Responsabilità sanitaria il risarcimento danni intervento chirurgico ed accertamenti tecnici

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|27 febbraio 2023| n. 5809.

Responsabilità sanitaria il risarcimento danni intervento chirurgico ed accertamenti tecnici

Non può ritenersi viziata in motivazione la sentenza in materia di responsabilità medica nella quale il Giudice abbia valutato gli errori commessi dal professionista medico durante l’intervento di trattamento del paziente, sulla base delle risultanze tecniche, arrivando ed escludere la sussistenza di una determinata patologia.

Ordinanza|27 febbraio 2023| n. 5809. Responsabilità sanitaria il risarcimento danni intervento chirurgico ed accertamenti tecnici

Data udienza 2 dicembre 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Responsabilità civile – Responsabilità sanitaria – Risarcimento danni intervento chirurgico – Ricorso per cassazione – Art. 360, n, 5, c.p.c. – Accertamenti tecnici – Non necessaria rinnovazione CTU

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente

Dott. RUBINO Lina – Consigliere

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso r.g. n. 11194-2020 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
AZIENDA OSPEDALIERA (OMISSIS) in persona del Legale Rappresentante pro tempore Direttore Generale, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
e
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
nonche’
(OMISSIS) S.P.A. in persona dei legali rappresentanti, elettivamente domiciliata in (OMISSIS) presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) e (OMISSIS);
– controricorrente-
avverso la sentenza n. 1697-2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 11/03/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 02/12/2022 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI.

Responsabilità sanitaria il risarcimento danni intervento chirurgico ed accertamenti tecnici

Rilevato che

con sentenza resa in data 11/3/2019, la Corte d’appello di Roma ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado, in accoglimento per quanto di ragione della domanda proposta da (OMISSIS) e (OMISSIS), in proprio e quali genitori esercenti la responsabilita’ genitoriale sulla figlia minore (OMISSIS), ha condannato l’Azienda Ospedaliera (OMISSIS) e (OMISSIS) al risarcimento, in favore degli attori, dei danni dagli stessi subiti in conseguenza dell’intervento chirurgico eseguito dal (OMISSIS) sulla persona di (OMISSIS) presso la struttura sanitaria convenuta;
a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha rilevato come del tutto correttamente il primo giudice avesse accertato la responsabilita’ del (OMISSIS) nella produzione dei pregiudizi all’integrita’ fisica della giovane paziente, evidenziando altresi’ la condivisibilita’ della valutazione dell’entita’ di tali danni cosi’ come stimati ad esito della consulenza tecnica disposta nel corso del giudizio;
sotto altro profilo, la corte d’appello ha sottolineato la correttezza della decisione del primo giudice la’ dove ha rilevato l’infondatezza della domanda risarcitoria proposta in proprio dai genitori della paziente, atteso il sostanziale difetto di apprezzabilita’ dei pregiudizi dagli stessi lamentati;
avverso la sentenza d’appello, (OMISSIS) e (OMISSIS), in proprio e quali genitori esercenti la responsabilita’ genitoriale sulla figlia minore (OMISSIS), propongono ricorso per cassazione sulla base di sei motivi d’impugnazione;
l’Azienda Ospedaliera (OMISSIS), (OMISSIS) e la (OMISSIS) s.p.a. (quest’ultima gia’ chiamata in giudizio dal (OMISSIS) a fini di manleva) resistono ciascuno con un proprio controricorso;
l’Azienda Ospedaliera (OMISSIS) ha depositato memoria.

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considerato che

con il primo motivo, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’articolo 132 n. 4 c.p.c. (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3), per avere il giudice d’appello dettato una motivazione meramente apparente in relazione al punto concernente l’erronea determinazione, da parte del giudice di primo grado, del danno permanente subito dalla paziente, nonche’ in relazione all’aggravamento del danno subito a seguito del giudizio di primo grado, essendosi la corte territoriale sottratta alla considerazione degli esiti della consulenza tecnica di parte depositata dagli attori e della documentazione formata dopo la pubblicazione della sentenza di primo grado, attestante l’aggravamento della menomazione subita dalla paziente tra l’espletamento della consulenza tecnica d’ufficio di primo grado l’introduzione del giudizio d’appello;
il motivo e’ infondato;
osserva il Collegio come, ai sensi dell’articolo 132, n. 4, c.p.c., il difetto del requisito della motivazione si configuri, alternativamente, nel caso in cui la stessa manchi integralmente come parte del documento/sentenza (nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere, siccome risultante dallo svolgimento processuale, segua l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione), ovvero nei casi in cui la motivazione, pur formalmente comparendo come parte del documento, risulti articolata in termini talmente contraddittori o incongrui da non consentire in nessun modo di individuarla, ossia di riconoscerla alla stregua della corrispondente giustificazione del decisum;
secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, infatti, la mancanza di motivazione, quale causa di nullita’ della sentenza, va apprezzata, tanto nei casi di sua radicale carenza, quanto nelle evenienze in cui la stessa si dipani in forme del tutto inidonee a rivelare la ratio decidendi posta a fondamento dell’atto, poiche’ intessuta di argomentazioni fra loro logicamente inconciliabili, perplesse od obiettivamente incomprensibili;
in ogni caso, si richiede che tali vizi emergano dal testo del provvedimento, restando esclusa la rilevanza di un’eventuale verifica condotta sulla sufficienza della motivazione medesima rispetto ai contenuti delle risultanze probatorie (ex plurimis, Sez. 3, Sentenza n. 20112 del 18/09/2009, Rv. 609353 – 01);
cio’ posto, nel caso di specie, e’ appena il caso di rilevare come la motivazione dettata dalla corte territoriale a fondamento della decisione impugnata sia, non solo esistente, bensi’ anche articolata in modo tale da permettere di ricostruirne e comprenderne agevolmente il percorso logico, avendo la corte d’appello adeguatamente argomentato le ragioni della conferma della decisione del tribunale, sottolineando la piena condivisibilita’ degli accertamenti tecnici condotti nel corso del giudizio di primo grado (in quanto completi e approfonditi, e tali da giustificare la conferma della valutazione adesiva del tribunale); accertamenti tecnici da ritenere, nel loro complesso, preferibili rispetto alle contrapposte argomentazioni illustrate dagli attori, ed avendo altresi’ sottolineato come l’accertamento del preteso aggravamento del danno subito dalla paziente successivamente alla consulenza tecnica d’ufficio di primo grado non fosse mai stato adeguatamente sollecitato dai ricorrenti come oggetto di una valutazione tecnica da rinnovare, se non, tardivamente, in sede conclusionale, ossia successivamente alla conclusione della trattazione della causa in appello, allorche’ la corte territoriale ha implicitamente ritenuto di non ravvisare i presupposti per una rinnovazione dell’indagine tecnica;

Responsabilità sanitaria il risarcimento danni intervento chirurgico ed accertamenti tecnici

a tale ultimo proposito, e’ appena il caso di considerare come, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimita’, la consulenza tecnica d’ufficio sia mezzo istruttorio diverso dalla prova vera e propria, sottratto alla disponibilita’ delle parti e affidato al prudente apprezzamento del giudice di merito, rientrando nel suo potere discrezionale la valutazione di disporre la nomina dell’ausiliario e potendo la motivazione dell’eventuale diniego del giudice di ammissione del mezzo essere anche implicitamente desumibile dal contesto generale delle argomentazioni svolte e dalla valutazione del quadro probatorio unitariamente considerato (cfr., da ultimo, Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 326 del 13/01/2020, Rv. 656801 – 01);
l’iter argomentativo compendiato dal giudice a quo sulla base di tali premesse e’ pertanto valso a integrare gli estremi di un discorso giustificativo logicamente lineare e comprensibile, elaborato nel pieno rispetto dei canoni di correttezza giuridica e di congruita’ logica, come tale del tutto idoneo a sottrarsi alle censure in questa sede illustrate dal ricorrente;
con il secondo motivo, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per omesso esame di fatti decisivi controversi (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5), per avere la corte territoriale trascurato la considerazione della documentazione prodotta dagli appellanti nel corso del giudizio, nella parte in cui attestavano che l’intervento chirurgico eseguito dal (OMISSIS) aveva provocato una vera e propria scoliosi dorso-lombare ad ampio raggio’ a carico della paziente, e non gia’ un mero âEuroËœatteggiamento scoliotico’ da parte di quest’ultima, cosi’ come analiticamente specificato nella documentazione richiamata in ricorso;
con il terzo motivo, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per omesso esame di fatti decisivi controversi (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5), per avere la corte territoriale trascurato la valutazione della circostanza concernente l’aggravamento delle lesioni subite dalla piccola (OMISSIS) in dipendenza dell’intervento chirurgico oggetto di causa; circostanza posta ad oggetto di una specifica richiesta di rinnovazione della consulenza tecnica d’ufficio, cosi’ come manifestamente evidenziato nella comparsa conclusionale depositata nel corso del giudizio d’appello;
entrambi i motivi – congiuntamente esaminabili per ragioni di connessione – sono inammissibili;
osserva il Collegio come al caso di specie (relativo all’impugnazione di una sentenza pubblicata dopo la data del 11/9/12) trovi applicazione il nuovo testo dell’articolo 360 c.p.c., n. 5 (quale risultante dalla formulazione del d.l n. 83/2012, articolo 54, comma 1, lettera b), conv., con modif., con la L. n. 134 del 2012), ai sensi del quale la sentenza e’ impugnabile con ricorso per cassazione “per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti”;
secondo l’interpretazione consolidatasi nella giurisprudenza di legittimita’, tale norma, se da un lato ha definitivamente limitato il sindacato del giudice di legittimita’ ai soli casi d’inesistenza della motivazione in se’ (ossia alla mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, alla motivazione apparente, al contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili o alla motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile), dall’altro chiama la Corte di cassazione a verificare l’eventuale omesso esame, da parte del giudice a quo, di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza (rilevanza del dato testuale) o dagli atti processuali (rilevanza anche del dato extratestuale), che abbia costituito oggetto di discussione e abbia carattere decisivo (cioe’ che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia), rimanendo escluso che l’omesso esame di elementi istruttori, in quanto tale, integri la fattispecie prevista dalla norma, la’ dove il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorche’ questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti (cfr. Sez. 2, Ordinanza n. 27415 del 29/10/2018, Rv. 651028 – 01);
nel caso di specie, le censure avanzate dai ricorrenti, lungi dall’individuare l’omesso esame di fatti decisivi controversi, risultano limitate alla rivendicazione di una rilettura nel merito dei fatti dedotti, che entrambi i giudici del merito hanno espressamente preso in considerazione e interpretato sulla base delle valutazioni tecniche contenute nella consulenza d’ufficio;
la corte territoriale, infatti, ha considerato in maniera diretta e specifica l’incidenza degli errori commessi dal chirurgo sul c.d. âEuroËœatteggiamento scoliotico’ sviluppato dalla paziente, escludendo potesse trattarsi propriamente di una âEuroËœscoliosi dorso lombare ad ampio raggio’ come rivendicato dagli attori;
allo stesso modo, la corte territoriale ha preso in considerazione la circostanza relativa alla âEuroËœprospettazione’, da parte degli appellanti, dell’aggravamento delle lesioni subite dalla paziente in dipendenza dell’intervento chirurgico, rilevando come, in realta’, gli appellanti non ne avessero fatto materia di una specifica richiesta di rinnovazione della consulenza tecnica al fine di accertarlo (in quanto aggravamento), bensi’ al solo scopo di sollecitare una rivalutazione, in termini tecnici, delle conclusioni raggiunte nella consulenza tecnica svolta in primo grado;
tale circostanza, del resto, risulta confermata dalle stesse censure avanzate in questa sede, avendo i ricorrenti confermato di aver prospettato l’ipotesi di una rinnovazione della consulenza al fine di valorizzare il prospettato aggravamento solo in sede conclusionale, e dunque in un momento successivo alla trattazione della causa in appello;
cio’ posto, deve ritenersi come la corte territoriale abbia effettivamente considerato la circostanza qui dedotta (ossia la prospettazione di un aggravamento), ritenendo che la stessa non fosse meritevole di approfondimenti sulla base di quanto emerso obiettivamente dagli elementi istruttori gia’ acquisiti al giudizio;
e’ appena il caso di sottolineare come la mancata rinnovazione della consulenza tecnica d’ufficio sulla questione dell’aggravamento non possa, di per se’, tradursi in un omesso esame del fatto dell’aggravamento (fatto, di per se’, ovviamente mai accertato), ma solo la conseguenza della valutazione circa i presupposti per detta rinnovazione che la corte territoriale ha escluso nell’esercizio dei propri poteri discrezionali, con la conseguente risoluzione dell’odierna censura in un’inammissibile critica della valutazione operata dal giudice d’appello in ordine al valore significativo delle prove acquisite;
dovendo dunque ritenersi definitivamente confermato il principio, gia’ del tutto consolidato, secondo cui non e’ consentito richiamare la corte di legittimita’ al riesame del merito della causa, le odierne doglianze dei ricorrenti devono ritenersi inammissibili, siccome dirette a censurare, non gia’ l’omissione rilevante ai fini dell’articolo 360 n. 5 cit., bensi’ la congruita’ del complessivo risultato della valutazione operata nella sentenza impugnata con riguardo all’intero materiale probatorio, che, viceversa, il giudice a quo risulta aver elaborato in modo completo ed esauriente, sulla scorta di un discorso giustificativo dotato di adeguata coerenza logica e linearita’ argomentativa, senza incorrere in alcuno dei gravi vizi d’indole logico-giuridica unicamente rilevanti in questa sede;
con il quarto motivo, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’articolo 132 n. 4 c.p.c. (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3), per avere il giudice d’appello dettato una motivazione meramente apparente in relazione al punto concernente la richiesta di rinnovazione della consulenza tecnica d’ufficio volta ad accertare e quantificare l’esatta misura del danno subito dalla minore (OMISSIS), nonche’ l’aggravamento di tale danno intervenuto successivamente all’espletamento della c.t.u. di primo grado;
il motivo e’ infondato;
osserva il Collegio come la corte territoriale abbia adeguatamente argomentato le ragioni della ritenuta condivisibilita’ della valutazione dei danni operata nella consulenza tecnica di primo grado (integralmente e motivatamente recepita dal tribunale), sottolineandone i caratteri di completezza e di profondita’ di analisi, da ritenersi estesi alla stima dell’entita’ del danno subito dalla paziente;
lo stesso giudice d’appello ha altresi’ chiarito le ragioni poste a fondamento del diniego opposto all’istanza di rinnovazione dell’indagine tecnica sollecitata dal denunciato aggravamento dei danni subiti dalla minore, siccome prospettata in modo solo tardivo ed equivoco dagli appellanti, con la conseguente (sia pure implicita) valutazione di insussistenza di presupposti sufficienti (o idonei) a giustificare un nuovo esame di natura tecnica al fine di accertare il ricorso di eventuali aggravamenti non tempestivamente e adeguatamente prospettati dagli interessati;
varra’ al riguardo ribadire, sulla scorta del gia’ richiamato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, come la consulenza tecnica d’ufficio sia mezzo istruttorio diverso dalla prova vera e propria, sottratto alla disponibilita’ delle parti e affidato al prudente apprezzamento del giudice di merito, rientrando nel suo potere discrezionale la valutazione di disporre la nomina dell’ausiliario e potendo la motivazione dell’eventuale diniego del giudice di ammissione del mezzo essere anche implicitamente desumibile dal contesto generale delle argomentazioni svolte e dalla valutazione del quadro probatorio unitariamente considerato (cfr., da ultimo, Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 326 del 13/01/2020, Rv. 656801 – 01);
con il quinto motivo, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per violazione dell’articolo 2043 c.c., nonche’ della Cost., articoli 4, 35, 37 e 38 (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente escluso l’esistenza di un danno da perdita di capacita’ lavorativa specifica a carico della paziente, muovendo dall’erronea valutazione dell’esatta entita’ del pregiudizio alla relativa integrita’ fisica derivato dall’intervento chirurgico oggetto di causa;
con il sesto motivo, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’articolo 2043 c.c. (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente escluso l’apprezzabilita’ del danno subito in proprio dai genitori della piccola (OMISSIS), atteso che il grave danno subito da quest’ultima in conseguenza dell’illecito dedotto in giudizio ebbe a determinare un concreto e sensibile peggioramento dello stile di vita degli stessi genitori;
entrambi i motivi – congiuntamente esaminabili per ragioni di connessione – sono inammissibili;
osserva il Collegio come, con i motivi in esame, i ricorrenti – lungi dal denunciare l’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata dalle norme costituzionali e di legge richiamate – si siano limitati ad allegare un’erronea ricognizione, da parte del giudice a quo, della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa: operazione che non attiene all’esatta interpretazione della norme, inerendo bensi’ alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura e’ possibile, in sede di legittimita’, unicamente sotto l’aspetto del vizio di motivazione (cfr., ex plurimis, Sez. L, Sentenza n. 7394 del 26/03/2010, Rv. 612745; Sez. 5, Sentenza n. 26110 del 30/12/2015, Rv. 638171), neppure coinvolgendo, la prospettazione critica dei ricorrenti, l’eventuale falsa applicazione delle norme richiamate sotto il profilo dell’erronea sussunzione giuridica di un fatto in se’ incontroverso, insistendo propriamente gli stessi nella prospettazione di una diversa ricostruzione dei fatti di causa, rispetto a quanto operato dal giudice a quo;
nel caso di specie, al di la’ del formale richiamo, contenuto nell’epigrafe del motivo d’impugnazione in esame, al vizio di violazione e falsa applicazione di legge, l’ubi consistam delle censure sollevate dagli odierni ricorrenti deve piuttosto individuarsi nella negata congruita’ dell’interpretazione fornita dalla corte territoriale del contenuto rappresentativo degli elementi di prova complessivamente acquisiti e dei fatti di causa, essendosi gli stessi limitati esclusivamente a contestare il modo in cui la corte territoriale (e prima ancora il giudice di primo grado) ha valutato le ridette emergenze istruttorie con riferimento alla stima delle conseguenze dannose sofferte dalla paziente e dai relativi congiunti;
si tratta, come appare manifesto, di un’argomentazione critica con evidenza diretta a censurare una (tipica) erronea ricognizione della fattispecie concreta, di necessita’ mediata dalla contestata valutazione delle risultanze probatorie di causa; e pertanto di una tipica censura diretta a denunciare il vizio di motivazione in cui sarebbe incorso il provvedimento impugnato;
cio’ posto, i motivi d’impugnazione cosi’ formulati devono ritenersi inammissibili, non essendo consentito alla parte censurare come violazione di norma di diritto, e non come vizio di motivazione, un errore in cui si assume che sia incorso il giudice di merito nella ricostruzione di un fatto giuridicamente rilevante sul quale la sentenza doveva pronunciarsi, non potendo ritenersi neppure soddisfatti i requisiti minimi previsti dall’articolo 360 c.p.c., n. 5 ai fini del controllo della legittimita’ della motivazione nella prospettiva dell’omesso esame di fatti decisivi controversi tra le parti;
sulla base di tali premesse, rilevata la complessiva infondatezza delle censure esaminate, dev’essere pronunciato il rigetto del ricorso, con la conseguente condanna dei ricorrenti al rimborso, in favore di ciascuna parte controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimita’, secondo la liquidazione di cui al dispositivo;
al rigetto del ricorso segue l’attestazione della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, comma 1-quater, dell’articolo 13.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al rimborso, in favore di ciascuna parte controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate, per ciascuna parte, in complessivi Euro 2.700,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dell’articolo 1-bis, dello stesso articolo 13.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Le sentenze sono di pubblico dominio.

La diffusione dei provvedimenti giurisdizionali “costituisce fonte preziosa per lo studio e l’accrescimento della cultura giuridica e strumento indispensabile di controllo da parte dei cittadini dell’esercizio del potere giurisdizionale”.

Benchè le linee guida in materia di trattamento di dati personali nella riproduzione di provvedimenti giurisdizionali per finalità di informazione giuridica non richiedano espressamente l’anonimizzazione sistematica di tutti i provvedimenti, e solo quando espressamente le sentenze lo prevedono, si possono segnalare anomalie, richiedere oscuramenti e rimozioni, suggerire nuove funzionalità tramite l’indirizzo e-mail info@studiodisa.it, e, si provvederà immediatamente alla rimozione dei dati sensibili se per mero errore non sono stati automaticamente oscurati.

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