Cassazione 12

Suprema Corte di Cassazione

sezione I

sentenza 4 maggio 2016, n. 8792

Ordinanza interlocutoria

1) La Corte d’appello di Palermo, con sentenza del 13.10.012 ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da G.G. e S. contro la sentenza di primo grado che aveva respinto l’opposizione ex art. 98 l.fall. da essi proposta per ottenere l’ammissione allo stato passivo del Fallimento della Maresud s.r.l. dei crediti rispettivamente insinuati, aventi titolo nel rapporto di lavoro intrattenuto con la società poi fallita.
La corte del merito ha rilevato che la decisione impugnata era stata pubblicata il 9.2.2010 e che pertanto l’appello, proposto dai G. con atto notificato il 21.2.2011, era tardivo, non operando in materia di lavoro la sospensione dei termini processuali durante il periodo feriale.
Contro la sentenza G.G. e S. hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, l’uno illustrato sotto il profilo della violazione di legge e l’altro sotto quello del vizio di motivazione, con i quali deducono che la corte territoriale avrebbe fatto errata applicazione dei principi giurisprudenziali enunciati in materia da questo giudice di legittimità, atteso che il giudizio di primo grado si era svolto secondo il rito ordinario e che pertanto, in virtù del principio dell’affidamento, anche l’appello doveva ritenersi soggetto a tale rito.
Il Fallimento intimato non ha svolto attività difensiva.
Il collegio, all’esito della camera di consiglio, ritiene di dover rimettere alle S.U., ai sensi dell’art. 274 III comma c.p.c., la questione dell’assoggettabilità o meno al regime della sospensione feriale dei termini processuali dei giudizi aventi ad oggetto l’insinuazione allo stato passivo del fallimento di crediti nascenti dal rapporto di lavoro.
È pacifico che a detti giudizi non si applichi il rito previsto dagli artt. 409 e segg. c.p.c., ma lo speciale rito disciplinato dagli artt. 93 e segg. l.fall.; altrettanto pacifico è che quest’ultimo rito sia, in via generale, soggetto ai termini di sospensione feriale di cui all’art. I della legge n. 742 del 1969.
Questa Corte ha tuttavia costantemente affermato che l’art. 3 della medesima legge, nella parte in cui stabilisce che la sospensione feriale non si applica alle controversie previste dall’art. 409 c.p.c., opera anche nelle cause di accertamento dei crediti di lavoro nel fallimento, in ragione della speciale natura della materia che ne forma oggetto (per tutte, Cass. S.U. n. 24665/09): in buona sostanza, il fatto che l’art. 3 cit. faccia riferimento alle “controversie” laburistiche, anziché al “processo” laburistico, ha indotto la Corte a privilegiare l’approccio ermeneutico che il collegio intende porre in discussione.
Tale approccio, che si fonda sul dato strettamente testuale, sembra non tener conto che il mancato assoggettamento delle controversie in materia di lavoro e previdenza ai termini di sospensione feriale trova la sua ragion d’essere nell’intento di dare attuazione al dettato dell’art. 35 Cost. anche in sede contenziosa, garantendo una più rapida definizione dei giudizi in cui sono in discussione i diritti che nascono dal rapporto di lavoro subordinato: ad avviso del collegio, la norma di cui all’art. 3 della l. n. 742/69 presiede, in buona sostanza, alle medesime esigenze, di immediatezza e concentrazione del rito laburistico, che hanno condotto alla riforma introdotta dalla l. n. 533/73 ed alle sue successive modifiche.
Queste esigenze non ricorrono però in un procedimento avente ad oggetto l’ammissione di crediti di lavoro allo stato passivo del fallimento, atteso che, quali che siano i suoi tempi di definizione, all’accoglimento della domanda, che è di mero accertamento, consegue il diritto del lavoratore a partecipare al concorso e non già ad ottenere l’immediato pagamento del credito ammesso: il credito verrà soddisfatto, al pari di quello di ogni altro creditore insinuato, solo nel caso, e nei limiti, in cui via sia capienza nell’attivo e solo all’esito della formazione e dell’approvazione di eventuali piani di riparto parziali o di quello finale.
La mancata previsione di norme acceleratorie del procedimento di cui agli atti. 93 e segg. l. fall. in cui si controverta di crediti da lavoro trova dunque logica spiegazione nell’assoggettamento anche di tali crediti alla speciale disciplina concorsuale.
Il ritenere, ciò nonostante, che il procedimento predetto rientri fra quelli contemplati dall’art. 3 della l. n. 742/69, non comporta alcun vantaggio per il lavoratore, ma, al contrario lo sfavorisce rispetto a tutti gli altri creditori, precludendogli di usufruire di un maggior termine per impugnare il provvedimento di esclusione dallo stato passivo pur in difetto di quelle esigenze di speditezza che giustificano l’inapplicabilità della sospensione feriale nelle ordinarie controversie di lavoro.
Non può farsi a meno di rilevare, peraltro, come, nel pervenire all’interpretazione dell’art. 3 cit. che qui si contesta, non sia stato tenuto nella giusta considerazione il fatto che, nel regime anteriore all’entrata in vigore del d.lgs. n. 5/06, di riforma organica delle procedure concorsuali, tutti i giudizi di impugnazione allo stato passivo erano regolati dal rito di cognizione ordinaria.
L’affermazione dell’inapplicabilità dei termini di sospensione feriale ad un processo che, sebbene vertente in tema di crediti di lavoro, era scandito secondo forme e tempi certamente non ispirati al principio della concentrazione, oltre a creare un’ingiustificata disparità di trattamento fra i titolari di tali crediti e tutti gli altri creditori, ha di fatto onerato il solo lavoratore del rispetto di esigenze di speditezza non individuate dal legislatore e non avvertite dai giudici, non di rado dando luogo ad esiti che, per certi versi, potrebbero definirsi paradossali, atteso che sono stati dichiarati inammissibili (per tardività) appelli o ricorsi per cassazione proposti contro sentenze emesse a distanza di anni dall’introduzione del giudizio; anche nel caso di specie, del resto, l’opposizione allo stato passivo proposta dai G. è stata definita in primo grado dopo circa tre anni dal deposito del ricorso introduttivo e la corte d’appello ha impiegato quasi due anni per dichiarare inammissibile l’impugnazione.
Non appare, d’altro canto, implausibile una diversa lettura, costituzionalmente orientata, del ridetto art. 3 che, facendo leva sull’esplicita menzione dell’art. 409 c.p.c., individui le controversie cui non si applica il termine di sospensione feriale esclusivamente in quelle soggette al rito laburistico.
Né tale lettura appare preclusa dall’art. 92 dell’ordinamento giudiziario, che pure contempla, fra le cause trattate dai magistrati durante il periodo feriale, quelle relative alla materia del lavoro, attesa la prevalenza della disciplina fallimentare, che attrae nel suo ambito, consentendo di includerle nella relativa materia, le impugnazioni allo stato passivo aventi ad oggetto l’accertamento di crediti di lavoro.
Occorre da ultimo chiedersi se la questione interpretativa abbia ancora rilievo nei giudizi di impugnazione dello stato passivo di fallimenti dichiarati dopo l’entrata in vigore del d.lgs. di riforma della legge fallimentare, che ha introdotto l’art. 36 bis, a norma del quale non sono soggetti alla sospensione feriale i soli termini processuali previsti negli arti 26 e 36 della legge fallimentare. La disposizione è già stata interpretata, in base ad un argomento a contrario, nel senso che la sospensione è applicabile ad ogni altro procedimento c.d. endofallimentare (Cass. nn. 2706/09, 12960/012).
Resta dunque da stabilire se, per la sua specialità, essa prevalga sull’art. 3 della l. n. 742/69, consentendo in tal modo di ritenere che nel nuovo regime tutti i giudizi di impugnazione dello stato passivo, ivi compresi quelli aventi ad oggetto l’accertamento di crediti di lavoro, sono soggetti ai termini di sospensione feriale.

P.Q.M.

La Corte rimette gli atti al Primo Presidente perché valuti l’opportunità che le Sezioni Unite si pronuncino ai sensi dell’art. 374 III comma c.p.c..

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