Quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|10 marzo 2021| n. 6554.

Quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un’evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l’esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro (respinta, nella specie, la richiesta avanzata da una cittadina nei confronti del Comune, decisiva la constatazione che l’avvallamento che aveva causato la caduta fosse facilmente visibile).

Ordinanza|10 marzo 2021| n. 6554

Data udienza 26 gennaio 2021

Integrale

Tag/parola chiave: Risarcimento – Caduta a causa del dissesto della strada – Dissesto che poteva essere visto ed evitato – Comune – Responsabilità – Esclusione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 4763-2019 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
COMUNE di ANCONA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2531/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 19/11/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 26/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO.

FATTI DI CAUSA

1. (OMISSIS) convenne in giudizio il Comune di Ancona, davanti al Tribunale della medesima citta’, chiedendo che fosse condannato al risarcimento dei danni da lei patiti, ai sensi dell’articolo 2051 ovvero dell’articolo 2043 c.c., in conseguenza del sinistro avvenuto in (OMISSIS), quando ella, scendendo il terzo gradino del marciapiede, era caduta a terra riportando danni personali. Si costitui’ in giudizio il convenuto, chiedendo il rigetto della domanda. Il Tribunale rigetto’ la domanda e condanno’ la parte attrice al pagamento delle spese di giudizio.
2. La pronuncia e’ stata appellata dalla parte soccombente e la Corte d’appello di Ancona, con sentenza del 19 novembre 2018, ha rigettato il gravame, ha confermato la sentenza di primo grado ed ha condannato l’appellante al pagamento delle ulteriori spese del grado.
3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Ancona ricorre (OMISSIS) con atto affidato a quattro motivi.
Resiste il Comune di Ancona con controricorso.
Il ricorso e’ stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli articoli 375, 376 e 380-bis c.p.c., e non sono state depositate memorie.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione degli articoli 2051, 2043 e 1227 c.c., sostenendo che la Corte di merito avrebbe fondato la decisione su di una valutazione errata ed incompleta dei fatti di causa; nella specie, infatti, non si trattava di una buca stradale, ma di un’ingannevole alterazione del terreno di cui la vittima si era potuta accorgere solo nel momento in cui aveva perso l’equilibrio.
2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione degli articoli 2051, 2043 e 1227 c.c., sostenendo che l’articolo 2051 cit. individua una forma di responsabilita’ oggettiva che puo’ essere esclusa solo dalla dimostrazione del caso fortuito; nel caso di specie, sarebbe stata dimostrata l’esistenza dell’anomalia stradale, mentre il Comune non avrebbe provato l’esistenza del fortuito, poiche’ il comportamento della ricorrente non era caratterizzato da eccezionalita’, imprevedibilita’ ed evitabilita’.
3. Il primo ed il secondo motivo, da trattare congiuntamente in considerazione dell’identita’ delle censure di violazione di legge contestate, sono, quando non inammissibili, comunque privi di fondamento.
3.1. Giova premettere che questa Corte, sottoponendo a revisione i principi sull’obbligo di custodia, ha stabilito, con le ordinanze 1 febbraio 2018, nn. 2480, 2481, 2482 e 2483, che in tema di responsabilita’ civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione, anche ufficiosa, dell’articolo 1227 c.c., comma 1, richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarieta’ espresso dall’articolo 2 Cost..
Ne consegue che, quanto piu’ la situazione di possibile danno e’ suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto piu’ incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un’evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarita’ causale, connotandosi, invece, per l’esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro.
Questi principi, ai quali la giurisprudenza successiva si e’ piu’ volte uniformata (v., tra le altre, le ordinanze 29 gennaio 2019, n. 2345, e 3 aprile 2019, n. 9315), sono da ribadire ulteriormente nel giudizio odierno.
3.2. La Corte d’appello ha fatto buon governo di tale insegnamento.
La sentenza impugnata, infatti, con un accertamento congruamente motivato e privo di vizi logici e di contraddizioni, non suscettibile di ulteriore modifica in questa sede, ha affermato che la causa del sinistro era da ricondurre, nella specie, al caso fortuito consistente nel comportamento imprudente della danneggiata, idoneo ad interrompere il nesso di causalita’ tra la cosa e l’evento dannoso. La presenza dell’avvallamento pericoloso, infatti, era ben visibile in considerazione sia dell’ora diurna in cui la caduta era avvenuta, sia delle caratteristiche intrinseche dello stesso. Dalle foto prodotte e dalla deposizione testimoniale del vigile urbano escusso risultava, infatti, che, nonostante la presenza dei sampietrini, l’avvallamento era distinguibile senza problemi, avendo una profondita’ di circa 10 cm distribuita su di un piano di calpestio pari a circa cm 50 per cm 150; per cui anche dall’alto della scalinata la caduta sarebbe stata evitabile ove la danneggiata non avesse tenuto un comportamento imprudente.
La Corte di merito ha poi aggiunto che la prova del fortuito non costituiva materia di un’eccezione in senso proprio, per cui la relativa deduzione non incorreva nelle preclusimi dell’articolo 167 c.p.c., essendo quindi irrilevante la tardiva costituzione del Comune in primo grado.
Quanto alla domanda di cui all’articolo 2043 c.c., la sentenza ha ritenuto che il rigetto della stessa fosse da considerare implicito sulla base della ricostruzione del rilievo causale assorbente del comportamento della vittima. Ne’ alcun rilievo poteva essere attribuito alla mancata ammissione della prova per testi richiesta dalla danneggiata, avendo essa ad oggetto profili o non ammissibili o comunque irrilevanti.
3.3. A fronte di tale motivazione, le censure di cui al primo e secondo motivo si rivelano inammissibili, in parte perche’ dimostrano di non cogliere la ratio decidendi della sentenza impugnata ed in parte perche’ si risolvono nell’indebita sollecitazione di questa Corte ad un nuovo e non consentito esame del merito.
Ma comunque sia, anche trascurando i rilievi di inammissibilita’, le prospettate violazioni di legge non sussistono, perche’ la sentenza impugnata ha fatta corretta applicazione delle disposizioni impugnate. La prova del fortuito e’ stata dedotta dalla Corte di merito in base alle stesse prove prodotte dalla danneggiata; e d’altronde, una volta affermato il carattere assorbente del comportamento colposo di quest’ultima, la domanda era da ritenere infondata anche ai sensi dell’articolo 2043 c.c..
4. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), violazione e falsa applicazione degli articoli 115, 116 e 118 c.p.c.. per omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, costituiti dalla mancata ammissione della c.t.u. e della prova per testi richieste in sede di merito.
4.1. Il motivo e’ inammissibile, dato che la parte ricorrente da un lato non tiene conto delle ragioni per le quali la sentenza impugnata ha rigettato tali richieste; dall’altro, non fornisce indicazioni precise, anche in punto di autosufficienza, tali da dimostrare la decisivita’ delle prove non ammesse.
5. Con il quarto motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), motivazione inesistente in ordine alle ragioni per le quali la ricorrente e’ stata condannata al pagamento del doppio del contributo unificato.
5.1. Il motivo e’ infondato.
La condanna al pagamento del doppio del contributo unificato e’ imposta dalla legge, sussistendone le condizioni, come conseguenza della declaratoria di inammissibilita’ o di infondatezza dell’impugnazione, per cui la Corte d’appello non era tenuta ad alcuna motivazione sul punto (v. l’ordinanza 25 maggio 2018, n. 13055).
6. Il ricorso, pertanto, e’ rigettato.
A tale esito segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del Decreto Ministeriale 10 marzo 2014, n. 55.
Sussistono, inoltre, le condizioni di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 2.500, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, da’ atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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