Cassazione toga rossa

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE VI

SENTENZA 28 aprile 2016, n.17679

Ritenuto in fatto

Con sentenza del 22/5/2015 la Corte di appello di Trento ha confermato quella in data 4/2/2014, con la quale il Tribunale di Trento aveva riconosciuto K.S.A. colpevole del delitto di cui all’art. 574-bis cod. pen., risalente all’(omissis) e consistito nel sottrarre la minore S.M. , nata nel (…), a S.R. , genitore esercente la responsabilità genitoriale, conducendola e trattenendola in Germania e impedendo al S. l’esercizio della potestà: nella circostanza il Tribunale aveva condannato l’imputata alla pena di mesi otto di reclusione con entrambi i benefici di legge, applicando la pena accessoria della sospensione della potestà genitoriale per mesi 16, e condannato inoltre la stessa imputata al risarcimento del danno in favore della parte civile, con assegnazione di una provvisionale di euro 20.000,00.

Ha presentato ricorso l’imputata tramite il proprio difensore.

2.1. Con il primo motivo denuncia vizio di motivazione e violazione degli artt. 192, 530, 533 cod. proc. pen., agli effetti dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., in ordine alla ritenuta assenza di pericolo della minore nella permanenza ulteriore nella casa di (omissis) .

La Corte territoriale era incorsa nella violazione delle regole di valutazione della prova con motivazione illogica e contraddittoria, asserendo che nessun elemento deponeva per la presenza di un pericolo per i minori e per M. in particolare, e peraltro omettendo di considerare gli elementi probatori, documentali e testimoniali, dai quali risultava la paura di cui era preda la ricorrente di perdere la figlia mi ore, a fronte della minaccia del padre S.R. di portarla via con sé, minaccia fatta anche oggetto – unitamente ad ulteriore comportamento dell’uomo tenuto perfino la sera precedente – di denuncia – querela sporta dalla K. prima di allontanarsi con la minore.

Del resto illogicamente la Corte aveva posto a fondamento dell’assunto dell’assenza di pericolo le testimonianze di tre insegnanti della minore, che avevano potuto osservarla solo in determinati contesti.

La valutazione delle prove era stata dunque parcellizzata e disarmonica, così da non soddisfare il ragionamento necessario per escludere ogni ragionevole dubbio.

2.2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge in relazione all’art. 574 bis c.p., agli effetti dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen..

La Corte territoriale aveva ricostruito la fattispecie in modo erroneo, anteponendo al bene giuridico i cui è titolare il minore e l’esercente la responsabilità genitoriale il diverso bene giuridico dell’autorità delle decisioni e della funzione giudiziaria, rilevando che l’imputata si era fatta ragione da sé precostituendo a proprio vantaggio una situazione di fatto.

In tale prospettiva la cessazione della permanenza era stata fatta coincidere con il provvedimento del Tribunale per i minorenni del 13/9/2012 che aveva disposto l’affidamento della bambina alla ricorrente.

Ma in tal modo era stato ignorato il contenuto sostanziale della norma relativo al merito dell’apprezzamento dell’effettivo interesse supremo del minore, che avrebbe dovuto veder prevalere fin dall’inizio il diretto interesse al più importante e positivo rapporto con la madre, poi sempre riconosciuto nei provvedimenti adottati in Italia e in Germania, incentrati sul riconoscimento della rispondenza dell’affidamento agli interessi del minore.

Non si sarebbe potuta considerare sufficiente la materialità della condotta di allontanamento e la volontà contraria dell’altro genitore, ma si sarebbe dovuto considerare il quadro complessivo in cui la condotta si inseriva, salvaguardando in concreto l’interesse del minore.

Era dunque contraria alla norma la condizione che la K. dovesse attendere una decisione del Tribunale per i minorenni, fermo restando che il rientro in Germania non aveva costituito l’evento consumativo dell’impedimento dell’esercizio della potestà genitoriale, che deve anche in parte conseguire alla conduzione o trattenimento all’estero.

Immediatamente era stata data al padre informazione della residenza o recapito della bimba e lo stesso S. aveva confermato la piena possibilità di visite nella nuova residenza all’estero, salvo il maggior disagio, essendo inoltre stati conservati i contatti telefonici, poi seguiti anche da soggiorni in Italia, dopo il primo periodo di prudenza dovuto al conflitto e alla paura.

Era dunque mancata la globale sottrazione del minore alla vigilanza dell’altro genitore così da impedirgli la funzione educativa e da rendergli impossibile l’esercizio della potestà, a fronte del legittimo trasferimento da parte della madre della propria residenza all’estero.

2.3. Con il terzo motivo denuncia mancanza di motivazione in ordine all’elemento soggettivo doloso, agli effetti dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen..

La Corte territoriale aveva segnalato l’unilaterale e arbitraria determinazione della madre di condurre la figlia all’estero all’insaputa dell’altro genitore ma nulla era stato detto circa l’elemento soggettivo, fermo restando che la K. non aveva agito con la colpevolezza necessaria a renderle imputabile la condotta e rimproverabile normativamente il fatto.

L’imputata non aveva voluto tutti gli elementi costitutivi del reato, a cominciare dalla sottrazione in senso normativo, e non aveva voluto impedire all’altro genitore l’esercizio della potestà, fermo restando che la predetta aveva agito nella convinzione legittima e fondata di esercitare un proprio diritto e di adempiere al proprio dovere di tutela della minore.

2.4. Con il quarto motivo deduce la non punibilità per la particolare tenuità del fatto, ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen., in relazione all’art. 2, comma quarto, cod. pen..

Sussistevano al riguardo sia la tenuità dell’offesa, valutata con riguardo alle modalità della condotta, estese all’intensità del dolo, e all’esiguità del danno o del pericolo, sia l’assenza di abitualità del comportamento, avendo la ricorrente inteso salvaguardare la figlia da una situazione conflittuale e avendo consentito all’altro genitore l’esercizio della potestà.

2.5. Il difensore dell’imputata ha anche presentato una memoria contenente un motivo nuovo.

Deduce in proposito la questione di legittimità costituzionale dell’art. 574-bis e dell’art. 34 cod. pen., in riferimento agli artt. 2, 3, 27, primo e terzo comma, Cost., e in riferimento all’art. 3 della Convenzione di New York del 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva in Italia con legge 27 maggio 1991 n. 176, e all’art. 24, par. 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, anche in relazione agli artt. 10 e 117 Cost..

In particolare prospetta che è rilevante e non manifestamente infondata la dedotta questione di legittimità costituzionale degli artt. 574-bis e 34 cod. pen., nella parte in cui prevedono che in caso di condanna contro il genitore consegua di diritto la sospensione dell’esercizio della potestà e per giunta per una durata predeterminata, con preclusione di una valutazione del giudice, in particolare di quello specializzato, che consenta un bilanciamento effettivo e concreto con l’interesse del minore.

La relativa disciplina risulta invero irragionevole e contraddittoria, in quanto coinvolge l’interesse del minore senza alcun vaglio da parte dell’A.G. e inoltre prevede una mera conseguenza sanzionatoria senza accertamento di un pregiudizio da parte del genitore nei confronti del minore, nascente da inosservanza dei doveri inerenti alla responsabilità genitoriale.

La disciplina viola inoltre l’art. 27 Cost. in quanto pregiudica la posizione di soggetto estraneo al reato e non consente la rieducazione del condannato che abbia agito al fine di preservare il figlio da pregiudizio che possa essergli arrecato dall’altro genitore, oltre a non assicurare il rispetto del principio di proporzionalità.

Quanto alla disciplina di carattere internazionale, la stessa risulta violata nella parte in cui non è considerato concretamente l’interesse superiore del bambino.

Peraltro viene posta in luce l’incoerenza infra-ordinamentale della disciplina censurata, posto che nel caso di specie viene prevista la sospensione della potestà della madre, cui per contro i giudici chiamati a provvedere funzionalmente hanno motivatamente dato in affidamento la figlia, fermo restando che la più recente disciplina interna è volta a dare prevalenza alla responsabilità genitoriale in funzione dell’interesse superiore dei minori.

Vengono inoltre richiamate le sentenze n. 7 del 2013 e 31 del 2012 della Corte costituzionale che si sono pronunciate sull’automatismo della perdita della potestà genitoriale in relazione agli artt. 567, comma secondo, cod. pen., e all’art. 566, comma secondo, cod. pen..

Considerato in diritto

Il ricorso è infondato in tutte le sue articolazioni.

il primo motivo deduce il tema della ricostruzione del contesto nel quale è maturata la determinazione dell’imputata di ritornare in Germania, portando con sé la figlia minore.

Sul punto viene rilevato un vizio di motivazione in relazione alla valutazione della prova e all’omessa valutazione di alcuni elementi.

2.1. Ma in realtà la Corte territoriale, dopo aver esposto i temi oggetto dei motivi di appello ha ritenuto che la situazione emergente dalle prove acquisite non deponesse per la presenza di un pericolo per i minori e in particolare per M. .

In tale prospettiva ha richiamato le deposizioni delle insegnanti della scuola materna, compresa quella di V.F. , che aveva avuto occasione di frequentare la casa del S. : tali deposizioni, riferibili comunque ad un lasso di tempo coevo, avevano suffragato l’assunto che la bimba fosse serena e avesse un bel rapporto col padre.

La Corte ha inoltre fatto riferimento alla deposizione di C.N. , riferita ad una situazione di disagio, in particolare dell’altro figlio Sebastian, avuto dalla K. nel corso di precedente relazione, e ha rilevato come la stessa querela presentata dall’imputata prima di allontanarsi fosse da ritenersi pretestuosa, in quanto contenente accuse generiche, peraltro non riferite a comportamenti tenuti dal compagno nei confronti dei minori ma relative al fatto che l’uomo la trattava come una serva e l’aveva fissata con sguardo minaccioso.

2.2. Il ricorrente deduce che non era stato considerato l’episodio, suffragato da alcune testimonianze e menzionato nella querela, nel corso del quale nell’ottobre 2011 il S. aveva trattenuto con forza la bambina che la donna teneva in braccio, dicendo a costei che se non fosse andata via dalla casa, sarebbe andato via lui ma non senza la piccola.

Assume dunque il ricorrente che ciò suffragava il sentimento di paura della K. e dava contenuto all’ultimo episodio in cui l’uomo l’aveva guardata in modo fisso e prolungato.

Deve però rimarcarsi che la querela è stata sporta il giorno in cui la K. si è allontanata e che in modo non manifestamente illogico la Corte ha sul punto rilevato che gli addebiti formulati erano generici e pretestuosi, cioè non implicanti, al di là della situazione di disagio vissuta dalla donna e tale da legittimare la scelta di interrompere la relazione, una situazione di immediato pericolo, comportante opzioni di fuga immediata.

2.3. In tale quadro non è apprezzabile un’omessa valutazione di elementi decisivi, idonei a disarticolare la valutazione della Corte, giacché secondo la stessa prospettazione difensiva gran parte delle dichiarazioni dei familiari sono incentrate sulle reazioni della bimba, dopo che la stessa era stata portata in Germania, e in quanto l’asserita paura avrebbe dovuto trovare un riscontro immediato in condotte pericolose del S. nei confronti della piccola, mentre in concreto è stato prospettato solo l’episodio dell’ottobre del 2011, che in realtà esprimeva tutto il disagio della coppia ma non era stato poi seguito da altro che dall’episodio degli sguardi fissi e prolungati.

2.4. Coerente e pertinente risulta al contrario la valorizzazione della deposizione delle insegnanti della scuola materna, soprattutto di quella che frequentava la casa, le quali hanno delineato un quadro non in linea con gli assunti della K. , per lo meno nel rapporto con la bimba.

Se è vero che le predette testimoni non vivevano la quotidiana realtà familiare, ciò tuttavia non implica che le stesse non fossero in grado di valutare la condizione psicologica della minore.

2.5. Quanto ai successivi provvedimenti di affidamento della minore alla madre, la Corte ha rilevato come fosse stato valutato soprattutto il dato di fatto dell’ormai consolidata permanenza della bimba presso la madre e i genitori di lei e quello della distanza fra i luoghi di residenza dei genitori, in tal modo non potendosi retrospettivamente attribuire alcun significato alle decisioni dell’A.G. competente, sia italiana che tedesca.

2.6. In definitiva deve escludersi il lamentato vizio di motivazione, posto che in realtà il motivo di ricorso è primariamente rivolto a prospettare una diversa alternativa opzione ricostruttiva, come tale non consentita in sede di legittimità, non risultando fratture logiche rilevanti nel giudizio espresso dalla Corte territoriale, a fronte del materiale probatorio di cui la stessa Corte ha dato conto e che ha esplicitamente o implicitamente valutato, pervenendo in modo non manifestamente illogico alla conclusione che il ricorrente ha cercato di contrastare.

Il secondo motivo deduce il vizio di violazione di legge in relazione all’elemento oggettivo del reato contestato.

3.1. La Corte territoriale ha ritenuto integrato il delitto di cui all’art. 574-bis cod. pen. in quanto la K. senza alcuna legittimazione ha trasferito la figlia minore all’estero, sottraendola all’altro genitore e impedendo a costui in un primo momento totalmente e poi solo in parte di esercitare la responsabilità genitoriale.

La Corte ha altresì ritenuto che la permanenza si sarebbe dovuta reputare cessata nel momento in cui la competente A.G. aveva provveduto sull’affidamento della minore.

3.2. In tale quadro è manifestamente infondato l’assunto del ricorrente secondo cui si sarebbe dato rilievo al fatto che l’imputata si era fatta ragione da sé, così individuandosi un diverso bene giuridico protetto, costituito dall’autorità delle decisioni e della funzione giudiziaria.

In realtà la Corte territoriale ha correttamente attribuito alla decisione della competente A.G. in materia di affidamento il significato opposto, cioè quello di far cessare la permanenza del reato, nel presupposto che solo una siffatta decisione avrebbe potuto farsi carico della soluzione del conflitto, dirimendolo nell’interesse del minore.

3.3. Ed invero il reato di cui all’art. 574-bis cod. pen. è integrato dalla condotta di ‘abductio’ o di trattenimento del minore al di fuori del territorio dello Stato, cui consegua l’impedimento dell’esercizio della potestà genitoriale (Cass. Sez. 6, n. 45266 del 14/10/2014, C., rv. 261011).

Esso è connotato, rispetto a quello di cui all’art. 574 cod. pen., dall’elemento specializzante costituito dal trasferimento o trattenimento all’estero, che vale a renderlo più grave.

La sottrazione è sottesa a quella stessa condotta, in quanto da essa discenda l’impedimento in tutto o in parte delle prerogative inerenti alla potestà (oggi, responsabilità) genitoriale.

Ciò val quanto dire che l’art. 574-bis esplicita la nozione di sottrazione, ulteriormente qualificandola attraverso le modalità e gli specifici effetti della condotta.

La sottrazione va correlata al potere/dovere di cura che discende direttamente dalla legge e che grava sul soggetto che ha la potestà/responsabilità genitoriale, nel senso che essa non si risolve solo nella privazione del contatto fisico ma implica nel contempo che sia materialmente pregiudicata la possibilità dell’esercizio di quel potere/dovere.

Nel caso di una coppia di genitori, parimenti investiti del potere/dovere di cura, entrambi devono concorrere al suo esercizio nell’interesse del minore, essendo previsto il sussidiario intervento dell’A.C. nelle situazioni di conflitto.

D’altro canto non può essere precluso a chi ne sia investito l’esercizio delle relative prerogative, che implicano in primo luogo la scelta del luogo in cui il minore deve risiedere, nonché la possibilità di influire sulla sua educazione e sulla sua vita affettiva e relazionale.

La sottrazione si risolve dunque nell’impedimento al soggetto che ne sia investito della possibilità materiale di esercitare quelle prerogative, in ciò ravvisandosi il pregiudizio per il minore, fino a quando la competente A.C. non disponga diversamente, disciplinando la sfera rispettiva delle potestà e responsabilità genitoriali.

Così inquadrata la fattispecie, peraltro inserita nel capo IV del titolo XI, dedicato ai delitti contro l’assistenza familiare, è indubbio che la stessa miri a salvaguardare primariamente l’interesse del minore e della società a che venga assicurato l’armonico esercizio delle prerogative genitoriali.

Corrispondentemente l’offensività della condotta va rapportata all’incidenza che essa ha su quell’armonico esercizio.

Non è dunque la valutazione in concreto di quell’interesse, ma il fatto stesso dell’indebita sottrazione, cui si correli l’effettivo e apprezzabile impedimento di quelle prerogative, che vale a giustificare la sanzione.

Ciò significa altresì che la limitazione delle stesse può discendere solo da una loro diversa distribuzione, fondata su una specifica valutazione degli interessi in gioco, formulata dall’A.C. competente.

Ed allora deve concludersi che, contrariamente all’assunto difensivo, correttamente la Corte ha dato rilievo al fatto in sé della sottrazione, accompagnata dalla concreta preclusione del potere/dovere di cura in capo al S. , in ciò risiedendo l’offesa al bene giuridico protetto, a prescindere dal successivo apprezzamento del concreto interesse del minore, valutato dall’A.C. competente, apprezzamento con il quale è stata fatta coincidere la cessazione della permanenza del reato, cioè la cessazione dell’autonoma rilevanza di quella condotta di materiale preclusione.

3.4. D’altro canto la Corte territoriale ha nitidamente posto in luce che la condotta della K. aveva effettivamente impedito per un lungo lasso di tempo l’esercizio delle prerogative genitoriali, solo in un secondo momento essendo ripresi i contatti tra il padre e la figlia sia attraverso mezzi di comunicazione a distanza sia attraverso i viaggi dell’uomo in Germania e le visite della figlia in Italia.

La circostanza non è negata dalla ricorrente, che ha valorizzato invece il fatto di aver dato notizia al figlio dell’ex compagno e di aver poi consentito le visite di lui in Germania.

Sta di fatto che anche nel ricorso si parla di un iniziale periodo ‘di prudenza’, che sostanzialmente coincide con il silenzio lamentato dal S. , cioè con il periodo in cui gli fu precluso qualsiasi contatto.

D’altro canto nel periodo successivo, come posto in luce dalla Corte, l’uomo si trovò a far fronte ad una situazione di difficoltà, derivante dalla distanza e dai comunque più limitati contatti, tali da non consentirgli il pieno esercizio delle sue prerogative, prima che sul punto intervenissero i provvedimenti dell’A.G. competente a dirimere il relativo conflitto.

Correttamente dunque la Corte ha ravvisato una sottrazione, qualificata dal trasferimento della bimba all’estero, dal quale è derivato un impedimento dapprima totale e poi parziale (reso rilevante dalla stessa formulazione della norma) nell’esercizio della responsabilità genitoriale.

Di nessun rilievo risulta ai fini in esame l’invocata pronuncia della Corte di cassazione, riguardante la legittimità del trasferimento all’estero da parte del genitore affidatario (Cass. Sez. 6, n. 31717 del 6/6/2008, Reichardt, rv. 240712): va infatti osservato che nel caso di specie non ricorreva una situazione nella quale vi era un genitore affidatario, cui corrispondeva una tutela attenuata dell’altro, essendo entrambi i genitori ancora parimenti investiti del dovere/potere di cura e dunque legittimati ad ingerirsi nelle scelte educative del minore.

Non sussiste dunque la lamentata violazione di legge.

Il terzo motivo concerne l’asserito vizio di motivazione in ordine alla valutazione dell’elemento soggettivo.

Ma in realtà la Corte non si è sottratta al relativo onere, segnalando in relazione alle deduzioni difensive, riferite alla contestazione dell’elemento oggettivo e di quello soggettivo, che la fattispecie richiede il dolo generico e che in concreto la K. aveva interrotto per sua volontà i contatti tra il padre e la figlia e solo successivamente ne aveva consentito una parziale ripresa.

D’altro canto la Corte ha altresì osservato che non ricorrevano i presupposti per ritenere la condotta della K. scriminata, non sussistendo una situazione di concreto pericolo per la minore.

Tale valutazione risponde all’obbligo di motivazione correlato ai motivi di gravame, fermo restando che si è già segnalato il contenuto della condotta di sottrazione e si è osservato come fosse risultato che la K. aveva effettivamente impedito in tutto e poi in parte l’esercizio della potestà genitoriale spettante al padre.

Inoltre in sede di esame del primo motivo di ricorso si è già rilevato che non può dirsi né apodittica né illogica la motivazione della Corte in merito alla mancanza di una situazione di cogente pericolo.

Va sul punto aggiunto che non sarebbe stato in alcun modo ipotizzabile l’esercizio di un diritto, a fronte delle corrispondenti prerogative del padre, ma sarebbe stata in astratto valutabile solo una situazione di pericolo tale da imporre una risposta immediata, a tutela della minore.

Ma una siffatta situazione non è stata in concreto ravvisata, senza che sul punto la motivazione della Corte si esponga a censure valutabili in sede di legittimità, per il resto non potendo uno dei due genitori, al fine di escludere l’altro, farsi interprete dell’interesse del minore, la cui valutazione spetta solo all’A.G., onde dirimere il conflitto tra concomitanti prerogative genitoriali.

Il quinto motivo risulta parimenti infondato.

5.1. Si è prospettato che in ragione della limitata incidenza della condotta sull’esercizio della responsabilità genitoriale da parte del S. e in ragione della corrispondenza della condotta al concreto interesse del minore, poi riconosciuta in sede di affidamento della bimba alla madre, sarebbe ravvisabile, a fronte di reato punito con pena detentiva inferiore ad anni cinque, la particolare tenuità del fatto, dalla quale ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen., introdotto dalla legge n. 28 del 2015 discenderebbe la non punibilità dello stesso.

5.2. L’assunto non ha fondamento.

La tenuità ai fini in esame va correlata alla particolare tenuità dell’offesa e al fatto che il comportamento non possa dirsi abituale.

D’altro canto la tenuità dell’offesa dipende a sua volta dalle modalità della condotta e dall’esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell’art. 133, comma primo, cod. pen..

È stato in effetti di recente affermato che la tenuità attiene al tipo di concreta manifestazione di una condotta illecita pur riconducibile al tipo legale, valutata alla luce dei tre indicatori (modalità della condotta, esiguità del danno o del pericolo e grado della colpevolezza) evocati dal riferimento al primo comma dell’art. 133 cod. pen., i quali devono essere considerati congiuntamente (Cass. Sez. U. n. 13681 del 25/2/2016, Tushaj, non ancora massimata).

In questo caso la Corte territoriale ha posto in risalto il protrarsi della condotta illecita, da ritenersi cessata solo nel momento in cui il Tribunale per i minorenni di Trento in data 13/9/2012, peraltro sollecitato dallo stesso S. , ha finito per affidare la bimba alla madre sulla base di una ragionevole presa d’atto della situazione e dell’interesse della minore ad essa correlato.

Sta di fatto che nel contempo la Corte ha segnalato l’insussistenza di circostanze tali da legittimare e rendere realmente cogente la condotta dell’imputata, manifestatasi in forme tali da sorprendere la possibilità di reazione immediata del S. .

Soprattutto la permanenza del reato, caratterizzata nella prima fase, almeno per un mese, da assoluta mancanza di contatti tra la figlia e il padre, costituisce elemento, che, connotando le modalità della condotta e l’entità dell’offesa, osta alla qualificazione del fatto in termini di particolare tenuità.

Il motivo aggiunto presentato dal ricorrente prospetta una questione di legittimità costituzionale degli artt. 34 e 574-bis cod. pen. per contrasto con gli artt. 2, 3, 27, 30, 31 Cost., con l’art. 3 della Convenzione di New York del 20 novembre 1989 e con l’art. 24, par. 2, Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, in relazione agli artt. 10 e 117 Cost..

6.1. La questione, di particolare interesse, è tuttavia inammissibile.

6.2. In primo luogo va rimarcato che il tema, riguardante la pena accessoria della sospensione della potestà genitoriale, non ha formato oggetto dei motivi principali.

Ed invero, per quanto all’esordio del ricorso si facesse riferimento ai capi impugnati, includendo fra l’altro anche quello della pena principale e della pena accessoria inflitte, tuttavia i motivi non hanno specificamente riguardato tale punto, neppure indirettamente, salva la più generale richiesta di proscioglimento, se del caso per tenuità del fatto.

Da ciò discende che i motivi nuovi non avrebbero potuto riguardare la pena accessoria, costituendo iusreceptum che tali motivi debbano avere ad oggetto gli stessi punti e capi della decisione impugnata che sono stati enunciati nell’originario atto di gravame ai sensi dell’art. 581, comma 1, lett. a), cod. proc. pen., dovendo trovare riscontro nei motivi principali, di cui possono costituire mero sviluppo o migliore esposizione, anche per ragioni eventualmente non evidenziate (Cass. Sez. U. n. 4683 del 25/2/1998, Bono, rv. 210258; Cass. Sez. 2, n. 1417 del 11/10/2012, dep. nel 2013, Platamone, rv. 254301; Cass. Sez. 6, n. 73 del 21/9/2011, dep. nel 2012, Aguì, rv. 251780).

6.3. In secondo luogo è d’uopo rilevare che la questione non è connotata dall’attualità dell’interesse del ricorrente.

Risulta infatti che la pena è stata sospesa e che d’altro canto è stato immediatamente investito della questione il competente Tribunale per i minorenni agli effetti dell’art. 34, comma quinto, cod. pen..

In tale prospettiva la K. continua a disporre dell’esercizio della potestà/responsabilità genitoriale, non essendo in esecuzione l’inflitta pena accessoria.

Semmai potrebbe prospettarsi il concreto interesse a proporre la questione nell’eventualità in cui venisse in gioco la revoca del beneficio: in quel caso potrebbe sollevarsi in termini sostanzialmente coincidenti con quelli evocati nel motivo aggiunto la questione di legittimità costituzionale dell’art. 674 cod. proc. pen., nella parte in cui, a distanza di tempo dai fatti e sulla base delle valutazioni compiute nel frattempo dal Tribunale per i minorenni, preclude al Giudice, al momento di disporre la revoca del beneficio anche con riguardo alla pena accessoria della sospensione della potestà genitoriale, di verificare l’attualità dei presupposti alla luce dell’esperienza maturata nel periodo intermedio e del già valutato interesse del minore, ove ancora tale.

6.4. In ogni caso la questione va reputata in concreto inammissibile.

Da tutto ciò discende il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Il ricorrente va inoltre condannato a rifondere alla parte civile le spese di rappresentanza e difesa relative al presente grado, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al pagamento delle spese di rappresentanza e difesa della parte civile S.R. , che liquida in complessivi euro 3.500,00, oltre 15% per spese generali, IVA e CPA

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