Omesso esame processuale non è omessa pronuncia

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|16 ottobre 2024| n. 26913.

Omesso esame processuale non è omessa pronuncia

Massima: L’omesso esame di una questione puramente processuale (nella specie, un’istanza di ricusazione) non integra il vizio di omessa pronuncia, configurabile soltanto nel caso di mancato esame di domande od eccezioni di merito.

 

Ordinanza|16 ottobre 2024| n. 26913. Omesso esame processuale non è omessa pronuncia

Data udienza 2 maggio 2024

Integrale

Tag/parola chiave: Provvedimenti del giudice civile – ‘Ius superveniens’ – Omessa pronuncia mancato esame di questione puramente processuale – Vizio di omessa pronuncia – Configurabilità – Esclusione.

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele Gaetano Antonio – Presidente

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere Rel.

Dott. GUIZZI Giaime Stefano – Consigliere

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 12586/2022 R.G. proposto da:

Si.Ba., rappresentata e difesa dall’avvocato DA.BE. ed elettivamente domiciliata presso lo studio del medesimo in R PIAZZALE (Omissis), pec: (Omissis)

contro

– ricorrente –

ROMA CAPITALE, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati TO.SE. e SA.NI. ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in R, via (Omissis), pec: (Omissis)

– controricorrente –

nonché contro

L’IMPRESA GI. Srl, UN. ASS.NI Spa

– intimati –

avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di ROMA n. 3192/2022 depositata il 28/02/2022.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 02/05/2024 dal Consigliere Dott.ssa ANNA MOSCARINI.

Omesso esame processuale non è omessa pronuncia

RILEVATO CHE:

Si.Ba. convenne in giudizio davanti al Giudice di Pace di Roma – Sezione distaccata di – Ostia l’allora Comune di Roma per sentirne pronunciare la condanna al risarcimento dei danni da essa patiti in conseguenza di un sinistro avvenuto in Roma in data 30/6/2003 sulla via Tiburtina direzione G.R.A., allorquando, giunta in ora notturna a bordo del proprio motociclo all’altezza del civico n. 225 in un tratto stradale con scarsa illuminazione pubblica, era caduta rovinosamente a terra a causa della presenza sul manto stradale di “una striscia di sostanza viscida”; trasportata al Pronto Soccorso riportò “contusione escoriata ginocchio sx e mano dx” e lievi danni materiali al veicolo; il Comune di Roma, nel costituirsi in giudizio, eccepì la propria carenza di legittimazione passiva, chiamando in garanzia la società GI. Srl avente in appalto la manutenzione dei lavori del tratto di strada interessato e sollevò l’incompetenza per territorio dell’adito Giudice di Pace; il Giudice di Pace condannò il Comune di Roma al pagamento in favore della Ba. della somma complessiva di Euro 2.082,00;

avverso la sentenza la GI. Srl propose appello dinanzi al Tribunale di Roma, sezione di Ostia per sentir dichiarare l’incompetenza territoriale dell’adito Giudice di Pace; si costituirono il Comune di Roma e la UN. Assicurazioni mentre la Ba. rimase contumace;

il Tribunale di Roma, in persona del dott. M. Moriconi, riformò la sentenza di primo grado dichiarando il Giudice di Pace della sezione distaccata di Ostia carente di competenza territoriale, concedendo termine per l’eventuale riassunzione della causa davanti al Giudice di Pace di Roma o a quello di Milano, e condannando la Ba. alla restituzione delle somme ricevute;

a seguito di ricorso per cassazione della Ba. questa Corte lo dichiarò inammissibile in quanto la ricorrente avrebbe dovuto proporre regolamento di competenza; e la Ba. riassunse il giudizio davanti al Giudice di Pace di Roma il quale rigettò la domanda per intervenuta prescrizione ed aggiunse altresì una motivazione sul merito ritenendo che il sinistro fosse da attribuirsi esclusivamente alla responsabilità della Ba.;

a seguito di appello della Ba. la stessa nel corso del giudizio formulò una domanda di astensione obbligatoria ai sensi dell’art. 51 c.p.c. del magistrato d’appello Dott. Moriconi che aveva già giudicato la causa presso la sezione distaccata di Ostia, e presentò in subordine istanza di ricusazione; il Giudice adito senza pronunciarsi sulla domanda di astensione obbligatoria e sull’istanza di ricusazione, rigettò l’appello;

Omesso esame processuale non è omessa pronuncia

avverso la sentenza Si.Ba. ha proposto ricorso per cassazione, cui ha resistito Roma Capitale con controricorso, mentre l’Impresa GI. Srl e la UN. Assicurazioni Spa sono rimasti intimati;

vi è memoria della ricorrente.

CONSIDERATO CHE:

con il primo motivo – dedotto “ex art. 360, c. 1 n. 3 e 4 c.p.c., per violazione degli artt. 112, 51 e 52 c.p.c., per aver il Tribunale di Roma omesso di statuire in ordine alla richiesta di astensione alla trattazione, ex art. 51 c. 1 n. 4 c.p.c. avanzata dalla ricorrente fin dalla prima udienza, nonché di astenersi pur essendone obbligato e, aspetto assai più grave, nel non aver sospeso il procedimento in presenza di subordinato ricorso per ricusazione, ex art. 52 c.p.c., tempestivamente presentato, unitamente alla comparsa conclusionale e reiterato nelle note di trattazione di udienza, disertando finanche la richiesta di discussione orale in luogo della trattazione scritta, emettendo una sentenza viziata da insanabile nullità (pagg. n. 12 – 16)” – si lamenta che nonostante essa ricorrente avesse formulato istanza di astensione in tutti i propri atti difensivi e, in via subordinata, ricorso per ricusazione, evidenziando che il Dott. Moriconi aveva già conosciuto la causa come magistrato in altro grado del processo, il Tribunale di Roma, omettendo di pronunciare sulle dette istanze, avrebbe violato gli artt. 112 e 51 e 52 c.p.c., omettendo di astenersi pur essendone obbligato ai sensi dell’art. 51, co. 1 n. 4 c.p.c. ed omettendo di sospendere il procedimento in presenza di ricorso di ricusazione ex art. 52 c.p.c.;

il motivo deduce violazione di norme sul procedimento, ma risulta in thesi ben dedotto solo con riferimento alla violazione degli artt. 51 e 52 c.p.c. e non anche alla violazione dell’art. 112 c.p.c., la quale non rileva quando si è omesso di decidere su eccezioni di natura processuale, secondo il consolidato indirizzo di questa Corte, potendo il vizio di omessa pronuncia formularsi solo in relazione a motivi afferenti il merito delle questioni (Cass., 6 – 2, n. 321 del 12/1/2016; Cass., 1, n. 22952 del 10/11/2015; Cass., 6 – 2, n. 6174 del 14/3/2018);

esso prospetta la questione dell’ammissibilità di un’istanza di ricusazione in via subordinata ad una richiesta di astensione;

il motivo è infondato: il secondo comma dell’art. 52 c.p.c. prevede un procedimento specifico per la proposizione dell’istanza di ricusazione, stabilendo che il ricorso per ricusazione – se il nome del ricusando è noto – debba essere depositato in cancelleria due giorni prima dell’udienza e – in caso contrario – comunque prima dell’inizio della trattazione specifica, così prescrivendo un deposito in cancelleria necessariamente riferito all’istanza. Ciò, in quanto, se si dubita dell’imparzialità del giudice e si assume che egli avrebbe l’obbligo di astenersi, è palese che sarebbe un fuor d’opera investire dell’istanza lo stesso giudice che si intende ricusare; infatti, sulla ricusazione decide il Presidente del Tribunale se è ricusato un giudice di pace ed il Collegio se è ricusato uno dei componenti del Tribunale o della corte (art. 53 c.p.c.);

Omesso esame processuale non è omessa pronuncia

nella specie l’istanza venne proposta con atti inerenti allo stesso giudizio senza conferire al ricorso per ricusazione l’autonomia richiesta dal codice di rito;

in secondo luogo, anche a voler conferire questa autonomia all’istanza depositata in uno con la conclusionale, proprio la disciplina del secondo comma dell’art. 52 c.p.c. là dove prescrive un’istanza formale da depositarsi in cancelleria, esclude che un’istanza di ricusazione possa proporsi, come lo è stato, in via subordinata ad una richiesta di astensione rivolta al giudice; l’alternativa della subordinazione avrebbe dovuto, dunque, sciogliersi espressamente;

si deve, dunque, ritenere che a ragione il Tribunale ha ignorato l’istanza subordinata;

conclusivamente, la Ba. avrebbe potuto aver ragione nel giudizio di ricusazione ove lo avesse correttamente instaurato, cioè ove lo avesse formulato con una autonoma istanza e non anche con gli atti processuali di causa così da attivare il procedimento di cui all’art. 52, secondo co. c.p.c.; in ogni caso e gradatamente, anche volendo conferire idoneità all’istanza depositata unitamente alla conclusionale parte ricorrente, avendola proposta in via subordinata ad un’istanza di astensione rivolta allo stesso giudice da ricusare risulta avere errato, in quanto è inammissibile un’istanza di ricusazione subordinata ad un’istanza volta a sollecitare l’astensione del giudice;

ne consegue, pertanto, l’infondatezza del primo motivo di ricorso;

con il secondo motivo di ricorso – dedotto “ex art. 360, c. 1 n. 3 e 4 c.p.c., per violazione degli artt. 112, 132 c. 2 n. 4 c.p.c., per aver il Tribunale di Roma emesso una sentenza in violazione del principio della corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato, omettendo di statuire in ordine al primo motivo di gravame, il cui accoglimento, anche qualora considerato implicito, avrebbe comportato il favore delle spese e compensi di lite del secondo grado in capo alla ricorrente quale parte parzialmente vittoriosa e, in alcuna ipotesi, l’illegittima condanna, nonché la riforma della condanna di quelle di primo grado (pagg. nn. 16 – 22)” – il ricorrente lamenta l’omessa pronuncia e la nullità ai sensi dell’art. 132, co. 2 n. 4 c.p.c. della sentenza per aver il tribunale omesso di pronunciarsi sul primo motivo di gravame con cui si chiedeva la riforma della sentenza di primo grado nella parte in cui aveva dichiarato l’intervenuta prescrizione del diritto;

il motivo è inammissibile, sia in quanto può dirsi che il tribunale, pur non esplicitandolo, abbia deciso sulla questione più liquida e cioè sulla infondatezza nel merito della domanda risarcitoria, così sostanzialmente assorbendo la questione della prescrizione, sia in quanto è palese il difetto di interesse della ricorrente ad ottenere una decisione sul motivo inerente la prescrizione se non si supera la decisione impugnata in relazione alla questione che il tribunale ha reputato di esaminare per rigettare l’appello;

con il terzo motivo di ricorso – dedotto “ex art. 360, c. 1 n. 3 e 4 c.p.c., per violazione degli artt. 112, 132 c. 2 n. 4 c.p.c., relativamente al secondo motivo di gravame, per aver concesso, nel merito, una sentenza dotata di motivazioni, illogiche, contraddittorie, apparenti, affidate alla semplice trascrizione delle motivazioni della statuizione della sentenza di primo grado, omettendo di replicare in ordine alle chiare censure svolte dalla ricorrente, nonché richiami a “passaggi” motivazionali mai statuiti e non oggetto del contendere, tale da viziare, anche nella statuizione sul merito, la sentenza di nullità (pagg. n. 22 – 27)” – si lamenta che l’impugnata sentenza ha motivato in modo apparente, sia perché si è sostanzialmente limitata a richiamare la motivazione del giudice di primo grado, facendo ad essa seguire poche ed incomprensibili affermazioni, sia perché non ha pronunciato sui motivi di appello in particolare sul motivo n. 2 con il quale l’appellante aveva lamentato che le deduzioni del giudice di primo grado fossero distaccate dalla realtà fattuale e dall’istruttoria espletata, affidate soltanto a valutazioni probabilistiche prive di alcuna certezza e prive di considerazioni in ordine alla responsabilità del custode;

Omesso esame processuale non è omessa pronuncia

le statuizioni del giudice di prime cure, riportate dalla p. 3 fino al primo capoverso della p. 4 valorizzavano le prove raccolte dal Giudice di Pace di Ostia ma si affidavano a supposizioni che erano state analiticamente contrastate dall’appellante, mentre la sentenza su tali censure tace del tutto, limitandosi a rilevare “La domanda della Ba. è del tutto priva di fondamento. Come emerge anche dal sopralluogo della Polizia Municipale. In realtà la macchia d’olio di cui si discute è stata la conseguenza e non anche la causa dell’incidente, posto che il motociclo è stato trovato posizionato sopra la parte terminale della striscia della sostanza viscida. Né si ritiene l’utilità di un testimone non presente al momento dell’accesso della Polizia Municipale e le cui dichiarazioni non sono attendibili in quanto, fra l’altro, in contraddizione con gli accertamenti effettuati dalla P.M.”;

il motivo è fondato. La motivazione, espressa a pag. 4 della sentenza, dopo che si è riportata la motivazione della sentenza del primo giudice, è nella sostanza inesistente, dato che il suo approdo non risulta giustificato in modo comprensibile.

In particolare: a) all’asserzione che “La domanda della Ba. è del tutto priva di fondamento”, segue senza alcuna spiegazione effettiva un asserto che non viene in alcun modo motivato, con l’indicazione di ciò che lo giustificherebbe: giustificare l’infondatezza con un “come emerge anche dal sopralluogo della Polizia Municipale”, infatti, non offre alcuna spiegazione di siffatta emergenza; b) se anche tale spiegazione – come, peraltro, contraddice l’espressione “in realtà”, che allude ad altro – si volesse in thesi rinvenire nella successiva affermazione che “In realtà la macchia d’olio di cui si discute è stata la conseguenza e non anche la causa dell’incidente, posto che il motociclo è stato trovato posizionato sopra la parte terminale della striscia della sostanza viscida”, parimenti si dovrebbe rilevare che non si coglie in essa alcuna spiegazione del perché la posizione del veicolo dovrebbe giustificare la conseguenza ritenuta; c) per mera completezza, ancorché le rilevanti carenze di effettiva motivazione appena indicate siano decisive e tolgano alla decisione il carattere di motivazione, anche l’ulteriore affermazione che “Né si ritiene l’utilità di un testimone non presente al momento dell’accesso della Polizia Municipale e le cui dichiarazioni non sono attendibili in quanto, fra l’altro, in contraddizione con gli accertamenti effettuati dalla P.M.”, segue la stessa logica di abdicazione alla spiegazione dell’assunto, posto che nemmeno una benché minima indicazione del tenore rilevante dei detti accertamenti si è offerta.

Essendo, per le indicate ragioni, la motivazione meramente assertoria, tale sua caratteristica ridonda nel vizio di mancanza della motivazione per come ribadito dalle note decisioni delle Sezioni Unite, nn. 8053 e 8054 del 2014.

Ne consegue che il motivo va accolto e la sentenza va cassata con rinvio al Tribunale di Roma perché, all’esito della valutazione delle risultanze di causa, fornisca una motivazione adeguata. La nuova motivazione si farà carico anche delle questioni dedotte con il quarto, quinto e sesto motivo di ricorso, che restano assorbiti in conseguenza dell’accoglimento del terzo motivo.

Omesso esame processuale non è omessa pronuncia

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo e dichiara inammissibile il secondo; accoglie il terzo motivo di ricorso e dichiara assorbiti il quarto, il quinto ed il sesto; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia al Tribunale di Roma, in persona di diverso magistrato addetto all’ufficio, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma il 2 maggio 2024.

Depositata in Cancelleria il 16 ottobre 2024.

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