Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|26 settembre 2024| n. 25747.
Garanzia per i vizi della cosa venduta ed onere della prova
In materia di garanzia per i vizi della cosa venduta di cui all’articolo 1490 del codice civile, il compratore che esercita le azioni di risoluzione del contratto o di riduzione del prezzo di cui all’articolo 1492 del codice civile è gravato dell’onere di offrire la prova dell’esistenza dei vizi, anche in applicazione del principio di vicinitas della prova.
Ordinanza|26 settembre 2024| n. 25747. Garanzia per i vizi della cosa venduta ed onere della prova
Data udienza 17 settembre 2024
Integrale
Tag/parola chiave: VENDITA – Oggetto della vendita – Autovettura – Garanzia per i vizi – Risoluzione contratto – Prova a carico del compratore – Sussiste. (Cc, articoli 1490 e 1492)
REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente
Dott. VARRONE Luca – Consigliere
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere
Dott. TRAPUZZANO Cesare – Rel. Consigliere
Dott. GRASSO Gianluca – Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 11193-2023) proposto da:
Ri.Ma. (C.F.: (Omissis)) e Za.Ma. (C.F.: (Omissis)), rappresentati e difesi, giusta procura in calce al ricorso e all’istanza ex art. 380-bis, secondo comma, c.p.c. depositata il 24 aprile 2024, dagli Avv.ti Vi.Me. e Gi.Al., elettivamente domiciliati in Roma, via Em.Dè., presso lo studio dell’Avv. Al.Mo.;
– ricorrenti –
contro
AU.Ze. Srl (P.IVA: (Omissis)), in persona del suo legale rappresentante pro – tempore, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso, dall’Avv. Di.Ma., elettivamente domiciliata in Roma, via De.Ba., presso lo studio dell’Avv. Fr.Pa.;
– controricorrente –
avverso la sentenza del Tribunale di Crotone n. 227-2023, pubblicata il 25 marzo 2023, asseritamente notificata il 28 marzo 2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17 settembre 2024 dal Consigliere relatore Cesare Trapuzzano;
vista l’opposizione tempestivamente spiegata dai ricorrenti avverso la proposta di definizione anticipata del giudizio ex art. 380-bis c.p.c.;
letta la memoria illustrativa depositata nell’interesse dei ricorrenti, ai sensi dell’art. 380-bis.1. c.p.c.
Garanzia per i vizi della cosa venduta ed onere della prova
FATTI DI CAUSA
1. – Con atto di citazione notificato il 28 settembre 2017, Ri.Ma. e Za.Ma. convenivano, davanti al Giudice di Pace di Crotone, l’AU.Ze. Srl per sentire accertare l’esistenza dei vizi sull’autovettura Audi A1 Sport Back 1400 TDI, da questi acquistata il 17 giugno 2015 per la somma di Euro 22.500,00, e conseguentemente per sentire dichiarare la responsabilità della venditrice, con la sua condanna al risarcimento del danno, quantificato in Euro 5.000,00, o – in subordine – alla riduzione del prezzo nella misura del medesimo importo.
Si costituiva in giudizio la AU.Ze. Srl, la quale concludeva per il rigetto delle domande avversarie, siccome infondate in fatto e in diritto.
Nel corso del giudizio era assunta la prova orale ammessa.
Quindi, il Giudice di Pace adito, con sentenza n. 821-2021, depositata il 29 dicembre 2021, accoglieva la domanda di riduzione del prezzo della autovettura acquistata, nella misura di Euro 5.000,00.
2. – La AU.Ze. Srl proponeva appello avverso la pronuncia di primo grado, lamentando: 1) l’intervenuta decadenza dal diritto di garanzia per i vizi e la conseguente prescrizione; 2) l’erronea valutazione dei fatti, poiché dalle risultanze istruttorie acquisite emergeva che l’autovettura acquistata non fosse affetta da alcun vizio idoneo a diminuirne in modo apprezzabile il valore; 3) in subordine, l’erronea quantificazione della riduzione del prezzo, ove fosse stato ravvisato un difetto del bene acquistato.
Si costituivano nel giudizio di impugnazione Ri.Ma. e Za.Ma., i quali chiedevano il rigetto dell’appello proposto e la conferma della sentenza impugnata.
Decidendo sul gravame interposto, il Tribunale di Crotone, con la sentenza di cui in epigrafe, accoglieva l’appello e, per l’effetto, in totale riforma della pronuncia impugnata, rigettava le domande di risarcimento dei danni o, in subordine, di riduzione del prezzo, proposte a garanzia dei vizi dell’autovettura acquistata, e condannava parte appellata alla restituzione, in favore di parte appellante, della somma corrisposta in esecuzione della sentenza di primo grado, liquidando le spese di lite nella somma unitaria, per entrambi i gradi di giudizio, di Euro 2.543,00, oltre spese e accessori.
Garanzia per i vizi della cosa venduta ed onere della prova
A sostegno dell’adottata pronuncia il Tribunale rilevava per quanto di interesse in questa sede: a) che, in tema di compravendita, sarebbero ricorsi i vizi redibitori solo allorché nella cosa venduta fossero sussistite imperfezioni concernenti il processo di produzione, di fabbricazione e di formazione, tali da rendere la cosa inidonea all’uso cui doveva essere destinata o che ne avessero diminuito in modo apprezzabile il valore, incombendo sull’acquirente l’onere di offrire la prova dell’esistenza di siffatti vizi; b) che, nel caso in esame, il lamentato rumore inusuale in frenata, anche a voler ammettere che costituisse un difetto di produzione, di fabbricazione e di formazione dell’automobile – cosa di cui era lecito dubitare, stante che, dagli accertamenti compiuti dall’Audi, il rumore in questione era stato riscontrato anche su un veicolo comparativo – non aveva determinato alcuna difformità del veicolo dai parametri costruttivi prescritti dalla casa automobilistica; c) che, infatti, l’impianto dei freni era perfettamente funzionante e il rumore lamentato poteva essere considerato normale per le condizioni in cui si manifestava, ossia in caso di estrema tensione per l’asse posteriore e il sistema frenante; d) che, pertanto, dalle risultanze istruttorie era dato ricavare che, quand’anche il dedotto rumore fosse stato qualificato come vizio, esso comunque non aveva diminuito in modo apprezzabile il valore economico dell’automobile, atteso che non si manifestava ordinariamente ad ogni utilizzo del sistema frenante, bensì solo quando l’asse posteriore e l’impianto frenante avessero subito una speciale sollecitazione, ossia in ipotesi saltuarie nell’ambito di una normale circolazione, circostanza non confutata dalla parte appellata, che si era limitata ad allegare, peraltro piuttosto genericamente, che l’automobile era affetta da un rumore inusuale in frenata nel ciclo urbano; e) che a diverse conclusioni non poteva pervenirsi neanche argomentando in ordine al comportamento extraprocessuale tenuto dalla società appellante, posto che non era stato provato che questa avesse mai operato alcun riconoscimento espresso dei vizi, poiché la circostanza che l’Audi avesse eseguito qualche controllo tecnico – in occasione di uno dei quali aveva provveduto alla sostituzione di alcuni pezzi, quali i porta pinza posteriori e le pastiglie dei freni posteriori – non valeva a configurare un riconoscimento tacito per facta concludentia, dal momento che la società aveva chiarito espressamente che avrebbe svolto le predette lavorazioni “da un punto puramente commerciale e non tecnico”, sicché la prefata condotta – più orientata ad assecondare e fidelizzare il cliente che non a risolvere un problema esistente – non poteva costituire un’inequivoca ammissione della sussistenza dei vizi ed una altrettanto inequivoca accettazione delle obbligazioni conseguenti; f) che, per l’effetto, poiché il rumore indicato si manifestava occasionalmente, in circostanze eccezionali, il difetto non incideva in modo apprezzabile sul valore economico del bene acquistato, con la conseguente infondatezza della domanda di riduzione del prezzo; g) che, nel caso di riforma in tutto o in parte della sentenza impugnata, doveva procedersi d’ufficio, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, ad un nuovo regolamento delle spese processuali, il cui onere doveva essere attribuito e ripartito tenendo presente l’esito complessivo della lite, poiché la valutazione della soccombenza operava, ai fini della liquidazione delle spese, in base ad un criterio unitario e globale; h) che, in conseguenza, parte appellata doveva essere condannata al pagamento delle spese processuali di entrambi i gradi di giudizio, nei confronti di parte appellante, alla stregua dei parametri di cui al D.M. n. 55-2014, così come aggiornati dal D.M. n. 147-2022, tenuto conto del valore della controversia, del mancato espletamento di attività istruttoria nel giudizio d’appello e dell’assenza di questioni di fatto e di diritto.
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3. – Avverso la sentenza d’appello hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, Ri.Ma. e Za.Ma.
Ha resistito, con controricorso, l’intimata AU.Ze. Srl
4. – All’esito, è stata formulata proposta di definizione del giudizio del 18 marzo 2024, depositata il 19 marzo 2024, accettata il 20 marzo 2024, comunicata il 20 marzo 2024, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., alla stregua della ritenuta manifesta infondatezza del ricorso.
Con atto depositato il 24 aprile 2024, Ri.Ma. e Za.Ma. hanno spiegato opposizione avverso la proposta di definizione anticipata del giudizio.
5. – I ricorrenti hanno depositato memoria illustrativa.
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RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Preliminarmente si rileva che, nonostante non sia stata depositata la copia autentica della sentenza impugnata, munita della relata di notificazione (asseritamente avvenuta il 28 marzo 2023), ai sensi dell’art. 369, secondo comma, n. 2, c.p.c., il ricorso di legittimità è ugualmente procedibile, atteso che la notifica di tale ricorso è avvenuta – il 15 maggio 2023 – entro il termine breve di 60 giorni dalla pubblicazione della pronuncia – avvenuta il 25 marzo 2023 – (Cass. Sez. 6, Ordinanza n. 15832 del 07-06-2021; Sez. 6-3, Ordinanza n. 11386 del 30-04-2019; Sez. 6-3, Sentenza n. 17066 del 10-07-2013).
2. – Tanto premesso, con il primo motivo articolato i ricorrenti denunciano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., l’omessa o insufficiente motivazione, quale omesso esame di un fatto decisivo del giudizio, nonché la violazione dell’art. 111, sesto comma, Cost., e l’error in procedendo per manifesta e irriducibile contraddittorietà della motivazione, per avere il Tribunale valutato le risultanze probatorie acquisite nel giudizio di prime cure in modo parziale e non nella loro interezza.
2.1. – Il motivo è infondato.
2.1.1. – Ora, la sentenza impugnata, al fine di giungere al rigetto della domanda, ha prospettato, nell’ordine, i seguenti rilievi: a) che il lamentato rumore inusuale in frenata non costituiva un difetto di produzione, di fabbricazione o di formazione dell’automobile, dal momento che, in esito agli accertamenti compiuti da Audi, detto rumore era stato riscontrato anche su un veicolo comparativo; b) che dalle risultanze probatorie in atti si evinceva che il veicolo in questione era conforme ai parametri costruttivi della casa automobilistica, stante che, nello specifico, l’impianto dei freni era perfettamente funzionante e il rumore lamentato poteva essere considerato normale per le condizioni in cui si manifestava, ossia nel caso di estrema tensione per l’asse posteriore e il sistema frenante; c) che, per l’effetto, detto rumore, quand’anche avesse potuto essere qualificato come un vizio, non poteva diminuire in modo apprezzabile il valore economico dell’automobile, atteso che non si manifestava ordinariamente ad ogni utilizzo del sistema frenante, bensì solo quando l’asse posteriore e l’impianto frenante avessero subito una speciale sollecitazione e, dunque, in ipotesi saltuarie nell’ambito di una normale circolazione; d) che, peraltro, non era dimostrato che la AU.Ze. avesse mai riconosciuto i vizi dedotti, posto che i controlli tecnici effettuati – in occasione di uno dei quali aveva provveduto alla sostituzione di alcuni pezzi (porta pinza posteriori e pastiglie dei freni posteriori) – non valevano a configurare un riconoscimento tacito per facta concludentia, avendo la società chiarito espressamente che avrebbe svolto le predette lavorazioni da un punto di vista puramente commerciale e non tecnico, ossia solo per assecondare e fidelizzare il cliente e non già per risolvere un problema ritenuto esistente.
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A fronte della predetta ricostruzione, effettuata sulla scorta della valorizzazione di tutte prove raccolte nel giudizio davanti al Giudice di Pace, la censura articolata si traduce, in sostanza, in una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito, preclusa in questa sede (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 32505 del 22-11-2023; Sez. 1, Ordinanza n. 5987 del 04-03-2021; Sez. U, Sentenza n. 34476 del 27-12-2019; Sez. 6-5, Ordinanza n. 9097 del 07-04-2017; Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07-04-2014), e non già nell’omissione di un fatto specifico.
Infatti, ogni circostanza storico-naturalistica risulta valutata, con puntuale riguardo al rumore (cigolio) lamentato al momento dell’azionamento del sistema frenante e alle sue cause (anche dopo l’intervento eseguito), rientrante nelle caratteristiche proprie del modello di autovettura acquistata, senza alcuna incidenza sull’idoneità all’uso del veicolo e sul suo valore, sicché la censura si appunta precipuamente avverso gli esiti di tale valutazione.
2.1.2. – Si rammenta, in proposito, che – in base all’argomentata ricostruzione del Tribunale – dalle risultanze acquisite emergeva che l’impianto dei freni era perfettamente funzionante, in quanto conforme alle prescrizioni della casa automobilistica, e il rumore lamentato doveva essere considerato normale, in ragione delle condizioni nelle quali si manifestava, ossia nel caso di estrema tensione per l’asse posteriore e il sistema frenante.
Per l’effetto, si rileva in questa sede che, affinché possa riscontrarsi un vizio redibitorio, ai sensi dell’art. 1490, primo comma, c.c., il difetto deve essere ponderato in funzione della sua capacità di rendere la cosa inidonea all’uso cui era destinata o di diminuirne in modo apprezzabile il valore, secondo un apprezzamento di fatto riservato al giudice del merito, alla stregua di una disciplina speciale completa, non integrabile con il principio generale della non scarsa importanza dell’inadempimento rilevante ex art. 1455 c.c. (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 26402 del 23-05-2023; Sez. 2, Ordinanza n. 24317 del 05-08-2022; Sez. 2, Ordinanza n. 19802 del 22-09-2020; Sez. 2, Sentenza n. 17138 del 26-08-2015; Sez. 2, Sentenza n. 22415 del 29-11-2004; Sez. 2, Sentenza n. 1153 del 01-02-1995; Sez. 3, Sentenza n. 2188 del 06-05-1978; Sez. 3, Sentenza n. 3362 del 09-10-1976; contra Cass. Sez. 2, Sentenza n. 21949 del 25-09-2013; Sez. 2, Sentenza n. 914 del 15-02-1986).
Con la conseguenza che, ove il difetto non renda la cosa inadatta all’uso per il quale essa è stata acquistata ovvero non ne riduca in modo consistente il valore, l’actio quanti minoris (e così la risoluzione) ex art. 1492, primo comma, c.c. non spetta.
Garanzia per i vizi della cosa venduta ed onere della prova
Pertanto, la garanzia per i vizi postula che nella cosa venduta sussistano imperfezioni concernenti il processo di produzione, di fabbricazione e di formazione, che rendano la cosa inidonea all’uso al quale è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore, non ricorrendone, per converso, i presupposti allorché vi siano imperfezioni che non interessino la natura della cosa compravenduta (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 26402 del 13-09-2023; Sez. 2, Sentenza n. 1424 del 12-02-1994; Sez. 2, Sentenza n. 4980 del 19-07-1983), come è stato accertato, con valutazione logica e congrua, nel caso in disputa.
2.1.3. – E d’altronde – una volta escluso che il rumore contestato e appurato incidesse sull’idoneità all’uso del mezzo – sarebbe stato onere degli acquirenti dimostrare che vi fosse stato un vizio tale da incidere in modo apprezzabile sul valore dell’autovettura acquistata (con la precisa indicazione della percentuale di riduzione di detto valore).
E tanto perché, in tema di compravendita, l’obbligo di garanzia per vizi della cosa venduta dà luogo ad una responsabilità speciale interamente disciplinata dalle norme sulla vendita, che pone il venditore in situazione non tanto di obbligazione, quanto di soggezione, esponendolo all’iniziativa del compratore, intesa alla modificazione del contratto od alla sua caducazione mediante l’esperimento, rispettivamente, della actio quanti minoris o della actio redhibitoria. Ne consegue che, essendo dette azioni fondate sul solo dato obiettivo dell’esistenza di vizi, indipendentemente da ogni giudizio di colpevolezza, l’onere della relativa prova grava sul compratore, non trovando applicazione i principi relativi all’inesatto adempimento nelle ordinarie azioni di risoluzione e risarcimento danno (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 19529 del 16-07-2024; Sez. 2, Ordinanza n. 8775 del 03-04-2024; Sez. 2, Sentenza n. 3581 del 08-02-2024; Sez. 2, Sentenza n. 14895 del 29-05-2023; Sez. 2, Ordinanza n. 14109 del 23-05-2023; Sez. 2, Ordinanza n. 8451 del 24-03-2023; Sez. 2, Ordinanza n. 33612 del 15-11-2022; Sez. 2, Ordinanza n. 22979 del 22-07-2022; Sez. 2, Ordinanza n. 9960 del 28-03-2022; Sez. 2, Ordinanza n. 1218 del 17-01-2022; Sez. 6-2, Ordinanza n. 34636 del 16-11-2021; Sez. 2, Sentenza n. 21258 del 05-10-2020; Sez. 2, Ordinanza n. 16073 del 28-07-2020; Sez. 2, Sentenza n. 8199 del 27-04-2020; Sez. U, Sentenza n. 11748 del 03-05-2019).
Garanzia per i vizi della cosa venduta ed onere della prova
3. – Con il secondo motivo svolto i ricorrenti lamentano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., l’omessa o insufficiente motivazione, quale omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, con decisione ultra petitum, per avere il Tribunale escluso che ricorresse un riconoscimento tacito del vizio da parte di AU.Ze. negli interventi effettuati sull’autovettura, affermando altresì che l’onere della prova dei vizi ricadesse sull’acquirente, anziché sul venditore l’onere della prova della mancanza dei difetti, senza che nell’atto di appello l’Audi avesse mai contestato l’esistenza dei vizi (avendo piuttosto insistito nell’affermazione della decadenza dalla loro denuncia, ai sensi dell’art. 1495 c.c.).
3.1. – Il motivo è infondato.
3.1.1. – Il Tribunale ha dato contezza delle ragioni per le quali il comportamento del venditore – il quale, in seguito alla denuncia, anche non formale, dei vizi di funzionamento, si era prestato, con propri tecnici, alla revisione o alla riparazione dei difetti lamentati – non potesse essere interpretato, nella valutazione complessiva del contegno dei contraenti, come un riconoscimento dei difetti della cosa venduta, avendo, infatti, precisato che le predette lavorazioni erano state eseguite su un piano puramente commerciale e non tecnico, ossia solo per assecondare e fidelizzare il cliente e non già per risolvere un problema ritenuto esistente.
Il giudice di merito ha, dunque, escluso che tale condotta costituisse un’inequivoca ammissione della sussistenza dei vizi ed una altrettanto inequivoca accettazione delle obbligazioni conseguenti, valutazione, questa, demandata al giudice di merito e non sindacabile in questa sede (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5597 del 17-04-2001; Sez. 2, Sentenza n. 4464 del 20-05-1997; Sez. 2, Sentenza n. 587 del 30-01-1990; Sez. 3, Sentenza n. 68 del 15-01-1969; Sez. 3, Sentenza n. 2229 del 13-08-1966).
3.1.2. – Inoltre – contrariamente all’assunto dei ricorrenti -, a fronte della reiterata negazione dei vizi anche nell’atto introduttivo dell’appello, la dimostrazione della loro ricorrenza ricadeva sull’acquirente, come già esposto scrutinando la prima doglianza.
Infatti, in materia di garanzia per i vizi della cosa venduta di cui all’art. 1490 c.c., il compratore che esercita le azioni di risoluzione del contratto o di riduzione del prezzo di cui all’art. 1492 c.c. è gravato dell’onere di offrire la prova dell’esistenza dei vizi, anche in applicazione del principio di vicinitas della prova.
4. – Con il terzo motivo proposto i ricorrenti prospettano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 4 del D.M. n. 55-2014, come aggiornato dal D.M. n. 147-2022, con la contraddittorietà tra parte motiva e dispositiva, per avere il Tribunale, dopo avere evidenziato il mancato espletamento di attività istruttoria nel giudizio d’appello e l’assenza di questioni di fatto e di diritto, disposto la condanna alla refusione delle spese di lite, tenendo conto della fase relativa all’istruzione del giudizio, e tralasciato di applicare la prevista riduzione in assenza di questioni di fatto e di diritto, con la conseguente errata quantificazione di tali spese.
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4.1. – Il motivo è infondato.
4.1.1. – Si premette che il giudice d’appello, allorché riformi in tutto o in parte la sentenza impugnata, deve procedere d’ufficio, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, ad un nuovo regolamento delle spese processuali, il cui onere va attribuito e ripartito tenendo presente l’esito complessivo della lite poiché la valutazione della soccombenza opera, ai fini della liquidazione delle spese, in base ad un criterio unitario e globale (Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 27056 del 06-10-2021; Sez. 3, Ordinanza n. 9064 del 12-04-2018; Sez. L, Sentenza n. 11423 del 01-06-2016; Sez. 6-L, Ordinanza n. 6259 del 18-03-2014).
4.1.2. – Senonché nessuna violazione dei parametri sulla liquidazione delle spese di lite è stata perpetrata, poiché la quantificazione di tali spese è avvenuta in via globale e unitaria per entrambi i gradi di giudizio, tenendo conto della sola attività istruttoria espletata nel giudizio di prime cure.
Segnatamente, facendo applicazione dei parametri medi aggiornati dal D.M. n. 147-2022, come specificato dalla motivazione della sentenza impugnata, si perviene alla seguente quantificazione, attenendosi allo scaglione compreso tra Euro 1.100,01 ed Euro 5.200,00 (posto che il valore della causa ammontava pacificamente ad Euro 5.000,00, come dichiarato dagli stessi ricorrenti): A) per il giudizio di primo grado davanti al Giudice di Pace: 1) fase di studio della controversia Euro 236,00; 2) fase introduttiva del giudizio Euro 252,00; 3) fase istruttoria e-o di trattazione Euro 352,00; 4) fase decisionale Euro 425,00; B) per il giudizio d’appello davanti al Tribunale: 1) fase introduttiva del giudizio Euro 425,00; 2) fase decisionale Euro 851,00; escluso alcun compenso per la fase di studio e di trattazione nel giudizio di gravame; per un totale di Euro 2.541,00 (sostanzialmente corrispondente all’importo liquidato).
4.1.3. – Ancora, si evidenzia che l’irregolarità consistente nella liquidazione delle spese senza distinzione fra il giudizio di primo e di secondo grado, non ha rilevanza quando non si contesti alcuna violazione specifica di voci di tariffe e siano state tenute distinte le spese, da un lato, e i compensi, dall’altro (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 463 del 28-02-1964).
4.1.4. – Né sotto il profilo dell’interesse ad agire i soccombenti avrebbero potuto lamentarsi di tale liquidazione globale delle spese di entrambi i gradi di giudizio, senza una specifica deduzione dello sforamento dei massimi consentiti, essendo semmai interesse della parte vittoriosa ottenere una doppia liquidazione per ciascun grado di giudizio.
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5. – In definitiva, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese e compensi di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, con distrazione a vantaggio del difensore della controricorrente che ne ha fatto istanza, quale distrattario, ai sensi dell’art. 93 c.p.c.
Poiché, all’esito dell’opposizione alla proposta di definizione anticipata del giudizio, ai sensi dell’art. 380-bis, ultimo comma, c.p.c., il giudizio è stato definito in conformità alla proposta, deve essere applicato l’art. 96, terzo e quarto comma, c.p.c., con la conseguente condanna ulteriore dei ricorrenti soccombenti al pagamento, in favore della controparte, di una somma equitativamente determinata nonché, in favore della cassa delle ammende, di una somma di denaro non inferiore ad Euro 500,00 e non superiore ad Euro 5.000,00, somme che si liquidano come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione
rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, alla refusione, in favore della controricorrente, delle spese di lite, che liquida in complessivi Euro 2.075,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge, con distrazione a vantaggio del suo difensore; condanna altresì i ricorrenti, in solido, al pagamento, in favore della controricorrente, della somma equitativamente determinata in Euro 1.500,00 e al pagamento, in favore della cassa delle ammende, della somma di Euro 1.500,00.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Garanzia per i vizi della cosa venduta ed onere della prova
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, in data 17 settembre 2024.
Depositato in Cancelleria il 26 settembre 2024
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