Prova univoca della falsità del documento deve essere fornita dal querelante

Corte di Cassazione, sezione sesta (seconda) civile, Ordinanza 24 gennaio 2019, n. 2126.

La massima estrapolata:

Nel giudizio di falso, la prova univoca della falsità del documento impugnato con apposita querela deve essere fornita dal querelante perché possa pervenirsi all’accoglimento della relativa domanda, sia essa proposta in via incidentale o in via principale.

Ordinanza 24 gennaio 2019, n. 2126

Data udienza 14 novembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE SECONDA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 3537-2018 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
COMUNE di BOBBIO;
– intimato –
avverso la sentenza n. 2860/2017 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata dell’1/12/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 14/11/2018 dal Consigliere Relatore Dott. ALDO CARRATO.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

La sig.ra (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Bologna n. 2860/2017 (pubblicata il 1 dicembre 2017), con la quale veniva respinto il gravame dalla stessa avanzato contro la sentenza del Tribunale di Piacenza, che, per l’effetto, era confermata, con la regolazione delle spese in base al principio della soccombenza.
In particolare, la vicenda processuale – per quanto qui rileva – ha avuto inizio a seguito della proposizione di querela di falso da parte della (OMISSIS) nel corso di un giudizio dinanzi al giudice di pace di Bobbio (che veniva, percio’ sospeso) di opposizione a sanzione amministrativa per la violazione di cui all’articolo 126-bis c.d.s., querela con la quale veniva contestata la fidefacienza dell’avviso di ricevimento relativo alla notificazione del verbale presupposto, contenente una sottoscrizione apparentemente a lei riconducibile (che assumeva, invece, essere contraria al vero).
Il competente Tribunale di Piacenza disponeva l’espletamento di una c.t.u. grafologica all’esito della quale non era risultata appurata l’autenticita’ o meno dell’impugnata sottoscrizione e, pertanto, con sentenza n. 411/2015, la formulata domanda di querela di falso veniva respinta.
Proposto appello avverso la suddetta sentenza, la Corte di appello di Bologna, con sentenza n. 2860/2017, ha rigettato il gravame. Il giudice di secondo grado, dopo aver ravvisato l’ammissibilita’ della produzione di una perizia di parte (con la quale, tuttavia, ci si limitava a confutare le conclusioni della c.t.u. esperita in primo grado), ha respinto l’appello sia sulla scorta della mancata rilevanza delle contestazioni mosse avverso la c.t.u. disposta dal primo giudice sia in base alla condivisione della pronuncia di rigetto della querela di falso in virtu’ di un accertamento dubitativo.
La (OMISSIS) ha impugnato per cassazione la sentenza di appello sulla base di due motivi.
Con la prima censura ha denunciato la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2697 c.c. e dei principi generali in materia di onere della prova in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, deducendo che sulla scorta delle emergenze documentali anche riscontrabili dalle sottoscrizioni di comparazione esaminate, associate a numerosi ulteriori aspetti – la Corte bolognese avrebbe dovuto ritenere assolto l’onere da cui era gravata essa ricorrente (quale appellante) o, quantomeno, avrebbe dovuto esercitare i poteri istruttori officiosi che le competevano.
Con la seconda doglianza la ricorrente ha prospettato la violazione e falsa applicazione degli articoli 112, 115, 183 e 184 c.p.c., nonche’ il vizio di omessa motivazione sulla mancata rinnovazione degli accertamenti tecnici compiuti in primo grado e su fatti decisivi per il giudizio che erano stati oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.
L’intimato Comune di Bobbio non ha svolto attivita’ difensiva in questa sede di legittimita’.
Su proposta del relatore, il quale riteneva che entrambi i motivi di ricorso (tra loro connessi) potessero essere ritenuti manifestamente fondati, con la conseguente definibilita’ nelle forme dell’articolo 380-bis c.p.c., in relazione all’articolo 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.
Il difensore della ricorrente ha anche depositato memoria ai sensi del citato articolo 380-bis c.p.c., comma 2.
Rileva il collegio che – alla stregua di un piu’ approfondito esame dei due proposti motivi e sul presupposto del rituale esperimento della querela di falso nel giudizio di cui trattasi (v. Cass. n. 3065/2003 e Cass. n. 24852/2006) – non ricorrono le condizioni per pervenire all’accoglimento degli stessi, i quali, invece, appaiono – nella loro congiunta valutazione, siccome all’evidenza connessi – infondati.
Premesso che e’ insussistente il denunciato vizio di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), non essendo stata omessa la valutazione su fatti decisivi per il giudizio e che non e’ ammissibile la supposta violazione dell’articolo 112 c.p.c. in ordine alla mancata pronuncia su dette istanze (cfr., ad es., Cass. n. 4852/1999 e Cass. n. 5339/2015), ritiene il collegio che, in effetti, la Corte territoriale non e’ incorsa nelle altre denunciate violazioni di legge.
Invero, il giudice di appello – diversamente da quanto qui prospettato nell’interesse della ricorrente – ha specificamente considerato le risultanze della perizia di parte prodotta in secondo grado dalla difesa della (OMISSIS) ed ha specificamente rilevato l’insussistenza dell’emergenza di temi nuovi, limitandosi a confutare gli esiti della c.t.u. svolta in primo grado, cosi’ come ha ritenuto – nell’esercizio della sua discrezionalita’ – sostanzialmente irrilevanti (e, comunque, non decisive) le argomentazioni illustrate dall’appellante per determinare la necessita’ di ammette una nuova c.t.u. in grado di appello. In tal senso, percio’, il giudice di seconde cure si e’ specificamente pronunciato anche sulle richieste istruttorie sollecitate con il formulato gravame.
Quindi, a fronte dei risultati della c.t.u. grafologica espletata in primo grado ed in dipendenza di una formulata richiesta di rinnovare in secondo grado l’accertamento peritale d’ufficio, la Corte felsinea ha – diversamente da quanto denunciato dalla ricorrente – motivato adeguatamente sulla non necessita’ di ripetere tale accertamento istruttorio sia perche’ la prodotta perizia di parte non conteneva elementi utili a rivalutare la correttezza delle conclusioni cui era giunto il primo giudice sulla scorta della svolta c.t.u. in primo grado sia perche’ l’impostazione difensiva dell’appellante riferita alla stessa perizia di parte non conteneva alcun rilievo critico idoneo a confutare la complessiva ed articolata valutazione tecnica operata dallo stesso c.t.u. nel corso del giudizio celebratosi dinanzi al Tribunale di Piacenza.
Sulla scorta di tale congrua valutazione e in difetto di ogni ulteriore e diverso riscontro probatorio idoneo a confutare decisivamente le risultanze della c.t.u. d’ufficio disposta in primo grado (senza ravvisare la ricorrenza delle condizioni per rinnovarla in grado di appello), la Corte emiliana ha desunto che non era stata acquisita una prova certa sulla non attribuibilita’ della contestata sottoscrizione sull’avviso di ricevimento della notificazione eseguita a mezzo del servizio postale, ragion per cui – in mancanza di un pieno assolvimento dell’onere probatorio relativo all’addotta falsita’ – il gravame non poteva che essere respinto. In tal modo, la stessa Corte territoriale ha applicato -in relazione all’articolo 2697 c.c. – il principio generale secondo cui, nel giudizio di falso, la prova univoca della falsita’ del documento impugnato con apposita querela deve essere fornita dal querelante per pervenire all’accoglimento della relativa domanda, sia essa proposta in via incidentale o principale (cfr. Cass. n. 4571/1983 e Cass. n. 6050/1998).
Alla stregua delle argomentazioni svolte consegue, quindi, il rigetto integrale del ricorso, senza che si debba far luogo ad alcuna pronuncia sulle spese per effetto della mancata costituzione dell’ente intimato.
Sussistono, tuttavia, le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 1 e comma 17, che ha aggiunto al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, all’articolo 13, il comma 1-quater – dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

Avv. Renato D’Isa

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