Prelievo di somme da parte dell’amministratore durante il dissesto

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|6 settembre 2021| n. 32930.

Prelievo di somme da parte dell’amministratore durante il dissesto .

Per inquadrare a titolo di bancarotta distrattiva ovvero di bancarotta preferenziale il comportamento degli amministratori o dei soci che abbiano prelevato in proprio favore somme durante il dissesto della società fallita assume decisivo rilievo l’apprezzamento della ragione creditoria soddisfatta. In particolare: a) il prelievo di somme a titolo di restituzione di versamenti “in conto capitale” operati dai soci in favore della società poi fallita, integra la bancarotta fraudolenta per distrazione, poiché tali versamenti non danno luogo ad un credito liquido ed esigibile nel corso della vita della società e, nei loro riguardi, opera il criterio di postergazione previsto dall’articolo 2467 del codice civile; b) il prelievo di somme quale restituzione di versamenti operati dai soci a titolo di “mutuo” o “prestito“, integra, invece, la bancarotta preferenziale, in quanto, in tal caso, i finanziamenti, non avendo natura di conferimenti di “capitale di rischio”, rappresentano il sorgere di un effettivo ed esigibile credito (chirografario) in capo ai soci, senza che da ciò consegua effettivo depauperamento dell’asse patrimoniale; c) il prelievo di somme da parte dell’amministratore a titolo di pagamento di “prestazioni lavorative” svolte in favore della società poi fallita, integra la bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione e non la bancarotta preferenziale, non essendo scindibile la sua qualità di creditore da quella di amministratore, qualora, anche per l’assenza di delibera assembleare che stabilisca la misura dei suoi compensi, i prelievi di somme in pagamento dei crediti verso la società in dissesto non sono definiti nella loro congruità e non sono fondati su dati ed elementi di confronto che ne consentano un’adeguata ed oggettiva valutazione (nella specie, era stata ravvisata la bancarotta per distrazione rispetto a un versamento qualificato come “prestito” in precedenza corrisposto dall’imputata in favore della società; la Corte ha annullato con rinvio, invitando il giudice di merito a stabilire, interpretando la volontà delle parti, se, in concreto, il versamento avesse tratto effettivamente origine da un mutuo, ovvero se invece fosse stato effettuato quale apporto del socio al patrimonio dell’impresa collettiva, sì poi da applicare i principi di cui sopra).

Sentenza|6 settembre 2021| n. 32930. Prelievo di somme da parte dell’amministratore durante il dissesto

Data udienza 21 giugno 2021

Integrale

Tag – parola: Bancarotta per distrazione – Prelievo di somme da parte dell’amministratore durante il dissesto – Integrazione del reato – Insufficienza – Ratio

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE GREGORIO Eduardo – Presidente

Dott. ROMANO Michele – Consigliere

Dott. SESSA Renata – Consigliere

Dott. CAPUTO Angelo – Consigliere

Dott. BRANCACCIO Matilde – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 29/11/2019 della CORTE APPELLO di MILANO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere MATILDE BRANCACCIO;
letta la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale MARIA FRANCESCA LOY che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

Prelievo di somme da parte dell’amministratore durante il dissesto

RITENUTO IN FATTO

1. Con la decisione in epigrafe, la Corte d’Appello di Milano, in parziale riforma della sentenza del GUP del Tribunale di Milano del 26.1.2018, ha rideterminato la pena inflitta a (OMISSIS) in anni uno e mesi sei di reclusione, rimodulando anche le pene accessorie previste dAll’articolo 216. u.c., L.F. nella durata di cinque anni, per il reato di bancarotta fraudolenta distrattiva, avente ad oggetto la somma di 75.000 Euro incassate dalla stessa a titolo di rimborso anticipazioni amministratore dalla societa’ (OMISSIS) s.r.l., dichiarata fallita il (OMISSIS), della quale l’imputata era stata legale rappresentate dal 21.11.2014 (la posizione del coimputato (OMISSIS), precedente legale rappresentante della fallita, e’ stata definita con assoluzione o non doversi procedere avuto riguardo ad alcune delle condotte a lui ascritte nel medesimo processo, nel contesto dello stesso fallimento e definita con trasmissione degli atti al pubblico ministero per eventuali ulteriori contestazioni).
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso l’imputata, tramite il difensore di fiducia, deducendo un unico motivo con cui eccepisce la mancata riqualificazione della condotta di reato in bancarotta preferenziale, avendo ella incassato le somme in contestazione per soddisfare parzialmente un proprio credito certo, liquido ed esigibile verso la societa’.
Ed invero, la Corte d’Appello, cui era stato proposto analogo motivo di impugnazione, ha condiviso l’impostazione difensiva sulla doppia veste di amministratrice della fallita e, parallelamente, di sua creditrice di essa, visti i versamenti di somme di danaro da lei effettuati sul conto postale della societa’ per il pagamento di debiti sociali (rate di debiti tributari; compensi professionali ed altre spese della societa’ fallita). Ciononostante, i giudici di secondo grado hanno ritenuto che la qualita’ di creditrice dell’imputata dovesse essere minusvalente rispetto alla responsabilita’ di amministratore che gravava su di lei e che dava luogo sempre e comunque a configurare a suo carico il delitto di bancarotta fraudolenta distrattiva.
La tesi della ricorrente, invece, e’ che andrebbe applicata alla fattispecie concreta la giurisprudenza di legittimita’ che ritiene essenziale verificare se i crediti vantati dall’amministratore della fallita derivino da mutuo oppure da versamenti in conto capitale, poiche’ nel primo caso l’amministratore dovra’ rispondere di bancarotta preferenziale e non distrattiva per il rimborso dei finanziamenti a suo favore.
Si segnala l’esistenza di un contrasto tra due orientamenti di questa Corte di legittimita’, esistendo diversa tesi – cui si e’ ispirata la sentenza impugnata – che ritiene, di contro, configurabile sempre il reato di bancarotta fraudolenta distrattiva, in caso di recupero di finanziamenti conferiti alla societa’ fallita, a qualsiasi titolo, da parte dell’amministratore o rappresentante legale.
3. La ricorrente ha depositato conclusioni scritte con le quali ha chiesto l’accoglimento del ricorso, ribadendo che il credito dell’imputata deriva da finanziamento non in conto capitale ma da prestito, non essendo, peraltro, l’imputata neppure socia della fallita.
La difesa contesta le opposte conclusioni del PG, il quale aderisce all’orientamento piu’ rigido, che ritiene configurabile sempre e comunque il reato di bancarotta distrattiva in caso di rimborsi di finanziamenti all’amministratore o rappresentante legale.
4. Il Sostituto Procuratore Generale Francesca Loy ha chiesto il rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ fondato.
2. La giurisprudenza di legittimita’ e, in particolare, quella di questa Sezione, ha tracciato linee ben definite per distinguere i casi nei quali deve ritenersi configurabile il reato di bancarotta fraudolenta distrattiva ovvero quello di bancarotta fraudolenta preferenziale. La complessita’ della materia e delle fattispecie concrete che possono delinearsi all’esame giurisdizionale hanno indotto, invero, ad una serie di equivoci ed anche a ritenere la sussistenza di un contrasto interpretativo sul tema giuridico proposto dalla ricorrente, contrasto che, invece, il Collegio non rileva, quanto meno negli arresti piu’ recenti (ne’, come si vedra’ emerge con certezza neppure dall’analisi delle motivazioni delle sentenze meno recenti).
In un’ottica di sintesi, che puo’ aiutare a fare chiarezza pur nella rilevata complessita’ del tema, possono essere individuate tre direttrici ermeneutiche stilate dalle pronunce di legittimita’, corrispondenti a tre distinte, principali fattispecie; alla loro base, una comune ratio di discrimine: gli amministratori o i soci risponderanno di bancarotta distrattiva o di bancarotta preferenziale a seconda della ragione creditoria soddisfatta attraverso il prelievo di somme durante la fase di dissesto della fallita.
Pertanto:
a) il prelievo di somme a titolo di restituzione di versamenti, operati dai soci in favore della societa’ poi fallita, in conto capitale integra la fattispecie di bancarotta fraudolenta per distrazione, poiche’ tali versamenti non danno luogo ad un credito liquido ed esigibile nel corso della vita della societa’ e, nei loro riguardi, opera il criterio di postergazione previsto dall’articolo 2467 c.c. (Sez. 5, n. 25773 del 20/2/2019, Scarpaci, Rv. 277577; Sez. 5, n. 50188 del 10/5/17, Mascellani, Rv. 271775-01; Sez. 5, n. 41143 del 20/05/2014, Zavaroni, Rv. 261250-01; Sez. 5, n. 34505 del 06/06/2014, Marchesi, Rv. 264277-01; Sez. 5, n. 42710 del 03/07/2012, De Falco, Rv. 254456-01; Sez. 5, n. 25292 del 30/05/2012, Massocchi, Rv. 253001-01; Sez. 5, n. 2273 del 06/12/2004 – dep. 2005, Martella, Rv. 231289-01).
Nelle pronunce piu’ tradizionali dell’opzione in esame, che tuttavia trovano eco ancora recenti (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 50495 del 14/06/2018, Sestili, Rv. 274602), la qualificazione giuridica come condotte di bancarotta fraudolenta distrattiva delle restituzioni che l’amministratore liquidi in favore di se’ stesso nel periodo di dissesto ruota intorno all’elemento soggettivo del reato, piuttosto che alla natura del credito, ma non smentisce l’approdo suddetto: nel caso in cui il creditore si identifichi nello stesso soggetto che assume le vesti di amministratore della societa’, infatti, si sottolineava il significato ben diverso e piu’ grave della sua condotta rispetto alla mera volonta’ di privilegiare un creditore in posizione paritaria rispetto a tutti gli altri;
b) il prelievo di somme quale restituzione di versamenti operati dai soci a titolo di mutuo o prestito integra la fattispecie di bancarotta preferenziale: in tal caso, i finanziamenti, non avendo “natura di conferimenti di capitale di rischio”, “rappresentano il sorgere di un effettivo ed esigibile credito (chirografario) in capo ai soci, senza che da cio’ consegua effettivo depauperamento dell’asse patrimoniale” (Sez. 5 n. 14908 del 7/3/2008, Frigerio, Rv. 239487-01; Sez. 5, n. 13318 del 14/2/2013, Viale, Rv. 254985-01; Sez. 5, n. 8431 del 1/2/2019, Vesprini, Rv. 276031-01; vedi anche, non massimate, le pronunce piu’ recenti Sez. 5, n. 19354 del 2021 e Sez. 5, n. 13062 del 2021, nonche’ Sez. 5, n. 11399 del 18/1/2021);
c) il prelievo di somme da parte dell’amministratore a titolo di pagamento per le prestazioni lavorative svolte in favore della societa’ poi fallita, durante il periodo di dissesto, integra il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione e non quello di bancarotta preferenziale, non essendo scindibile la sua qualita’ di creditore da quella di amministratore, qualora, anche per l’assenza di Delib. assembleare che stabilisca la misura dei suoi compensi, i prelievi di somme in pagamento dei crediti verso la societa’ in dissesto non sono definiti nella loro congruita’ e non sono fondati su dati ed elementi di confronto che ne consentano un’adeguata e oggettiva valutazione (Sez. 5, n. 17792 del 23/2/2017, Rossi, Rv. 269639; Sez. F, n. 27132 del 13/8/2020, Villardita, Rv. 279633, rispetto a somme sproporzionate al lavoro svolto; Sez. 5, n. 49509 del 19/07/2017, Allia, Rv. 271464-01, nel caso di un amministratore che si sia liquidato somme per il lavoro prestato nell’interesse della societa’, senza l’indicazione di dati ed elementi di confronto che ne consentano un’adeguata valutazione, quali, ad esempio, gli impegni orari osservati, gli emolumenti riconosciuti a precedenti amministratori o a quelli di societa’ del medesimo settore, i risultati raggiunti). Anche la pronuncia Sez. 5, n. 32378 del 12/4/2018, Fagiolo, Rv. 273576 puo’ considerarsi non difforme, sostanzialmente, all’orientamento dominante, nonostante sia stata ritenuta una vera e propria voce dissonante per aver configurato, nell’ipotesi peculiare decisa, il reato di bancarotta preferenziale (cfr. la sentenza Vesprini, che evoca un contrasto; la sentenza Fagiolo ha deciso una fattispecie in cui l’amministratore della fallita aveva prelevato per se’ stesso dal conto della societa’ compensi proporzionati alla quantita’ e alla qualita’ dell’attivita’ svolta, ribadendo come debba essere, invece, racchiusa nello schema della bancarotta distrattiva la condotta dell’amministratore che si attribuisca un compenso sproporzionato).
Gli orientamenti che si sono passati in rassegna, dunque, solo apparentemente divergono, laddove invece si riferiscono a diverse ipotesi, che richiedono soluzioni differenti.
2.1. Nel caso di specie, il ricorso evidenzia che il versamento del cui rimborso l’imputata e’ accusata, configurato come delitto di bancarotta distrattiva, era stato corrisposto a titolo di prestito e, dunque, avrebbe dovuto essere inquadrato, piu’ correttamente, quale delitto di bancarotta preferenziale, previa verifica della natura del conferimento.
La Corte d’Appello, dal canto suo, non si e’ occupata di discernere la natura del versamento corrisposto dalla ricorrente alla societa’, ma ha ritenuto di aderire all’orientamento di legittimita’ che, a suo dire, professerebbe in ogni caso la configurabilita’ del delitto di bancarotta distrattiva nell’ipotesi di prelievi da parte del socio o dell’amministratore che sia anche creditore della fallita.
La censura della ricorrente e’ centrata.
Si e’ poc’anzi evidenziato che non puo’ ritenersi esistente un orientamento interpretativo attuale che proponga sempre, tout court, indipendentemente dalla natura del credito vantato, la sussistenza del delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione, in presenza di un prelievo di somme da parte dell’amministratore o del socio della fallita, durante il periodo di dissesto.
La stessa sentenza Scarpaci del 2019, citata come espressione dell’opzione piu’ rigorosa nel voler configurare sempre un’ipotesi di bancarotta distrattiva, in realta’ premette esplicitamente, in motivazione, che, “nel caso in esame, il ricorrente non ha chiarito a quale titolo le risorse finanziarie fossero state conferite alla societa’”, con cio’ mostrando anzitutto di aderire alla tesi che distingue la natura del credito al fine di qualificare la condotta di reato, e ribadendo, successivamente, il principio consolidato secondo cui, in caso di versamenti effettuati in conto capitale – ipotesi evidentemente prospettatasi nella fattispecie sulla base degli elementi di fatto ricostruiti nei giudizi di merito – le somme versate devono essere destinate al perseguimento dell’oggetto sociale e possono essere restituite solo quando tutti gli altri creditori siano stati soddisfatti, versandosi, quindi, nel reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione nei confronti dell’amministratore di una societa’ che proceda al rimborso di finanziamenti erogati dai soci in violazione della regola, applicabile nel caso di specie, della postergazione, di cui all’articolo 2476 c.c..
2.2. Alla luce di quanto si e’ sinora chiarito, il Collegio, aderendo all’opzione interpretativa che e’ stata ben chiarita dalla sentenza Vesprini, evidenzia come, nel caso di specie, il giudice d’appello avrebbe dovuto ispirarsi al principio di diritto secondo cui, in tema di reati fallimentari, mentre il prelievo di somme a titolo di restituzione di versamenti operati dai soci in conto capitale (o indicati con analoga dizione) integra la fattispecie della bancarotta fraudolenta per distrazione, non dando luogo tali versamenti ad un credito esigibile nel corso della vita della societa’; viceversa, il prelievo di somme quale restituzione di versamenti operati dai soci a titolo di mutuo integra la fattispecie di bancarotta preferenziale.
L’erogazione di somme che a vario titolo i soci effettuano alle societa’ da loro partecipate, infatti, in generale, puo’ avvenire a titolo di mutuo, con il conseguente obbligo per la societa’ di restituire la somma ricevuta ad una determinata scadenza, oppure di versamento, destinato ad essere iscritto non tra i debiti, ma a confluire in apposita riserva “in conto capitale” (o altre simili denominazioni), versamento, quest’ultimo, che non da’ luogo ad un credito esigibile, se non per effetto dello scioglimento della societa’ e nei limiti dell’eventuale attivo del bilancio di liquidazione, ed e’ piu’ simile al capitale di rischio che a quello di credito, connotandosi proprio per la postergazione della sua restituzione al soddisfacimento dei creditori sociali e per la posizione del socio quale residua claimant (Sez. civ. 1, n. 24861 del 09/12/2015, Rv. 637899).
La citata sentenza Vesprini ha, altresi’, fornito le coordinate civilistiche per distinguere la natura dei versamenti effettuati dal socio o amministratore, evidenziando che “stabilire se, in concreto, un determinato versamento tragga origine da un mutuo, o se invece sia stato effettuato quale apporto del socio al patrimonio dell’impresa collettiva, e’ questione di interpretazione della volonta’ delle parti (Sez. civ. 1, n. 7692 del 31/03/2006, cit.); piu’ in particolare, “i versamenti in conto capitale sono assoggettati all’onere di contabilizzazione nel patrimonio netto della societa’ come riserve di capitale ed alla distinta indicazione di tale natura nella nota integrativa”, mentre “l’individuazione della natura del versamento dipende dalla ricostruzione della comune intenzione delle parti, la cui prova va desunta in via principale dal modo in cui il rapporto ha trovato concreta attuazione, dalle finalita’ pratiche cui appare diretto e dagl’interessi allo stesso sottesi, e solo in subordine dalla qualificazione che i versamenti hanno ricevuto in bilancio, la cui portata puo’ risultare determinante, in mancanza di una chiara manifestazione di volonta’ negoziale, in considerazione della sottoposizione del bilancio all’approvazione dei soci” (Sez. civ. 1, n. 15035 del 08/06/2018, Rv. 649557)”.
3. Si impone, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata per nuovo esame, affinche’ la Corte d’Appello si adegui al principio di diritto affermato come sopra, evidenziando le ragioni specifiche di configurabilita’ del reato di bancarotta distrattiva o preferenziale, rapportandole al titolo causale dei conferimenti effettuati dal legale rappresentante della fallita, che, secondo la prospettazione evincibile dalla stessa sentenza impugnata e dal ricorso, si rivelerebbero avere natura di “prestiti” o “mutui” e non di conferimenti in conto capitale.

P.Q.M.

 

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame ad altra Sezione della Corte d’Appello di Milano.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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