Corte di Cassazione, sezione seconda penale, Sentenza 15 ottobre 2018, n. 46741.
La massima estrapolata:
La ricettazione di bene proveniente dal reato presupposto di cui all’articolo 647 c.p. conserva rilevanza penale anche dopo la depenalizzazione, ad opera del Decreto Legislativo 15 gennaio 2016, n. 7, del reato di appropriazione di cosa smarrita, atteso che nella ricettazione la provenienza da delitto dell’oggetto materiale del reato e’ elemento definito da norma esterna alla fattispecie incriminatrice, per cui l’eventuale abrogazione di tale norma non assume rilievo ai sensi dell’articolo 2 c.p., dovendo la rilevanza penale del fatto essere valutata con esclusivo riferimento al momento in cui ha avuto luogo la condotta tipica di ricezione della cosa.
Lo smarrimento di cose che, come gli assegni o le carte di credito, conservino chiari ed intatti i segni esteriori di un legittimo possesso altrui, il venir meno della relazione materiale fra la cosa ed il suo titolare non comporta la cessazione del potere di fatto di quest’ultimo sul bene smarrito, con la conseguenza che colui che se ne appropria senza provvedere alla sua restituzione commette il reato di furto e non quello di appropriazione di cose smarrite
Sentenza 15 ottobre 2018, n. 46741
Data udienza 23 maggio 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DIOTALLEVI Giovanni – Presidente
Dott. BORSELLINO Maria Daniela – Consigliere
Dott. CIANFROCCA Pierluig – rel. Consigliere
Dott. AIELLI Lucia – Consigliere
Dott. PACILLI Giuseppina – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
contro la sentenza della Corte di Appello di Salerno dell’11.7.2016;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Pierluigi Cianfrocca;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Molino Pietro, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con sentenza del 30.10.2012 il Tribunale di Salerno aveva riconosciuto (OMISSIS) responsabile del delitto di ricettazione (per avere, consapevole della sua provenienza delittuosa, acquistato o comunque ricevuto un assegno bancario dell’importo di Euro 4.300 di cui tale (OMISSIS), in data 29.7.2007, aveva denunciato lo smarrimento) e, di conseguenza, ricondotto il fatto nella ipotesi di cui al capoverso dell’articolo 648 c.p. e riconosciute all’imputato le circostanze attenuanti generiche, lo aveva condannato alla pena di anni 1 di reclusione ed Euro 200 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali; aveva concesso inoltre al (OMISSIS) il beneficio della sospensione condizionale della pena e respinto la domanda di risarcimento del danno proposta dalla costituta parte civile (OMISSIS);
2. la Corte di Appello di Salerno, con sentenza dell’11.7.2016, ha riformato quella di primo grado rideterminando la pena inflitta al (OMISSIS) in mesi 4 di reclusione ed Euro 300 di multa, confermando nel resto la sentenza impugnata;
3. ricorre per Cassazione, tramite il difensore, (OMISSIS), lamentando, con un unico motivo, violazione, inosservanza ovvero erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si debba tener conto nell’applicazione della legge penale: rileva, in particolare, che il Decreto Legislativo n. 7 del 2016 ha abrogato il delitto di appropriazione di cose smarrite sicche’, ai sensi dell’articolo 2 c.p., comma 2, come peraltro sostenuto dalla dottrina e dalla giurisprudenza, la venuta meno del delitto presupposto non poteva non incidere sulla configurabilita’ di quello per cui si procede.
4. Il ricorso e’ inammissibile poiche’ manifestamente infondato.
Questa Corte ha infatti avuto modo di chiarire, in piu’ occasioni, che la ricettazione di bene proveniente dal reato presupposto di cui all’articolo 647 c.p. conserva rilevanza penale anche dopo la depenalizzazione, ad opera del Decreto Legislativo 15 gennaio 2016, n. 7, del reato di appropriazione di cosa smarrita, atteso che nella ricettazione la provenienza da delitto dell’oggetto materiale del reato e’ elemento definito da norma esterna alla fattispecie incriminatrice, per cui l’eventuale abrogazione di tale norma non assume rilievo ai sensi dell’articolo 2 c.p., dovendo la rilevanza penale del fatto essere valutata con esclusivo riferimento al momento in cui ha avuto luogo la condotta tipica di ricezione della cosa (cfr., 15.12.2016 n. 18.710, Giordano; Cass. Pen., 7, 16.2.2016 n. 20.644, Sarachelli).
D’altra parte, e’ comunque principio acquisito quello secondo cui lo smarrimento di cose che, come gli assegni o le carte di credito, conservino chiari ed intatti i segni esteriori di un legittimo possesso altrui, il venir meno della relazione materiale fra la cosa ed il suo titolare non comporta la cessazione del potere di fatto di quest’ultimo sul bene smarrito, con la conseguenza che colui che se ne appropria senza provvedere alla sua restituzione commette il reato di furto e non quello di appropriazione di cose smarrite (cfr., Cass. Pen, 2, 26.4.2000 n. 8.109, Gorini).
5. L’inammissibilita’ del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., della somma di Euro 2.000 in favore della Cassa delle Ammende, non ravvisandosi ragione alcuna d’esonero.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000 in favore della Cassa delle Ammende.
Motivazione semplificata