Risarcimento per morte ed il diritto dei congiunti

La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza civile n. 14970 del 4 giugno 2025, ha ribadito il principio secondo cui, nell’azione di risarcimento del danno per la morte di una persona causata da fatto illecito altrui, i prossimi congiunti acquistano il diritto al risarcimento iure proprio (cioè in via autonoma) e non iure hereditario (per successione). Pertanto, ai fini dell’esercizio dell’azione risarcitoria, i congiunti non sono tenuti a fornire la prova della loro qualità di eredi. L’unica eccezione a questo principio si verifica quando la morte è avvenuta dopo un lasso di tempo significativo e i congiunti avanzano anche la richiesta di risarcimento per il danno patrimoniale e non patrimoniale (il cosiddetto danno terminale), in quanto queste specifiche voci di danno spettano alla vittima e si trasmettono agli eredi iure hereditario.

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|4 giugno 2025| n. 14970.

Risarcimento per morte ed il diritto dei congiunti

Massima: Nell’ipotesi di domanda di condanna al risarcimento del danno per la morte di una persona cagionata dal fatto illecito altrui, atteso che il diritto risarcitorio si acquista dai prossimi congiunti iure proprio e non iure hereditario, onde essi non debbono provare di essere eredi per esercitare la relativa azione, salva l’ipotesi in cui, essendo la morte avvenuta dopo un apprezzabile lasso di tempo, vengano invocate anche le voci del danno patrimoniale e non patrimoniale cosiddetto terminale, che competono, appunto, iure hededitario

Ordinanza|4 giugno 2025| n. 14970. Risarcimento per morte ed il diritto dei congiunti

Integrale

Tag/parola chiave: RResponsabilità civile da incidente stradale – Investimento – Lesioni personali mortali – Risarcimento del danno – Danno da perdita del rapporto parentale – Danno patrimoniale da lesione del credito – Legitimatio ad causam – Eredi – Prova della qualità di erede – Rileva il rapporto di parentela con il de cuius – Rapporto non oggetto di contestazione – Domanda risarcitoria fondata

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati

Dott. FRASCA Raffaele G. A. – Presidente

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere

Dott. SPAZIANI Paolo – Rel. Consigliere

Dott. SAIJA Salvatore – Consigliere

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n.14284/2022 R.G.,

proposto da

Im.An., Im.Ma., Im.An., Im.Va., Im.Fe., Di.Ma., Di.Gi., Di.Fr., Sc.En.;

rappresentati e difesi dall’Avv. Be.Ci., in virtù di procure in calce al ricorso;

– ricorrenti –

nei confronti di

Di.Gi.; rappresentato e difeso dall’Avv. Fiorenzo Cieri, in virtù di procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

nonché di

Un.As. Spa, quale impresa designata per il Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada, in persona del suo procuratore speciale dott. Co.Pi.; rappresentata e difesa dall’Avv. Fr.Ba., in virtù di procura da considerarsi unita al controricorso;

– controricorrente –

e di

Commissario Liquidatore della No.As. Spa;

– intimato –

per la cassazione della sentenza n. 392/2021 della Corte d’Appello di CAMPOBASSO, depositata il 29 novembre 2021;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25 marzo 2025 dal Consigliere Paolo Spaziani.

Risarcimento per morte ed il diritto dei congiunti

FATTI DI CAUSA

1. il 15 agosto 2010, Im.An., mentre attraversava la strada, fu investito dal veicolo condotto da Di.Gi.. Trasportato all’Ospedale di Termoli, morì a causa delle lesioni riportate in seguito all’investimento, come da autopsia del 17 agosto successivo.

I suoi prossimi congiunti (figli e nipoti), Im.An., Im.Ma., Im.An., Im.Va., Im.Fe., Di.Ma., Di.Gi., Di.Fr., Sc.En. convennero in giudizio risarcitorio, dinanzi al Tribunale di Larino, l’autore dell’investimento, Di.Gi., nonché la Fo.Sa. Spa (poi divenuta Un. Spa), quale impresa designata dal Fondo di Garanzia delle Vittime della Strada, invocandone la condanna al risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale, nonché del danno patrimoniale da lesione del credito e, più marginalmente, del danno tanatologico.

Costituitisi in giudizio, i convenuti resistettero alla domanda.

Di.Gi. eccepì preliminarmente il difetto di legittimazione attiva degli attori, “nella loro qualità di eredi di Im.An., non essendo detto status provato da alcuna allegazione documentale”.

Con sentenza n.86/2014, il Tribunale di Larino rigettò la domanda degli attori per mancata prova della loro qualità di eredi di Im.An..

Argomentò in base al principio secondo cui il soggetto che agisce in giudizio nella qualità di erede di altro soggetto deve allegare la propria legitimatio ad causam e fornire, tramite le opportune produzioni documentali, la necessaria dimostrazione di detta qualità, sicché, in difetto di questa prova, resta indimostrato uno dei fatti costitutivi del diritto ad agire.

Sulla base di questo principio rilevò che, nella fattispecie, gli attori, a fronte della puntuale contestazione mossa dal convenuto Di.Gi., non avevano assolto il proprio onere probatorio, non avendo prodotto alcun documento utile in funzione della prova della qualità di eredi di Im.An..

2. Avverso questa decisione, gli attori proposero appello, censurandone il merito e producendo documentazione consistente in una denuncia di successione integrativa e dichiarazioni sostitutive di notorietà del maggio 2014.

La Corte d’Appello di Campobasso, con sentenza n. 56/2016 dichiarò la nullità della sentenza di primo grado per avvenuta pretermissione di un litisconsorte necessario, individuato nel commissario liquidatore della No.As. Spa, ovverosia la compagnia assicurativa per la RCA dell’autovettura dell’investitore.

3. Gli attori riassunsero il giudizio dinanzi al Tribunale di Larino estendendo la citazione al litisconsorte pretermesso e depositando i documenti prodotti nel precedente giudizio d’appello.

Con sentenza n. 178/2018, il Tribunale di Larino rigettò la domanda motivando, per relationem, con riferimento alla precedente sentenza del 2014.

4. Gli attori appellarono anche questa seconda decisione del Tribunale larinese, invocando l’ammissione dei predetti documenti, la declaratoria di nullità della sentenza impugnata per omessa motivazione e la riforma della stessa nella parte in cui non aveva ritenuto provato il loro stato di “eredi”, né tenuto conto della incontestata loro qualità di “congiunti” di Im.An..

Con sentenza 29 novembre 2021, n. 392, la Corte d’Appello ha rigettato l’impugnazione, confermando la sentenza impugnata.

La Corte territoriale ha escluso sia l’ammissibilità dei documenti per tardività (sul presupposto che tanto le dichiarazioni sostitutive di notorietà quanto la dichiarazione di successione ben avrebbero potuto essere effettuate prima della maturazione delle preclusioni istruttorie in primo grado, le quali,

secondo il primo giudice, non erano decorse ex novo in seguito alla rimessione per pretermissione del litisconsorte necessario, non avendo questi svolto nuove difese e articolato mezzi di prova), sia la dedotta nullità della sentenza impugnata (sull’assunto dell’insussistenza della carenza motivazionale prospettata).

Ciò posto, la Corte molisana, richiamando il medesimo principio già applicato dal Tribunale nella sentenza del 2014 e, per relationem, nella sentenza del 2018 – secondo cui chi promuove l’azione nell’asserita qualità di erede di altro soggetto indicato come originario titolare del diritto, deve allegare e provare la propria legitimatio ad causam – ha ribadito che, a fronte della espressa contestazione operata dal convenuto, gli attori non avevano assolto il loro onere probatorio.

5. Propongono ricorso per cassazione Im.An., Im.Ma., Im.An., Im.Va., Im.Fe., Di.Ma., Di.Gi., Di.Fr., Sc.En., sulla base di quattro motivi.

Rispondono con distinti controricorsi Di.Gi. e Un.As. Spa

Resta intimato il commissario liquidatore della No.As. Spa.

La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis.1 cod. proc. civ..

Il Pubblico Ministero presso la Corte non ha presentato conclusioni scritte.

I ricorrenti e Un. Spa hanno depositato memoria.

Risarcimento per morte ed il diritto dei congiunti

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo viene denunciata “Violazione e falsa applicazione di norme di diritto, per aver violato e comunque male interpretato l’art. 132 c.p.c., nonché l’art. 118 disp. att. c.p.c., avendo la sentenza impugnata rigettato il motivo di appello, riguardante la eccepita nullità della sentenza del Trib. Larino n. 178/2018, in quanto affetta da motivazione apparente – art. 360 c.p.c., comma 1 n. 3 e n. 4 c.p.c.”.

I ricorrenti censurano la sentenza d’appello per non aver rilevato la radicale nullità della decisione di primo grado, che si era limitata a rinviare alla motivazione contenuta nella precedente decisione del 2014, omettendo completamente “di esaminare il punto focale della controversia, quello riguardante la qualità di congiunti/figli/nipoti degli attori, al fine di affrontare il punto di domanda, riguardante il chiesto risarcimento del danno parentale” (pag. 16 del ricorso).

2. Con il secondo motivo viene denunciata “Violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in particolare dell’art. 345 c.p.c., per avere escluso la ammissibilità di prove documentali, depositate dai ricorrenti nella prima fase di appello (Rg. 271/2014), in quanto formatesi successivamente alla scadenza dei termini di preclusione – art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

I ricorrenti criticano la sentenza impugnata per avere escluso la documentazione da loro prodotta senza comprendere “la natura del documento esibito (dichiarazione di successione integrativa)” e ignorando le ragioni da loro addotte per giustificarne la necessità.

3. Con il terzo motivo viene denunciata “Violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in particolare per violazione degli artt. 122, 166 e 167 e 183 c.p.c., avendo la sentenza impugnata considerato come tempestivamente eccepita una supposta eccezione di merito, pur in presenza di comparse di costituzione e risposte tardive che, invece, rendevano preclusa la possibilità di opporre tale eccezione – art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

4. Con il quarto motivo viene denunciata “Violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in particolare per violazione dell’art. 115 c.p.c. (principio di non contestazione), e per violazione delle norme di ermeneutica di portata generale, di cui agli art. 1362 c.c. e segg. – art. 360 c.p.c., comma 1 n. 3 – Omessa considerazione di un fatto rilevante – art. 360, comma 1 n. 5 c.p.c.”.

Con queste ultime censure i ricorrenti, per un verso, deducono la tardività della contestazione della loro legitimatio ad causam ad opera della parte convenuta, che si era costituita in giudizio tardivamente, depositando la comparsa di risposta in violazione del termine di cui all’art. 167 cod. proc. civ.; per altro verso, sottolineano che tale contestazione aveva ad oggetto la loro qualità di “eredi”, non anche quella di “congiunti” di Im.An., posto che, al contrario, tale qualità doveva ritenersi incontroversa alla stregua delle stesse difese svolte dal convenuto, che risultavano incompatibili con la sua negazione: Di.Gi., infatti, lungi dal contestare la qualità di figli e nipoti di Im.An., indubitabilmente posseduta dagli attori, l’aveva persino ammessa, limitandosi a contestare il loro rapporto di convivenza con il de cuius.

Risarcimento per morte ed il diritto dei congiunti

I ricorrenti soggiungono, inoltre, che il rapporto di parentela esistente tra loro e Im.An., documentato mediante certificati di stati di famiglia, aveva formato oggetto sia di una comunicazione effettuata nel novembre 2010 al commissario liquidatore della No.As. Spa, sia del novero delle circostanze allegate unitamente all’istanza di mediazione, che aveva preceduto l’instaurazione del giudizio risarcitorio; si dolgono che di tali circostanze non abbia tenuto conto il giudice d’appello.

4.1. Il secondo, il terzo e il quarto motivo – da esaminarsi congiuntamente per ragioni di connessione – sono fondati e, per effetto del loro accoglimento, resta assorbito il primo.

4.1.a. La rimessione per la pretermissione di un litisconsorte necessario determina automaticamente che il processo debba iniziare ex novo dalla ripetizione dell’atto introduttivo verso il pretermesso, con conseguente nuovo decorso delle preclusioni assertive ed istruttorie, a prescindere dalla circostanza se il pretermesso svolga o meno nuove difese e articoli mezzi di prova (cfr. già Cass. 6/05/1977, n. 1737, nonché Cass. 9/02/1988, n. 1389 e, più recentemente, Cass. 5/06/2003, n.8993).

Pertanto, nella fattispecie, i documenti già prodotti nel primo giudizio di appello ben potevano essere prodotti con la citazione integrativa del contraddittorio in sede di riassunzione della causa dinanzi al Tribunale.

II secondo motivo va dunque accolto, sebbene la deduzione di ammissibilità delle dichiarazioni di notorietà – e, soprattutto, della dichiarazione di successione integrativa – sia fondata su ragioni diverse da quelle appena sopra enunciate.

La Corte di cassazione, infatti, può accogliere il ricorso per una ragione di diritto anche diversa da quella prospettata dal ricorrente, sempre che essa sia fondata sui fatti come prospettati dalle parti, fermo restando che l’esercizio del

potere di qualificazione non può comportare la modifica officiosa della domanda per come definita nelle fasi di merito o l’introduzione nel giudizio d’una eccezione in senso stretto (Cass. 29/09/2005, n. 19132; Cass. 22/03/2007, n. 6935; Cass. 14/02/2014, n. 3437; Cass.28/07/2017, n. 18775; Cass. 5/10/2021, n. 26991).

4.1.b. Ferma l’ammissibilità dei documenti volti a dimostrare la successione ereditaria dei ricorrenti nei confronti di Im.An. (il che implica che il giudice del rinvio dovrà esaminare nel merito, alla luce di tale documentazione, la pretesa di danno tanatologico, azionata dai ricorrenti, attuali attori, iure hereditario), deve osservarsi che il principio di diritto indebitamente richiamato, ed altrettanto indebitamente applicato, sia dal giudice di primo grado che dalla Corte d’Appello, che onera colui che propone l’azione o l’impugnazione di dare la prova della qualità di erede, riguarda l’ipotesi in cui l’impugnazione venga spiegata in qualità di successore di una delle parti originarie venuta meno nelle more del processo, nonché quella in cui l’azione venga proposta nell’asserita qualità di erede di altro soggetto, indicato come originario titolare del diritto (cfr., al riguardo, da ultimo, Cass. 27/09/2024, n. 25860).

Tali presupposti non sussistono nell’ipotesi di domanda di condanna al risarcimento del danno per la morte di una persona cagionata dal fatto illecito altrui, atteso che il diritto risarcitorio si acquista dai prossimi congiunti iure proprio e non iure hereditario, onde essi non debbono provare di essere eredi per esercitare la relativa azione (cfr. già la risalente Cass. 30/11/1977, n.5221), salva l’ipotesi in cui, essendo la morte avvenuta dopo apprezzabile lasso di tempo, vengano invocate anche le voci del danno patrimoniale e non patrimoniale c.d. terminale, che competono, appunto, iure hereditario.

Nella fattispecie in esame gli attori, nel domandare il risarcimento del danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale e del danno patrimoniale da lesione del credito, hanno fatto valere delle pretese iure proprio, rispetto alle quali non si era verificata la vicenda di successione ereditaria nei confronti di Im.An. perché sorte originariamente sulla sfera giuridica dei suoi congiunti. Soltanto con riguardo al capo di domanda concernente il danno tanatologico (peraltro, nella fattispecie, del tutto marginale, come evidenziato dagli stessi attori, dal momento che il decesso di Im.An. era avvenuto nella quasi immediatezza del sinistro), sarebbe rilevata la dimostrazione della qualità di eredi degli attori, qualità che comunque avrebbe dovuto essere apprezzata nel merito, in base alla documentazione che era stata offerta in produzione e che indebitamente è stata reputata inammissibile.

Poiché, ai fini del riconoscimento del danno da perdita del rapporto parentale e del danno patrimoniale da lesione del credito rilevava, anziché la qualità di “erede”, il rapporto di parentela con il de cuius – e poiché questo rapporto, diversamente dalla predetta qualità, non aveva formato oggetto di contestazione da parte del convenuto Di.Gi. (che si era limitato, sotto tale aspetto, a contestare il rapporto di convivenza) ed era stato altresì documentato (mediante invio di certificati di stati di famiglia) nelle comunicazioni antecedenti all’istaurazione del giudizio inviate alla società assicurativa -indebitamente il giudice del merito ha rigettato la domanda risarcitoria iure proprio per difetto di prova di legitimatio ad causam.

Oltre al secondo motivo, avuto riguardo al principio di diritto fissato da Cass. n. 19132/2005 (e successive conformi), vanno dunque accolti anche il terzo e il quarto motivo, sicché il giudice del rinvio dovrà esaminare nel merito anche le pretese inerenti al danno da perdita del rapporto parentale e al danno patrimoniale da lesione del credito, azionate dagli attori iure proprio.

4.1.c. In definitiva, accolti il secondo, il terzo e il quarto motivo di ricorso, assorbito il primo, la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione, con rinvio alla Corte d’Appello di Campobasso, in diversa composizione, che rinnoverà l’esame complessivo della domanda risarcitoria proposta da Im.An., Im.Ma., Im.An., Im.Va., Im.Fe., Di.Ma., Di.Gi., Di.Fr., Sc.En., attenendosi agli enunciati principi e previa ammissione della documentazione prodotta nel primo giudizio d’appello.

Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità (art. 385, terzo comma, cod. proc. civ.).

5. Ai sensi dell’art. 52 del D.Lgs. n. 196 del 2003, deve disporsi che, in caso di diffusione del presente provvedimento, siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi delle persone fisiche di cui si fa menzione.

Risarcimento per morte ed il diritto dei congiunti

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo, il terzo e il quarto motivo di ricorso e dichiara assorbito il primo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello di Campobasso, in diversa composizione.

A norma dell’art. 52 del D.Lgs. n. 196 del 2003, dispone che, in caso di diffusione del presente provvedimento, siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi dell’intimato e delle altre persone in esso menzionate.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile, in data 25 marzo 2025.

Depositata in Cancelleria il 4 giugno 2025.

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Le sentenze sono di pubblico dominio.

La diffusione dei provvedimenti giurisdizionali “costituisce fonte preziosa per lo studio e l’accrescimento della cultura giuridica e strumento indispensabile di controllo da parte dei cittadini dell’esercizio del potere giurisdizionale”.

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