Natura oggettiva della circostanza della minorata difesa

Corte di Cassazione, sezione quinta penale, Sentenza 28 gennaio 2019, n. 4042.

La massima estrapolata:

La natura oggettiva della circostanza della minorata difesa e’ integrata per il solo fatto della ricorrenza delle condizioni utili a facilitare il compimento della azione criminosa a nulla rilevando che dette condizioni siano maturate occasionalmente o indipendentemente dalla volonta’ dell’agente

Sentenza 28 gennaio 2019, n. 4042

Data udienza 19 dicembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MICCOLI Grazia – Presidente

Dott. BELMONTE Maria Tere – rel. Consigliere

Dott. ROMANO Michele – Consigliere

Dott. CAPUTO Angelo – Consigliere

Dott. BORRELLI Paola – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1. (OMISSIS), nata a (OMISSIS);
2. (OMISSIS), nata a (OMISSIS)
3. (OMISSIS), nata a (OMISSIS);
4. (OMISSIS), nata a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 12/06/2018 della Corte di appello di Firenze;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. MARIA TERESA BELMONTE;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SECCIA DOMENICO, che ha concluso per la declaratoria di inammissibilita’.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 29 marzo 2017 il Tribunale di Firenze, all’esito di giudizio abbreviato, aveva ritenuto le imputate colpevoli di plurimi furti aggravati, commessi all’interno del parcheggio di un centro commerciale, approfittando della momentanea assenza dei proprietari delle autovetture ivi parcheggiate, nonche’, di diverse condotte di indebito uso di carte di credito, che erano state sottratte, nelle medesime circostanze di tempo e di luogo ai legittimi proprietari, e, previa riqualificazione della aggravante di cui all’articolo 625, n. 5 in quella prevista dall’articolo 61 c.p., n. 5, con l’aumento per la recidiva, come rispettivamente contestata, le aveva condannate alle pene risultanti dalla sentenza.
1.1. La Corte di Appello di Firenze, investita dell’impugnazione di tutte le imputate, con la decisione censurata, resa il 12 giugno 2018, in parziale riforma della prima sentenza, aveva rideterminato in meljus, per tutte, la pena, avendo rilevato l’errore di calcolo in cui era incorso il primo giudice nell’operare l’aumento per la recidiva.
2. Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso tutte e quattro le imputate, a mezzo dei rispettivi difensori, i quali ne hanno chiesto l’annullamento articolando, per ciascuna ricorrente, un unico motivo.
2.1. Il difensore di (OMISSIS) deduce violazione di legge in relazione all’articolo 62 c.p., n. 4 per avere negato alla ricorrente l’attenuante del danno di speciale tenuita’, pur in presenza di un danno, cagionato alle vittime, di non particolare entita’.
2.2. Il difensore delle altre tre ricorrenti denuncia violazione di legge con riferimento all’articolo 61 c.p., n. 5 per avere la Corte territoriale ritenuto sussistente la predetta aggravante in presenza di una situazione di fatto non sussumibile nella previsione legale, poiche’ la disattenzione delle persone offese, della quale le agenti avrebbero approfittato, era dipesa a un comportamento volontario delle vittime.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1 Il ricorso e’ inammissibile per tutte le ricorrenti.
1.1. In particolare, il difensore di (OMISSIS) propone un motivo nuovo, consistente nella violazione di legge con riferimento al mancato riconoscimento dell’ attenuante di cui all’articolo 62 c.p., n. 4, non dedotto nell’atto di appello, come si desume dalla lettura della sentenza gravata e dell’atto di appello stesso, fondato sull’eccessivita’ della pena inflitta dal giudice di primo grado e sulla dedotta insussistenza della aggravante di cui all’articolo 61 c.p., n. 5. Il ricorso e’, pertanto inammissibile ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 3, u.p..
2. Il difensore delle alte tre ricorrenti prospetta, invece, come premesso, la violazione di legge con riferimento all’aggravante dell’articolo 61 c.p., n. 5 che la Corte territoriale ha ritenuto sussistente, confermando, sul punto, la statuizione del primo giudice.
2.1 Anche tale motivo di ricorso e’ inammissibile, per la sua manifesta infondatezza, e perche’ ripropone i medesimi rilievi gia’ prospettati nell’impugnazione dinanzi al giudice dell’appello, i quali hanno giustificato le ragioni della decisione con argomenti puntuali, logici e coerenti, oltre che conformi ai principi di diritto affermati dalla giurisprudenza di legittimita’. Di contro, il ricorrente si e’ limitato a riproporre censure gia’ poste alla base dell’atto di appello, in ordine alle quali la Corte territoriale aveva replicato con argomenti analiticamente esposti, rispetto ai quali il ricorso omette di confrontarsi.
2.2. Invero, in tema di ricorso per cassazione, sono inammissibili i motivi che si limitano a riprodurre le censure dedotte in appello, anche se con aggiunta di espressioni incidentali di censura alla sentenza impugnata, meramente assertive e apodittiche, in assenza di critica argomentata avverso il provvedimento impugnato e l’indicazione delle ragioni della loro decisivita’ rispetto al percorso logico seguito dal giudice di merito (Sez. 5, n. 8700 del 21/01/2013, Rv. 254584). Si e’ precisato che il ricorso per cassazione fondato su motivi che ripropongono le medesime ragioni gia’ discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, e’ inammissibile perche’ trattasi di motivi non specifici. La mancanza di specificita’ del motivo, invero, deve essere apprezzata non solo per la sua genericita’, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di a-specificita’, conducente, a mente dell’articolo 591 c.p.p., comma 1, lettera c) all’inammissibilita’ (Sez. 4 n. 47170 dell’811/2007, Nicosia,; Sez. 4 n. 256/1998, Rv. 210157; Sez. 4 n. 1561/1993, Rv 193046.).
2.3. Cosi’ delineato il perimetro del presente scrutinio di legittimita’, si osserva che la Corte territoriale ha puntualmente replicato all’analogo motivo gia’ dedotto in appello, in pag. 9 (per avere le ricorrenti approfittato della circostanza che le vittime, dopo avere scaricato la spesa, avevano appoggiato momentaneamente la borsa all’interno dell’ autovettura, per recarsi a depositare il carrello nello spazio dedicato, non potendo all’un tempo mantenere attiva la vigilanza SU due fronti e, dunque, in presenza di una condizione di minorata difesa) con argomenti logici e adeguati, oltre che con rilievi dedicati alla specifica situazione concreta nella quale sono avvenuti i reati, e con espresso riferimento alla natura oggettiva della circostanza, la quale e’ integrata per il solo fatto della ricorrenza delle condizioni utili a facilitare il compimento della azione criminosa a nulla rilevando che dette condizioni siano maturate occasionalmente o indipendentemente dalla volonta’ dell’agente (Sez 1 n. 13337 del 16/05/2013, Rv 259729; Sez. 1 n. 1319 del 24/11/2010, Rv 249420; Sez. 5 14995 del 23/0272005 Rv. 231359), ed esplicitando, con giudizio di fatto insindacabile dal giudice di legittimita’, le ragioni per le quali ha ravvisato la situazione di minorata difesa delle vittime.
3. Alla declaratoria di inammissibilita’ segue per legge (articolo 616 c.p.p.) la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonche’, trattandosi di causa di inammissibilita’ determinata da profili di colpa emergenti dal ricorso (sez. 2 n. 35443 del 06/07/2007 Rv 237957), al versamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo fissare in Euro 3000,00 per ciascun ricorrente.

P.Q.M.

Dichiara Inammissibile il ricorso e condanna le ricorrenti al pagamento, ciascuna, delle spese del procedimento e della somma di Euro 3000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Avv. Renato D’Isa

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