Responsabilità bancaria assegno non trasferibile

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|30 settembre 2024| n. 25888.

Responsabilità bancaria assegno non trasferibile

La responsabilità dell’istituto negoziatore per il pagamento di un assegno non trasferibile a soggetto non legittimato, prevista dall’art. 43, comma 2, del r.d. n. 1736 del 1933, ha natura contrattuale, ragion per cui la banca è sempre ammessa a fornire la prova liberatoria della non imputabilità a sé dell’erronea identificazione.

 

Ordinanza|30 settembre 2024| n. 25888. Responsabilità bancaria assegno non trasferibil

Data udienza 10 settembre 2024

Integrale

Tag/parola chiave: Titoli di credito – Assegno bancario – Non trasferibile pagamento assegno a soggetto non legittimato – Responsabilità contrattuale – Sussistenza – Conseguenze – Onere probatorio.

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sig.ri Magistrati:

Dott. MARULLI Marco – Presidente
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere-Rel.

Dott. DAL MORO Alessandra – Consigliere

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere

Dott. FRAULINI Paolo – Consigliere

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 35852/2018 R.G. proposto da:

BANCA MO.DE. Spa, elettivamente domiciliata in ROMA VIA GI.AN., presso lo studio dell’avvocato PA.AL. (Omissis) che la rappresenta e difende

– ricorrente –

contro

BANCA MO.DE. Spa, elettivamente domiciliata in ROMA VIA GI.AN., presso lo studio dell’avvocato PA.AL. (Omissis) che la rappresenta e difende

– controricorrente –

nonché contro

BANCA CR.CO. SOCIETA’ COOPERATIVA, elettivamente domiciliata in ROMA VIA CE.38., presso lo studio dell’avvocato PA.PA. (Omissis) che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato MI.EM. (Omissis)

– controricorrente –

nonché contro

Ai.Sa., Ni.Ca., Ni.Ro., + altri omessi, elettivamente domiciliati in ROMA PI.DE., presso lo studio dell’avvocato PE.AN. (Omissis) che li rappresenta e difende

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

nonché contro

BANCO BP. Spa, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DI.VI., presso lo studio dell’avvocato GA.BE. (Omissis) che la rappresenta e difende

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

nonché contro

BANCO PO. SOC COOP, BANCA CR.CO. SCRL

– intimati –

avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 2994/2018 depositata il 08/05/2018.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/09/2024 dal Consigliere FRANCESCO TERRUSI.

Responsabilità bancaria assegno non trasferibil

FATTI DI CAUSA

Ai.Sa., Ce.Ca. e Vi.Ma. convennero dinanzi al Tribunale di Roma la Banca An.PO. (breviter BA.) chiedendo che fosse condannata a rimborsare a ciascuno le somme che la Comunità europea aveva loro riconosciuto a titolo di contributo alla produzione per l’annata olearia 2001-2002. Sostennero che la BA. avrebbe dovuto pagare in forza di convenzione intercorsa con la Un. (Unione nazionale produttori ovicoli); che il pagamento sarebbe dovuto avvenire a mezzo assegni; che gli assegni, spediti dalla banca a mezzo posta, erano stati sottratti e incassati da terzi non legittimati.

La convenuta, assumendo di non avere responsabilità nella sottrazione dei titoli, avendoli emessi e spediti secondo gli accordi, provvide a chiamare in giudizio la Banca MO.DE. (MPS), la Banca di credito cooperativo dell’Ag.Br. (breviter PC.Ag.) e il Credito Be., quali istituti negoziatori, chiedendo di essere garantita da ciascuno di essi per aver ricevuto e pagato gli assegni ai soggetti non legittimati.

Tali ulteriori banche si costituirono in giudizio resistendo alla pretesa.

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L’adito Tribunale respinse le domande, in quanto (i) era da considerare inesistente la negligenza della BA., che aveva spedito gli assegni con la modalità espressamente previsa dalla convenzione, e (ii) nessuna domanda gli attori avevano svolto nei confronti delle altre banche, citate in giudizio dalla BA. al solo fine di essere garantita.

La sentenza venne impugnata dagli attori.

In appello si costituì, tra gli altri, la Banca MP., sia quale avente causa della incorporata BA., sia quale banca negoziatrice chiamata in causa.

Con sentenza dell’8-5-2018 la Corte d’Appello di Roma ha riformato la decisione di primo grado ritenendo tardivo l’appello proposto nei confronti della Banca MP. quale incorporante della BA. e nei confronti della Banca di credito cooperativo dell’Ag.Br.; ha ritenuto di contro fondato l’appello in relazione agli altri due istituti (Banca MP. e Credito Be. quali negoziatori), attesa l’automatica estensione nei loro confronti della domanda attorea di risarcimento dei danni.

In questa prospettiva ha ritenuto che la chiamata in causa della convenuta BA. non potesse esser definita come semplice chiamata in garanzia, neppure sotto forma di garanzia impropria, essendosi trattato invece di chiamata ad excludendum nei riguardi degli istituti negoziatori “terzi responsabili”.

Ha aggiunto che l’automatica estensione della domanda principale era stata altresì supportata da quanto gli attori avevano sostenuto nelle memorie ex art. 183, quinto comma, cod. proc. civ. a proposito della loro “chiara corresponsabilità”.

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Per la cassazione della sentenza d’appello, depositata l’8-5-2018, ha proposto ricorso la Banca MP., in due motivi.

I signori Ai.Sa., Ce.Ca. e gli eredi di Vi.Ma. (nel frattempo deceduta) hanno resistito con controricorso e hanno proposto a loro volta un ricorso incidentale.

Egualmente si è difeso con controricorso e ricorso incidentale il Banco BP., subentrato al Credito Be. a seguito di fusione tra l’incorporante Banco PO. soc. coop. e la Banca PO.Di. La Banca MP. ha depositato controricorso al ricorso incidentale.

La Banca di credito cooperativo dell’Ag.Br. ha depositato un controricorso.

I ricorrenti principali hanno depositato un controricorso in replica ai ricorsi incidentali.

Le parti hanno depositato memorie.

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RAGIONI DELLA DECISIONE

I. – L’estrema complessità della vicenda impone di procedere alla disamina secondo l’ordine che segue.

II. – Il ricorso principale assume:

(i) violazione degli artt. 99, 112 e 106 cod. proc. civ. per avere la sentenza qualificato la chiamata in causa richiesta dalla BA. come chiamata ad excludendum ai fini dell’estensione automatica della domanda degli attori;

(ii) nullità della sentenza in quanto affetta da motivazione al riguardo solo apparente.

III. – I ricorsi incidentali sono incentrati su rilievi solo in parte comuni.

IV. – Un primo ricorso incidentale è proposto dalla sig.ra Ce.Ca.

Concerne il capo della sentenza d’appello che ha dichiarato inammissibile per tardività l’impugnazione proposta contro la BA. (convenuta principale) e contro la BCC Ag.Br..

Il ricorso è affidato a quattro motivi, due dei quali relativi all’una posizione e due relativi all’altra.

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Segnatamente:

(i) violazione e falsa applicazione degli artt. 327 e 339 cod. proc. civ. in relazione agli artt. 141 cod. proc. civ. e 82 del r.d. n. 37 del 1934, attesa l’esistenza di un’ipotesi di errore non imputabile al notificante; errore derivato dal fatto di avere la BC.Ag. nominato nel giudizio di primo grado un difensore del foro di Brescia, con domicilio eletto presso lo studio di un avvocato romano (Corea) che però si era trasferito, senza che né il trasferimento né l’eventuale cambio di domicilio eletto fossero stati comunicati; donde il procedimento notificatorio, così erroneamente intrapreso, era stato riattivato dall’impugnante con immediatezza, essendo avvenuta la seconda notifica a pochi giorni dalla scadenza del termine per la proposizione del gravame;

(ii) violazione o falsa applicazione degli artt. 330 e 327 cod. proc. civ. in relazione all’art. 156 stesso codice, e omesso esame di fatto decisivo, perché nel decidere nel senso dell’inammissibilità dell’appello nonostante le circostanze dedotte dagli appellanti in replica all’avversa eccezione, la corte territoriale sarebbe incorsa in motivazione apparente. In particolare si assume che non sarebbe stata rilevata la non imputabilità ai notificanti del decorso del termine di impugnazione in ragione dell’errore commesso dall’ufficiale giudiziario, avendo i notificanti richiesto la notifica “urgente” e ciò nonostante avendo l’ufficiale giudiziario restituito le relate negative dopo il decorso del termine; e ancora che la Corte d’Appello sarebbe incorsa in errore non considerando sanabile il vizio in ragione della pronta ripresa del procedimento notificatorio;

(iii) violazione o falsa applicazione degli artt. 327 e 330 co. proc. civ., in relazione agli artt. 138 e 139 stesso codice, oltre che omesso esame di fatto decisivo, quanto alla declaratoria di inammissibilità dell’appello nei confronti della BP., stante la sanatoria di ogni vizio di notificazione in virtù della costituzione in giudizio della detta banca, e atteso che l’esito negativo della prima notificazione non avrebbe potuto essere addebitato ai notificanti ma al difensore della stessa (avv. Pa.), il quale aveva mancato di comunicare il mutamento di indirizzo dello studio di elezione domiciliare. Anche in tal caso la parte ricorrente assume comunque sussistenti i presupposti per la sanatoria da ripresa immediata del procedimento notificatorio dopo il decorso del termine;

(iv) violazione o falsa applicazione degli artt. 327 e 330 cod. proc. civ., in relazione all’art. 156 stesso codice, e omesso esame di fatto decisivo, per avere la Corte d’Appello disatteso i principi in materia di notificazione nell’esatto modo già indicato nel secondo motivo di ricorso.

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V. – Un secondo ricorso incidentale è proposto, a mezzo dello stesso atto, dai signori Ai.Sa. e Ni.Ca. (questi ultimi quali eredi della sig.ra Vi.Ma.), e consta di ulteriori due motivi identici a quelli (terzo e quarto) formulati nell’interesse della Ce.Ca.

VI. – Infine, un terzo ricorso incidentale è proposto – in tre motivi – dal Banco BP. quale subentrante nella posizione del Credito Be..

In questo caso si deduce:

(i) violazione o falsa applicazione dell’art. 106 cod. proc. civ. nella parte in cui la Corte d’Appello ha ravvisato la condizione di estensione automatica della domanda principale nei confronti degli istituti chiamati in causa a scopo di garanzia o di manleva;

(ii) violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. per avere di conseguenza, la Corte d’Appello, emesso una statuizione di condanna del Credito Be. in difetto di rituale domanda;

(iii) violazione o falsa applicazione degli artt. 43 legge ass., 1173, 1175, 1176 e 1375 cod. civ., avendo la sentenza ritenuto la responsabilità della banca negoziatrice in contrasto coi sopravvenuti criteri dettati dalle Sezioni Unite di questa Corte in ordine al dovere di diligenza richiesto al banchiere (Cass. Sez. U n. 12477-18).

VII. – Il ricorso principale è inammissibile, in quanto vi risulta specificato che la Banca MP. di Siena ha impugnato la sentenza d’appello agendo col patrocinio dello stesso difensore “sia quale avente causa della Banca An.PO. a seguito di fusione per incorporazione, sia in quanto originaria chiamata in causa nel giudizio di appello”.

Le posizioni sono in conflitto d’interessi.

La ricorrente esprime, quale subentrante, la posizione giuridica della BA., chiamante ad excludendum, e dunque rivela l’esistenza di un conflitto d’interessi rispetto alla posizione parimenti assunta a seguito della chiamata, quale “terzo responsabile” per l’avvenuta indebita negoziazione del titolo.

In sostanza la Banca MP., in quanto successore, ha proposto il ricorso nella duplice veste di chiamante e di chiamato.

La difesa ha enfatizzato (in memoria) che si tratta sempre del medesimo soggetto (la Banca MP.).

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Ciò che conta è, però, la veste giuridica assunta dalla banca nel giudizio.

La banca che agisce in proprio assume nel processo una veste giuridica diversa dalla banca che agisce come successore di un terzo: non avrebbe altrimenti senso il mantenimento della domanda di garanzia, che invero andrebbe altrimenti ritenuta deficitaria sul versante dell’interesse a proporla.

Nel caso in cui tra due o più parti sussista un conflitto di interessi, è inammissibile la costituzione in giudizio a mezzo dello stesso procuratore, e la violazione di tale limite, investendo i valori costituzionali del diritto di difesa e del principio del contraddittorio, è rilevabile d’ufficio (v. Cass. Sez. 1 n. 22772-19, Cass. Sez. 6-3 n. 1143-20, Cass. Sez. 1 n. 8463-22).

Il ricorso principale è inammissibile perché, nel concreto, la Banca MP. ha agito nella duplice confliggente veste a mezzo dello stesso difensore avv. Pa..

Giova precisare che il rilievo d’ufficio di tale inammissibilità, per essere il ricorso proposto dallo stesso procuratore nonostante la posizione di conflitto di interessi, non deve essere preceduto dalla previa instaurazione del contraddittorio sulla questione (artt. 101 e 384, terzo comma, cod. proc. civ.), trattandosi di questione di mero diritto afferente ai presupposti processuali (v. Cass. Sez. 6-2 17456-22); e inoltre che l’inammissibilità non è suscettibile di sanatoria neppure ai sensi dell’art. 156 cod. proc. civ., sia perché lo scopo raggiunto (la difesa congiunta di interessi diversi e confliggenti) è proprio quello vietato, sia perché la regola invocata vale per le nullità e non per le situazioni che costituiscono impedimento all’esercizio dell’azione o dell’impugnazione (v. Cass. Sez. 3 n. 1765-23).

VIII. – Vanno peraltro esaminati i ricorsi incidentali, trattandosi di ricorsi tempestivi in ragione del termine lungo annuale ex art. 327 cod. proc. civ., essendo stato il giudizio di primo grado instaurato nell’anno 2003 (v. ex aliis Cass. Sez. 6-3 n. 37750-21).

IX. – I primi due motivi del ricorso incidentale della Ce.Ca. sono infondati.

Ci si riferisce alla declaratoria di inammissibilità dell’appello proposto contro la BC.Ag..

Qui, come per i restanti motivi analoghi, è opportuno premettere che sono dedotte violazioni di norme processuali, per le quali la Corte è giudice della fattispecie. Nel senso che la Corte ha potere di accesso agli atti di causa onde verificare il buon fondamento o meno delle censure, a prescindere dalla motivazione del giudice del merito.

A fronte di sentenza pubblicata il 4-2-2011 (il cui termine lungo scadeva quindi il 21-3-2012) l’appello risulta notificato al BC.Ag. il 26-3-2012, data di consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario il quale ha poi recapitato il plico presso il domicilio eletto (studio avv. Co.) il giorno successivo.

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Ne segue che senza alcun dubbio l’impugnazione era (ed è) tardiva.

La ricorrente invoca la non imputabilità per il fatto di avere avviato il procedimento notificatorio una prima volta il 12-3-2012 presso il domicilio eletto dalla controparte in Roma, studio avv. Co., via B. Buozzi, e di aver ripreso immediatamente il procedimento, ai fini della seconda notifica, il 26-3-2012, dopo che l’atto era stato restituito (non notificato) il 22-3-2012 per l’avvenuto mutamento del suddetto indirizzo di studio.

La Corte d’Appello ha però negato il presupposto di non imputabilità dell’errore, perché la circostanza del mutamento di indirizzo del domiciliatario era stata resa nota già nel corso del giudizio di primo grado, sia con la memoria ex art. 183 cod. proc. civ. depositata a maggio del 2005, sia con la memoria ex art. 184 depositata a dicembre dello stesso anno, memorie tutte sottoscritte anche e proprio dall’avv. Co. ai fini dell’attestazione di conformità.

X. – La valutazione della Corte d’Appello è corretta.

Il principio sul quale la ricorrente fa leva è il seguente: “in tema di notificazioni degli atti processuali, qualora la notificazione dell’atto, da effettuarsi entro un termine perentorio, non si concluda positivamente per circostanze non imputabili al richiedente, questi ha la facoltà e l’onere – anche alla luce del principio della ragionevole durata del processo, atteso che la richiesta di un provvedimento giudiziale comporterebbe un allungamento dei tempi del giudizio – di richiedere all’ufficiale giudiziario la ripresa del procedimento notificatorio, e, ai fini del rispetto del termine, la conseguente notificazione avrà effetto dalla data iniziale di attivazione del procedimento,

sempreché la ripresa del medesimo sia intervenuta entro un termine ragionevolmente contenuto, tenuti presenti i tempi necessari secondo la comune diligenza per conoscere l’esito negativo della notificazione e per assumere le informazioni ulteriori conseguentemente necessarie”.

Tale principio è stato affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. Sez. U n. 17352-09, cui adde Cass. Sez. 1 n. 26518-11, Cass. Sez. 6-1 n. 17856-17 e molte altre) su un presupposto ben preciso.

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Il presupposto è che la notifica dell’atto di impugnazione, tempestivamente consegnato all’ufficiale giudiziario, non si sia perfezionata per cause non imputabili al notificante.

Traslato nella fattispecie, ciò imporrebbe di affermare che la notifica sia avvenuta al domicilio precedentemente eletto dal difensore della controparte senza una previa comunicazione del suo mutamento o altra negligenza del notificante.

Infatti, se l’atto risulti notificato presso un indirizzo del difensore della controparte o del domiciliatario nonostante la conoscenza o la conoscibilità oggettiva dell’intervenuto trasferimento dello studio, quel medesimo principio non può trovare applicazione, in quanto la ripresa del procedimento notificatorio dopo l’infruttuoso decorso del termine non potrebbe dirsi legittima.

XI. – Ora va detto che la parte è in colpa anche quando l’intervenuto trasferimento risulti univocamente dagli atti difensivi anteriori alla notificazione (v. Cass. Sez. 1 n. 16040-15), così come esattamente notato dalla Corte d’Appello.

Ciò spiega perché non giova alla ricorrente il riferimento al noto criterio distintivo che fa leva sul fatto se il difensore della parte costituita, destinatario della notifica, svolga o meno la propria attività del circondario del Tribunale cui è professionalmente assegnato.

Si obietta in vero che il difensore della parte destinataria era l’avv. Ce. del foro di Brescia, il quale aveva eletto domicilio in Roma, presso lo studio dell’avv. Co. in viale B.Bu..

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Tale circostanza è però ininfluente.

Le Sezioni Unite, e poi la successiva giurisprudenza delle sezioni semplici, hanno in effetti distinto le due ipotesi, specificando che, nel caso di difensore che svolga le sue funzioni nello stesso circondario del Tribunale a cui egli sia professionalmente assegnato, è onere della parte interessata a eseguire la notifica accertare, anche mediante riscontro delle risultanze dell’albo professionale, quale sia l’effettivo domicilio professionale del difensore, con la conseguenza che non può ritenersi giustificata l’indicazione nella richiesta di notificazione di un indirizzo diverso (Cass. Sez. U n. 14594-16, Cass. Sez. U n. 17352-09, Cass. Sez. U n. 3818-09), ancorché eventualmente corrispondente a un’indicazione fornita dal medesimo difensore nel giudizio non seguita da comunicazione del successivo mutamento; mentre nel caso in cui il difensore svolga le sue funzioni in un altro circondario e abbia proceduto all’elezione di domicilio ai sensi dell’art. 82 del r.d. 22 gennaio 1934, n. 37, la notifica va fatta al domicilio eletto.

Il sistema deve quindi essere ricostruito nel senso che solo in caso di svolgimento di attività al di fuori della circoscrizione di assegnazione si delinea un obbligo di comunicare i mutamenti di domicilio, obbligo che invece non sussiste quando il procuratore operi nel suo circondario.

La ratio della ricostruzione è semplicemente che la notifica dell’impugnazione al procuratore che, esercente fuori della circoscrizione, abbia eletto domicilio ai sensi dell’art. 82 r.d. n. 37/1934, presso un altro procuratore, assegnato alla circoscrizione dell’ufficio giudiziario adito, va effettuata nel luogo indicato come domicilio eletto (artt. 330 e 141 cod. proc. civ.) senza che sia fatto onere al notificante di riscontrare previamente la correttezza di quell’indirizzo presso il locale albo professionale.

È infatti onere della parte che ha eletto domicilio comunicare alla controparte gli eventuali mutamenti.

Su questa serie di principi non v’è discussione.

Il punto però è che l’onere di comunicazione è assolto senza necessità di formule sacramentali.

È assolto anche quando l’indicazione del nuovo domicilio sia fatta all’interno di uno degli atti del processo.

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In vero si suppone che la diligenza professionale induca la controparte a esaminare e a leggere per l’appunto quegli atti nella loro interezza.

È una delle implicazioni del principio di autoresponsabilità che governa il processo civile.

Nel caso di specie il mutamento di indirizzo del domiciliatario risulta essere stato puntualmente indicato sia nell’intestazione che nel dorsetto di atti processuali essenziali del giudizio di primo grado (le memorie ex artt. 183 e 184 cod. proc. civ.), tutti sottoscritti dallo stesso domiciliatario.

Non può negarsi che ciò equivalga – come rilevato dalla corte territoriale – a comunicazione della variazione di indirizzo. E non averlo considerato ai fini della notifica dell’appello rende inescusabile il primo tentativo di notificazione non andato a buon fine.

XII. – Il terzo e il quarto motivo del ricorso (incidentale) della sig.ra Ce.Ca. e i corrispondenti motivi primo e secondo del ricorso (incidentale) dei sig.ri Ai.Sa. e Ni.Ca. sono egualmente infondati.

Si discute della declaratoria in inammissibilità dell’appello proposto contro la BA..

Ma proprio seguendo i principi appena evocati è da considerare inescusabile l’operato dei notificanti.

La parte era (ed è) rappresentata dall’avv. Pa. del foro di Roma.

La prima notifica non risulta andata a buon fine per l’avvenuto trasferimento di studio del destinatario; la seconda, fatta subito dopo ma a termine ormai decorso, non ha avuto l’effetto di attuare la ripresa del procedimento notificatorio secondo quanto delineato dalla citata giurisprudenza delle Sezioni Unite.

Alla parte che intenda notificare l’impugnazione è fatto onere di accertare, in questi casi, anche mediante riscontro delle risultanze dell’albo professionale, quale sia l’effettivo domicilio professionale del difensore a prescindere dalle risultanze dell’intestazione della sentenza.

Che poi la parte destinataria si sia (dopo la seconda notificazione) costituita in sede di gravame non ha alcuna rilevanza, non trattandosi di un vizio di nullità sanabile, sebbene di fattispecie di notificazione non eseguita nel termine.

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La circostanza che l’atto per primo notificato sia stato restituito in ritardo dall’ufficiale giudiziario è a sua volta ininfluente dinanzi al non assolto onere di previo accertamento della effettività dell’indirizzo del destinatario dell’atto.

XIII. – Deve essere esaminato, a questo punto, il ricorso incidentale del Banco BM..

XIV. – I primi due motivi sono infondati.

La Corte d’Appello ha correttamente argomentato l’interpretazione della chiamata come diretta a investire della responsabilità gli istituti negoziatori al posto della chiamante medesima “quali terzi responsabili”.

Non si è trattato di semplice chiamata in garanzia, ancorché infine i petita formulati dalla chiamante abbiano fatto riferimento anche all’istituto della manleva “da ogni responsabilità dovesse, in denegata ipotesi, accertarsi in corso di causa”.

Ove, infatti, il convenuto in giudizio chiami in causa un terzo indicandolo come il soggetto tenuto a rispondere della pretesa dell’attore, si versa in un caso nel quale la domanda attorea si estende automaticamente al terzo, pur in mancanza di apposita istanza, dovendosi individuare il vero responsabile nel quadro di un rapporto che la stessa parte oggettivamente definisce (con l’atto di chiamata) in modo unitario.

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La situazione è dunque diversa da quella evocata dalla ricorrente, in cui la chiamata del terzo sia fatta solo a scopo di garanzia in ragione dell’autonomia sostanziale dei rapporti, ancorché confluiti in un unico processo (v. Cass. Sez. 3 n. 23213-15, Cass. Sez. 3 n. 516-20, Cass. Sez. 6-3 n. 15232-21).

XV. – Il terzo motivo del medesimo ricorso incidentale è invece fondato.

La Corte d’Appello – rifacendosi a un certo orientamento giurisprudenziale – si è limitata ad affermare che, essendo stato pagato l’assegno bancario non trasferibile a favore di soggetto non legittimato, la banca non poteva dirsi liberata dall’obbligazione “a prescindere dalla sussistenza dell’elemento della colpa nell’errore di identificazione dello stesso prenditore, trattandosi di ipotesi di obbligazione ex lege”.

Tale affermazione – un tempo riscontrata dalla giurisprudenza di questa Corte – non rende il senso della responsabilità dell’istituto negoziatore, perché, per ormai consolidato principio (v. Cass. Sez. U n. 12477-18, Cass. Sez. U n. 12478-18), l’art. 43, secondo comma, legge ass. va inteso nel senso della responsabilità contrattuale (e non della responsabilità oggettiva) dell’istituto negoziatore, tanto in caso di assegno circolare quanto in caso di assegno bancario non trasferibile, ove il pagamento sia avvenuto al non legittimato.

In tal caso la banca è sempre ammessa a provare che l’inadempimento non le è imputabile, per aver essa assolto alla propria obbligazione con la diligenza richiesta dall’art. 1176, secondo comma, cod. civ. (v. anche Cass. Sez. U n. 14712-07).

Non è dunque vero che la banca negoziatrice risponde “a prescindere dalla sussistenza dell’elemento della colpa nell’errore di identificazione del prenditore”.

Dalla stessa sentenza risulta del resto che la banca aveva svolto specifiche deduzioni a riguardo della concreta identificazione del prenditore a mezzo di documenti di identità.

XVI. – In conclusione, va accolto il ricorso incidentale appena menzionato e la causa rinviata alla medesima Corte d’Appello.

La corte investita del rinvio si uniformerà ai seguenti principi:

– la responsabilità dell’istituto negoziatore ai sensi dell’art. 43, secondo comma, legge ass., ove il pagamento sia avvenuto a soggetto non legittimato, va intesa come responsabilità contrattuale (e non come responsabilità oggettiva), tanto in caso di assegno circolare quanto in caso di assegno bancario non trasferibile, con conseguente onere della banca medesima di fornire la prova liberatoria della non imputabilità dell’inadempimento in rapporto alla diligenza professionale impiegata nell’identificazione del presentatore del titolo;

– in materia di pagamento di assegno non trasferibile in favore di soggetto non legittimato, al fine di valutare la sussistenza della responsabilità colposa della banca negoziatrice nell’identificazione del presentatore del titolo, la diligenza professionale richiesta deve essere individuata ai sensi dell’art. 1176, secondo comma, cod. civ., che è norma il cui contenuto deve essere riferito agli standard valutativi esistenti nella realtà sociale, tra i quali rileva il criterio di base per cui l’attività di identificazione delle persone fisiche avviene normalmente tramite il riscontro di un documento d’identità personale.

Essa provvederà anche sulle spese del giudizio svoltosi in questa sede di legittimità.

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P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale, rigetta il ricorso incidentale dei signori Ce.Ca. e altri, accoglie il terzo motivo del ricorso incidentale del Banco BP. rigettando i primi due motivi del medesimo, cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’Appello di Roma anche per le spese del giudizio di cassazione.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principali e dei ricorrenti incidentali diversi dal Banco BP., dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo ai loro ricorsi, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima sezione civile, addì 10 settembre 2024.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2024.

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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