Interpretazione contratto ed il procedimento di qualificazione

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|27 settembre 2024| n. 25863.

Interpretazione contratto ed il procedimento di qualificazione giuridica

In tema di interpretazione del contratto, il procedimento di qualificazione giuridica consta di due fasi, delle quali la prima – consistente nella ricerca e nella individuazione della comune volontà dei contraenti – è un tipico accertamento di fatto riservato al giudice di merito, sindacabile in sede di legittimità solo per vizi di motivazione in relazione ai canoni di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. cod. civ., mentre la seconda – concernente l’inquadramento della comune volontà nello schema legale corrispondente – risolvendosi nell’applicazione di norme giuridiche – può formare oggetto di verifica e riscontro in sede di legittimità sia per quanto attiene alla descrizione del modello tipico della fattispecie legale, sia per quanto riguarda la rilevanza qualificante degli elementi di fatto così come accertati, sia infine con riferimento alla individuazione delle implicazioni effettuali conseguenti alla sussistenza della fattispecie concreta nel paradigma normativo.

 

Ordinanza|27 settembre 2024| n. 25863. Interpretazione contratto ed il procedimento di qualificazione giuridica

Data udienza 28 marzo 2024

Integrale

Tag/parola chiave: Contratto – Interpretazione – Procedimento di qualificazione negoziale – Fasi dell’operazione – Individuazione della comune volontà dei contraenti – Inquadramento nella fattispecie legale – Sindacato di legittimità – Ambito – Limiti – Fattispecie relativa a controversia insorta in tema di leasing

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Presidente

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere

Dott. MOSCARINI Anna – Relatore

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 12806/2021 R.G. proposto da:

Da.Gi., rappresentato e difeso dall’avvocato MA.BE. (Omissis) e dall’avvocato GR.GU. (Omissis) ed elettivamente domiciliato presso lo studio del primo in ROMA VI.DI., (Omissis)

– ricorrente –

contro

IL.CO. Srl, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato RI.SE. (Omissis) e dall’avvocato CO.DA. (Omissis) ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in ROMA VIA LU.CA., pec: Se.Or., Av.Be.;

– controricorrente –

avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di BRESCIA n. 276/2021 depositata il 09/03/2021;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/03/2024 dal Consigliere Dott.ssa ANNA MOSCARINI.

Interpretazione contratto ed il procedimento di qualificazione giuridica

RILEVATO CHE

In data 17/11/2007 tra la società Il.Le. Spa e la società Ba. Scavi Srl venne stipulato un contratto di leasing mediante il quale la prima ebbe ad acquistare dalla società Li.Au. Srl un autocarro Renault Kerax per essere consegnato alla seconda quale utilizzatrice del bene mobile registrato;

a seguito di inadempimento da parte della utilizzatrice Ba. Scavi Srl alle proprie obbligazioni di pagamento dei canoni mensili di leasing la concedente, dichiarando di avvalersi della clausola risolutiva espressa, risolse il contratto, cui seguì la restituzione dell’automezzo al finanziatore e la messa a disposizione del fornitore; quindi la concedente convenne in giudizio davanti al Tribunale di Bergamo la Li.Au. e il suo legale rappresentante sig. Da.Gi. per sentirli condannare in suo favore al pagamento della somma di Euro 41.000,00, attivando la clausola n. 3 del contratto in base alla quale la Li.Au. aveva assunto l’obbligo di rimborsare alla società di leasing il prezzo di vendita del bene ridotto della percentuale del 20% per ciascun anno o frazione dello stesso in relazione al tempo che fosse trascorso tra la consegna del bene dal fornitore all’utilizzatore e la risoluzione del contratto di vendita; che in ogni caso la riduzione non avrebbe superato il 50% del prezzo di vendita; che la società utilizzatrice aveva assunto in solido con il sottoscrittore del leasing la garanzia per l’ipotesi di inadempimento delle obbligazioni nascenti dal contratto; che il contratto era stato risolto in forza di clausola risolutiva espressa per inadempimento della utilizzatrice all’obbligazione del pagamento dei canoni;

i convenuti contestarono la domanda chiedendo, previa declaratoria di nullità delle clausole di cui all’art. 3 e 7 del contratto, il rigetto della stessa, avendo loro sottoscritto l’ordine di acquisto in buona fede ed espresso la propria volontà di non assumere alcun obbligo di riacquisto né alcuna garanzia;

il Tribunale, istruita la causa con deposito di documenti e prove testimoniali, accolse la domanda modificando solo il quantum debeatur per effetto della decurtazione della somma di Euro 21.000,00 ricavata nelle more dalla vendita dell’autocarro;

la Corte d’Appello di Brescia, con sentenza pubblicata in data 9/3/2021 e notificata in data 19/3/2021, ha rigettato il gravame;

avverso la suindicata sentenza della corte di merito il Da.Gi. e la società Li.Au. Srl propongono ora ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi, illustrati da memoria;

resiste Co. Srl (già Le. Spa) con controricorso, illustrato da memoria.

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CONSIDERATO CHE

Con il primo motivo – violazione delle norme sulla giurisdizione, competenza e nullità della sentenza o del procedimento; violazione degli artt. 158 c.p.c. e dell’art. 2, comma 15 L. n. 57/2016 i ricorrenti lamentano la nullità della sentenza per vizio di costituzione del giudice d’appello, per la presenza nel collegio giudicante di un giudice ausiliario;

il motivo e privo di fondamento, attesa la sopravvenienza della sentenza della Corte Costituzionale n. 41 del 17.03.2021, che ha ritenuto sussistente la denunciata illegittimità costituzionale degli articoli da 62 a 72 del D.L. n. 69 del 2013, come convertito, nella parte in cui non prevedono che essi si applichino fino al completamento del riordino del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria nei tempi contemplati dall’art. 32 del D.Lgs. n. 116 del 2017, così riconoscendo a tale normativa – per l’incidenza dei concorrenti valori di rango costituzionale – “una temporanea tollerabilità costituzionale, rispetto all’evocato parametro dell’art. 106, primo e secondo comma, Cost. In tale periodo rimane – anche con riguardo ai giudizi a quibus – legittima la costituzione dei collegi delle corti d’appello con la partecipazione di non più di un giudice ausiliario a collegio e nel rispetto di tutte le altre disposizioni, sopra richiamate, che garantiscono l’indipendenza e la terzietà anche di questo magistrato onorario”;

pertanto, la costituzione del giudice d’appello con l’ausiliario che fu relatore si deve considerare legittima e si deve ritenere insussistente il vizio ai sensi dell’art. 158 c.p.c.;

con il secondo motivo – violazione o falsa applicazione dell’art. 1341 c.c. con riguardo all’art. 360, n. 3 c.p.c. – i ricorrenti impugnano il capo di sentenza ove la clausola di cui all’art. 3 del contratto (qualificata come “patto di retrovendita”) e la clausola di cui all’art. 7 (clausola di assunzione della responsabilità da parte della società venditrice del bene) risultano indicate come non vessatorie, lamentando che le medesime erano volte a configurare una garanzia di tipo personale (fideiussione) dal fornitore alla utilizzatrice del bene e, in quanto tale, avrebbero dovuto costituire oggetto di una espressa negoziazione tra le parti; e comunque, in quanto vessatorie avrebbero dovuto essere approvate specificamente per iscritto;

Interpretazione contratto ed il procedimento di qualificazione giuridica

lamentano che l’affermazione della corte di merito secondo cui e legittima la clausola prevedente la possibilità per la concedente di ottenere dal venditore il rimborso di una parte del prezzo si scontra con quanto previsto testualmente dall’art. 1, co. 138, L. n. 124 del 4/8/2017 secondo cui “in caso di risoluzione del contratto di Le. per inadempimento dell’utilizzatore, la concedente ha diritto ad ottenere la restituzione del bene mentre la concedente ha l’obbligo di corrispondere all’utilizzatore l’importo ricavato dalla vendita o da altra collocazione del bene effettuata a valori di mercato, dedotte le somme pari all’ammontare dei canoni scaduti e non pagati fino alla data della risoluzione, dei canoni a scadere, etc.”

il motivo è inammissibile perché è volto a sindacare l’apprezzamento di fatto svolto dalla corte del merito circa la conoscibilità delle clausole e circa la loro qualificazione quale “patto di retrovendita”; quanto alla conoscibilità delle clausole la corte del merito ha ritenuto che, potendo l’onere della conoscibilità non ritenersi assolto quando le condizioni non siano chiare e non conoscibili neppure con l’ordinaria diligenza, nel caso di specie le condizioni di non conoscibilità non erano state neanche allegate, statuizione questa neppure censurata in questa sede; quanto alla qualificazione del patto di retrovendita la corte del merito ha affermato: “Il patto di riacquisto è un contratto preliminare di retrovendita condizionato alla risoluzione del contratto di Le., producendo effetti meramente obbligatori. Affinché sorga l’obbligo del fornitore di pagare il prezzo è necessario che la società concedente abbia la disponibilità materiale dei beni da retrocedere. L’appellata ha messo a disposizione il bene degli appellanti, già concesso a Le. e recuperato, per come non è controverso tra le parti senza che questi ultimi abbiano inteso procedere a riceverselo e a pagare il prezzo convenuto con conseguente loro inadempimento; occorre valutare la causa concreta del contratto, per sindacare la quale in cassazione è necessario prospettare la violazione dei criteri di interpretazione del contratto; non avendo i ricorrenti prospettato la violazione delle norme sull’interpretazione del contratto non possono sindacare la qualificazione che il giudice del merito ha dato al contratto, all’esito della ricostruzione della volontà delle parti;

occorre dare continuità al consolidato indirizzo di questa Corte secondo cui (Cass., 3, n. 15603 del 4/6/2021): “In tema di interpretazione del contratto, il procedimento di qualificazione giuridica consta di due fasi, delle quali la prima – consistente nella ricerca e nella individuazione della comune volontà dei contraenti – è un tipico accertamento di fatto riservato al giudice di merito, sindacabile in sede di legittimità solo per vizi di motivazione in relazione ai canoni di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., mentre la seconda – concernente l’inquadramento della comune volontà nello schema legale corrispondente – risolvendosi nell’applicazione di norme giuridiche – può formare oggetto di verifica e riscontro in sede di legittimità sia per quanto attiene alla descrizione del modello tipico della fattispecie legale, sia per quanto riguarda la rilevanza qualificante degli elementi di fatto così come accertati, sia infine con riferimento alla individuazione delle implicazioni effettuali conseguenti alla sussistenza della fattispecie concreta nel paradigma normativo (vedi anche Cass., 1, n. 29111 del 5/12/2017);

Interpretazione contratto ed il procedimento di qualificazione giuridica

con il terzo motivo – violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 n. 3 c.p.c.)- i ricorrenti lamentano che la corte del merito, pur partendo dalla premessa corretta che si tratta di una quaestio voluntatis non ha interpretato la clausola di cui all’art. 3 quale fideiussione ma quale obbligo di retrovendita e, sostanzialmente, senza neppure indicare in modo autosufficiente quali criteri di interpretazione del contratto siano stati violati, prospetta una diversa e più appagante interpretazione e conseguente qualificazione del contratto;

il motivo è inammissibile, risultando formulato in violazione del requisito a pena d’inammissibilità prescritto all’art. 366, 1 co. n. 6, c.p.c.; né i ricorrenti ottemperano all’onere di indicare le disposizioni asseritamente violate e in qual modo le affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le disposizioni regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita (Cass., L, n. 26513 del 20/11/2020; Cass., L, n. 7684 del 16/3/2023); peraltro la violazione dell’art. 1362 c.c. non è stata mai sollevata prima sicché il motivo, sotto questo profilo, è inammissibile anche per novità;

con il quarto motivo – violazione e falsa applicazione degli artt. 1175 e 1227 c.c. e art. 1, co. 138 L. 124/2017 – censurano la sentenza sostenendo che la società di Le. avrebbe venduto il bene già oggetto di Le. in favore di terzi al di sotto del prezzo di mercato;

anche questa è una censura inammissibile perché si basa su una disposizione – l’art. 1 comma 138 L. n. 124 del 4 agosto 2017 – che non è applicabile ratione temporis al caso di specie (Cass., S. U. 28/1/2021 n. 2061, Cass., n. 13039 del 26/4/2022);

conclusivamente il ricorso va rigettato e i ricorrenti condannati al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.

Interpretazione contratto ed il procedimento di qualificazione giuridica

Qualità della vita

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna i ricorrenti al pagamento, in solido, delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 5.200,00, di cui euro 5.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge in favore della controricorrente.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile del 28 marzo 2024.

Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2024.

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