Liquidazione dell’indennità per acquisizione sanante

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|26 settembre 2024| n. 25707.

Liquidazione dell’indennità per acquisizione sanante

In tema di liquidazione dell’indennità per acquisizione sanante, ai sensi dell’art. 42-bis del d.P.R. n. 327 del 2001, il valore venale del bene va determinato senza considerare quello dell’opera pubblica realizzata dalla P.A., ma tenendo conto della destinazione urbanistica al momento dell’acquisizione, dell’area oggetto del procedimento ablatorio, poiché essa connota le attuali caratteristiche giuridiche, in particolare di edificabilità, del bene stesso. dalla premessa deriva la illegittimità della determinazione basata sul criterio del cd. costo di trasformazione, che, pur epurata la stima dal valore dell’opera pubblica realizzata, consideri le caratteristiche di una sottozona diversa da quella propria del bene al momento dell’acquisizione (recante un indice di edificabilità inferiore a quello effettivo), attribuendo così allo stesso un valore diverso da quello venale effettivo.

 

Ordinanza|26 settembre 2024| n. 25707. Liquidazione dell’indennità per acquisizione sanante

Data udienza 19 giugno 2024

Integrale

Tag/parola chiave: Espropriazione per pubblico interesse (o utilita’) – In genere indennizzo ex art. 42 – Bis del d.p.r. n. 327 del 2001 – Valore venale del bene – Determinazione – Criteri – Fondamento – Conseguenze.

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ABETE Luigi – Presidente

Dott. VAROTTI Luciano – Consigliere

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere

Dott. REGGIANI Eleonora – Consigliere Rel.

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso R.G. n. 36688/2018

promosso da

De.Su., in proprio e quale amministratrice di sostegno di De.Or., De.Vi. (in atti anche De.Vi.), Me.Gi., (più altri omessi), elettivamente domiciliati in Roma, via Po.10. presso il dott. Fa.Tr., rappresentati e difesi dall’avv. Ca.Ca. in virtù di procure speciali in atti;

– ricorrenti –

contro

Comune di Villa San Pietro – c.f. 00492250923 – in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in Cagliari, via Lu.5., presso lo studio dell’avv. Pi.Co., che lo rappresenta e difende in virtù di procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

proposto avverso l’ordinanza della Corte d’appello di Cagliari n. 2498/2018, pubblicata il 09/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/06/2024 dal Consigliere Eleonora Reggiani;

letti gli atti del procedimento in epigrafe;

Liquidazione dell’indennità per acquisizione sanante

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. gli attuali ricorrenti, comproprietari iure hereditatis di un terreno sito nel territorio del Comune di V, distinto al Catasto Terreni al foglio (omissis) mappale (omissis) (ex 204), proponevano opposizione avverso l’indennizzo determinato nel decreto di acquisizione sanante n. 1 del 19/12/2013, emesso dal Responsabile dell’Ufficio per le espropriazioni del Comune, giusta deliberazione del Consiglio comunale n. 21 del 16 dicembre 2013.

I ricorrenti lamentavano che il valore venale del bene espropriato, così come calcolato in seguito alla stima del tecnico incaricato, fosse inferiore a quello di mercato.

L’area era stata occupata dal Comune nel 1985 per la realizzazione di alloggi economici e popolari, ultimati nel 1987 a seguito dell’approvazione definitiva del piano di zona, effettuata con Delibera di Giunta Municipale del 12/12/1985. Il vincolo era successivamente decaduto, a seguito del decorso del termine di validità predeterminato dall’art. 51 L. n. 457 del 1978, senza che fosse stato adottato alcun decreto di esproprio. Solo in seguito alla proposizione del ricorso al giudice amministrativo da parte dei soggetti espropriati (dichiarato perento con decreto n. 108/2019), nel 2013 l’ente locale aveva disposto l’acquisizione dell’immobile ai sensi e per gli effetti dell’art. 42 bis D.P.R. n. 327 del 2001.

Liquidazione dell’indennità per acquisizione sanante

Secondo i ricorrenti, l’indennità, quantificata utilizzando il metodo induttivo, era stata erroneamente determinata, senza tenere conto della destinazione urbanistica attuale al momento dell’acquisizione (zona omogenea C, sottozona C01), già urbanizzata e edificata, sottostimando, inoltre, il valore commerciale della volumetria edificata e sovrastimando i costi di fabbricazione e le spese relative.

Per questo, i proprietari del terreno chiedevano alla Corte d’appello di procedere alla corretta determinazione dell’indennità anche con riferimento al risarcimento per il periodo di occupazione senza titolo di cui all’art. 42 bis, comma 3, D.P.R. n. 327 del 2001.

Nel contraddittorio con il Comune, veniva disposta CTU e, assunti chiarimenti dall’ausiliario, la Corte d’appello di Cagliari, con l’ordinanza in questa sede impugnata, determinava l’indennizzo complessivo spettante ai ricorrenti alla data dell’acquisizione sanante (19/12/2013) nella misura di Euro 185.523,89, disponendo il deposito della somma presso la Cassa Depositi e Prestiti, condannando altresì il Comune alla rifusione delle spese di lite e suddividendo le spese di CTU tra le parti.

Il Giudice del merito, intervenendo sulla valutazione del bene operata dal CTU, applicava un correttivo al parametro “costo di fabbricazione” dell’immobile, pari ad una maggiorazione del 5% in ragione della tipologia abitativa realizzata (edilizia bifamiliare o plurifamiliare con meno di tre piani). In relazione agli indici di edificabilità del terreno, invece, applicava, in adesione alla scelta del CTU, gli indici che caratterizzavano la sottozona C1, destinata a nuova espansione residenziale non ancora interessata da alcun atto di progettazione urbanistica, sebbene secondo la attuale destinazione urbanistica l’area fosse classificata dallo strumento urbanistico quale zona omogenea C, sottozona C01 (area già urbanizzata e edificata). Pur richiamando la pronuncia della Corte costituzionale n. 71 del 30/04/2015, che aveva stabilito la necessità di valutare il valore venale del bene espropriato al momento dell’acquisizione sanante, la Corte di merito riteneva di dover considerare il valore del bene prima della realizzazione dell’opera pubblica, escludendo così la rilevanza della concreta edificazione dell’area presente al momento dell’acquisizione sanante.

Liquidazione dell’indennità per acquisizione sanante

La stessa Corte liquidava, poi, l’indennizzo per il pregiudizio non patrimoniale e quello spettante per il periodo di occupazione illegittima, computando, però, solo gli ultimi cinque anni.

Avverso detta sentenza, i ricorrenti hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi.

Il Comune di Villa San Pietro si è difeso con controricorso.

I ricorrenti hanno depositato memoria difensiva.

Liquidazione dell’indennità per acquisizione sanante

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione, ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., dell’art. 42 bis D.P.R. n. 327 del 2001, poiché la Corte d’appello, pur riconoscendo che la stima dovesse essere effettuata tenendo conto del valore venale del bene alla data di adozione del decreto di acquisizione sanante, non ha considerato la destinazione urbanistica dell’area interessata in quella data (zona omogenea C, sottozona C.01, con un indice di edificabilità pari ad 1 mc/mq), ma ha equiparato la destinazione di detta area a quella di un terreno ancora da lottizzare, avente destinazione urbanistica C1 (con un indice di fabbricabilità pari a 0,8 mc/mq), così riducendo la volumetria teoricamente edificabile – e dunque il valore del fondo – sul presupposto che occorreva avere riguardo al valore attuale dell’immobile, come pure stabilito dalla Corte costituzionale (Corte. cost., Sentenza n. 71 del 30/04/2015), ma senza considerare l’opera pubblica o d’interesse pubblico realizzata.

In subordine i ricorrenti hanno sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 42 bis D.P.R. n. 327 del 2001, ritenendo che, qualora si interpretasse la norma nel senso che l’indennità di occupazione sanante debba essere concessa in base al valore venale del bene al momento dell’occupazione, si opererebbe una soluzione interpretativa in contrasto con gli artt. 3, 42 e 97 Cost., in quanto si introdurrebbe un criterio di stima in violazione del principio di eguaglianza, di ragionevolezza e di tutela della proprietà privata, nonché dei principi affermati dalla CEDU in materia.

Liquidazione dell’indennità per acquisizione sanante

Con il secondo motivo di ricorso è dedotta la violazione dell’art. 101, comma 2, Cost. e dell’art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale, per avere la Corte d’appello correttamente interpretato l’art. 42 bis D.P.R. n. 327 del 2001, affermando la necessità di valutare il valore del fondo oggetto di acquisizione sanante al presente, per poi disapplicare tale principio, nella parte in cui ha parametrato l’indennità di acquisizione sanante al valore del bene prima della realizzazione dell’opera pubblica, ritenendo irrilevante il fatto che l’area fosse edificata al momento dell’adozione del provvedimento di acquisizione sanante.

Con il terzo motivo di ricorso è dedotta la violazione dell’art. 42 bis D.P.R. n. 327 del 2001, degli artt. 2935 e 2946 c.c. e dell’art. 20 Legge n. 865 del 1971 in connessione con l’art. 101, comma 2, Cost. e dell’art. 113 c.p.c., in quanto, alla luce del carattere unitario dell’indennizzo ex art. 42 bis D.P.R. cit., volto a remunerare le diverse voci di pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale per il periodo di occupazione legittima ed il risarcimento del danno per il periodo di occupazione senza titolo, deve ritenersi illegittima la ritenuta prescrizione del credito per il periodo antecedente il 2008. Ad avviso dei ricorrenti, dal carattere unitario dell’indennizzo da atto lecito deriva l’improponibilità di domande separate, l’applicabilità del termine di prescrizione decennale ai sensi dell’art. 2946 c.c. e la decorrenza di detto termine, ai sensi dell’art. 2935 c.c., dal momento in cui il diritto può essere fatto valere, e cioè dal momento dell’adozione, ad opera dell’Amministrazione, del provvedimento di acquisizione sanante.

Con il quarto motivo di ricorso è dedotta la violazione degli artt. 113, 115 e 384 c.p.c., in combinato disposto con l’art. 101, comma 2, Cost., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., per avere la Corte di Appello applicato impropriamente il principio di non contestazione all’errata interpretazione delle norme sulla prescrizione, essendo tale principio riservato ai fatti storici, mentre per le norme vale il principio iura novit curia.

Liquidazione dell’indennità per acquisizione sanante

Con il quinto motivo di ricorso è dedotta la violazione degli artt. 112 c.p.c. e dell’art. 702 bis c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., in connessione all’art. 2938 c.c., quest’ultimo in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per avere la Corte d’appello dichiarato d’ufficio l’intervenuta prescrizione in assenza della proposizione di eccezione di parte.

2. Il primo motivo di ricorso è fondato.

2.1. Com’è noto, il comma 1 dell’art. 42 bis D.P.R. n. 327 del 2001, stabilisce che “1. Valutati gli interessi in conflitto, l’autorità che utilizza un bene immobile per scopi di interesse pubblico, modificato in assenza di un valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità, può disporre che esso sia acquisito, non retroattivamente, al suo patrimonio indisponibile e che al proprietario sia corrisposto un indennizzo per il pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale, quest’ultimo forfetariamente liquidato nella misura del dieci per cento del valore venale del bene.”

Il successivo comma 3 dell’articolo appena menzionato precisa, poi, che “3. Salvi i casi in cui la legge disponga altrimenti, l’indennizzo per il pregiudizio patrimoniale di cui al comma 1 è determinato in misura corrispondente al valore venale del bene utilizzato per scopi di pubblica utilità e, se l’occupazione riguarda un terreno edificabile, sulla base delle disposizioni dell’articolo 37, commi 3, 4, 5, 6 e 7. Per il periodo di occupazione senza titolo è computato a titolo risarcitorio, se dagli atti del procedimento non risulta la prova di una diversa entità del danno, l’interesse del cinque per cento annuo sul valore determinato ai sensi del presente comma.”

2.2. Non vi è dubbio che, ai fini dell’indennizzo ex art. 42 bis D.P.R. n. 327 del 2001, il valore venale del bene oggetto del provvedimento di acquisizione sanante debba essere determinato con riferimento alla data di adozione del provvedimento acquisitivo, volto a ripristinare, ma solo con effetto ex nunc, la legalità amministrativa violata (Cass., Sez. 1, n. 8163 del 26/03/2024), come pure si evince dalla sentenza della Corte costituzionale n. 71/2015.

Liquidazione dell’indennità per acquisizione sanante

Questa Corte ha, poi, precisato che, comunque, non deve computarsi il valore dell’opera pubblica che sullo stesso bene sia stata, anche solo parzialmente, realizzata dalla P.A. (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 9871 del 13/04/2023; Cass., Sez. 1, n. 15822 del 06/06/2024).

2.3. Tale soluzione interpretativa non è nella specie contestata, non essendo l’impugnazione proposta contro la determinazione del valore del bene oggetto dell’acquisizione sanante secondo il criterio del cd. costo di trasformazione, ovvero individuando la differenza tra il valore del prodotto commerciale finito (ricavo conseguente alla vendita del fabbricato immobiliare) ed i costi ed i ricavi imputabili alla sua realizzazione (p. 11 e ss. dell’ordinanza impugnata).

La censura si incentra sulla attribuzione all’area in questione di un indice di fabbricabilità diverso da quello corrispondente alla destinazione urbanistica attuale della stessa, in considerazione del fatto che “È vero che a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 71 del 30.4.2015 è oramai chiarito che l’indennità per l’acquisizione sanante ex art. 42 bis D.P.R. n. 327/2001 deve essere valutata secondo il valore venale del bene al momento dell’acquisizione sanante stessa, ma tuttavia deve ritenersi che occorre avere riguardo al valore del bene ante realizzazione dell’opera pubblica e pare pertanto irrilevante il fatto che alla data del decreto impugnato il terreno fosse edificato.”

2.4. La censura è fondata, poiché il valore attuale del bene, da determinarsi – si ribadisce – senza considerare l’incidenza su di esso della realizzazione dell’opera pubblica, è stato dalla Corte d’appello già ottenuto applicando il criterio del costo di trasformazione sopra menzionato, sicché non trova alcuna ragione l’ulteriore aggiustamento operato con l’applicazione di un indice di fabbricabilità diverso da quello reale, che è in contrasto con il disposto dell’art. 42 bis D.P.R. n. 327 del 2001, nella parte in cui stabilisce che si deve tenere conto del valore del bene al momento dell’acquisizione.

Liquidazione dell’indennità per acquisizione sanante

La destinazione urbanistica di un bene ne connota le caratteristiche giuridiche, in particolare di edificabilità, sicché l’attribuzione di caratteristiche di una sottozona diversa da quella attuale al momento dell’acquisizione significa non attribuire il valore attuale del bene dello stesso.

3. L’accoglimento del primo motivo di ricorso rende superfluo l’esame del secondo, da ritenersi assorbito.

4. Per ragioni di ordine logico-sistematico, occorre esaminare il quinto motivo di ricorso, che si rivela fondato.

4.1. Nel determinare gli ulteriori indennizzi previsti dall’art. 42 bis D.P.R. n. 327 del 2001, la Corte d’appello ha statuito come segue: “La Corte utilizza per detta determinazione i parametri di cui alla relazione del geom. Me.Gu. del 10.12.2013 prodotta quale doc. n. 6 dal Comune di Villa San Pietro e posta a fondamento del provvedimento di acquisizione sanante e che non è stata sul punto contestata dai ricorrenti che si sono limitati nell’atto introduttivo del presente giudizio a censurare esclusivamente il valore venale del bene. Ai ricorrenti devono pertanto essere riconosciuti:… l’indennizzo a titolo risarcitorio per il periodo di occupazione senza titolo (30.11.2008/30/11/2013) pari all’importo corrispondente all’interesse del 5% annuo sul valore venale determinato; pertanto, considerato l’intervallo di tempo di 5 anni, detto importo risulta pari a Euro 32.001,38.”.

4.2. I ricorrenti hanno dedotto che la Corte d’appello ha implicitamente ritenuto prescritto il diritto all’indennizzo per il periodo di occupazione illegittima precedente al 30/11/2008, perché ha liquidato tale indennizzo solo considerando gli ultimi cinque anni di occupazione, sebbene detta occupazione avesse avuto inizio molto tempo prima, senza che il Comune avesse formulato alcuna eccezione di prescrizione.

Liquidazione dell’indennità per acquisizione sanante

Il controricorrente ha dedotto che la Corte d’appello, lungi dal rilevare d’ufficio la prescrizione non sollevata dal Comune di Villa San Pietro, ha correttamente applicato il principio di cui all’art. 115 c.p.c., secondo cui il giudice deve porre a fondamento della decisione i fatti non specificamente contestati dalla parte costituita. Nel caso di specie, infatti, gli odierni ricorrenti non avevano contestato il calcolo della misura degli indennizzi dovuti ai sensi dell’art. 42 bis, terzo e quinto comma, D.P.R. n. 327 del 2001, posto a fondamento del decreto di acquisizione sanante del Comune, avendo agito solo al fine di evidenziare l’erroneità del calcolo del valore venale del bene. Anche al CTU non era stato dato l’incarico di determinare l’indennità corrispondente al risarcimento del danno da occupazione illegittima, sicché, la doglianza doveva ritenersi inammissibile in sede di legittimità, poiché aveva ad oggetto una valutazione di merito al momento della stima non contestata nel giudizio di merito, sottratta al giudizio di legittimità della Corte.

4.3. Deve subito rilevarsi che nessun rilievo assume il quest’ultimo riferimento ai fatti non contestati, operato dal Comune controricorrente, poiché la questione, come proposta, non attiene alla prova dei fatti dedotti nel processo, ma alla delimitazione della materia del contendere e all’onere di allegazione e di eccezione delle parti nel giudizio volto alla determinazione giudiziale dell’indennità spettante per l’acquisizione sanante.

L’eccezione di inammissibilità del motivo, formulata dal Comune, è dunque infondata.

4.4. Occorre, in proposito, precisare che non è controverso che il Comune non abbia formulato nessuna eccezione di prescrizione del diritto all’indennizzo corrispondente al risarcimento del danno per indebita occupazione.

Neppure è controverso che gli attuali ricorrenti, nel proporre l’azione per la corretta determinazione dell’indennità spettante, non abbiano fatto alcun espresso riferimento alla questione della prescrizione dell’indennità di occupazione.

Nella formulazione delle conclusioni, riportate nell’ordinanza impugnata, i ricorrenti hanno semplicemente chiesto che si procedesse alla determinazione giudiziale dell’indennità spettante “… con ogni conseguenza di legge anche con riferimento al risarcimento per il periodo di occupazione senza titolo di cui al comma 3 dello stesso art. 42 bis D.P.R. 327/2001”, in via principale, con condanna del Comune al pagamento, ovvero, in subordine, con il deposito delle somme come sopra determinate, ivi compreso quanto dovuto a titolo di risarcimento per il periodo di occupazione senza titolo di cui al comma 3 dell’art. 42 bis D.P.R. cit. (p. 2-3 dell’ordinanza impugnata e p. 19-20 del ricorso per cassazione).

Liquidazione dell’indennità per acquisizione sanante

A prescindere dalle ragioni poste a fondamento dell’azione, volta alla determinazione, la richiesta di liquidazione dell’indennità corrispondente al risarcimento del danno per illegittima occupazione non trova, dunque, alcun limite se non quello derivante dal richiamo della norma che lo prevede, la quale, come sopra evidenziato, statuisce come segue: “Per il periodo di occupazione senza titolo è computato a titolo risarcitorio, se dagli atti del procedimento non risulta la prova di una diversa entità del danno, l’interesse del cinque per cento annuo sul valore determinato ai sensi del presente comma”.

4.5. Occorre tenere presente che, con riferimento al giudizio di opposizione alla stima dell’indennità di esproprio, questa Corte ha più volte precisato che deve escludersi che tale giudizio si configuri come un mezzo d’impugnazione dell’atto amministrativo di determinazione dell’indennità, poiché non si esaurisce nel mero controllo delle determinazioni adottate in sede amministrativa, ma è diretto a stabilire il quantum dell’indennità effettivamente dovuto, nel quale il giudice compie la valutazione in piena autonomia, ovviamente nei limiti della domanda formulata (Cass., Sez. 6-1, Ordinanza n. 24355 del 05/08/2022). Ovviamente, il giudice deve anche tenere conto delle eccezioni formulate in giudizio secondo le regole che disciplinano la natura dell’eccezione e lo specifico procedimento.

Tale connotazione si attaglia anche al giudizio promosso a seguito della determinazione dell’indennità per acquisizione sanante, che pure è ricondotta nell’ambito operativo dell’art. 54 D.P.R. n. 327 del 2001 (cfr. in generale Cass., Sez. 1, Sentenza n. 35287 del 18/12/2023).

4.6. Nella specie, dunque, con la domanda formulata, i ricorrenti hanno chiesto determinarsi l’indennità ad essi spettante, ove la stima del valore venale si riverbera anche sugli importi spettanti per l’occupazione illegittima, senza che risulti alcuna limitazione all’accertamento demandato al giudice, che non sia quella derivante dal tenore del richiamato art. 42 bis, comma 3, D.P.R. n. 327 del 2001.

La limitazione temporale della liquidazione dell’indennità corrispondente al risarcimento del danno da illegittima occupazione, in presenza di una occupazione durata un tempo maggiore, avrebbe pertanto potuto operare solo a fronte di un’eccezione di prescrizione sollevata dalla parte interessata nel presente giudizio – trattandosi di eccezione in senso stretto, non rilevabile d’ufficio (Cass., Sez. L, Sentenza n. 16326 del 13/07/2009) – che nella specie è incontestato non sia stata formulata.

4.7. L’ordinanza impugnata deve, pertanto, essere cassata nella parte in cui ha determinato l’indennità corrispondente al risarcimento del danno da occupazione illegittima con riguardo solo agli ultimi cinque anni che hanno preceduto l’adozione del provvedimento di acquisizione, poiché in assenza dell’eccezione di prescrizione, la liquidazione deve essere operata a partire da quando risulta avere inizio l’occupazione illegittima, in base ad un accertamento in fatto che va rimesso al giudice di merito.

Liquidazione dell’indennità per acquisizione sanante

5. L’accoglimento del quinto motivo di ricorso rende superfluo l’esame del terzo e del quarto motivo, da ritenersi assorbiti.

6. In conclusione, il primo e il quinto motivo di ricorso vanno accolti, assorbiti gli altri, in applicazione dei seguenti principi:

“In tema di liquidazione dell’indennità spettante per acquisizione sanante ai sensi dell’art. 42 bis D.P.R. n. 327 del 2001, il valore venale del bene va determinato senza considerare quello dell’opera pubblica realizzata dalla P.A., ma tenendo conto della destinazione urbanistica al momento dell’acquisizione, poiché la tale destinazione connota le attuali caratteristiche giuridiche, in particolare di edificabilità, del bene stesso, sicché è illegittima la determinazione dell’indennità in questione quando, utilizzato il criterio del cd. costo di trasformazione per epurare la stima dal valore dell’opera pubblica realizzata, vengano, poi, considerate le caratteristiche di una sottozona diversa da quella propria del bene al momento dell’acquisizione (recante un indice di edificabilità inferiore a quello effettivo), perché ciò significa attribuire al bene un valore diverso dall’effettivo valore venale.”

“Il giudizio di determinazione giudiziale dell’indennità spettante per acquisizione sanante ai sensi dell’art. 42 bis D.P.R. n. 327 del 2001 non è un giudizio d’impugnazione dell’atto amministrativo con cui è stata determinata l’indennità, poiché non si esaurisce nel mero controllo delle determinazioni adottate in sede amministrativa, ma è diretto a stabilire il quantum effettivamente dovuto, nel quale il giudice compie la valutazione in piena autonomia, ovviamente nei limiti delle domande e delle eccezioni ritualmente formulate dalle parti, sicché, ove il privato richieda la corretta determinazione del valore del bene e la liquidazione dell’indennità corrispondente al risarcimento del danno da illegittima occupazione, ai sensi dell’art. 42 bis, comma 3, D.P.R. n. 327 del 2001, e l’Amministrazione non eccepisca la prescrizione del credito vantato, la determinazione dell’importo dovuto deve effettuata tenendo conto dell’indennità spettante a partire dal momento in cui risulti avere avuto inizio l’occupazione illegittima”.

La sentenza impugnata deve conseguentemente essere cassata con rinvio alla Corte di appello di Cagliari, in diversa composizione, chiamata a statuire anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

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P.Q.M.

La Corte

accoglie il primo e il quinto motivo di ricorso, nei termini di cui in motivazione, e, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Cagliari, in diversa composizione, anche per la statuizione sulle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 19 giugno 2024.

Depositato in Cancelleria il 26 settembre 2024.

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