Corte di Cassazione, sezione quinta penale, Sentenza 5 febbraio 2019, n. 5719.
La massima estrapolata:
È configurabile il reato di autoriciclaggio anche in caso di bonifici infragruppo, assegni a garanzia di finanziamenti e pagamento di ratei di mutuo, qualora essi attingano a provviste di origine illecita.
Sentenza 5 febbraio 2019, n. 5719
Data udienza 11 dicembre 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SETTEMBRE Antonio – Presidente
Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere
Dott. TUDINO Alessandri – Consigliere
Dott. SCORDAMAGLIA Irene – rel. Consigliere
Dott. RICCARDI Giuseppe – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 27/07/2018 del TRIB. LIBERTA’ di REGGIO CALABRIA;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. IRENE SCORDAMAGLIA;
lette/sentite le conclusioni del PG GIOVANNI DI LEO;
Il Proc. Gen. conclude per l’annullamento con rinvio, limitatamente al reato associativo. Rigetto nel resto.
udito il difensore:
il difensore presente si riporta ai motivi e chiede l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza impugnata il Tribunale del riesame di Reggio Calabria ha confermato l’ordinanza – in data 6 giugno 2018 – del Giudice delle Indagini Preliminari dello stesso Tribunale che aveva applicato a (OMISSIS) la misura cautelare personale della custodia in carcere in relazione alle contestazioni preliminari e provvisorie relative ai delitti di cui all’articolo 416 c.p. (capo A); articolo 110 c.p. e L. Fall., articolo 216, articolo 223, comma 1, articoli 219 e 236 (capi B, C); articolo 110 c.p. e L. Fall., articolo 223, comma 2, n. 1. in relazione all’articolo 2621 c.c. (capi D, E, F); articoli 110 e 648-ter-1 c.p. (capi G,H,I), per avere: 1) promosso un sodalizio criminale costituito allo scopo di realizzare un numero indeterminato di delitti contro il patrimonio e l’economia – segnatamente specificamente organizzato, con apposita predisposizione di strutture e suddivisione di compiti tra gli associati, allo scopo di acquisire compagini imprenditoriali in crisi, per lo piu’ operanti nel settore dell’erogazione di servizi sanitari, per drenarne le risorse patrimoniali in direzione di altre societa’ orbitanti nel circuito della congrega, cosi’ depauperandole dei beni destinati alla garanzia dei creditori; 2) fungendo da detentore di quote (prima nella misura del 30% e poi del 50%) e da Presidente del Consiglio di amministrazione, della (OMISSIS) Spa. – che deteneva il 95% delle quote della (OMISSIS) Spa. e da socio unico della GRS Srl. – che acquistava le dette quote dalla (OMISSIS) Spa. -, nonche’ da amministratore di fatto della (OMISSIS) Spa., ammessa alla procedura di concordato preventivo in data 10 aprile 2018, distolto dalla garanzia dei creditori della (OMISSIS) Spa. consistenti somme di denaro dirottate verso la controllante Gruppo (OMISSIS) mediante finanziamenti infragruppo dai quali la controllata non ritraeva alcun vantaggio ovvero verso altre societa’ riconducibili alla sua sfera d’interessi (la (OMISSIS) Srl.; (OMISSIS) Srl., (OMISSIS) Srl., (OMISSIS) Srl.) in assenza di giustificazione all’esborso di denaro ovvero mediante la stipula di fittizi contratti di consulenza in favore della (OMISSIS) Spa.; 3) nelle stesse qualita’, contribuito ad aggravare il dissesto della (OMISSIS) Spa., esponendo nei bilanci relativi agli esercizi 2014 e 2015, nonche’ comunicando, in sede di assemblea dei soci, fatti non veritieri relativi alla situazione patrimoniale e all’andamento economico della (OMISSIS), segnatamente aumentando le attivita’ e diminuendo le passivita’: in particolare esponendo nei bilanci crediti inesistenti e crediti eventuali nei confronti della ASP di Reggio Calabria (relativi a prestazioni extra budget); 4) impiegato le risorse distratte dal patrimonio della (OMISSIS) Spa. in attivita’ economiche ed imprenditoriali riconducibili alla sua sfera di interessi o, comunque, del sodalizio criminale che aveva contribuito a promuovere, cosi’ da concretamente ostacolare l’identificazione della provenienza delle dette risorse.
2. Il ricorso per cassazione presentato nell’interesse del (OMISSIS) dal difensore consta di quattro motivi – enunciati nei limiti indicati dall’articolo 173 disp. att. c.p.p. – che denunciano:
2.1. la violazione dell’articolo 273 c.p.p. e articolo 648-ter-1 c.p. e il vizio di motivazione in punto di delibazione circa la gravita’ indiziaria in relazione ai delitti di cui ai capi G, H ed I, censurandosi gli errores in iudicando in cui era incappato il Tribunale con il ritenere che le condotte qualificate come distrattive integrassero, al contempo, anche quelle di autoriciclaggio, posto che, invece, si trattava di operazioni materiali destinate unicamente a distogliere risorse patrimoniali di pertinenza della (OMISSIS) Spa. dalla finalita’ loro propria di garanzia delle obbligazioni da questa contratte e, comunque, in parte destinate al godimento personale, perche’ utilizzate per soddisfare debiti contratti in proprio; la carenza argomentativa ricadente sul profilo della concreta idoneita’ dissimulatoria delle manovre di reimpiego delle somme distratte;
2.2. la violazione della L. Fall., articolo 223, comma 1, n. 1, articoli 2621 e 2426 c.c. e il vizio di motivazione in relazione ai delitti di cui ai capi D, E, F, censurandosi l’errata applicazione dell’articolo 2426 c.c. (Criteri di valutazione) alla luce del principio contabile di cui all’OIC 15, posto che, alla stregua degli indicati criteri ben possono essere indicati in bilancio crediti pur non certi e non esigibili, come quelli vantati nei confronti della ASP di Reggio Calabria relativi alle prestazioni, effettivamente eseguite, cd. extra budget;
2.3. la violazione dell’articolo 416 c.p. e il vizio di motivazione, risultando apparente quella posta a corredo della riconosciuta gravita’ indiziaria per il delitto di associazione per delinquere, atteso che non era dato cogliere quale fosse il quid pluris richiesto al fine di discernere in concreto l’operativita’ di una struttura dotata di autonomia e stabilita’ rispetto all’accordo stipulato tra le piu’ persone coinvolte nella vicenda volto alla realizzazione plurisoggettiva dei reati loro ascritti;
2.4. la violazione degli articoli 274 e 275 c.p.p. e il vizio di motivazione in relazione al giudizio formulato in punto di sussistenza delle esigenze cautelari quanto ai pericoli di reiterazione dei reati e di inquinamento probatorio, essendo il giudice della cautela incorso in un travisamento degli elementi probatori, da cui aveva desunto i dati sui quali poggiava il giudizio espresso in ordine alla personalita’ del ricorrente e alla prognosi di ricaduta nell’illecito, e in una omissione di valutazione con riguardo ad altre evidenze dimostrative, addotte dalla difesa, attestanti l’effettivo perseguimento di un intento risanatorio della condizione di crisi della (OMISSIS) Spa.; giudizio che si sarebbe dovuto compiere con una maggiore profondita’ di analisi soprattutto in ragione del tempo trascorso rispetto alla commissione delle specifiche condotte ascritte al (OMISSIS) – arrestatesi nel maggio 2017 – e alla concreta impossibilita’ di continuare a manipolare la detta compagine imprenditoriale, perche’ assoggettata a misura cautelare reale e’ perche’ ormai sottoposta agli organi della procedura concorsuale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso e’ infondato.
1. Le censure che si appuntano sulla ritenuta doppia incriminazione delle condotte di cui ai capi G,H ed I – a titolo di bancarotta fraudolenta per distrazione e a titolo di autoriciclaggio – non colgono nel segno, in quanto -come correttamente argomentato dal giudice di merito alle pagine 30,31, 32 e 33 e salve le precisazioni relative alle somme utilizzate per estinguere posizioni debitorie personali del (OMISSIS) – sminuiscono impropriamente il ruolo che le operazioni addebitate all’indagato hanno avuto nell’ostacolare la ricostruzione della provenienza delittuosa delle somme oggetto materiale dei menzionati delitti: le quali, invero, dapprima sono state distaccate dal patrimonio della (OMISSIS) Spa e sono confluite nel patrimonio della controllante (OMISSIS) Spa. – ma anche di altre societa’ riconducibili alla detta societa’ in posizione dominate -, in assenza di un’effettiva giustificazione economica, e poi sono state reimmesse nel circuito economico a vantaggio di altre iniziative imprenditoriali attraverso multiformi strumenti negoziali, quali l’emissione di assegni circolari a favore di altre societa’; la costituzione di pegni a garanzia di finanziamenti erogati per l’acquisto di beni (“Il quotidiano La Provincia di Latina”); l’accensione di garanzie personali o reali; il pagamento di ratei di mutuo.
1.1. In tal senso, del resto, depone l’elaborazione ermeneutica sinora compiuta dal diritto vivente intorno alla norma di cui all’articolo 648-ter.1 c.p. che punisce le attivita’ di impiego, sostituzione o trasferimento di beni od altre utilita’ commesse dallo stesso autore del delitto presupposto che abbiano la caratteristica specifica di essere idonee ad ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa -, cui si deve l’affermazione del principio di diritto secondo il quale, ai fini dell’integrazione del delitto di autoriciclaggio e’ necessario che la condotta sia dotata di particolare capacita’ dissimulatoria, sia cioe’ idonea a provare che l’autore del delitto presupposto abbia effettivamente voluto attuare un impiego finalizzato ad occultare l’origine illecita del denaro o dei beni oggetto del profitto, sicche’ rilevano penalmente tutte le condotte di sostituzione che avvengano attraverso la reimmissione nel circuito economico-finanziario ovvero imprenditoriale del denaro o dei beni di provenienza illecita, finalizzate a conseguire un concreto effetto dissimulatorio che sostanzia il quid pluris che differenzia la condotta di godimento personale, insuscettibile di sanzione, dall’occultamento del profitto illecito, penalmente rilevante (Sez. 2, n. 30401 del 07/06/2018, Ceoldo, Rv. 272970; Sez. 2, n. 25979 del 4/05/2018, n. 25979, Macri’ ed altri, non massimata; Sez. 2, n. 33074 del 14/07/2016, P.M. in proc. Babuleac e altro, Rv. 267459).
1.2. In particolare, questa Corte ha, di recente, affermato che la clausola di non punibilita’ prevista nel comma quarto dell’articolo 648-ter.1 c.p., a norma della quale “Fuori dei casi di cui ai commi precedenti, non sono punibili le condotte per cui il denaro, i beni o le altre utilita’ vengono destinate alla mera utilizzazione o al godimento personale”, va intesa ed interpretata nel senso fatto palese dal significato proprio delle suddette parole e cioe’ che la fattispecie ivi prevista non si applica alle condotte descritte nei commi precedenti: di conseguenza, l’agente puo’ andare esente da responsabilita’ penale solo e soltanto se utilizzi o goda dei beni proventi del delitto presupposto in modo diretto e senza che compia su di essi alcuna operazione atta ad ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa (Sez. 2, n. 30399 del 7/06/2018, non massimata).
La suddetta interpretazione della clausola in parola, che muove dalla ratio della fattispecie di autoriciclaggio – proteso a sterilizzare il profitto conseguito dall’agente con il reato presupposto, impedendone il reinvestimento nell’economia legale cosi’ da evitarne l’inquinamento: e cio’ mediante il divieto di condotte decettive finalizzate a rendere non tracciabili i proventi del delitto presupposto, proprio perche’, solo ove i medesimi siano tracciabili si puo’ impedire che l’economia sana venga infettata da proventi illeciti che ne distorcano le corrette dinamiche -, sottintende, dunque: a) un uso diretto da parte dell’agente dei beni provento del delitto presupposto, con la conseguente esclusione dall’ambito di applicazione di essa di quelle condotte a seguito delle quali l’agente utilizzi i beni medesimi dopo averli sottoposti ad operazioni di riciclaggio che ne abbiano concretamente ostacolato l’identificazione della provenienza delittuosa; b) l’assenza di qualsiasi attivita’ concretamente ostacolativa dell’identificazione della provenienza delittuosa del bene, di modo che le dette condotte, conseguenti a quelle del delitto presupposto, non possono e non devono essere caratterizzate da comportamenti decettivi, proprio perche’ l’agente non avrebbe alcuna necessita’ “giuridica” di ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa del bene che utilizza (Sez. 2, n. 30399/2018, cit.).
1.3. Alla stregua di tale condivisibile lettura, per la quale, una volta che la fattispecie criminosa di cui all’articolo 648-ter.1 c.p. sia integrata in tutti i suoi requisiti, l’agente e’ sanzionabile penalmente, essendo del tutto indifferente che, alla fine delle operazioni di autoriciclaggio, egli abbia “meramente” utilizzato o goduto personalmente dei suddetti beni a titolo personale, puo’ affermarsi che e’ ravvisabile il delitto di autoriciclaggio, e non un post factum non punibile, qualsiasi prelievo o trasferimento di fondi operato dal soggetto autore del delitto presupposto successivo a precedenti versamenti, ivi compreso il mero trasferimento di denaro di provenienza delittuosa da un conto corrente bancario ad un altro diversamente intestato e acceso presso un diverso istituto di credito, essendo il delitto in parola a forma libera: questo perche’, ai fini della ravvisabilita’ della fattispecie di cui all’articolo 648-ter.1 c.p., rileva qualsiasi condotta di manipolazione, trasformazione, trasferimento di denaro quando essa sia concretamente idonea ad ostacolare gli accertamenti sulla provenienza del denaro (Sez. 2, n. 33074 del 14/07/2016, P.M. in proc. Babuleac e altro, Rv. 267459; Sez. 2, n. 33076 del 14/07/2016, P.M. in proc. Moccia e altri, Rv. 267691).
Donde la circostanza che vi siano state operazioni dissimulatorie precedenti non elide la portata criminosa di quelle successive ispirate alla medesima finalita’, parimenti idonee ad “allontanare” sempre piu’ il bene dalla sua origine e a renderne difficoltoso l’accertamento (Sez. 5, n. 21925 del 17/04/2018, Ratto e altri, Rv. 273183).
1.4. Le conclusioni raggiunte trovano riscontro nell’elaborazione dottrinale sul tema, in seno alla quale si e’ osservato come la clausola contenuta nella tipizzazione dell’autoriciclaggio – “Si applica la pena..a chiunque avendo commesso o concorso a commettere un delitto non colposo, impiega, sostituisce, trasferisce, in attivita’ economiche, finanziarie, speculative, il denaro.. ” -, nello svolgere la funzione di legittimare il regime penale della condotta di laundering in caso di realizzazione della stessa da parte dello stesso soggetto autore della condotta corrispondente al delitto presupposto e nel sancire una pena meno grave rispetto a quella prevista per il riciclaggio, cristallizza il collegamento tra la condotta “riciclatrice” ed una “gestione” di utilita’ economiche gia’ acquisite con una condotta a sua volta punibile. Il che sta a significare che la punibilita’ – per quanto in forma meno grave – dell’autoriciclaggio dipende proprio dall’avere questo oggettivamente attentato all’ordine economico mediante l’attivita’ di laundering e non gia’ dall’aver finalizzato sin da principio il precedente delitto allo scopo di realizzare quest’ultima. Il senso della norma si coglie, insomma non gia’ sul piano della “rimproverabilita’” soggettiva, ma su quello del passaggio dall’ottenimento per vie illegali di un’utilita’ economicamente rilevante ad un reinvestimento della medesima in ambiti, a loro volta, fruttuosi sotto il profilo economico e dannosi per gli interessi di quanti ne subiscano obiettivamente le conseguenze.
1.5. Ne viene che, nel caso al vaglio, l’effettuazione di bonifici, disposti dall’amministratore della (OMISSIS) – su determinazione del (OMISSIS) – a favore della societa’ capogruppo – sotto forma di finanziamenti infragruppo -, e la successiva utilizzazione delle relative somme a garanzia di finanziamenti erogati al (OMISSIS) e al (OMISSIS) – ad esempio del finanziamento ottenuto per l’acquisto del giornale “La Provincia quotidiano di Latina” -, ovvero per il pagamento di ratei di contratti di mutuo contratti dalla controllante o ancora quale provvista per l’emissione di assegni circolari a favore della “Cooperativa (OMISSIS)” integrano pienamente la fattispecie di reato contestata, con la conseguenza che i rilievi articolati con il primo motivo devono essere disattese.
2. Le doglianze che contestano la ritenuta scorretta appostazione in bilancio di crediti non certi e non esigibili (i cd. crediti extrabudget), cosi’ da far apparire attivita’ inesistenti e sostanziare il delitto di bancarotta fraudolenta impropria da falso in bilancio, sono inammissibili, vuoi perche’ contestate del tutto genericamente, richiamando il principio OIC n. 15 senza alcuna specifica indicazione del passaggio in cui nella detta fonte extranormativa vi sarebbe menzione del criterio della appostabilita’ dei crediti anche meramente eventuali cioe’ affidati al riconoscimento discrezionale del soggetto tenuto al pagamento della prestazione -, vuoi perche’ dedotte per la prima volta in sede di legittimita’. Tale ultima conclusione discende dalla stessa struttura del giudizio di legittimita’, che si caratterizza come impugnazione a critica vincolata della decisione censurata, la cui correttezza non puo’, evidentemente, che essere verificata in relazione agli aspetti gia’ sottoposti al giudice che ha pronunciato il provvedimento impugnato, tranne che si tratti di questioni rilevabili di ufficio in ogni stato e grado del giudizio o che non sarebbe stato possibile dedurre in precedenza (Sez. 2, n. 8890 del 31/01/2017, Li Vigni, Rv. 269368; Sez. 2, n. 6131 del 29/01/2016, Menna, Rv. 266202; Sez. 5, n. 28514 del 23/04/2013, Graziali Gauthier, Rv. 255577; Sez. 4, n. 10611 del 04/12/2012 – dep. 07/03/2013, Bonaffini, Rv. 256631).
3. I rilievi censori formulati con il terzo ed il quarto motivo esigono qualche precisazione in ordine ai limiti di sindacabilita’ da parte di questa Corte dei provvedimenti adottati dal giudice del riesame dei provvedimenti sulla liberta’ personale.
3.1. E’ jus receptum, infatti, alla stregua della costante linea interpretativa di questo giudice di vertice, che l’ordinamento non conferisce alla Corte di Cassazione alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, ne’ alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive dell’indagato, ivi compreso l’apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate, trattandosi di apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del giudice cui e’ stata chiesta l’applicazione della misura cautelare, nonche’ del Tribunale del riesame (Sez. 2, n. 9212 del 02/02/2017, Sansone, Rv. 269438; Sez. 2, n. 56 del 07/12/2011 – dep. 04/01/2012, Siciliano, Rv. 251760); sicche’ il controllo di legittimita’ sui punti devoluti e’ circoscritto all’esclusivo esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro negativo, la cui presenza rende l’atto incensurabile in sede di legittimita’: 1) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2) l’assenza di illogicita’ evidenti, ossia la congruita’ delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (Sez. 6, n. 2146 del 25/05/1995, Tontoli e altro, Rv. 201840).
A cio’ deve aggiungersi che il sindacato sulla motivazione delle ordinanze di riesame dei provvedimenti restrittivi della liberta’ personale e’ diretto a verificare, da un lato, la congruenza e la coordinazione logica dell’apparato argomentativo che collega gli indizi di colpevolezza al giudizio di probabile colpevolezza dell’indagato e, dall’altro, la valenza sintomatica degli indizi. Tale verifica, stabilita a garanzia del provvedimento, non involge il giudizio ricostruttivo del fatto e gli apprezzamenti del giudice di merito circa l’attendibilita’ delle fonti e la rilevanza e la concludenza dei risultati del materiale probatorio, quando la motivazione sia adeguata, coerente ed esente da errori logici e giuridici. In particolare, il vizio di mancanza della motivazione dell’ordinanza del riesame in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza non puo’ essere sindacato dalla Corte di legittimita’, quando non risulti “prima facie” dal testo del provvedimento impugnato, restando ad essa estranea la verifica della sufficienza e della razionalita’ della motivazione sulle questioni di fatto (Sez. 6, n. 2146 del 25/05/1995, Barbaro e altri, Rv. 201840).
3.2. Cosi’ delineato il perimetro degli accertamenti consentiti a questa Corte, stima il Collegio che la motivazione, pur succinta, resa dal Tribunale del riesame in punto di riconoscimento della gravita’ indiziaria riferita al delitto di associazione per delinquere di cui al capo A) della rubrica, di cui il (OMISSIS) figurerebbe quale promotore, e’, comunque, tale da evidenziare, quanto meno in termini di fumus, i requisiti della ipotizzata fattispecie associativa, essendo emersi elementi per poter ritenere l’esistenza di una struttura preordinata all’attuazione di un vasto programma criminoso, per la commissione di una serie indeterminata di delitti contro l’ordine economico, con tendenziale permanenza del vincolo tra i partecipanti anche indipendentemente e al di fuori dell’effettiva commissione dei singoli reati programmati (Sez. 2, n. 933 del 11/10/2013 – dep. 13/01/2014, Debbiche, Rv. 258009; Sez. 5, n. 42635 del 04/10/2004, Collodo ed altri, Rv. 229906; Sez. 5, n. 3340 del 20/01/1999, P.M. in proc. Stolder ed altri, Rv. 212816).
Per il Collegio di merito, infatti, depongono in tal senso il ricorso a modus operandi consolidati e ripetuti nel tempo, atti a depredare del loro patrimonio enti imprenditoriali operanti nel settore sanitario in regime di convenzione con il servizio pubblico, utilizzati, anche, quali strumenti per frodare gli enti di rilevanza pubblicistica preposti alla gestione del servizio sanitario in sede locale e al controllo della relativa spesa, trattandosi di elementi indicatori, oltre che dei reati satelliti, anche del reato associativo, dovendosi, appunto, riscontrare una effettiva consistenza organizzativa della compagine criminale, con chiara suddivisione dei ruoli tra persone investite di ruoli direttivi e persone chiamate a funzioni esecutive.
Ne viene che la censura di cui al terzo motivo deve essere rigettata perche’ infondata.
4. Infondato e’ anche il motivo che attinge l’esistenza delle esigenze cautelari.
4.1. Deve convenirsi che il requisito dell’attualita’ del pericolo di reiterazione del reato – sul quale sembrano appuntarsi per lo piu’ i rilievi critici formulati nell’atto di impugnativa -, introdotto nell’articolo 274 c.p.p., comma 1, lettera c), dalla L. 16 aprile 2015, n. 47, impone la previsione, in termini di alta probabilita’, che all’indagato si presenti effettivamente un’occasione per compiere ulteriori delitti della stessa specie, e la relativa prognosi comporta la valutazione, attraverso la disamina della fattispecie concreta, della permanenza della situazione di fatto che ha reso possibile o, comunque, agevolato la commissione del delitto per il quale si procede, mentre, nelle ipotesi in cui tale preliminare valutazione sia preclusa, in ragione delle peculiarita’ del caso di specie, il giudizio sulla sussistenza dell’esigenza cautelare deve fondarsi su elementi concreti – e non congetturali – rivelatori di una continuita’ ed effettivita’ del pericolo di reiterazione, attualizzata al momento della adozione della misura, e idonei a dar conto della continuita’ del “periculum libertatis” nella sua dimensione temporale, da apprezzarsi sulla base della vicinanza ai fatti in cui si e’ manifestata la potenzialita’ criminale dell’indagato, ovvero della presenza di elementi indicativi dell’effettivita’ di un concreto ed attuale pericolo di reiterazione (Sez. 5, n. 12618 del 18/01/2017, Cavaliere e altri, Rv. 269533).
Sulla base dei criteri individuati dalla giurisprudenza di questa Corte, deve riconoscersi, quindi, come l’ordinanza impugnata abbia dato conto della attualita’ e concretezza del pericolo di recidiva, in quanto ha valorizzato il profilo di professionalita’ dimostrato dal (OMISSIS), i cui comportamenti – dei quali vi e’ traccia finanche nelle conversazioni intercettate – paiono connotarsi per una consistente dimestichezza con i meccanismi societari, abilmente piegati allo scopo di conseguire una massimizzazione di profitti dell’attivita’ delittuosa complessivamente congegnata ed, al contempo, una dissimulazione degli stessi attraverso una strategia di reimpiego in compagini societarie riconducibili alla congrega ovvero a se’ medesimo. Comportamenti, peraltro, che, in quanto posti in essere fino ad epoca prossima all’emissione della misura – essendo stato evidenziato come il (OMISSIS) si sia attivato, anche dopo il sequestro delle quote della (OMISSIS), per individuare prestanomi da porre al vertice delle societa’ rientranti nella sua sfera di interesse e che aveva, in precedenza, utilizzato per reimpiegare beni distolti dal patrimonio della (OMISSIS) – danno ragione del divisamento espresso in ordine alla proclivita’ al reato manifestata dall’indagato.
Va soggiunto che, pur se vero che: “In tema di misure cautelari personali, ai fini della valutazione delle esigenze cautelari in relazione al delitto di bancarotta fraudolenta, il tempo trascorso dalla commissione del fatto deve essere determinato avendo riguardo all’epoca in cui le condotte illecite sono state poste in essere e non al momento in cui e’ intervenuta la dichiarazione di giudiziale di insolvenza, la quale, ancorche’ determini il momento consumativo del reato, non costituisce riferimento utile per vagliare il comportamento dell’indagato, ai sensi dell’articolo 274 c.p.p., collocandosi fuori della sua sfera volitiva” (Sez. 5, n. 9280 del 14/10/2014 – dep. 03/03/2015, Cassina, Rv. 263586; Sez. 5, n. 25458 del 08/04/2014, Negozio, Rv. 260212; Sez. 5, n. 11633 del 08/02/2012, Lombardi Stronati, Rv. 252308), tuttavia, il decorso di oltre un anno dalla cessazione delle condotte delittuose ascritte al ricorrente deve essere valutato non come dato isolato ed astratto, ma, piuttosto, nel dinamismo fattuale della vicenda esaminata, che si caratterizza per un’interferenza di interessi e di operativita’ illecite, facenti capo al cautelato ed ancora in essere, suscettibile di orientare la prognosi da compiersi verso la probabilita’ di ricaduta nella tipologia di reati esaminati.
4.2. Rimangono immuni da censura anche le considerazioni sviluppate nell’ordinanza impugnata in punto di pericolo di inquinamento probatorio – in riferimento al mancato esaurimento dell’attivita’ d’indagine, che si appalesa complessa avuto riguardo ai plurimi delitti di autoriciclaggio e al vorticoso giro di denaro posto in essere attraverso numerose realta’ imprenditoriali coinvolte -, risultando l’esigenza di cautela probatoria concreta, attuale e fondata su fatti specifici.
Se e’ vero, infatti, che, secondo la giurisprudenza di legittimita’, il pericolo di inquinamento probatorio va identificato in tutte quelle situazioni in cui l’indagato abbia dimostrato, con la propria condotta illecita o sulla base della personalita’ manifestata, di volere concretamente inquinare le prove (Sez. 2, n. 31340 del 16/05/2017, G., Rv. 270670; Sez. 6, n. 29477 del 23/03/2017, Di Giorgi, Rv. 270561), i ridetti comportamenti concreti dell’interessato paiono sufficientemente lumeggiati nel provvedimento impugnato avuto riguardo alle specifiche condotte gia’ dianzi compiutamente descritte.
Pertanto, ai fini della necessita’ di prevenire, con la misura della custodia in carcere, il persistente e concreto pericolo di inquinamento probatorio, a nulla rileva la circostanza, evidenziata dalla difesa, che i risultati delle indagini preliminari siano ormai cristallizzati in acquisizioni immodificabili – ad esempio quelle documentali-, posto che la genuinita’ del compendio indiziario va assicurata nel suo complesso.
4.3. Si sostanziano in rilievi non consentiti ex articolo 606 c.p.p., comma 3, quelli articolati in punto di effettiva sussistenza dell’intento risanatorio della (OMISSIS) Spa. da parte del (OMISSIS) e il denunciato travisamento di elementi probatori utilizzati per trarre indicazioni circa la sua personalita’, trattandosi di apprezzamenti in fatto insindacabili in questa sede perche’ effettuati senza incorrere in illogicita’ evidenti.
5. Le suesposte considerazioni impongono il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. La Cancelleria provvedera’, ai sensi dell’articolo 94 c.p.p., comma 1-ter, agli adempimenti stabiliti.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’articolo 94 c.p.p., comma 1-ter.
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