Per far valere i vizi di rito o di merito dell’ordinanza di assegnazione di crediti

Corte di Cassazione, sezione sesta (terza) civile, Ordinanza 23 aprile 2019, n. 11191.

La massima estrapolata:

Per far valere i vizi di rito o di merito dell’ordinanza di assegnazione di crediti (violazione del diritto di difesa del terzo dichiarante per mancato o inadeguato suo coinvolgimento nella fase di accertamento incidentale davanti al g.e. del pignoramento presso terzi, non qualificabilità come positiva della dichiarazione già resa ed integrata, violazione del contraddittorio anche col debitore, qualificazione come inesistente o abnorme della conseguente ordinanza) non vi è altro rimedio che una tempestiva opposizione agli atti esecutivi.

Ordinanza 23 aprile 2019, n. 11191

Data udienza 17 gennaio 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE TERZA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19509/2017 R.G. proposto da:
(OMISSIS) SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SNC, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 459/2017 del TRIBUNALE di REGGIO EMILIA, depositata il 03/05/2017;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata del 17/01/2019 dal Consigliere Dott. Franco DE STEFANO.

RILEVATO

che:
la (OMISSIS) spa ricorre, affidandosi a tre motivi con atto notificato il 28/07/2017, per la cassazione della sentenza n. 459 del 03/05/2017 del Tribunale di Reggio Emilia, con cui e’ stata dichiarata inammissibile la sua opposizione al precetto intimato da (OMISSIS) snc in forza di ordinanza ex articolo 553 c.p.c. resa dal Tribunale di Perugia in data 11/04/2016;
l’intimata resiste con controricorso;
e’ stata formulata proposta di definizione – per manifesta infondatezza – in camera di consiglio ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c., comma 1, come modificato dal Decreto Legge 31 agosto 2016, n. 168, articolo 1-bis, comma 1, lettera e), conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197;
entrambe le parti depositano memoria ai sensi del medesimo articolo 380-bis, comma 2, u.p..

CONSIDERATO

che:
la ricorrente si duole: col primo motivo, di “violazione e falsa applicazione dell’articolo 615 c.p.c. in relazione agli articoli 549 e 553 c.p.c.”, deducendo gravi vizi sostanziali e processuali del titolo posta a base del precetto opposto; col secondo, di “violazione e falsa applicazione dell’articolo 480 c.p.c.”, lamentando la non dichiarata nullita’ del precetto per sua non coerenza con il tenore del titolo; col terzo, di “violazione di procedimento e sua nullita’”, prospettando la violazione del principio del contraddittorio nell’esame dell’istanza di sospensione del titolo e l’illegittimita’ del suo rigetto con riferimento ad una decisione non ancora assunta;
il ricorso, benche’ proposto correttamente (in base al principio dell’apparenza, applicabile pure in caso di non correttezza della qualificazione espressa della domanda operata dal giudice che ha reso il provvedimento impugnato) contro sentenza che definisce una domanda espressamente qualificata come opposizione agli atti esecutivi (pag. 5 della sentenza, nonostante si tratti di opposizione a precetto fondato su titolo esecutivo giudiziale), non e’ fondato;
quanto al primo motivo, infatti, e’ radicalmente escluso che possa rimettersi in discussione un titolo esecutivo giudiziale (tra innumerevoli: Cass. ord. 21/09/17, n. 21954; Cass. 25/02/2016, n. 3712; Cass. 17/02/2011, n. 3850; Cass. Sez. U. 23/01/2015, n. 1238), quale l’ordinanza di assegnazione di crediti, per vizi di rito o di merito se non coi rimedi impugnatori propri di quello e tranne i soli casi di reale ed effettiva inesistenza del titolo stesso;
al riguardo, per interpretazione consolidata di questa Corte il processo esecutivo costituisce un sistema chiuso di rimedi e non tollera azioni di contestazione dei suoi atti diverse da quelle espressamente previste (Cass. 20/03/2014, n. 6521; Cass. 02/04/2014, n. 7708; Cass. 31/10/2014, n. 23182; Cass. 29/05/2015, n. 11172; Cass. ord. 14/06/2016, n. 12242; Cass. 06/03/2018, n. 5175);
pertanto, nella specie, per far valere i prospettati vizi di rito o di merito (violazione del diritto di difesa del terzo dichiarante per mancato o inadeguato suo coinvolgimento nella fase di accertamento incidentale davanti al g.e. del pignoramento presso terzi, non qualificabilita’ come positiva della dichiarazione gia’ resa ed integrata, violazione del contraddittorio anche col debitore, qualificazione come inesistente o abnorme della conseguente ordinanza) non vi era altro rimedio che una tempestiva opposizione agli atti esecutivi: e, nella specie, la presente azione non e’ stata proposta prima del 22/07/2016, a fronte della notifica del titolo esecutivo giudiziale suddetto fin dal 31/05/2016, con evidente violazione del termine perentorio di venti giorni;
ma neppure i vizi qui dedotti sono in grado di trasformare il provvedimento di assegnazione, chiaramente reso dal g.e. titolare della potesta’ di renderlo e univocamente riconoscibile in quanto tale sui normali presupposti formali, in provvedimento inesistente o abnorme: non rilevando l’addotta pronuncia del Consiglio di Stato a inficiare la consolidata giurisprudenza di questa Corte sulla qualificazione dei provvedimenti come abnormi – anche secondo i precedenti richiamati in memoria, se letti attentamente – quando assunti in carenza di ogni previsione normativa e non gia’ quando afflitti da prospettati, per quanto gravi, difetti della struttura motivazionale o da vizi del procedimento, compresa la prospettata compressione del diritto al contraddittorio (da farsi valere appunto con il tempestivo dispiegamento, qui invece mancato, dello specifico rimedio previsto dalla legge processuale);
ne’, del resto, e’ prospettabile che l’imposizione, quale mezzo di reazione o contestazione, di un’opposizione nel termine di venti giorni comprima, vista invece la congruita’ ed idoneita’ del termine, in alcun modo il diritto di difesa di colui nei cui confronti e’ stato reso il provvedimento addotto come viziato;
quanto alla non corrispondenza tra somma precettata e somma congruamente interpretabile come oggetto di assegnazione di un’ordinanza obiettivamente non completamente perspicua (atteso il tenore letterale – peraltro del solo dispositivo – trascritto a pag. 6 del ricorso), poi, la doglianza non e’ stata affatto esaminata dal giudice che ha emesso il provvedimento impugnato e, quindi, non soffre della qualificazione della domanda su quella fondata e come espressamente formulata: ma e’ evidente che tale doglianza, incentrata su vizi propri del precetto e riferita quindi alla contestazione del quantum in ragione dell’esatta (o comunque diversa) interpretazione del titolo esecutivo giudiziale azionato, non avrebbe potuto che qualificarsi come opposizione ad esecuzione e quindi l’omessa pronuncia sulla medesima andava impugnata col rimedio proprio delle sentenze che definiscono tali azioni e cioe’ con appello e non con ricorso per cassazione (essendo stata ripristinata fin dal 04/07/2009 la normale appellabilita’ delle sentenze che definiscono le opposizioni ex articolo 615 c.p.c.);
e pure in questo caso va esclusa qualsiasi abnormita’, ben potendo dispiegarsi contemporaneamente doglianze di opposizione all’esecuzione e di opposizione agli atti esecutivi e, di conseguenza, operare contestualmente un diversificato onere di impugnazione, neppure in tal caso rispettato dall’odierna ricorrente;
ne’, infine, si scorge alcuna violazione di elementari regole di svolgimento logico e ragionevole del processo, poiche’ l’adozione di un provvedimento di rigetto inaudita altera parte dell’istanza di sospensione ai sensi dell’articolo 615 c.p.c. e del successivo provvedimento di conferma e’ del tutto corretta, non solo siccome non e’ normativamente prevista alcuna – e tanto meno tempestiva – conferma del provvedimento di rigetto in quanto tale (quella ovviamente non potendo mancare se non per quelli che la sospensione concedono), ma soprattutto perche’ e’ ineccepibile la pur tacitiana – motivazione del rigetto stesso, non potendo rilevare di per se’ che sarebbe stata di li’ a poco stata confermata in via definitiva con sentenza, visto che ogni provvedimento interinale del processo civile si fonda proprio sulla delibazione od anticipazione di ragioni di possibile fondatezza delle tesi di una delle parti;
in conclusione, manifestamente infondati il primo ed il terzo motivo ed inammissibile il secondo, il ricorso va rigettato, con condanna della ricorrente, soccombente, alle spese del giudizio;
deve pure darsi atto – mancando la possibilita’ di valutazioni discrezionali (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra molte altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione.

P.Q.M.

rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 2.900,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

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