Obbligazione cambiaria in rappresentanza

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|2 ottobre 2024| n. 25910.

Obbligazione cambiaria in rappresentanza

Requisiti per la valida assunzione di un’obbligazione cambiaria in nome altrui sono, ai sensi dell’art. 11 del r.d. n. 1669 del 1933, non solo l’esistenza di una procura o di un potere ex lege, ma anche l’apposizione della sottoscrizione con l’indicazione della qualità, ancorché senza l’uso di formule sacramentali e con le sole modalità idonee a rendere evidente ai terzi l’avvenuta assunzione dell’obbligazione per conto di altri, come nel caso di collocazione della firma cambiaria sotto il timbro di una società, sufficiente a rivelare la volontà del sottoscrittore di impegnarsi in rappresentanza dell’ente, con la conseguenza che a questo ultimo deve rivolgersi il beneficiario del titolo, salva l’eccezione, proponibile soltanto dal rappresentato, del difetto o eccesso di rappresentanza del sottoscrittore.(Nella specie la S.C. ha cassato con rinvio la decisione di merito che aveva ritenuto legittima la levata del protesto nei confronti del sottoscrittore – per mancanza di fondi sul suo conto personale – piuttosto che della società rappresentata, a causa della mancata indicazione della qualità di amministratore, nonostante l’assegno recasse la ragione sociale e gli altri elementi identificativi della società accanto alla firma di traenza).

Ordinanza|2 ottobre 2024| n. 25910. Obbligazione cambiaria in rappresentanza

Data udienza 10 settembre 2024

Integrale

Tag/parola chiave: Titoli di credito – Cambiale (o paghero’) – Rappresentanza titoli di credito – Cambiale (o pagherò) – Rappresentanza – Assunzione di una valida obbligazione cambiaria in nome altrui – Requisiti – Collocazione della firma cambiaria sotto il timbro di una società – Sufficienza – Limiti – Fattispecie.

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sig.ri Magistrati:

Dott. MARULLI Marco – Presidente
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere-Rel.

Dott. DAL MORO Alessandra – Consigliere

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere

Dott. FRAULINI Paolo – Consigliere

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 28248/2021 R.G. proposto da:

Po.Pi., elettivamente domiciliato in R Co.Vi. (omissis), presso lo studio dell’avvocato RU.UG. (omissis) che lo rappresenta e difende

-ricorrente-

contro

BA.NA. Spa, elettivamente domiciliata in R VIA DI.SA. (omissis), presso lo studio dell’avvocato CA.FA. (omissis) che la rappresenta e difende

-controricorrente-

nonché contro SM.CE., FA.PO. Srl

-intimati-

avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA n. 1850/2021 depositata il 20/07/2021.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/09/2024 dal Consigliere FRANCESCO TERRUSI

Obbligazione cambiaria in rappresentanza

FATTI DI CAUSA

Po.Pi. e la Po.Co. Srl (successivamente fallita) convennero dinanzi al Tribunale di Bologna la Ba.Na. (BN.) e, previa chiamata in causa, il notaio Ma.Lu., chiedendo il risarcimento dei danni conseguenti al protesto illegittimamente levato contro il Po.Pi. persona fisica in relazione a un assegno bancario tratto sul conto corrente n. 55923 a lui intestato.

Il Tribunale, nella resistenza dei convenuti, respinse la domanda.

La sentenza venne appellata dal solo Po.Pi.

Nella contumacia del Fallimento e nella resistenza della banca e di Sm.Ce., erede del defunto notaio Ma.Lu., la Corte d’Appello di Bologna ha respinto il gravame ritenendo legittima, per quanto in effetti ancora rileva, la levata del protesto.

Segnatamente la Corte d’Appello ha stabilito che il conto corrente n. 55923 era intestato al Po.Pi. personalmente e che sull’assegno era stata apposta la firma di traenza del Po.Pi. medesimo; donde il protesto era stato legittimamente elevato contro la sua persona col motivo di “mancanza totale o parziale di fondi” secondo il codice 20 della circolare n. 3512/c del 2001 dell’allora Ministero dell’industria, dato che sul predetto conto corrente n. 55923, alla data della presentazione dell’assegno, si trovava giacente la somma di circa 2.000,00 EUR, insufficiente al pagamento dell’intero importo indicato sul modulo (4.434,00 EUR).

La Corte d’Appello ha soggiunto che dovevasi ritenere infondata la prospettazione difensiva facente leva sulla stampigliatura del timbro della società sul modulo di assegno, poiché – anche individuando come soggetto “firmatario” dell’assegno la Po.Pi. costruzioni – sul conto corrente n. 55923 comunque non vi erano fondi sufficienti al pagamento del titolo; per cui la banca non avrebbe potuto considerare “coperto” l’assegno facendo riferimento a un diverso conto corrente della società in effetti contenente disponibilità liquide per circa 40.000,00 EUR.

Obbligazione cambiaria in rappresentanza

Ha quindi opinato che, pure a seguire l’intera argomentazione del Po.Pi., l’assegno avrebbe dovuto in ogni caso essere protestato, anche se contro la società. E le conseguenze di tale protesto in termini di revoche, di richieste di rientro, di blocco degli affidamenti bancari, di rifiuto dei fornitori, di congelamento dei crediti della società nei confronti di terzi e via seguitando, si sarebbero egualmente verificate.

Po.Pi. ha proposto ricorso contro la citata sentenza, affidandosi a quattro motivi illustrati da memoria.

La BN. ha replicato con controricorso, esso pure illustrato da memoria.

Gli altri intimati non hanno svolto difese.

RAGIONI DELLA DECISIONE

I. – Col primo mezzo il ricorrente, denunziando violazione o falsa applicazione degli artt. 1, 11, 14, 15, 62, 63 l. ass. in rapporto alla circolare n. 3512/C del Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato, attuativa dell’art. 3-bis del D.L. n. 381 del 1995, e all’art. 34 del D.Lgs. 30-121999, n. 507, nonché agli artt. 1176, 1218 e 2043 cod. civ., assume che la Corte d’Appello abbia erroneamente considerato l’assegno in questione come firmato personalmente dal correntista, nonostante che esso recasse in basso a destra, in linea con la dicitura “firma”, in modo chiaro, evidente e inequivoco, sotto la sottoscrizione di Po.Pi., la dicitura “Po.Co. Srl -Via Ve. n. (omissis) – R – (omissis) P (omissis) – Tel. (omissis) – Fax (omissis) – Part. I.V.A. (omissis)”. Pertanto, la sottoscrizione riportata sull’assegno bancario doveva essere indefettibilmente imputata non già alla persona fisica, bensì – in via diretta e immediata – alla società Po.Pi. Costruzioni Srl, della quale egli era all’epoca dei fatti l’amministratore unico. La sentenza d’appello viene così censurata nella parte in cui ha ritenuto che l’assegno bancario recasse giustappunto la firma (non della società, bensì) del Po.Pi. in proprio, con conseguente possibilità di elevare il protesto nei confronti del medesimo per “mancanza di fondi”.

II. – Col secondo mezzo il ricorrente censura la sentenza per violazione o falsa applicazione degli artt. 62 e 63 l. ass. in relazione alle medesime norme e all’art. 2043 cod. civ. A suo dire la sentenza avrebbe ulteriormente errato sotto un duplice profilo: (a) per aver attribuito rilievo, anche in ipotesi di levata di protesto a carico del firmatario dell’assegno quale soggetto differente dal correntista, alla insufficienza di fondi del conto corrente di riferimento, mentre in casi simili, in cui la firma di traenza indichi un nome diverso dal titolare del conto corrente, non v’è ragione (come riconosciuto dalla giurisprudenza) di elevare il protesto a suo nome, né sussiste un interesse a conoscere il nome del titolare del conto su cui l’assegno è tratto, ovvero la sua solvibilità, non essendo egli formalmente obbligato per la relativa somma; (b) per aver omesso di considerare le plurime ed eterogenee sono le voci o causali ai fini del protesto, come racchiuse nella circolare citata a seconda delle diverse ipotesi. Nel caso di levata di protesto a carico del firmatario dell’assegno quale soggetto differente dal correntista, il protesto infatti deve recare la causale “assegno recante una firma di traenza non rispondente al nominativo del correntista ma ad un nominativo diverso”; causale implicante un giudizio di disvalore sociale e commerciale, nei confronti del protestato, decisamente meno grave rispetto a quello implicato dalla mancanza di fondi. Per cui in definitiva l’impugnata sentenza sarebbe da questo punto di vista ulteriormente censurabile in rapporto all’art. 2043 cod. civ., per aver ritenuto che, anche se fosse stato levato protesto nei confronti della società firmataria, comunque il conto corrente di riferimento sarebbe risultato privo di fondi, donde la società sarebbe stata egualmente protestata e le conseguenze sarebbero state le medesime.

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III. – Col terzo motivo è ulteriormente dedotta la nullità della sentenza per motivazione apparente (art. 132 cod. proc. civ.).

Vi sarebbero nella motivazione della sentenza affermazioni tra loro gravemente contraddittorie, poiché da una parte la sentenza, condividendo la tesi dell’impugnante, avrebbe applicato il codice 37 della più volte menzionata circolare n. 3512/C, e così individuato il soggetto firmatario nella società Po.Co., soggetto diverso dal correntista; dall’altra invece avrebbe trascurato e disapplicato il medesimo codice 37 a proposito della fattispecie afferente (“assegno recante una firma di traenza non rispondente al nominativo del correntista ma ad un nominativo diverso”), così implicitamente ritenendo applicabile la causale “insufficienza o mancanza di fondi”.

IV. – Infine nel quarto motivo è menzionata la necessità di cassare la sentenza, ai sensi dell’art. 336 cod. proc. civ., sulle parti dipendenti.

V. – I primi tre motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente.

Di contro il quarto non costituisce un motivo a sé, ma unicamente una sollecitazione ad applicare la norma processuale sull’effetto espansivo della cassazione.

I primi tre motivi sono fondati nel senso che segue.

VI. – Questa Corte ha da tempo chiarito che l’assunzione di un’obbligazione cartolare “in nome altrui”, anche in caso di rappresentanza organica di una società, suppone l’opposizione della sottoscrizione con l’indicazione della qualità, ancorché senza l’uso di formule sacramentali e con le sole modalità idonee a rendere evidente ai terzi l’avvenuta assunzione dell’obbligazione per conto di altri.

L’esempio che per lo più si considera emblematico di tale assunzione è esattamente confacente con quanto nella specie accertato dalla corte bolognese.

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Si tratta cioè della collocazione della firma cambiaria sotto il timbro di una società, giacché di solito ciò è sufficiente a rivelare la volontà del sottoscrittore di impegnarsi non in proprio ma in rappresentanza di quella (v. Cass. Sez. 1 n. 4763-93, Cass. Sez. 1 n. 10388-12, Cass. Sez. 6-1 n. 307020).

VII. – In questa sede l’insegnamento non può che essere ribadito.

Va affermato il principio per cui sono requisiti per la valida assunzione di una obbligazione cambiaria in nome altrui, ai sensi dell’art. 11 l. ass., sia l’esistenza di una procura o di un potere ex lege, sia l’apposizione della sottoscrizione con l’indicazione della qualità, ancorché senza l’uso di formule sacramentali e con le sole modalità idonee a rendere evidente ai terzi l’avvenuta assunzione dell’obbligazione per conto di altri, come nel caso di collocazione della firma cambiaria sotto il timbro di una società, sufficiente a rivelare la volontà del sottoscrittore di impegnarsi in rappresentanza dell’ente; con la conseguenza che a questo ultimo deve rivolgersi il beneficiario del titolo, salva l’eccezione, proponibile soltanto dal rappresentato, del difetto o eccesso di rappresentanza del sottoscrittore.

VIII. – Nella concreta fattispecie, la Corte d’Appello ha mostrato di ritenere acquisito il fatto che l’assegno era stato emesso con firma del Po.Pi. sotto il timbro della società, nell’esatta specificazione indicata dal ricorrente.

Che tale circostanza non fosse accompagnata dall’indicazione del medesimo come “amministratore” (come sottolineato dalla banca nel controricorso) non è decisivo. Niente toglie, in vero, alla rilevanza del fatto, poiché la Corte d’Appello non ha escluso, e anzi in apparenza ha dato per ammesso, di poter individuare essa stessa, come firmatario dell’assegno, il Po.Pi. in quanto amministratore della società.

Ne deriva che è errato l’intero argomentare dell’impugnata sentenza.

A fronte di un assegno emesso in nome della società, mai il protesto in questione si sarebbe potuto considerare legittimo.

È vero che l’assegno era stato tratto, per quel che dalla sentenza si apprende, su un conto corrente del Po.Pi. persona fisica.

Non è men vero però che questa Corte più volte ha avuto modo di considerare che, ove la firma di traenza indichi un nome diverso dal titolare del conto corrente, tale che non sia in alcun modo possibile ingenerare nella banca trattaria il dubbio dell’apparente riferibilità dell’assegno al predetto titolare, non vi è ragione di elevare il protesto a suo nome, giacché è sufficiente, al fine di conservare l’azione di regresso contro gli obbligati, che il protesto sia levato a nome di colui che risulta aver emesso l’assegno (cfr. Cass. Sez. 1 n. 18083-16).

Obbligazione cambiaria in rappresentanza

È stato altresì precisato che in questa prospettiva non v’è neppure l’interesse a conoscere il nome del titolare del conto su cui l’assegno è tratto, né la sua solvibilità, in quanto non in lui, ma nel soggetto al quale riferire il titolo, è da individuare colui che si è obbligato per la relativa somma (cfr. Cass. Sez. 1 n. 16617-10, Cass. Sez. 1 n. 6006-03).

Pertanto, accertata la circostanza della firma dell’assegno sotto il timbro della società, ha errato la Corte d’Appello nel ritenere legittimo il protesto nei confronti del ricorrente persona fisica per “mancanza totale o parziale di fondi”.

IX. – Né la soluzione fatta propria dalla sentenza è minimamente sostenibile in forza del collaterale assunto di presunta identità di conseguenze della insufficiente giacenza di fondi sul conto sul quale (per errore) l’assegno era stato tratto.

Non ci vuol molto per evidenziare che le conseguenze non sono affatto uguali, visto che il protesto in sé non può (e non deve) essere elevato contro il correntista quando il modulo sia stato sottoscritto – quale che sia il conto -in nome di un soggetto diverso da lui.

Ne deriva che la sentenza va cassata in accoglimento dei primi tre motivi.

Segue il rinvio alla medesima Corte d’Appello, in diversa composizione, per nuovo esame.

La Corte d’Appello si uniformerà al principio sopra esposto e provvederà anche sulle spese del giudizio svoltosi in questa sede di legittimità.

Obbligazione cambiaria in rappresentanza

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla Corte d’Appello di Bologna anche per le spese del giudizio di cassazione.

Deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile, addì 10 settembre 2024.

Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2024.

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