Cassazione 6

SUPREMA CORTE  DI CASSAZIONE

SEZIONE II

sentenza 11 aprile 2016, n. 7065

Svolgimento del processo

Con citazione notificata in data 26 febbraio 1991, L.V. conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Salerno i germani El.Gi. ed E.L. , al fine di sentir dichiarare la nullità parziale dell’atto di compravendita per Notar Colliani in data 10-12-1990 relativo all’appartamento di proprietà della prima e ceduto al predetto germano, sito in (omissis) , perché concluso in violazione degli artt. 18 della legge n. 765/1967 e 9 della legge 122/98, essendosi contestualmente trasferito anche tutto il relativo spazio adibito a parcheggio coperto, comprensivo, quindi, della quota parte di spettanza dell’appartamento di esso attore, sito nello stesso stabile condominiale all’interno n. 10, acquistato dalla medesima El.Gi. con atto per Notar Troiano del 20-12-1994. Solo in via subordinata, la parte attrice domandava il riconoscimento del diritto reale d’uso sulla quota parte di parcheggio a determinarsi, anche a mezzo ctu. In ogni caso, instava per la condanna delle controparti al risarcimento dei danni conseguenti al mancato uso del parcheggio.

Si costituiva la sola E.G. che, nel contestare ogni avverso dedotto, rilevava che, dopo aver acquistato i due predetti appartamenti con atto per notar Colliani in data 27-10-1972 dalla Immobiliare Fiorella Golfo in liquidazione, con successivo atto pubblico di rettifica del 22-12-1972 le parti avevano precisato che l’area in questione di pertinenza di entrambi i predetti appartamenti era di soli mq. 20, e non di mq. 66 come assunto dalla controparte.

Precisava altresì che la residua area, divenuta insufficiente a soddisfare le esigenze di entrambi gli appartamenti, risultava asservita ad uno solo di essi, ovverosia a quello ceduto al proprio germano E.L. . La convenuta concludeva, quindi, per il rigetto della domanda.

Espletata la ctu, con sentenza n. 2141 del 29-6-2002, il Tribunale di Salerno rigettava la domanda, considerando che, proprio a seguito del menzionato atto di rettifica, con il quale la dante causa aveva, di fatto, rinunciato a quota parte dell’area destinata a parcheggio, risultava impraticabile l’ulteriore suddivisione della residua area in favore anche dell’attore, perché inidonea ad assolvere al predetto uso pertinenziale. In particolare, il Tribunale evidenzia come, in base alle risultanze peritali, l’area da riservare a parcheggio proporzionata alla volumetria dei due appartamenti interno 10 e interno Il in origine acquistati da E.G. doveva essere pari a mq. 34,80, mentre la zona coperta da questa ricevuta era pari a mq. 21,24, perciò mancando mq. 13,56 alla quota di legge.

Con gravame notificato in data 19-6-2003, L.V. ribadiva, innanzitutto, che la superficie attualmente goduta in via esclusiva da E.L. , di complessivi mq. 21,44, era sufficiente a soddisfare le esigenze di entrambi gli appartamenti, sicché doveva quanto meno essergli riconosciuto il diritto reale d’uso della relativa quota parte a servizio della propria unità immobiliare (così come individuata dal nominato ctu nella misura di mq. 6,80 per la controparte e di mq. 14,44 in suo favore).

Con il secondo motivo ribadiva la pretesa risarcitoria già addotta con la prima citazione.

Ambedue gli appellati, costituitisi, proponevano appello incidentale condizionato all’eventuale accoglimento della domanda principale, ove mai E.L. fosse stato costretto a rilasciare la quota parte del predetto parcheggio.

E.G. instava, infatti, per la condanna dell’appellante al riequilibrio del sinallagma contrattuale ed E.L. per la condanna della controparte al pagamento della giusta somma rapportata al deprezzamento che il proprio appartamento avrebbe subito.

La Corte d’Appello di Salerno, con sentenza n. 875/2010 del 6.10.2010, ha, in accoglimento dell’appello principale, riconosciuto all’appellante (previa declaratoria di nullità parziale dell’atto pubblico del 10.12.1990) il diritto reale d’uso sulla quota parte (delle dimensioni di mq. 14,58) dell’area di parcheggio e condannato gli appellati al risarcimento, in suo favore, dei danni nella misura di Euro 36.986,30, sulla base delle seguenti considerazioni:

a) l’art. 18 della legge n. 765/1967 pone un vincolo pubblicistico di destinazione d’uso, non derogabile da successivi rapporti privatistici, che restano colpiti da nullità ove si pongano in contrasto con tale destinazione;

b) all’esito della ctu espletata era emerso che il promiscuo uso del box in questione non era affatto inibito dalle sue pur ridotte dimensioni;

c) nel corpo dell’atto pubblico di rettifica del 22.11.1972 non era stato affatto precisato che l’area in oggetto fosse vincolata al solo appartamento di poi acquistato da E.L. (essendo tale nuova condizione di fatto emersa solo a seguito del successivo atto pubblico di acquisto del 10.12.1990).

Per la cassazione della sentenza E.G. ed E.L. hanno proposti separati ricorsi di identico contenuto, riuniti ex art. 335 c.p.c., sulla base di nove motivi. L.V. si è difeso con controricorso. I ricorrenti hanno presentato memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano la violazione e/o falsa applicazione degli arti. 100, 112, 324, 328, 329 e 342 c.p.c. e 2909 c.c., in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., per non aver rilevato che in due passaggi logici essenziali (nella parte in cui aveva statuito che l’attore avrebbe dovuto semmai chiedere – nei confronti di altri soggetti – la nullità dell’atto di rettifica con il quale la sua dante causa aveva accettato la riduzione della quota ideale dell’area di parcheggio spettante ai due appartamenti da lei originariamente acquistati; nella parte in cui aveva statuito che comunque gli era stato trasferito il diritto di usufruire del parcheggio nell’area comune condominiale) la sentenza emessa dal tribunale era, in assenza di gravame, passata in giudicato.

2. Con il secondo motivo i ricorrenti deducono la incongruità della motivazione, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c., con riferimento ai medesimi profili denunziati con il primo motivo.

3. Con il terzo motivo i ricorrenti deducono la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 817, 818, 1117, 1418 e 1419 c.c., 41 sexies l. n. 765/1967, 18 l. n. 47/1985 e della l. n. 1150/1942, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., sia per non aver li corte considerato che la dante causa aveva legittimamente alienato al germano l’intera area parcheggio in precedenza acquistata e che, in assenza di ulteriore area da vendere all’attore, quest’ultimo avrebbe potuto avere semmai una tutela risarcitoria; sia per non aver tenuto conto che egli aveva comunque ottenuto il diritto di usufruire del parcheggio delle aree comuni a ciò destinate.

4. Con il quarto motivo i ricorrenti si dolgono del vizio della motivazione, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c., con riferimento ai medesimi profili denunziati con il terzo motivo.

5. Con il quinto motivo i ricorrenti denunziano la violazione e/o falsa applicazione degli arti. 1374, 1418 e 1419 c.c., 41 sexies l. n. 765/1967 e 18 l. n. 765/1967, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., per aver la corte rigettato le loro domande di integrazione del prezzo di compravendita per l’eventualità dell’accoglimento della domanda attorea, nonostante la detta integrazione dovesse avvenire anche d’ufficio.

6. Con il sesto motivo i ricorrenti deducono l’omessa e/o insufficiente motivazione, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c., con riferimento ai medesimi profili denunziati con il quinto motivo.

7. Con il settimo motivo i ricorrenti denunciano la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1223, 1226, 2043, 2056 e 2697 c.c., 41 sexies l. n. 1150/1942, 18 l. n. 765/1967, 112 e 345 c.p.c., in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., per aver la corte riconosciuto all’attore il risarcimento dei danni per il mancato godimento dell’area di parcheggio, nonostante alla sua dante causa non fosse imputabile alcun illecito e, comunque, egli non avesse provato la sussistenza dell’asserito pregiudizio; e per aver liquidato il predetto danno in via equitativa.

8. Con l’ottavo motivo i ricorrenti si lamentano della contraddittoria e/o insufficiente motivazione, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c., con riferimento ai medesimi profili denunziati.

9. Con l’ultimo motivo i ricorrenti denunziano la nullità del procedimento, con riferimento all’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c., per aver la corte riconosciuto un danno pari ad Euro 2.000 annui, laddove l’attore aveva limitato la sua richiesta risarcitoria alla misura di Euro 51,65 mensili.

10. I primi due motivi, congiuntamente esaminati per la loro connessione, si rivelano ò infondati.

10.1. Quanto al primo rilievo dedotto, il motivo non attinge la ratio decidendi sottesa alla sentenza impugnata.

Invero, la corte d’appello salernitana, prendendo le mosse dal tenore dell’atto di compravendita intercorso tra L.V. ed El.Gi. (il quale prevedeva, tra l’altro, che il trasferimento avesse altresì ad oggetto, oltre all’appartamento, “ogni accessorio, accessione, dipendenza, pertinenza… così come pervenuto alla parte venditrice”), ha dato per assodato che la quota parte dell’area destinata a parcheggio trasferita dalla Immobiliare Fiorella alla E. fosse pari, a seguito dell’atto di rettifica del 22.11.1972, a mq. 21,24 (anziché a mq. 52,14, come concordato con l’atto notarile del 27.10.1972). Tanto è vero che, con riferimento esclusiva a questa ridotta area, ha riconosciuto al L. il diritto reale d’uso sulla quota parte di dimensioni di mq. 14,58 di pertinenza dell’appartamento acquistato con l’atto pubblico del 20.12.1990 (quale porzione del più ampio box di mq. 21,24). Da ciò consegue che non ricorrevano i presupposti affinché il L. individuasse nei contraenti del contratto di compravendita del 27.10.1972 i soggetti legittimati sul piano passivo a soddisfare la sua pretesa.

In ogni caso, il Tribunale di Salerno, per come riportato nello stesso ricorso, si era limitato ad affermare che fu proprio l’atto di rettifica del 22 novembre 1972 ad aver concretato un “atto contra legem”, e che “la palese nullità di esso andava dedotta…. nei confronti di diversi soggetti, e comunque non solo della E.G. “. Si trattava, pertanto, di affermazione resa “incidenter tantum” e quindi sottratta all’efficacia del giudicato, anche perché la necessità di statuire con tale efficacia sul punto avrebbe comportato l’esigenza di integrità del contraddittorio, invece esclusa dal Tribunale proprio in relazione all’oggetto della domanda proposta.

D’altro canto, ed ancora, la preventiva declaratoria di nullità dell’atto di rettifica del 22 novembre 1972 non è condizione indispensabile per pervenire alla conseguente invalidità della compravendita stipulata il 10 dicembre 1990, oggetto di questa causa. Il vincolo di destinazione impresso agli spazi per parcheggio dall’art. 41-sexies della legge 17 agosto 1942, n. 1150, secondo il testo introdotto dall’art. 18 della legge 6 agosto 1967, n. 765, norma di per sé imperativa, non può subire deroghe mediante atti privati di disposizione degli stessi spazi, le cui clausole difformi sono perciò sostituite di diritto dalla medesima norma imperativa. Tale vincolo si traduce in una limitazione legale della proprietà, che può essere fatta valere, con l’assolutezza tipica dei diritti reali, nei confronti dei terzi che ne contestino l’esistenza e l’efficacia. Pertanto in un giudizio (qual è quello in esame), intercorrente tra l’acquirente di un immobile che si assume illegittimamente privato del diritto all’uso dell’area pertinente a parcheggio ex art. 18 della legge 6 agosto 1967, n. 765, ed un terzo che abbia acquistato porzione di tale area, la nullità del negozio stipulato da quest’ultimo, nella parte in cui sia stata omessa tale inderogabile destinazione, con conseguente integrazione “ope legis”, non deve necessariamente correlarsi alla preventiva dichiarazione di nullità dell’atto di vendita intercorso con l’originario costruttore – venditore (argomenta da Cass. 14 novembre 2000, n. 14731; Cass. 25 marzo 2004, n. n. 5755).

10.2. Con riferimento all’asserito giudicato formatosi sulla statuizione del Tribunale in virtù della quale comunque al L. sarebbe stato trasferito il diritto di usufruire del parcheggio nell’area comune condominiale (id est, della quota condominiale dell’area di parcheggio), va ricordato che il giudicato non si estende ad ogni proposizione contenuta in una sentenza con carattere di semplice affermazione incidentale, atteso che per aversi giudicato implicito è necessario che tra la questione decisa in modo espresso e quella che si vuole tacitamente risolta sussista un rapporto di dipendenza indissolubile, e dunque che l’accertamento contenuto nella motivazione della sentenza attenga a questioni che ne costituiscono necessaria premessa ovvero presupposto logico indefettibile (Cass. 5 luglio 2013, n. 16824).

Nel caso di specie, anche a voler prescindere dal fatto che lo stesso Tribunale di Salerno ha espressamente (cfr. pag. 10 del ricorso) chiarito che “per inciso” formulava l’ulteriore considerazione secondo cui l’area di parcheggio, all’origine, era stata compresa tra i beni condominiali poi ceduti pro quota al L. con l’atto del 1994, è evidente che tra questa affermazione e la questione assorbente che aveva indotto il giudice di primo grado a rigettare la domanda attorea (quella per cui l’attore avrebbe dovuto semmai chiedere – nei confronti di altri soggetti – la nullità dell’atto di rettifica con il quale la sua dante causa aveva accettato la riduzione della quota ideale dell’area di parcheggio spettante ai due appartamenti da lei originariamente acquistati) non è configurabile alcun rapporto di dipendenza indissolubile. L’affermazione del Tribunale di Salerno “sinallagma contrattuale che comunque, per inciso, non deve essere riequilibrato, in quanto l’area di parcheggio, all’origine, fu compresa tra i beni condominiali, che risultano ceduti pro quota al L. ” appare enunciazione puramente incidentale, ovvero considerazione priva di relazione causale col deciso, e perciò sottratta all’autorità del giudicato, la quale è circoscritta oggettivamente in conformità alla funzione della pronunzia giudiziale, diretta a dirimere la lite nei limiti delle domande proposte.

11. Il terzo ed il quarto motivo, anch’essi esaminati congiuntamente per evidenti ragioni di connessione, risultano, invece, fondati per quanto di ragione.

Quanto al primo profilo, va rilevato che la corte d’appello ha considerato che la dante causa aveva legittimamente alienato al germano l’intera area parcheggio in precedenza acquistata, e per questa ragione ha dichiarato la nullità, sia pure parziale, della compravendita intercorsa tra i due germani.

Secondo la consolidata elaborazione di questa Corte, invero, nel fabbricato condominiale di nuova costruzione ed anche nelle relative aree di pertinenza, ove il godimento dello spazio per parcheggio – nella misura di un metro quadrato per ogni venti metri cubi di costruito, ai sensi della norma imperativa ed inderogabile di cui all’art. 41-sexies della legge n. 1150 del 1942, introdotto dall’art. 18 della legge n. 765 del 1967 – non sia assicurato in favore del singolo condomino, essendovi un titolo contrattuale che attribuisca ad altri la proprietà dello spazio stesso, si ha nullità di tale contratto, nella parte in cui sia omessa tale inderogabile destinazione, con integrazione “ope legis” del contratto tramite riconoscimento di un diritto reale di uso di detto spazio in favore del condomino, nella misura corrispondente ai parametri della disciplina normativa applicabile per l’epoca dell’edificazione (Cass. 24 novembre 2003, n. 17882; Cass. 27 dicembre 2011, n. 28950).

Alla nullità del contratto di compravendita di unità immobiliari, nella parte in cui risulti sottratta (mediante riserva al venditore o trasferimento a terzi) la superficie destinata all’inderogabile finzione di parcheggio, consegue l’integrazione della convenzione negoziale “ope legis”, con l’attribuzione, in favore dell’acquirente dell’unità immobiliare, del diritto reale d’uso di tale area, e, in favore dell’alienante, del corrispettivo ulteriore (da concordarsi tra le parti, o, in difetto, da determinarsi dal giudice), così ripristinando direttamente l’equilibrio del sinallagma contrattuale (Cass. 18 aprile 2000, n. 4977). Coerentemente con tale impostazione, la corte di merito ha dichiarato la nullità parziale dell’atto del 10.12.1990 nella parte relativa al trasferimento “integrale” dell’area destinata a parcheggio all’acquirente E.L. .

D’altra parte, la ricorrente evidenzia (cfr. pagg. da 7 a 9 del ricorso) che il Ctu nominato dal Tribunale, le cui conclusioni venivano accolte nella sentenza di primo grado, avesse accertato che l’area da riservare a parcheggio proporzionata alla volumetria dei due appartamenti interno 10 e interno 11, in origine acquistati da E.G. , doveva essere pari a mq. 34,80, mentre la zona coperta da questa ricevuta era pari soltanto a mq. 21,24, perciò mancando mq. 13,56 alla quota di legge. Lo stesso perito aveva quindi stimato in mq. 10,90 il diritto alla quota ideale dell’area di parcheggio spettante ad E.L. , traendo la conseguenza che, almeno con riferimento ai residui mq. 10,34, E.G. avesse sottratto l’area alla sua destinazione per quanto concerne l’altro appartamento di cui si era riservata la proprietà (e che poi ha ceduto al L. ).

È quindi incontroverso che l’area residua riconosciuta a E.G. con l’atto di rettifica del 22 novembre 1972 (pari complessivamente a mq. 21,24) non garantisse a nessuno dei due appartamenti, poi da questa alienati a diversi soggetti, i parametri plano-volumetrici previsti dalla legge urbanistica. Il controricorrente ribadisce in questa sede come tale area di parcheggio, per quanto insufficiente rispetto ai criteri di legge, non fosse stata asservita in quell’atto di rettifica all’uno o all’altro degli appartamenti, e perciò ne pretende una quota.

Ora, secondo consolidata interpretazione giurisprudenziale, la norma dettata dall’art. 41 sexies della legge n. 1150 del 1942, si limita a prescrivere, per i fabbricati di nuova costruzione, una misura proporzionale alla cubatura totale dell’edificio da destinare obbligatoriamente a parcheggi, pari ad un metro quadrato per ogni venti metri cubi di costruito, secondo i parametri applicabili per l’epoca dell’edificazione. Per la concreta attuazione, invece, della costituzione del diritto reale di uso per parcheggio, soltanto in assenza di relativa previsione nell’atto concessorio, o nel regolamento condominiale, o negli atti di acquisto dei singoli appartamenti, è consentito chiedere al giudice tale identificazione (Cass. 11 agosto 1997, n. 7474). Ai fini del rispetto del vincolo di destinazione impresso agli spazi per parcheggio dall’art. 41 sexies citato, infatti, il rapporto tra la superficie delle aree destinate a parcheggio e la volumetria del fabbricato, così come richiesto dalla legge, va effettivamente verificato a monte dalla P.A. nel rilascio della concessione edilizia. (cfr. Cass. 30 luglio 1999, n. 6894; Cass. 14 novembre 2000, n. 14731; Cass. 5 maggio 2003, n. 6751; Cass. 13 gennaio 2010, n. 378).

Sempre questa Corte ha affermato come gli spazi che debbono essere riservati a parcheggio ex art. 41 sexies possono essere ubicati indifferentemente nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle stesse, trattandosi di modalità entrambe idonee a soddisfare l’esigenza, costituente la “ratio” della norma, di deflazione della domanda di spazi per parcheggio nelle aree destinate alla pubblica circolazione, non essendo, peraltro, consentito al giudice di sindacare le scelte compiute in proposito dalla P.A. (Cass. 22 febbraio 2006, n. 3961).

Ed allora, nella vicenda oggetto di questo giudizio, perché si possa correttamente affermare la nullità parziale ex art. 1418 c.c. dell’atto pubblico del 10.12.1990, come affermato dalla Corte d’Appello di Salerno, riconoscendo al L. il diritto reale d’uso sull’area di parcheggio occorre accertare l’avvenuta riserva, al momento della realizzazione dell’edificio di via (OMISSIS) , all’interno della concessione edilizia, di una sufficiente ed individuata area da destinare a parcheggio, come richiesto dalla Legge urbanistica. Solo, infatti, la determinazione di uno preciso spazio, interno od esterno all’edificio, idoneo ad essere utilizzato a scopo di parcheggio, e la successiva stipulazione di un atto di compravendita della singola porzione immobiliare con espressa esclusione o mancata menzione del contestuale trasferimento della proprietà o del diritto reale d’uso sulle pertinenziali porzioni del detto spazio riservato, consentono di pervenire alla dichiarazione di nullità di quell’atto. Ove sia, diversamente, accertato che, pur previsto nella concessione edilizia, lo spazio sufficiente da adibire a parcheggio secondo le proporzioni di legge, non fosse stato affatto riservato in corso di costruzione o fosse stato impiegato, invece, per realizzarvi opere d’altra natura da destinare a diversa utilizzazione (ipotesi, cioè diversa, da quella in cui allo spazio realizzato conformemente al progetto fosse stata successivamente data una diversa destinazione in sede di vendita), non può dirsi nemmeno mai costituito il rapporto di pertinenzialità ex lege voluto dalla legge urbanistica, sicché non può ravvisarsi la nullità parziale dei contratti di vendita aventi ad oggetto quello spazio, né farsi luogo a tutela ripristinatoria per ottenere la realizzazione ex novo dello spazio da destinare a parcheggio non riservato in corso d’edificazione, ammettendosi unicamente una tutela risarcitoria. In sostanza, l’effettiva esistenza di uno spazio destinato a parcheggio proporzionato alla cubatura totale dell’edificio nel provvedimento abilitativo all’edificazione è condizione per il riconoscimento giudiziale del diritto reale al suo uso da parte degli acquirenti delle singole unità immobiliari del fabbricato (Cass. 18 aprile 2003, n. 6329; Cass. 22 febbraio 2006, n. 3961; Cass. 7 maggio 2008, n. 11202; Cass. 11 febbraio 2009, n. 3393; Cass. 5 maggio 2009, n. 10341; Cass. 8 agosto 2014, n. 17813).

Non è corretto, quindi, riconoscere un diritto reale di uso in favore del L. in una misura comunque non corrispondente ai parametri di cui all’art. 41-sexies della legge n. 1150 del 1942, in modo soltanto da condividere i disagi dell’insufficienza dell’area di parcheggio con E.L. , altro subacquirente di El.Gi. , in quanto l’integrazione “ope legis” del contratto di acquisto del ricorrente non può che avvenire, sussistendone le specificate condizioni di fatto, nella proporzione aritmetica stabilita dalla citata norma imperativa ed inderogabile. Né nella motivazione della corte d’appello risulta esplicitato se il diritto reale d’uso in favore di L.V. sul sufficiente spazio destinato a parcheggio potesse trovare pieno esercizio sulle aree esterne al fabbricato comunque idonee a garantire la prescrizione normativa della legge urbanistica.

Secondo i principi generali di allocazione dell’onere istruttorio, spetta in ogni caso all’attore, il quale deduca la nullità dell’atto di acquisto da parte di terzi di un’area di parcheggio vincolata al diritto d’uso ex art. 41 sexies Legge urbanistica, di provare che il bene oggetto di tale alienazione sia compreso nell’ambito ben delimitato da tale norma (ovvero nell’apposito spazio riservato per parcheggio in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni venti metri cubi di costruzione, concretamente destinato a tal fine in sede di realizzazione del fabbricato), in quanto elemento costitutivo del suo asserito diritto (Cass. 23 gennaio 2006, n. 1221).

12. Nell’accoglimento del terzo e del quarto motivo restano assorbiti i motivi restanti quinto, sesto, settimo, ottavo e nono. L’impugnata sentenza va perciò cassata e la causa va rinviata ad altra sezione della Corte d’Appello di Salerno, la quale riesaminerà i punti e le questioni relativi alle censure accolte, attenendosi ai principi ed ai rilievi come sopra enunciati.

Il giudice di rinvio provvederà anche in ordine al regolamento delle spese di questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie, per quanto di ragione, i motivi terzo e quarto, dichiarando assorbiti i motivi quinto, sesto, settimo ed ottavo e nono, rigetta i motivi primo e secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte d’appello di Salerno.

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