti causa. Lo stesso dicasi per la presenza dei pali (OMISSIS): il fatto che i pali, attualmente, si trovino nella porzione allargata nel possesso del (OMISSIS) non porta con se’ che, prima dell’allargamento, la porzione fosse gia’ nel possesso dei propri danti causa.
I supposti vizi nella valutazione della prova attengono percio’ a fatti non decisivi (Cass. S.U., n. 8053/2014), risolvendosi pertanto la censura in una mera critica logica della valutazione delle prove da parte del primo giudice: cio’ in cassazione non e’ consentito.
8. In conclusione, e’ accolto il primo motivo, e respinto il secondo.
Si impone pertanto, in relazione al motivo accolto, la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d’appello di Messina in diversa composizione, che provvedera’ a nuovo esame attenendosi a quanto sopra e liquidera’ e spese del presente giudizio di legittimita’.

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P.Q.M.

accoglie il primo motivo; rigetta il secondo; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia alla Corte d’appello di Messina in diversa composizione anche per le spese.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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