Reato di omessa presentazione delle denunce obbligatorie di cui all’articolo 37 della legge 24 novembre 1989 n. 689

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|24 febbraio 2021| n. 7145.

Ai fini della configurabilità del reato di omessa presentazione delle denunce obbligatorie di cui all’articolo 37 della legge 24 novembre 1989 n. 689 è necessario che la condotta sia posta in essere con il dolo specifico di non versare in tutto o in parte i contributi previdenziali o assistenziali, non essendo sufficienti né il dolo generico, né il dolo eventuale (la Corte ha annullato con rinvio la sentenza che aveva ravvisato il dolo specifico desumendolo solo dalla totale omissione delle denunce per un breve arco temporale, senza però dare atto e considerare, a supporto della finalità specifica di evasione contributiva, circostanze fattuali emergenti in atti e contrastanti con tale finalità, costituite dalla concomitante sottoposizione della società a una procedura di concordato preventivo, con conseguente immediata rilevabilità delle violazioni degli obblighi di versamento, nonché dalla brevità della protrazione dell’inadempimento, pari a tre mesi, e dall’immediata prossimità di tale fatto alla dichiarazione di fallimento).

Sentenza|24 febbraio 2021| n. 7145

Data udienza 18 gennaio 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Contributi previdenziali – Omessa presentazione delle denunce Inps – Non fa scattare il reato – Dimostrazione del dolo specifico di non voler pagare i contributi

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSI Elisabetta – Presidente

Dott. SOCCI Angelo Matteo – Consigliere

Dott. ANDREAZZA Gastone – Consigliere

Dott. GENTILI Andrea – Consigliere

Dott. CORBO Antonio – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
2. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza in data 25/11/2019 della Corte d’appello di Ancona;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Antonio Corbo;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. TOCCI Stefano, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilita’ dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa in data 25 novembre 2019, la Corte di appello di Ancona, in parziale riforma della sentenza pronunciata dal Tribunale di Ancona, ha confermato la dichiarazione di penale responsabilita’ di (OMISSIS) e (OMISSIS) per il reato di omessa presentazione delle denunce obbligatorie L. 24 novembre 1981, n. 689, ex articolo 37, e succ. modific., dal settembre al novembre 2014, ha assolto i medesimi dall’identico reato per i mesi di dicembre 2015 e gennaio 2015, ed ha rideterminato la pena, per ciascuno, in due mesi e dieci giorni di reclusione.
Secondo quanto ricostruito dai giudici di merito, i due precisati imputati, nella qualita’ di soci e liquidatori della societa’ “(OMISSIS) s.r.l.”, avrebbero omesso, nei mesi da settembre a novembre 2014, di presentare le denunce obbligatorie per il versamento dei contributi all’I.N.P.S., con conseguente omesso versamento dei medesimi contributi.
2. Hanno presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello indicata in epigrafe (OMISSIS) e (OMISSIS), con un unico atto a firma dell’avvocato (OMISSIS), articolando tre motivi.
2.1. Con il primo motivo, si denuncia violazione di legge nonche’ vizio di motivazione, a norma dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c), avendo riguardo alla nullita’ della sentenza per difetto di contestazione o, comunque, di correlazione con l’accusa.
Si deduce che il reato di cui alla L. 24 novembre 1981, n. 689, articolo 37, richiede il dolo specifico, rilevando la finalita’ di “non versare in tutto o in parte contributi e premi previsti dalle leggi sulla previdenza e assistenza obbligatorie”, e che, pero’, tale elemento non e’ stato indicato in contestazione. Si evidenzia, in particolare, che, nel capo di imputazione, l’omesso versamento dei contributi e’ stato indicato come conseguenza della condotta e non come finalita’.
2.2. Con il secondo motivo, si denuncia vizio di motivazione, a norma dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), avendo riguardo alla ritenuta sussistenza del dolo specifico.
Si deduce che non e’ spiegato perche’ gli imputati, nello svolgimento dell’incarico di liquidatori della societa’ “(OMISSIS) s.r.l.”, abbiano agito al fine di non pagare i contributi, e che non sono state date risposte alle specifiche censure formulate sul punto con l’atto di appello. Si rappresenta, in particolare, che, nell’atto di appello, si era segnalato che, per gli adempimenti relativi all’elaborazione dei prospetti paga e all’inoltro delle comunicazioni all’I.N.P.S., i ricorrenti avevano investito gli organi della procedura di concordato preventivo cui era sottoposta la societa’, segnatamente l’avvocato (OMISSIS) e la dottoressa Canestrari, e che costoro non avevano effettuato nomine o autorizzato gli imputati ad effettuare nomine di consulenti.
2.3. Con il terzo motivo, si denuncia vizio di motivazione, a norma dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), avendo riguardo alla determinazione della pena, alla mancata conversione della pena detentiva in pena pecuniaria e al mancato riconoscimento della causa di non punibilita’ ex articolo 131 bis c.p..
Si deduce che illegittimamente sono stati esclusi un trattamento piu’ mite e l’applicazione della causa di non punibilita’ della particolare tenuita’ del fatto, perche’ non si e’ considerato come il mancato pagamento dei contributi all’I.N.P.S. sia stato causato, nella sostanza, dall’assenza di risorse economiche e non certo dalle violazioni formali dell’omessa denuncia, e perche’ non sono stati indicati i precedenti ostativi alla operativita’ dell’istituto di cui all’articolo 131 bis c.p..

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi sono fondati nei limiti di seguito precisati.
2. Infondate sono le censure formulate nel primo motivo, e che contestano il difetto di contestazione o, comunque, la mancata correlazione tra accusa e sentenza, per la mancata indicazione, nel capo di accusa, del dolo specifico.
2.1. Sembra utile premettere che, nella specie, non si pone un problema di difetto di correlazione tra accusa e sentenza.
Il vizio appena indicato, infatti, presuppone un mutamento del fatto, ossia una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l’ipotesi astratta prevista dalla legge, tale da configurare un’incertezza sull’oggetto dell’imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa, non desumibile dal confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza, e da escludere quando l’imputato, attraverso l’iter del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all’oggetto dell’imputazione (per questa nozione di difetto di correlazione tra accusa e sentenza, cfr., in special modo, Sez. U, n. 36551 del 15/07/2010. Carelli, Rv. 248051-01, e Sez. U, n. 16 del 19/06/1996, Di Francesco, Rv. 205619-01).
Nella vicenda in esame, pero’, il ricorrente non deduce alcuna modificazione del fatto, bensi’ la mancata contestazione di un ulteriore elemento della fattispecie, quello costituito dal dolo specifico.
2.2. Deve essere escluso, poi, che, nella specie, l’asserito difetto di contestazione si sia tradotto nel vizio di mancata enunciazione, in forma chiara e precisa, del fatto contestato, cosi’ come richiesto a pena di nullita’ dall’articolo 429 c.p.p., comma 1, lettera c), e comma 2.
Costituisce insegnamento ampiamente consolidato quello secondo cui, in tema di citazione a giudizio, non vi e’ incertezza sui fatti descritti nella imputazione quando questa contenga, con adeguata specificita’, i tratti essenziali del fatto di reato contestato, in modo da consentire all’imputato di difendersi (cosi’, tra le tante, Sez. 5, n. 16993 del 02/03/2020, Latini, Rv. 279090-01, e Sez. 2, n. 16817 i del 27/03/2008, Muro, Rv. 239758-01).
Ora, con riferimento al reato di omessa presentazione delle denunce obbligatorie di cui alla L. 24 novembre 1981, n. 689, articolo 37, e succ. modific., la mancata espressa indicazione del dolo specifico nell’imputazione non determina alcuna incertezza sui fatti nella stessa descritti. Invero, il dolo specifico attiene ad un fatto psicologico, che, non dovendo tradursi o manifestarsi in predeterminati accadimenti ulteriori, puo’ essere evocato, senza incertezze e rischi di equivoci o confusione, anche solo attraverso il richiamo alla disposizione incriminatrice, come appunto avvenuto nella vicenda in esame.
Del resto, con riguardo ad un problema analogo, in tema di premeditazione, la giurisprudenza afferma costantemente, che, ai fini della rituale contestazione di tale circostanza, siccome la stessa e’ relativa alla particolare intensita’ del dolo, non occorre che nel capo d’imputazione siano descritti gli elementi di fatto dai quali sarebbe desumibile la sua sussistenza, essendo sufficiente e necessario che ne sia indicato il solo nomen juris (cfr., da ultimo, Sez. 1, n. 41124 del 10/04/2018, Petrianni, Rv. 274356-01).
3. Fondate, invece, sono le censure dedotte nel secondo motivo, e che contestano l’assenza di una valida motivazione circa la sussistenza del dolo specifico.
In linea con quanto si evince dalla lettera della L. 24 novembre 1981, n. 689, articolo 37, comma 1, e succ. modific., la giurisprudenza ha precisato che, ai fini della configurabilita’ del reato di cui alla L. 24 novembre 1981, n. 689, articolo 37, e’ necessario che le condotte siano poste in essere con il dolo specifico di non versare in tutto o in parte i contributi previdenziali o assistenziali, e che, a tal fine, non sono sufficienti ne’ il dolo generico, ne’ il dolo eventuale (cosi’ Sez. 3, n. 48526 del 18/11/2004, Beleggia, Rv. 230487-01, anche in motivazione).
Nella specie, la sentenza impugnata ha affermato la sussistenza, in capo agli imputati, della finalita’ specifica di non provvedere ai pagamenti dei contributi all’I.N.P.S., desumendola dalla totale omissione delle denunce per i mesi da settembre a novembre 2014, e dalle conseguenze di ulteriore aggravio economico a carico della societa’ in caso di adempimento dell’obbligo.
Le circostanze fattuali evidenziate sono pero’ inidonee a dimostrare la finalita’ richiesta dalla legge, perche’ la inferiscono dal mero fatto della consapevolezza dell’inadempimento, senza confrontarsi con le specificita’ del contesto in cui si colloca la condotta. Ed infatti, pur volendo ritenere accertata la consapevolezza dell’omissione, prima di concludere che tale condotta avesse la finalita’ specifica di evasione contributiva, occorreva dare conto dell’irrilevanza di quelle circostanze fattuali potenzialmente contrastanti con questa ricostruzione, presenti nella specie, e costituite dalla concomitante sottoposizione della societa’ ad una procedura di concordato preventivo, con conseguente immediata rilevabilita’ delle violazioni degli obblighi di versamento, nonche’ dalla brevita’ della protrazione dell’inadempimento, pari a tre mesi, e dalla immediata prossimita’ di tale fatto alla dichiarazione di fallimento.
Deve quindi ritenersi che la sentenza impugnata e’ affetta da vizio di motivazione in ordine all’accertamento del dolo specifico richiesto dalla disposizione incriminatrice.
4. Al vizio rilevato segue l’annullamento della sentenza impugnata per la necessita’ di un nuovo giudizio diretto ad accertare, in modo logicamente e giuridicamente corretto, se il fatto sia stato commesso “al fine di non versare in tutto o in parte contributi e premi previsti dalle leggi sulla previdenza e assistenza obbligatorie”.
Nel compiere l’indicato accertamento, il giudice del rinvio procedera’ ad un nuovo apprezzamento degli elementi della fattispecie, eventualmente anche all’esito di ulteriori acquisizioni istruttorie, se ritenute necessarie, evitando di incorrere nei vizi precedentemente segnalati.
Il vizio riscontrato assorbe, allo stato, le questioni poste nel terzo motivo, e concernenti l’applicazione della causa di non punibilita’ di cui all’articolo 131 bis c.p., la determinazione della pena e la conversione della pena detentiva in quella pecuniaria. Si tratta, infatti, di profili che presuppongono come gia’ avvenuto l’accertamento circa la sussistenza del reato e, quindi, anche del dolo specifico.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte d’appello di Perugia.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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