Cassazione 11

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 5 maggio 2016, n. 8951

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente
Dott. AMBROSIO Annamaria – rel. Consigliere
Dott. RUBINO Lina – Consigliere
Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 3748-2014 proposto da:
(OMISSIS) SRL, (OMISSIS), in persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SAS, in persona del suo legale rappresentante sig.ra (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente-
contro
(OMISSIS) coniuge superstite e erede di (OMISSIS), (OMISSIS) SPA, (OMISSIS) SPA, (OMISSIS) SPA, (OMISSIS) SPA, (OMISSIS) SRL, (OMISSIS), (OMISSIS) SPA societa’ incorporante per fusione (OMISSIS) SRL;
– intimati –
e contro
(OMISSIS) SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta procura speciale del Dott. Notaio Dott. (OMISSIS), in (OMISSIS);
– resistente –
avverso la sentenza n. 1687/2013 del TRIBUNALE di MILANO, depositata il 05/02/2013, R.G.N. 39548/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 02/02/2016 dal Consigliere Dott. ANNAMARIA AMBROSIO;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega non scritta;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CARDINO Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 1687 in data 05.02.2013, il Tribunale di Milano ha rigettato l’opposizione ex articolo 617 c.p.c. proposta dalla debitrice esecutata (OMISSIS) s.r.l. avverso gli atti compiuti dal notaio delegato per la vendita senza incanto e, segnatamente, avverso il provvedimento di non ammissione all’eventuale gara del mandatario dell’offerente societa’ (OMISSIS), nonche’ avverso il provvedimento di inidoneita’ dell’offerta presentata da (OMISSIS) s.r.l. per il tramite del procuratore (OMISSIS); ha rigettato la domanda di (OMISSIS) s.p.a. che aveva prestato adesione all’opposizione limitatamente all’esclusione dell’offerta di (OMISSIS) s.r.l.; ha quindi, rigettato, anche la domanda di quest’ultima societa’, la quale – sulla base del medesimo presupposto dell’idoneita’ dell’offerta – chiedeva la revoca del verbale di vendita fruttuosa e dell’aggiudicazione in favore di (OMISSIS) s.p.a.. Il Tribunale ha, infine, condannato (OMISSIS) al pagamento delle spese processuali, liquidate in Euro 8.250,00 in favore di ognuna delle parti costituite, con esclusione di (OMISSIS) s.p.a. e di (OMISSIS) s.r.l. nei confronti delle quali dichiarava le stesse spese compensate.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) s.r.l., svolgendo cinque motivi.
Ha resistito (OMISSIS) s.p.a., depositando controricorso e memoria; mentre la (OMISSIS) s.p.a. ha depositato procura notarile, oltre alla memoria.
Nessuna attivita’ difensiva e’ stata svolta da parte degli altri intimati.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente va dichiarata l’inammissibilita’ della memoria depositata da (OMISSIS) s.p.a.. Invero la parte contro la quale il ricorso e’ diretto, se intende contraddirvi, deve farlo mediante controricorso da notificarsi alla controparte ex articolo 370 c.p.c.. In mancanza di tale atto, essa non puo’ presentare memoria, ma solamente partecipare alla discussione orale (come e’ avvenuto, nella specie, da parte del legale della (OMISSIS), previo deposito di procura notarile).
2. Il Tribunale – premesso che ai sensi dell’articolo 571 c.p.c. l’offerta per l’acquisto deve essere proposta personalmente o a mezzo di procuratore legale anche a norma dell’articolo 579, u.c. – ha rilevato che la norma prevede due categorie di soggetti che possono proporre l’offerta nella vendita senza incanto, con la precisazione che il termine procuratore legale deve intendersi sostituito con quello di avvocato; ha, altresi’, evidenziato che, nella vendita con incanto, il legislatore, pure individuando tre categorie di soggetti legittimati a partecipare all’incanto, ha evidentemente reputato come eccezionale la partecipazione di mandatario munito di procura speciale, consentendo ai sensi dell’articolo 579 c.p.c. al solo avvocato di fare offerte per persona da nominare; ha, infine, rimarcato che – anche argomentando a contrario da un precedente di legittimita’ (Cass. n. 578/2005) relativo all’eventuale aumento di sesto nella vendita all’incanto – risultava confermato che, nella vendita senza incanto, l’offerta deve essere comunque effettuata dall’offerente personalmente oppure a mezzo di un avvocato anche nell’eventuale gara successiva all’apertura delle buste.
Da tali premesse il Tribunale ha tratto la considerazione della correttezza delle decisioni assunte dal notaio delegato per la vendita senza incanto di non ammettere l’offerta di (OMISSIS) s.r.l. e di non ammettere all’eventuale gara il mandatario di (OMISSIS) s.p.a., osservando:
quanto alla posizione di (OMISSIS), che l’offerta non era sottoscritta dalla parte personalmente ossia dal legale rappresentante della societa’, bensi’ da un mero mandatario munito di procura speciale ( (OMISSIS));
quanto alla posizione di (OMISSIS) che, pur essendo l’offerta debitamente sottoscritta dal presidente del C.d.A., in sede di vendita senza incanto innanzi al notaio era presente un mero mandatario con procura speciale ( (OMISSIS)), che non era avvocato.
2.1.Con il primo motivo di ricorso si denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5), rappresentato dall’avvenuta attribuzione dei poteri di institore della offerente esclusa (OMISSIS) s.r.l. al sign. (OMISSIS). Al riguardo la ricorrente si duole che il Tribunale si sia limitato a confermare l’inidoneita’ dell’offerta “in quanto sottoscritta da (OMISSIS) in forza della procura speciale conteritagli”, mentre “la circostanza della preposizione institoria non e’ stata degnata di alcuna considerazione”.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia violazione o falsa applicazione delle norme che disciplinano l’interpretazione del contratto e dei negozi unilaterali nell’avere escluso che la procura, attribuita al soggetto che ebbe a sottoscrivere l’offerta di acquisto e che partecipo’ alla seduta di aggiudicazione convocata dal professionista delegato avesse natura ed effetti di atto di preposizione institoria (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3). Al riguardo parte ricorrente deduce che la procura speciale, di cui riproduce i contenuti in ricorso, “al di la’ della sua intitolazione, ha il contenuto e gli effetti di atto di preposizione institoria”.
2.3. Con il terzo motivo di ricorso si denuncia violazione o falsa applicazione degli articoli 571 c.p.c. nella parte in cui prevede che ognuno (tranne il debitore) ha diritto ad essere ammesso ad offrire per l’acquisto dell’immobile pignorato personalmente o a mezzo di procuratore legale, nonche’ violazione o falsa applicazione dell’articolo 2203 e 2204 cod. civ. nell’aver considerato l’institore un semplice mandatario in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3. Al riguardo parte ricorrente ribadisce che l’offerta di (OMISSIS) era valida perche’ avanzata dalla societa’ a mezzo di un proprio organo qual e’ l’institore.
2.4. Con il quarto motivo di ricorso si denuncia violazione o falsa applicazione dell’articolo 571 c.p.c. nella parte in cui si prevede che l’offerente possa farsi validamente ed efficacemente rappresentare da altro soggetto nella presentazione dell’offerta e nella partecipazione all’eventuale gara tra gli offerenti; violazione o falsa applicazione del principio costituzionale dell’uguaglianza (articolo 3 Cost.), essendo nella sostanza identiche le posizioni degli offerenti nelle ipotesi rispettivamente previste e disciplinate dagli articoli 571 e 579 c.p.c. (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3) Al riguardo parte ricorrente lamenta che il Tribunale abbia erroneamente attribuito all’espressione “procuratore legale” il significato di “avvocato” con un’interpretazione rigorosamente letterale ancorata alla mera abolizione della figura del procuratore, che non sarebbe consentita con riferimento al dettato dell’articolo 571 c.p.c. nell’attuale testo, siccome successivo alla L. n. 27 del 1997, articolo 3; osserva, quindi, che non vi e’ ragione di ammettere alla vendita senza incanto gli esercenti la professione forense e che andrebbe applicata per analogia l’articolo 579 c.p.c. che ammette alla vendita con incanto il mandatario con procura speciale.
3. I primi tre motivi riguardano la posizione (OMISSIS) e sono sostanzialmente incentrati sull’assunto, categoricamente smentito dalla decisione impugnata, che la societa’ fosse rappresentata da un proprio institore.
3.1. Innanzitutto la censura non e’ sussumibile nell’ambito del novellato articolo 360 c.p.c., n. 5 evocato con il primo motivo. Di tale norma va fatta propria l’interpretazione adottata dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. Sez. Un., 22 settembre 2014, n. 19881), in forza della quale:
– in primo luogo, il sindacato sulla motivazione e’ ormai ristretto al “minimo costituzionale” e, quindi, ai casi di inesistenza della motivazione in se’, cioe’ alla “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, alla “motivazione apparente”, al “contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili”, alla “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”;
– in secondo luogo, il controllo previsto dal nuovo n. 5 dell’articolo 360 c.p.c. concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza (rilevanza del dato testuale) o dagli atti processuali (rilevanza anche del dato extratestuale), che abbia costituito oggetto di discussione e abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia); con la conseguenza che, nel rispetto delle previsioni dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4, ai fini della ammissibilita’ del vizio in questione, il ricorrente deve indicare il “fatto storico” il cui esame sia stato omesso, il “dato” – testuale o extratestuale – da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisivita’”. Deriva da cio’ che l’omesso esame di elementi istruttori, in quanto tale, non integra l’omesso esame circa un fatto decisivo previsto dalla norma, quando il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorche’ questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti.
Nella specie “il fatto” dedotto a fondamento del primo motivo – e cioe’, nella sostanza, l’essere il soggetto che aveva sottoscritto l’offerta per la (OMISSIS) ( (OMISSIS)) institore in quanto a cio’ qualificato (in tesi) dalla procura speciale e’ stato esaminato, avendo il Tribunale fatto specifico riferimento a detta procura (identificata come doc. n. 1 della produzione (OMISSIS)) e precisato: “dal materiale probatorio in atti non risulta che lo stesso possa essere considerato un institore ex articolo 2203 c.c., ne’ l’opposta (OMISSIS) ha formulato istanze di prova sul punto, chiedendo anch’essa alla prima udienza del 12.11.09 che venisse fissata l’udienza per la precisazione delle conclusioni” (cfr. pag. 6 in sentenza). D’altra parte la valutazione delle emergenze probatorie in senso difforme da quanto auspicato dalla parte non integra, con evidenza, il vizio motivazionale.
3.2. La tesi difensiva si rivela, inoltre, manifestamente infondata sotto gli altri profili della violazione della legge sostanziale e processuale, prospettati con i restanti motivi all’esame.
Invero – a prescindere dall’assoluta genericita’ della denuncia di violazione delle regole dell’ermeneusi contrattuale – e’ assorbente la considerazione che e’ lo stesso conferimento del potere di compiere singoli specifici atti (quale emerge dai contenuti della procura riportati in ricorso), prescindendo da qualsivoglia elemento che faccia supporre una preposizione institoria, a rivelarsi inconciliabile con la tesi difensiva di parte ricorrente. Invero ai sensi dell’articolo 2203 cod. civ.. e’ dalla preposizione all’impresa commerciale (o a un ramo di essa o ad una sede secondaria) che l’institore deriva un potere di rappresentanza: potere, peraltro, che, in mancanza dell’iscrizione della procura nel registro delle imprese, deve ritenersi generale.
In definitiva nessuno dei motivi all’esame merita accoglimento.
4. Il quarto motivo riguarda anche la posizione di (OMISSIS). Con esso si profila l’idea – per il vero al limite della temerarieta’- che il procuratore legale, cui fa riferimento la norma, sia un soggetto munito di procura. In sostanza si vorrebbe assimilare l’espressione “procuratore legale” a quella di procuratore “non falsus”; il che esprime un concetto platealmente privo di fondamento.
Correttamente, inoltre, il giudice a quo ha ritenuto che l’espressione contenuta nell’articolo 571 c.p.c. ” a mezzo di procuratore legale…” dovesse intendersi sostituita da quella ” a mezzo di avvocato”. E cio’ in quanto, a norma della L. n. 27 del 1997, articolo 3 “il termine “procuratore legale” contenuto in disposizioni legislative vigenti si intende sostituito con il termine “avvocato”. Ancora una volta va rimarcata la temerarieta’ della tesi difensiva che vorrebbe escludere l’applicabilita’ di quest’ultima disposizione, sul presupposto che l’articolo 571 c.p.c. e’ stato novato nel 2005; e cio’ tralasciando di considerare che in parte qua l’articolo 571 ha mantenuto il suo tenore originario, per cui, gia’ prima della novella, doveva intendersi nel senso precisato dall’articolo 3 L. n. 27 del 1997.
Analoga sostituzione da intendersi, poi, operata nell’articolo 579 c.p.c., u.c., secondo cui “i procuratori legali possono fare offerte per persona da nominare”, relegando in tal modo – come osservato dal Tribunale – in una posizione marginale la possibilita’ che in sede di vendita all’incanto possa presentare offerte il procuratore non esercente la professione forense.
In ogni caso la differenza strutturale tra l’una e l’altra forma di vendita – posto che con l’incanto non si manifesta la volonta’ irrevocabile di acquistare, ma si dichiara soltanto di voler partecipare al relativo procedimento (senza essere neppure vincolati a tale manifestazione di volonta’), mentre l’offerta di vendita senza incanto e’ irrevocabile almeno fino a quando il G.E. o il suo delegato l’abbiano esaminata e comunque per centoventi giorni rendono improponibile l’assunzione come parametro di riferimento ai sensi dell’articolo 3 Cost. della diversa disciplina di cui all’articolo 579 c.p.c. per la vendita con incanto; peraltro la delicatezza delle scelte che l’offerente e’ chiamato ad assumere nella vendita senza incanto (valga, per tutte, proprio la scelta di partecipare all’eventuale gara) rendono non irrazionale l’opzione legislativa adottata per la relativa disciplina, richiedendo la figura tecnica di un legale, ove l’offerta non sia presentata personalmente; di conseguenza la questione di costituzionalita’ della norma di cui all’articolo 571 c.p.c. risulta manifestamente infondata.
E’ appena il caso di osservare che l’auspicato ricorso all’analogia e’ precluso proprio dall’esistenza della specifica disposizione di cui all’articolo 571 c.p.c..
Anche il quarto motivo va, dunque, rigettato.
5. Con il quinto motivo formulato in via subordinata si deduce violazione o falsa applicazione delle norme di diritto in materia di determinazione del compenso professionale ai fini della condanna della parte soccombente al relativo pagamento. Al riguardo parte ricorrente si duole che la quantificazione delle spese processuali, pur operata espressamente con condivisibile riferimento allo scaglione concernente le cause di valore indeterminabile, sia erronea per eccesso degli importi liquidati, tenendo conto dei valori medi di liquidazione stabiliti dal Decreto Ministeriale 140/2012.
5.1. Il motivo va rigettato.
Basti, sul punto, rilevare che, nel sistema dei parametri per la liquidazione del compenso professionale ad opera degli organi giurisdizionali introdotto dal Decreto Ministeriale da ultimo citato, il giudice di merito e’ dotato, nella determinazione dell’entita’ del compenso, di ampia discrezionalita’, potendo quantificare gli importi secondo un -assai rilevante- range di oscillazione tra valori minimi e massimi (distinti per scaglioni di classificazione delle cause) e potendo altresi’ ulteriormente aumentare o diminuire il compenso cosi’ determinato in considerazione delle circostanze concrete della vicenda (esemplificativamente, natura e complessita’ della controversia, numero, importanza e complessita’ delle questioni trattate, pregio dell’opera prestata, vantaggi conseguiti dal cliente).
La quantificazione degli importi da liquidare si profila, dunque, come il risultato di un apprezzamento valutativo di fatto (in primo luogo, quanto all’ancorare la liquidazione a valori piu’ prossimi ai minimi ovvero ai massimi stabiliti) che, se non contestato in maniera puntuale ed analitica, risulta incensurabile in sede di legittimita’.
Le indicate caratteristiche di specificita’ e analiticita’ non connotano sicuramente il motivo di ricorso in esame, atteso che la societa’ ricorrente si limita ad affermare che non era dovuto il compenso per la fase istruttoria e che il giudice non avrebbe dovuto discostarsi dai valori medi, sull’assunto che la causa svoltasi innanzi al Tribunale di Milano “non ha richiesto alcuna attivita’ istruttoria e non puo’ ritenersi di particolare complessita’”.
Senonche’ il Decreto Ministeriale n. 140 del 2012, articolo 11, comma 5 ricomprende nella fase istruttoria, a solo titolo esemplificativo, un complesso di attivita’, non esclusivamente riferibili all’acquisizione della prova (e in specie, le richieste di prova, le memorie di precisazione o integrazione delle domande o dei motivi d’impugnazione, eccezioni e conclusioni, ovvero meramente illustrative, l’esame degli scritti o documenti delle altre parti o dei provvedimenti giudiziali pronunciati nel corso e in funzione dell’istruzione, ecc.), rispetto alle quali la censura si rivela, per un verso, inammissibile per difetto di specifiche indicazioni sul concreto svolgimento di siffatta attivita’ e, per altro verso, comunque, infondata, nella misura in cui appare postulare un riduttivo concetto di “attivita’ istruttoria”.
Anche la predicata applicabilita’ della maggiorazione del 60% e’ svolta in termini assolutamente generici a fronte di un range molto piu’ ampio previsto dalla tariffa (prevedente l’applicazione del “valore medio di liquidazione corrispondente a quello dello scaglione di riferimento aumentato fino al 150% ovvero diminuito sino al 50%”).
6. In definitiva il ricorso va rigettato.
La liquidazione delle spese del giudizio di legittimita’ si conforma al principio della soccombenza ex articolo 91 c.p.c., con liquidazione operata, alla stregua dei parametri fissati dal Decreto Ministeriale 55/2014, come in dispositivo, tenuto conto, quanto alla (OMISSIS), della sola difesa orale (cfr. sub. 1).
Avuto riguardo all’epoca di proposizione del ricorso per cassazione (posteriore al 30 gennaio 2013), la Corte da’ atto dell’applicabilita’ del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17): invero, in base al tenore letterale della disposizione, il rilevamento della sussistenza o meno dei presupposti per l’applicazione dell’ulteriore contributo unificato costituisce un atto dovuto, poiche’ l’obbligo di tale pagamento aggiuntivo non e’ collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo – ed altrettanto oggettivamente insuscettibile di diversa valutazione – del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, dell’impugnazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in favore dei (OMISSIS) s.a.s. di (OMISSIS) in Euro 2.800,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi) oltre accessori come per legge e contributo spese generali e in favore di (OMISSIS) s.p.a. in Euro 2.200,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi) oltre accessori come per legge e contributo spese generali. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.

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