Reato di indebita percezione di erogazioni pubbliche

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|21 marzo 2022| n. 9661.

Il reato di indebita percezione di erogazioni pubbliche, commesso mediante la riscossione di ratei mensili da parte di enti previdenziali diversi (nella specie, la Ragioneria territoriale erogante la pensione di reversibilità di guerra e l’INPS gli assegni di vecchiaia, invalidità civile e inabilità), integra non già un’ipotesi di concorso formale omogeneo ex art. 81, primo comma, cod. pen., bensì un fatto unitario a consumazione frazionata, lesivo del medesimo bene-interesse tutelato (corretta distribuzione delle risorse pubbliche) ed in danno del medesimo soggetto Statuale.

Sentenza|21 marzo 2022| n. 9661. Reato di indebita percezione di erogazioni pubbliche

Data udienza 3 febbraio 2022

Integrale

Tag – parola: REATI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – MALVERSAZIONE ED INDEBITA PERCEZIONE DI EROGAZIONI

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI STEFANO Pierluigi – Presidente

Dott. GIORDANO Emilia Anna – Consigliere

Dott. CALVANESE Ersilia – Consigliere

Dott. APRILE Ercole – Consigliere

Dott. DE AMICIS Gaetano – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 23/03/2021 della Corte di appello di Torino;
visti gli atti, la sentenza impugnata ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Gaetano De Amicis;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Angelilllis Ciro, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilita’ del ricorso;
lette le conclusioni del difensore, Avv. (OMISSIS), che ha chiesto l’accoglimento dei motivi del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 23 marzo 2021 la Corte di appello di Torino, in parziale riforma della sentenza di condanna pronunciata dal Tribunale di Torino il 17 luglio 2020 nei confronti di (OMISSIS) – nei cui confronti veniva irrogata, ritenuto il concorso delle attenuanti generiche, la pena di anni uno e mesi otto di reclusione, oltre alla confisca di denaro, di un immobile in sequestro e di ulteriori beni nella sua disponibilita’ sino alla concorrenza del valore di Euro 207.353,23 – ha concesso al predetto i doppi benefici di legge, con la conferma nel resto della decisione impugnata, che lo riteneva responsabile del reato di cui all’articolo 316-ter c.p. per avere indebitamente percepito gli assegni pensionistici erogati dal Ministero dell’economia come pensione di guerra e dall’I.N.P.S. a titolo di pensione di vecchiaia, pensione di invalidita’ civile e pensione di inabilita’ in favore della zia (OMISSIS) (ratei, questi, che venivano mensilmente erogati con accredito presso un conto corrente cointestato, per il complessivo importo pari alla su indicata somma di denaro, avendo omesso di comunicare l’intervenuto decesso della (OMISSIS), avvenuto in data 29 dicembre 2008).
2. Nell’interesse del predetto imputato ha proposto ricorso per cassazione il difensore di fiducia, deducendo con unico motivo l’erronea qualificazione giuridica del fatto per la violazione degli articoli 81 e 316-ter c.p., oltre ai correlati vizi della motivazione, per avere la sentenza impugnata ritenuto l’unitarieta’ del fatto contestato e non l’ipotesi del concorso formale di reati, sebbene la presenza di due enti distinti (come l’I.N.P.S. e la Ragioneria territoriale), e dunque di due distinte persone offese, avesse determinato una duplice lesione dell’interesse tutelato, con la conseguente configurabilita’ del concorso formale ai sensi dell’articolo 81 c.p., comma 1: aspetto, questo, che avrebbe comportato conseguenze favorevoli ai fini della determinazione del trattamento sanzionatorio, e in particolare dell’applicabilita’ sia dell’attenuante di cui all’articolo 323-bis c.p. che di quella comune prevista dall’articolo 62 c.p., n. 4.
3. Con requisitoria trasmessa alla Cancelleria di questa Suprema Corte in data 18 gennaio 2022 il Procuratore generale ha illustrato le sue conclusioni, chiedendo la declaratoria di inammissibilita’ del ricorso.
4. Con memoria trasmessa alla Cancelleria di questa Suprema Corte in data 26 gennaio 2022 il difensore dell’imputato, Avv. (OMISSIS), ha replicato alle argomentazioni svolte nella requisitoria del Procuratore generale, insistendo nella richiesta di accoglimento dei motivi del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ infondato e va rigettato, poiche’ la Corte distrettuale, richiamata la vicenda storico-fattuale oggetto del tema d’accusa, che il ricorrente non contesta nei termini puntualmente ricostruiti dai Giudici di merito, ha fatto buon governo del principio stabilito da questa Suprema Corte (Sez. 3, n. 6809 del 08/10/2014, dep. 2015, Sauro, Rv. 262549; Sez. 2, n. 48820 del 23/10/2013, Brunialti, Rv. 257431), secondo cui, in tema di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, il momento consumativo del delitto di cui all’articolo 316-ter c.p., nell’ipotesi in cui le erogazioni pubbliche sono conferite in ratei periodici e in tempi diversi, coincide con la cessazione dei pagamenti, perdurando il reato fino a quando non vengono interrotte le riscossioni.
Si tratta, invero, di un reato a consumazione frazionata, con il duplice corollario che esso deve considerarsi integrato in tutti i suoi elementi solo all’esito dell’ultima riscossione da parte dell’agente e che, in caso di erogazioni pubbliche suddivise in piu’ tranches erogate in tempi diversi, il momento consumativo e’ da individuare nella cessazione dei pagamenti, perdurando il reato fino a quando non vengano interrotte le riscossioni. Cio’, evidentemente, sul presupposto che le condotte successive di riscossione, lungi dal connotarsi quale mero post factum irrilevante, consistono nella reiterazione nel tempo della condotta antigiuridica tipica, con il conseguente progressivo aggravamento dell’offesa.
La periodicita’ dell’erogazione, pertanto, si ricollega alla iniziale condotta omissiva da cui origina l’indebita percezione del rateo di pensione, con la conseguente unitarieta’ del fatto di reato anche se le modalita’ di erogazione delle somme via via accreditate e riscosse risultino periodicamente articolate.
Ai fini della valutazione del superamento o meno della soglia di punibilita’, prevista dall’articolo 316-ter c.p., comma 2, occorre tener conto, infatti, della complessiva somma indebitamente percepita dal beneficiario e non di quella allo stesso corrisposta con cadenza periodica, ove le erogazioni conseguano ad una iniziale ed unitaria condotta (Sez. 6, n. 45917 del 23/09/2021, Prigitano, Rv. 282293).
Irrilevante, entro tale prospettiva, deve ritenersi il riferimento dal ricorrente operato alla diversita’ degli enti pubblici dai quali sono stati materialmente erogati i trattamenti pensionistici da lui indebitamente percepiti (il Ministero dell’economia e delle finanze per le pensioni di reversibilita’ di guerra, l’I.N.P.S. per le altre tipologie di emolumenti corrisposti a titolo di trattamento pensionistico), poiche’ la fattispecie incriminatrice di cui all’articolo 316-ter c.p. e’ posta a tutela della libera formazione della volonta’ della Amministrazione pubblica, con riferimento ai flussi di erogazione e distribuzione delle risorse economiche, al fine di impedirne la scorretta attribuzione e l’indebito conseguimento, sanzionando l’obbligo di verita’ delle informazioni e delle notizie offerte dal soggetto che richiede il contributo (Sez. 6, n. 31737 del 25/06/2008, Sposato, Rv. 240978; v., inoltre, Sez. 6, n. 28675 del 17/02/2021, Paglione, Rv. 282176, riguardo alla individuazione dei soggetti sui quali grava l’obbligo della comunicazione del decesso all’ufficiale dello stato civile ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396, articolo 72).
Sotto altro, ma connesso profilo, deve poi rilevarsi come, nel reato di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, persona offesa e’ sempre il soggetto pubblico, sia esso lo Stato, l’Unione Europea, ovvero un ente pubblico, trattandosi di reati posti a tutela della corretta gestione e utilizzazione delle risorse pubbliche destinate a fini di incentivazione economica (Sez. 6, n. 20847 del 21/05/2010, Zappala, Rv. 247390).
Non pertinente, dunque, in ragione della unitarieta’ della condotta e del bene-interesse tutelato dalla fattispecie incriminatrice, oltre che della stessa persona offesa dal reato, deve ritenersi il richiamo dal ricorrente effettuato ad un precedente di questa Suprema Corte (Sez. U, n. 40981 del 22/02/2018, Apolloni, Rv. 273771), secondo cui, in tema di resistenza a pubblico ufficiale, integra un concorso formale di reati, a norma dell’articolo 81 c.p., comma 1, la condotta di chi, nel medesimo contesto fattuale, usa violenza o minaccia per opporsi a piu’ pubblici ufficiali o incaricati di un pubblico servizio mentre compiono un atto del loro ufficio o servizio.
Al riguardo, infatti, le Sezioni Unite hanno chiarito, in una prospettiva del tutto diversa ed affatto assimilabile a quella dal ricorrente evocata, che la fattispecie del concorso formale omogeneo ex articolo 81 c.p., comma 1, si realizza quando il bene tutelato sia leso piu’ volte da un’azione che, sul piano fenomenico, diviene causa di una pluralita’ di lesioni od eventi omogenei.
2. Sulla base di un congruo ed esaustivo apprezzamento di merito, immune, come tale, da vizi logico-giuridici deducibili in questa Sede, la Corte territoriale ha inoltre escluso la configurabilita’ dell’evocata attenuante di cui all’articolo 323-bis c.p. sulla base di una globale valutazione della vicenda storico-fattuale (Sez. 6, n. 8295 del 09/11/2018, dep. 2019, Santimone, Rv. 275091), ponendone in rilievo i tratti di gravita’ sia in ragione del rilevante arco temporale e delle specifiche modalita’ di realizzazione della condotta delittuosa, sia per il fatto che l’indebita percezione ha avuto ad oggetto plurimi trattamenti pensionistici, i cui importi, finanche valutando i singoli ratei indebitamente riscossi, non potevano affatto considerarsi integrativi di un danno patrimoniale di speciale tenuita’.
3. Al rigetto del ricorso consegue, ex articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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