Non si incorre nel divieto di frazionamento di quel credito che sia corrisposto mensilmente al condebitore

Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Ordinanza 8 marzo 2019, n. 6803.

La massima estrapolata:

Non si incorre nel divieto di frazionamento di quel credito che, seppur faccia capo ad un credito più ampio, sia corrisposto mensilmente al condebitore. Difatti, pur facente parte di un importo maggiore, proprio il carattere periodico della singola rata conferisce alla stessa carattere di autonomia, in quanto conseguenza di accordo tra le parti.

Ordinanza 8 marzo 2019, n. 6803

Data udienza 3 ottobre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 16441-2014 proposto da:
(OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 128/2014 del TRIBUNALE di BENEVENTO, depositata il 29/01/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 03/10/2018 dal Consigliere Dott. SCALISI ANTONINO.

FATTI DI CAUSA

(OMISSIS), proponeva appello avverso l’ordinanza n. 225/2011, con la quale il Giudice di Pace di Benevento, definitamente pronunciando nella causa n, 1996/2011, aveva dichiarato l’incompetenza per valore del Giudice adito e revocato il D.I. opposto n. 189/2011, assegnando alle parti termine perentorio di mesi tre per la riassunzione della causa, dinanzi al Tribunale.
La causa n. 1996/2011 aveva ad oggetto l’opposizione proposta da (OMISSIS) avverso il D.I. n. 189/2011, con il quale le era ingiunto di pagare, in favore dell’ingiungente (OMISSIS), l’importo di Euro 615,17, oltre interessi legali.
Dall’esame degli atti emergeva che (OMISSIS) avanzava tale pretesa nei confronti di (OMISSIS) sul presupposto che quest’ultima fosse coobbligata, unitamente ai germani (OMISSIS), (OMISSIS), al pagamento in favore di (OMISSIS) s.p.a., quale agente, per la riscossione per la Provincia di Benevento, degli importi di Euro 155.347,30 e di Euro 864,01 in forza di due cartelle esattoriali.
Nel ricorso monitorio (OMISSIS) assumeva che la (OMISSIS) s.p.a. aveva loro accordato il pagamento rateale della debitoria, pari all’importo complessivo di Euro 157.089,36, mediante il pagamento di n. 72 rate mensili a decorrere dal 19.11.2010. (OMISSIS), nel ricorso monitorio, deduceva che (OMISSIS) si era resa inadempiente nei confronti di esso ricorrente del pagamento dell’importo di Euro 615,17, rappresentante la quota di 1/4 di spettanza di (OMISSIS) rispetto alla terza rata di Euro 2460,68 da lui corrisposta per l’intero in data 18.1.2011 all’agente di riscossione.
L’ordinanza impugnata dichiarava l’incompetenza per valore del Giudice di Pace sul presupposto che il credito dedotto in giudizio nascesse “dal pagamento di una quota parte della somma di Euro 155.347,50 ripartita in 12 rate mensili” e che “per il principio della solidarieta’ passiva tra i coobbligati il valore della causa non era della quota parte di Euro 615,02 facente capo all’opponente (OMISSIS) ma lo stesso e’ relativo all’intera somma dovuta in relazione alla cartella esattoriale dedotta nel giudizio”. Avverso tale ordinanza (OMISSIS) proponeva appello.
Il Tribunale di Benevento, con sentenza n. 128 del 2014, accoglieva l’appello e, in totale riforma della sentenza impugnata, affermava la competenza del Giudice di Pace di Benevento, rigettava l’opposizione proposta da (OMISSIS), condannava l’appellata al pagamento delle spese del giudizio. Secondo il Tribunale posto che nel giudizio si controverteva di una sola quota di un debito nei confronti di (OMISSIS), la competenza era quella del Giudice di Pace. Nel merito, l’appello era fondato, perche’ la domanda di (OMISSIS) era stata provata, essendo state depositate le ricevute di pagamento della 3 rata in favore di (OMISSIS) spa. La cassazione di questa sentenza e’ stata chiesta da (OMISSIS), con ricorso affidato a tre motivi. (OMISSIS) ha resistito con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.= Con il primo motivo di ricorso (OMISSIS) lamenta la violazione dell’articolo 7 c.p.c. e dell’articolo 11 c.p.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 2, n. 2. Secondo la ricorrente il Tribunale avrebbe errato per aver applicato gli articoli 10 e 14 c.p.c. Piuttosto, il valore della domanda doveva e deve essere quello relativo all’intero credito e, pertanto, vi era e vi e’ chiara incompetenza per valore del GdP ad emettere il decreto ingiuntivo opposto.
1.1.= Il motivo e’ infondato
E’ pacifico, in dottrina e nella stessa giurisprudenza di questa Corte, che ai fini della competenza occorre far riferimento al thema decidendum, invece che al quid disputandum, per cui l’accertamento di un rapporto che costituisce la causa petendi della domanda, in quanto attiene a questione pregiudiziale della quale il giudice puo’ conoscere in via incidentale, non influisce sull’interpretazione e qualificazione dell’oggetto della domanda principale e, conseguentemente, sul valore della causa (sent. 14 aprile 1973 n. 1068; 16 aprile 1973 n. 1076).
Ora, nel caso in esame, l’importo dovuto ad (OMISSIS) e’ stato frazionato in 72 rate mensili e la terza delle quali e’ stata pacificamente saldata da (OMISSIS). Sicche’, (OMISSIS) ha sopportato un ingiusto impoverimento dovuto al versamento di una quota maggiore di quella dovuta a fronte di un corrispondente improprio vantaggio economico per la (OMISSIS). In tale contesto, l’importo complessivo delle cartelle esattoriale integra gli estremi di un accertamento incidentale che non interferisce sul valore della controversia.
Correttamente, dunque, la Corte distrettuale ha evidenziato che “(…) la somma domandata era, dunque, quella di Euro 615,03 per cui sussisteva la competenza per valore del Giudice di pace, non assumendo alcuna rilevanza la circostanza che la somma ingiunta fosse una parte di quella maggiore dovuta da tutti i condebitori solidali nei confronti di (OMISSIS) s.p.a. in virtu’ di due cartelle esattoriali. Nel presente giudizio, infatti, si controverte non dell’intera obbligazione tra la (OMISSIS) s.p.a e i germani (OMISSIS), condebitori solidali, bensi’ del diritto di regresso di (OMISSIS) nei confronti della condebitrice solidale (OMISSIS) ex articolo 1299 c.c. che nel presente giudizio ha ad oggetto la sola quota di Euro 615,03 pari ad 1/4 della rata di Euro 2460,68 (….)”.
2.= Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta la violazione degli articoli 752 e 754 c.p.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. La ricorrente sostiene che il Tribunale, erroneamente, avrebbe applicato la normativa di cui all’articolo 1299 c.c. in tema di solidarieta’ e non avrebbe tenuto conto della normativa di cui agli articoli 752 e 754 c.c. che prevede l’inoperativita’ della solidarieta’ passiva tra coeredi.
2.1. = Il motivo e’ inammissibile, perche’ trattasi di eccezione nuova, avanzata per la prima volta nel presente giudizio di cassazione. E’ ius receptum che i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilita’, questioni che siano gia’ comprese nel tema del decidere del giudizio d’appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimita’ questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito, tranne che non si tratti di questioni rilevabili d’ufficio. Il ricorrente, al fine di evitare una statuizione di inammissibilita’ per novita’ della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione avanti al giudice del merito, ma anche di indicare in quale atto del precedente giudizio lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare “ex actis” la veridicita’ di tale asserzione, prima di esaminarne il merito.
2.2.= Il motivo e’ inammissibile, anche, perche’ muove da un presupposto sbagliato. Infatti, contrariamente, a quanto ritiene il ricorrente, il debito di cui si dice non e’ un debito ereditario, cioe’, un debito insistente nella massa ereditaria, proprio perche’ non e’ imputabile al de cuius, piuttosto, e’ un debito sorto ex lege, occasionato dell’apertura della successione, a carico di tutti gli eredi nei confronti dello Stato.
2.3. = Senza dire che la norma tributaria (Decreto Legislativo n. 346 del 1990, articolo 36, comma 1), nel prevedere che gli eredi sono obbligati solidalmente al pagamento dell’imposta, nell’ammontare complessivamente dovuto da loro e dai legatari (cfr Cassazione 22523/2007), richiama la nozione di solidarieta’ dettata dall’articolo 1292 c.c.. Questa disposizione, tra l’altro, chiarisce che l’obbligazione e’ in solido quando piu’ debitori sono obbligati tutti per la medesima prestazione, in modo che ciascuno puo’ essere costretto all’adempimento per la totalita’ e l’adempimento da parte di uno libera gli altri. Di conseguenza, in presenza di una pluralita’ di eredi, tutti devono ritenersi obbligati per la medesima prestazione nei riguardi dell’Erario (articolo 1292 c.c.), ognuno conservando diritto di regresso nei confronti degli altri condebitori. Per altro, la stessa Corte di Cassazione richiamata, ha riconosciuto che l’affermazione del principio di solidarieta’ passiva in materia tributaria non e’ nuovo. Negli stessi termini, infatti, la Cassazione si e’ espressa con riferimento ai condoni tributari, affermando che, qualora uno dei coeredi, tenuto in solido al pagamento del tributo, abbia chiesto e ottenuto la definizione della controversia, e abbia, quindi, provveduto al pagamento del dovuto, gli effetti liberatori della definizione agevolata si estendevano anche a favore degli altri coeredi. Cio’ in quanto, in materia di solidarieta’ passiva, caratterizzata dalla unicita’ della prestazione facente carico a una pluralita’ di soggetti, trova applicazione il principio dell’articolo 1292 c.c., circa la portata estintiva e liberatoria per tutti i condebitori dell’adempimento effettuato da uno di essi (cfr Cass. n. 18008/2006).
3.) Con il terzo motivo, la ricorrente lamenta contraddittoria e falsa applicazione della L. n. 133 del 2008, articolo 20, commi 7, 8 e 9 sul divieto di frazionamento del credito. La ricorrente sostiene che il Tribunale non avrebbe tenuto conto che (OMISSIS) nel richiedere la quota di un pagamento della terza rata di un debito piu’ ampio avrebbe frazionato il credito incorrendo nel divieto di frazionamento del credito e rendendo improcedibile la procedura monitoria relativa alla richiesta di decreto ingiuntivo.
3.1.= Anche questo motivo e’ infondato.
La ricorrente non tiene conto che la scadenza delle rate imposte dall’agente di riscossione e’ mensile e (OMISSIS) era tenuto al relativo pagamento nel medesimo termine per non determinare la risoluzione dell’intercorso accordo. Percio’, l’importo di cui si dice, nonostante, faccia parte di un importo maggiore, ha una sua autonomia e la richiesta di quanto dovuto dal coobbligato solidale, non integra un’ipotesi di parcellizzazione del maggior credito. Con la conseguenza che, l’eccedenza della quota di spettanza del condebitore adempiente va calcolata non rispetto al credito intero, ma, rispetto alle singole rate in cui e’ stato tradotto l’intero credito. Ove, cosi’ non fosse, il condebitore adempiente non avrebbe possibilita’ di giovarsi della stessa rateizzazione, costretto a subire uno svantaggio economico reale con una utilita’ ingiustificata del condebitore inadempiente.
Senza dire che, la ricorrente non ha, neppure, in questa sede, dedotto la contemporanea pendenza di piu’ domande relative ad un medesimo rapporto, ovvero, tese a frazionare debiti gia’ scaduti in azioni simultanee.
E, comunque, a parte queste considerazioni, va qui osservato che, come ha gia’ evidenziato il Tribunale che il Collegio condivide: “(….) non assume alcuna rilevanza nel presente giudizio il principio dell’inammissibilita’ della domanda nell’ipotesi di parcellizzazione del credito in plurime richieste giudiziali di adempimento, contestuali o scaglionate nel tempo da parte del creditore, atteso che il diritto di regresso del condebitore solidale ex articolo 1299 c.c. nei confronti degli altri condebitori sorge solo al momento dell’avvenuto pagamento del debito in favore del creditore e, quindi, nel caso di specie al momento del pagamento della rata di Euro 2460,68 (…)”.
In definitiva, il ricorso va rigettato e la ricorrente in ragione del principio di soccombenza va condannata a rimborsare a parte controricorrente le spese del presente giudizio di cassazione che vengono liquidate con il dispositivo. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17), applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), ricorrono i presupposti per il raddoppio del versamento del contributo unificato da parte della ricorrente, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare a parte controricorrente le spese del presente giudizio di cassazione che liquida in Euro 1.000,00 di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali pari al 15% del compenso e accessori come per legge; da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dell’articolo 13 citato.

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