Nel caso in cui una società abbia prestato fideiussione in favore di un’altra società

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|26 gennaio 2021| n. 1703.

Nel caso in cui una società abbia prestato fideiussione in favore di un’altra società il cui amministratore sia contemporaneamente amministratore della prima, l’esistenza di un conflitto d’interessi tra la società garante ed il suo amministratore, ai fini dell’annullabilità del contratto, non può essere fatta discendere genericamente dalla mera coincidenza nella stessa persona dei ruoli di amministratore delle due società, ma deve essere accertata in concreto, sulla base di una comprovata relazione antagonistica d’incompatibilità degli interessi di cui siano portatori, rispettivamente, la società che ha prestato la garanzia ed il suo amministratore

Ordinanza|26 gennaio 2021| n. 1703

Data udienza 29 ottobre 2020

Integrale

Tag/parola chiave: Prestazioni professionali – Commercialista – Onorari – Esclusione – Commercialista al corrente del conflitto di interessi tra la società garantita dalla fideiussione e la società garante

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE TERZA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere

Dott. GORGONI Marilena – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 2377-2019 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SNC, in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e dif2 Osa dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 2773/2018 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 11/10/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 29/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GORGONI MARILENA.

RILEVATO

che:
(OMISSIS) ricorre per la cassazione della sentenza n. 2773/2018 della Corte d’Appello di Venezia pubblicata l’11 ottobre 2018 e notificata il 6 novembre 2018, articolando tre motivi.
Resiste con controricorso (OMISSIS) s.n.c.
Il ricorrente espone in fatto di avere ottenuto due decreti ingiuntivi per il pagamento degli onorari dovutigli da (OMISSIS) S.n.c., (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
Avverso il decreto n. 116/08 relativo alla somma di Euro 71.417,78, emesso nei confronti degli ingiunti, quali fideiussori della societa’ (OMISSIS) S.r.l., sulla base di una fideiussione sottoscritta da (OMISSIS) con riconoscimento di debito, ed avverso il decreto ingiuntivo n. 40/08 avente ad oggetto Euro 13.479,84, emesso nei confronti degli ingiunti, quali fideiussori della societa’ (OMISSIS) S.r.l., sulla base di una fideiussione sottoscritta da (OMISSIS) con riconoscimento di debito, gli ingiunti proponevano separate opposizioni dinanzi al Tribunale di Verona, sezione distaccata di Legnago. In entrambi i casi (OMISSIS) proponeva querela di falso della fideiussione e in entrambi i casi si instaurava un sub-procedimento per querela di falso e l’odierno ricorrente depositava consulenza grafologica e un supplemento della stessa in forma giurata avente ad oggetto l’autenticita’ della sottoscrizione e la soggiacenza della traccia inchiostrata al segno manuale.
Il Tribunale di Verona, decidendo sui due giudizi riuniti e sulle due querele di falso, con sentenza n. 2386/2015, annullava le fideiussioni rilasciate dalla (OMISSIS) snc., ritenendo ricorrenti i presupposti di un conflitto di interessi in capo al sottoscrittore, il quale cumulava il ruolo di legale rappresentante della societa’ garante e della societa’ garantita, rilevante ai sensi dell’articolo 1394 c.c. – conflitto conosciuto dall’odierno ricorrente, in quanto commercialista di dette societa’ – revocava i decreti ingiuntivi e compensava le spese di lite.
L’odierno ricorrente impugnava detta pronuncia dinanzi alla Corte d’Appello di Venezia, chiedendo il rigetto delle domande di controparte, la conferma dei decreti ingiuntivi opposti e, in via subordinata, la condanna degli appellati, anche in solido, al pagamento della somma complessiva di Euro 84.897,72, al netto di interessi e rivalutazione monetaria.
In particolare, l’appellante deduceva l’errore del giudice di prime cure che, nonostante la prova, emergente dalle visure camerali delle societa’ (OMISSIS) S.r.l., (OMISSIS) S.r.l. e (OMISSIS) snc, del fatto che (OMISSIS) fosse l’effettivo e reale deus ex machina di ogni operazione societaria del suo gruppo, aveva ritenuto non provati i rapporti commerciali tra le tre societa’ che invece facevano parte dello stesso ciclo produttivo ed avevano un collegamento funzionale, lamentava che il Tribunale non avesse attribuito rilievo al fatto che egli, per proseguire il rapporto professionale con le societa’ del gruppo, aveva posto la condizione che (OMISSIS) sottoscrivesse una fideiussione ed avesse, invece, ritenuto inidonea la asserita prosecuzione del rapporto professionale per giustificare il rilascio delle fideiussioni, in quanto l’attivita’ consulenziale avrebbe potuto essere affidata ad altro professionista.
La Corte d’Appello, con la sentenza oggetto dell’odierno ricorso, respingeva il gravame, confermava la sentenza impugnata e regolava le spese d lite in ragione della soccombenza.
Segnatamente, la sentenza concordava con il giudice di primo grado in ordine alla ricorrenza nel caso concreto di un conflitto di interessi derivante dal fatto che (OMISSIS), in virtu’ del particolare rapporto societario all’interno del gruppo, era portatore di un interesse in conflitto con quello della societa’ rappresentata; conflitto ritenuto conosciuto dall’odierno ricorrente proprio per il suo ruolo di ragioniere commercialista che gli permetteva non solo di avvedersi della ricorrenza di detto conflitto, ma anche della capacita’ di (OMISSIS) di incidere sulle decisioni societarie del Gruppo; negava che vi fosse prova che le fideiussioni fossero state prestate allo scopo di permettere la prosecuzione del rapporto professionale con le societa’ del gruppo e riteneva, al contrario, che la finalita’ primaria del commercialista fosse quella di essere pagato.
Avendo ritenuto sussistenti le condizioni per la trattazione ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c., il relatore designato ha redatto proposta, che e’ stata ritualmente notificata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

CONSIDERATO

che:
1. Con il primo motivo il ricorrente deduce la nullita’ della sentenza per omessa pronuncia con palese violazione dell’articolo 112 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4.
Il ricorrente lamenta, riproponendo tutti gli argomenti utilizzati nel giudizio di appello, che il giudice a quo non abbia speso una parola sulle doglianze svolte dalla sua difesa, accorpando la disamina delle questioni in un unico svolgimento e ripetendo il ragionamento del giudice di primo grado, senza rispondere alle censure formulate quanto all’erronea valutazione delle prove e alla illegittima applicazione delle norme in materia di prove documentali e presuntive nonche’ circa quanto dovesse essere provato, perche’ oggetto del principio di non contestazione – assumendo che dovesse considerarsi non contestato e quindi pienamente provato che (OMISSIS) era l’unico amministratore di fatto delle societa’ del gruppo ed il deus ex machina di ogni decisione societaria – e quanto all’erronea applicazione dell’articolo 1394 c.c. in relazione all’articolo 2359 c.c.
2. Con il secondo motivo il ricorrente censura la sentenza gravata per violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c. nonche’ degli articoli 2697 e 2719 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere ripetuto gli stessi errori del Tribunale in ordine alle valutazione delle prove, alla distribuzione dell’onere probatorio e delle prove per presunzioni.
Secondo il ricorrente, egli aveva fornito ampia prova del collegamento funzionale strettissimo delle societa’ manovrate da (OMISSIS) e quindi del fatto che il vantaggio anche nei confronti di una sola societa’ si trasferisse all’intero gruppo, percio’ la Corte avrebbe dovuto dedurne l’esclusione in radice di qualsivoglia conflitto di interessi. In aggiunta, la sentenza impugnata non avrebbe tenuto conto che egli non si era affatto limitato a svolgere attivita’ di consulenza a favore delle societa’ garantite, ma aveva accompagnato la vita delle dieci compagini societarie cui aveva dato vita (OMISSIS), svolgendo attivita’ di direzione aziendale, di condivisione delle scelte strategiche dell’unico interlocutore e, invertendo l’onere della prova, avrebbe preteso da lui la prova di un fatto negativo, la non conoscenza del conflitto di interessi.
3. Con il terzo motivo il ricorrente imputa al giudice a quo la violazione degli articoli 1394 e 2359 c.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Avendo dimostrato l’esistenza di un collegamento tra le societa’ del gruppo sia in senso dirigenziale che in senso giuridico, la validita’ di atti compiuti dall’organo amministrativo di una di esse in favore di altra avrebbe dovuto ritenersi condizionata dall’esistenza di un interesse economicamente e giuridicamente apprezzabile in capo alla societa’ agente, potendo l’eventuale pregiudizio economico che dall’atto fosse direttamente derivato trovare la sua contropartita in un altro rapporto e l’atto presentarsi come preordinato al soddisfacimento di un ben preciso interesse sia pure mediato ed indiretto della societa’. Pertanto, in caso di prestazione di garanzie a titolo gratuito, tale gratuita’ non avrebbe da sola potuto essere considerata circostanza determinante per escludere la realizzazione di tale preciso interesse. La sentenza impugnata, avendo completamente obliterato la previsione dell’articolo 2359 c.c. ed essendosi limitata ad applicare l’articolo 1394 c.c., in maniera astratta e avulsa dalla fattispecie oggetto di causa, si sarebbe posta in contrasto con la giurisprudenza, la quale afferma che perche’ possa parlarsi di conflitto di interessi occorre che il rappresentante persegua un fine egoistico incompatibile con quello del rappresentato, di talche’ all’utilita’ conseguibile dal primo per se’ medesimo o per il terzo possa correlativamente seguire un danno per il rappresentato. Di conseguenza, il Giudice di Appello, ritenendo che vi fosse un conflitto di interessi evidentemente da lui riconoscibile in considerazione del suo ruolo di consulente contabile e fiscale delle societa’ garantite e della societa’ garante, avrebbe violato le norme richiamate in epigrafe, in quanto egli, proprio perche’ professionista che aveva seguito tutte le societa’ facenti parte del gruppo (OMISSIS), sapeva che nessun conflitto di interessi poteva esistere.
4. Il ricorso e’ improcedibile. Risulta depositata la copia autentica della sentenza notificata, ma fa difetto la relata di notifica. Trova, pertanto, applicazione quanto statuito dalle Sezioni unite, nella sentenza 02/05/2017, n. 10648, a mente della quale “la mancata produzione, nei termini, della sentenza impugnata o la mancata prova (mediante la relata di notifica) della tempestivita’ del ricorso per cassazione costituiscono negligenze difensive che, per quanto frequenti, in linea di principio non sono giustificabili. Si tratta di adempimenti agevoli, normativamente prescritti da sempre, di intuitiva utilita’ per attivare il compito del giudice in modo non trasandato e conseguente con il fine di pervenire sollecitamente alla formazione del giudicato”. Secondo l’orientamento numerose volte espresso da questa Corte, la previsione – di cui all’articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 2, – dell’onere di deposito a pena di improcedibilita’, entro il termine di cui al comma 1 della stessa norma, della copia della decisione impugnata con la relazione di notificazione, ove questa sia avvenuta, e’ funzionale all’esigenza pubblicistica del rispetto del vincolo della cosa giudicata formale, con la conseguenza che ove il ricorrente, espressamente od implicitamente, alleghi che la sentenza impugnata gli e’ stata notificata, limitandosi a produrre una copia autentica della medesima senza la relazione di notificazione, il ricorso per cassazione deve essere improcedibile. E’ “possibile evitare la declaratoria di improcedibilita’ soltanto attraverso la produzione separata di una copia con la relata avvenuta nel rispetto dell’articolo 372 c.p.c., comma 2, applicabile estensivamente, purche’ entro il termine di cui all’articolo 369 c.p.c., comma 1” ovvero qualora la relazione di notificazione sia stata prodotta dalla parte controricorrente, il che non e’ avvenuto nel caso in esame.
5. Vale appena la pena di rilevare che il ricorso, comunque, non sarebbe risultato meritevole di accoglimento, considerando che:
– il primo motivo sovrappone il profilo della violazione dell’articolo 112 c.p.c. con quello della mancanza di motivazione (p. 34); la Corte d’Appello ha accolto una tesi incompatibile con la domanda, giacche’ le circostanze addotte dall’appellante, il quale con dovizia di particolari si e’ speso per dimostrare il peso concretamente assunto da (OMISSIS) all’interno delle societa’ del gruppo, hanno costituito per la Corte d’Appello la rappresentazione della concreta ricorrenza di un conflitto di interessi (p. 9 della sentenza);
– quanto ai motivi due e tre, pur tenendo conto che la formula adottata dal legislatore nell’articolo 2359 c.c., u.c., per definire il collegamento societario e’ molto ampia, la ricorrenza o meno di detto collegamento societario postula la sussistenza di particolari vincoli e rapporti negoziali tra i soggetti collegati, per cui e’ logico ritenere che l’accertamento della esistenza di tali rapporti e dei comportamenti nei quali il collegamento si realizza costituisca una tipica quaestio facti, rimessa, come tale, all’apprezzamento del giudice del merito. Nel caso in esame, pur non essendosi esplicitamente pronunciata sulla ricorrenza di detta notevole influenza, la Corte d’Appello ha dimostrato indirettamente di averla esclusa o comunque di averla considerata irrilevante riscontrando la presenza di un conflitto di interessi in capo a (OMISSIS) e trovandone conferma proprio in tutti gli elementi di giudizio offerti dal ricorrente. La Corte d’Appello ha richiamato, infatti, ed applicato un principio di diritto consolidato, da cui non vi e’ ragione di discostarsi, secondo il quale, nel caso in cui una societa’ abbia prestato fideiussione in favore di un’altra, il cui amministratore sia contemporaneamente amministratore della prima, l’esistenza di un conflitto d’interessi tra la societa’ garante ed il suo amministratore, ai fini dell’annullabilita’ del contratto, non puo’ essere fatta discendere dalla mera coincidenza nella stessa persona del ruolo di amministratore delle due societa’, ma deve essere accertata in concreto, sulla base di una comprovata relazione antagonistica di incompatibilita’ degli interessi di cui siano portatori, rispettivamente, la societa’ che ha prestato la garanzia ed il suo amministratore. Benche’ laconicamente; la Corte d’Appello ha ritenuto che fosse ricorrente in concreto detto conflitto d’interessi, non solo perche’ era risultata dimostrata la possibilita’ da parte di (OMISSIS) di influenzare le scelte negoziali della societa’ garante e di quella garantita, ma anche perche’ non era stata provata la compatibilita’ fra le esigenze dei rappresentato e quelle personali del rappresentante. Le ragioni a tal fine addotte dal ricorrente – il vantaggio che sarebbe derivato a tutte le societa’ del gruppo dal continuare ad usufruire delle sue prestazioni professionali – sono state prese in esame dalla Corte d’Appello e sono risultate non convincenti, perche’ non vi era prova che la prestazione di garanzia avesse la finalita’ dedotta dall’odierno ricorrente.
6. Le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza, dandosi atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte dichiara improcedibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 5.600,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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