Locazione infranovennale di un immobile senza l’autorizzazione del tribunale

Corte di Cassazione, sezione prima civile, Ordinanza 16 maggio 2019, n. 13261.

La massima estrapolata:

La locazione infranovennale di un immobile senza l’autorizzazione del tribunale, nel corso della procedura di concordato preventivo, non costituisce di per sé atto di straordinaria amministrazione, tale da giustificare senz’altro la revoca dell’ammissione alla procedura ai sensi dell’art. 173 l.fall., in quanto nell’attività di impresa, che presuppone necessariamente il compimento di atti dispositivi e non meramente conservativi, la distinzione tra ordinaria e straordinaria amministrazione non si fonda sulla natura conservativa o meno dell’atto, ma sulla sua relazione con la gestione normale del tipo di impresa e con le relative dimensioni.

Ordinanza 16 maggio 2019, n. 13261

Data udienza 15 gennaio 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 18114/2015 proposto da:
Fallimento (OMISSIS) S.r.l., in Liquidazione, in persona curatore fallimentare pro tempore Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Societa’ (OMISSIS) S.r.l. in Liquidazione, elettivamente domiciliata in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Centrale Civile della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1215/2015 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 25/06/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 15/01/2019 dal Cons. Dott. Paola VELLA.

FATTI DI CAUSA

1. Con la sentenza impugnata, la Corte d’appello di Firenze, in accoglimento del reclamo proposto dalla Societa’ (OMISSIS) S.r.l. in Liquidazione, ha revocato sia la sentenza dichiarativa di fallimento della societa’ reclamante emessa dal Tribunale di Lucca in data (OMISSIS), sia il contestuale decreto di revoca del provvedimento con cui lo stesso tribunale, in data 03/07/2014, l’aveva ammessa al concordato preventivo con cessione dei beni in “continuita’ indiretta” (su domanda con riserva L.F. 3 febbraio 2014, ex articolo 161, comma 6, seguita dal deposito di proposta e piano in data 26/05/2014), a causa del compimento di atti ritenuti di frode L. Fall., ex articolo 173, comma 3, ovvero di straordinaria amministrazione non autorizzati L. Fall., ex articolo 167, comma 2, quali la stipula di un contratto di locazione di porzioni immobiliari infranovennale, il conferimento di incarichi professionali connessi alla proposta concordataria ed i pagamenti di alcuni professionisti.
2. Avverso detta sentenza la curatela fallimentare ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, cui la (OMISSIS) S.r.l. in Liquidazione ha resistito con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

3. L’unico motivo prospetta articolatamente “Violazione e falsa applicazione della L. Fall., articolo 161, comma 7 e articolo 167, comma 2, con riferimento all’articolo 360 c.p.c., n. 3, nonche’ omesso esame di un fatto decisivo, risultante dal testo del provvedimento impugnato, con riferimento all’articolo 360 c.p.c., n. 5, per avere la corte di appello ritenuto che l’attivita’ compiuta dal debitore non fosse qualificabile come di straordinaria amministrazione”.
3.1. In particolare, con riguardo al contratto di locazione del 1 aprile 2014 stipulato con la (OMISSIS) – avente ad oggetto una porzione di immobile destinato alla vendita in sede concordataria, per la durata di sei anni, prorogabile di ulteriori sei anni – la curatela ricorrente torna a prospettare che si tratterebbe di atto di straordinaria amministrazione, bisognevole di autorizzazione giudiziale, e comunque di atto palesemente in frode ai creditori, in quanto destinato a rendere piu’ complicata la vendita del bene.
3.2. Circa gli incarichi professionali conferiti – assistenza contabile e fiscale, assistenza legale nel recupero di alcuni crediti, stima del complesso immobiliare – la natura di atti di straordinaria amministrazione viene ricondotta alla loro incisione negativa sul patrimonio del debitore (in modo da comprometterne la capacita’ di soddisfare i creditori) e all’assenza di funzione conservativa o risanatoria.
3.3. Quanto ai pagamenti effettuati ad alcuni professionisti per l’assistenza fiscale e contabile nonche’ la redazione, asseverazione e consulenza prestate ai fini della domanda di concordato – a nulla rilevando la loro parziale restituzione – se ne ribadisce la natura di atti straordinari e se ne nega la prededucibilita’ L. Fall., ex articolo 111, essendo mancato il doveroso accertamento della fattibilita’ e utilita’ del piano nonche’ l’apposita previsione nel provvedimento di ammissione, ai sensi della L. Fall., articolo 182-quater, comma 4, come modificato nel 2012.
4. Il motivo e’ infondato.
5. Va innanzitutto disattesa la censura motivazionale, in quanto difforme dal vigente paradigma dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), (nel testo novellato dal Decreto Legge n. 83 del 2012, convertito dalla L. n. 134 del 2012, applicabile a tutti i provvedimenti pubblicati dopo l’11/09/2012), che onera il ricorrente di indicare – nel rispetto dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4 – lo specifico “fatto storico” il cui esame sia stato omesso, il “dato” testuale o extratestuale da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti ed infine la sua “decisivita’” (Cass. Sez. U, n. 8053/2014; conf. ex plurimis, Cass. n. 27415/2018).
6. Quanto al prospettato error in iudicando, la sentenza impugnata appare immune dal vizio denunziato poiche’ sorretta da argomentazioni rispettose dei principi elaborati in subjecta materia da questa Corte.
7. In primo luogo, il giudice d’appello ha escluso che il contratto di locazione del 01/04/2014 avesse natura di atto di straordinaria amministrazione, sia ai sensi dell’articolo 1572 c.c. – in quanto di durata infranovennale, sia pure con possibilita’ di rinnovo automatico salvo disdetta ai sensi della L. n. 292 del 1978, articolo 28 – sia (e soprattutto) con riguardo alla specifica regolazione concordataria, sulla base del decisivo rilievo che detto contratto riguardava solo due dei nove locali costituenti il “lotto 2”, parimenti condotti in locazione, osservando percio’ che “la locazione oggetto di controversia, oltre che scarsamente rilevante rispetto all’intero complesso immobiliare che forma il lotto 2, non risulta diminuirne il valore, ma semmai secondo l’esplicita previsione del concordato, finalizzata a conservarne il valore e a contribuire ai flussi di cassa necessari per l’adempimento del concordato” (flussi di cassa rinvenienti dai “contratti di affitto di azienda con la (OMISSIS), e di affitto di immobile con la (OMISSIS), la (OMISSIS) e la (OMISSIS), tutti indicati alle pagine 2 e 28 della proposta concordataria”, come si legge a pag. 4 e 5 della sentenza impugnata).
7.1. La Corte territoriale ha altresi’ escluso che si trattasse di atto in frode ai creditori, posto che “tutti i contratti di locazione che sono sopra indicati, ivi compreso quello per cui e’ controversia, risultano espressamente indicati nella proposta del 26/05/2014, cui fece seguito il provvedimento di ammissione del Tribunale in data 3/7/2014”.
7.2. Analoghe considerazioni vengono svolte con riguardo alla stipula di contratti con professionisti incaricati a vario titolo di attivita’ inerenti la formulazione della proposta di concordato ed ai relativi pagamenti, letti come atti di ordinaria amministrazione proprio perche’ strumentali alla proposta concordataria indirizzata ai creditori (nella quale figuravano invero appostate tutte le voci di spesa), senza che fosse emerso un concreto pregiudizio economico in danno di questi ultimi, tanto che lo stesso tribunale aveva apoditticamente parlato di “atti potenzialmente lesivi” del patrimonio del debitore. In particolare, il giudice a quo ha espressamente richiamato la giurisprudenza di questa Corte in tema di prededucibilita’ dei crediti dei professionisti che abbiano svolto attivita’ di assistenza, consulenza e redazione della proposta di concordato, ai sensi della L. Fall., articolo 111, comma 2, tenuto conto dell’abrogazione della norma di interpretazione autentica (Decreto Legge 23 dicembre 2013, n. 145, articolo 11, comma 3 quater, convertito con modifiche dalla L. n. 9 del 2014) ad opera del Decreto Legge 24 giugno 2014, n. 91, articolo 22, comma 7, convertito con modifiche dalla L. n. 116 del 2014, nonche’ dell’abrogazione della L. Fall., articolo 182 quater, comma 4, ad opera del Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modifiche dalla L. n. 134 del 2012.
8. Come anticipato, la decisione della Corte territoriale risulta in linea con la giurisprudenza di questa Corte, la quale ha avuto piu’ volte occasione di affermare che “il pagamento di crediti dei professionisti nominati dall’imprenditore per la predisposizione della domanda di concordato preventivo ovvero in occasione della relativa proposta, effettuato, a seguito del deposito del ricorso L. Fall., ex articolo 161, comma 6, senza autorizzazione del tribunale, non comporta, necessariamente, la declaratoria di inammissibilita’ del concordato, ai sensi della L. Fall., articolo 173, in ragione dell’automatica classificazione di tali pagamenti tra gli atti di straordinaria amministrazione, quali crediti non prededucibili in mancanza del decreto di ammissione al concordato suddetto. Invero, da un lato, la natura prededucibile del credito non puo’ essere collegata al decreto L. Fall., ex articolo 163” (nel senso che solo il decreto di ammissione trasformerebbe i crediti maturati verso l’imprenditore, prima o dopo la sua domanda, in pretese assistite dalla peculiare protezione di cui alla L. Fall., articolo 111) “e, dall’altro, costituiscono normalmente atti di ordinaria amministrazione le operazioni richieste dalla legge e ragionevolmente proprie di una prassi attinente al corredo obbligatorio della domanda di apertura della procedura concorsuale, competendo all’organo concorsuale che ne invochi l’eccedentarieta’ rispetto a tale scopo dimostrarne la superfluita’, oltre che l’intento frodatorio” (Cass. n. 280/2017; conf. Cass. n. 14887/2017). Occorre dunque sempre valutare in concreto – secondo una verifica da compiersi ad opera del giudice di merito – se un simile pagamento “costituisca, o meno, atto di straordinaria amministrazione ed, in ogni caso, se la violazione della regola della “par conditio” sia diretta a frodare le ragioni dei creditori, pregiudicando le possibilita’ di adempimento della proposta negoziale formulata con la domanda di concordato” (Cass. n. 7066/2016; conf. Cass. nn. 3324/2016, 9995/2016, 3317/2017, 11958/2018; cfr. Cass. n. 26646/2018in tema di azioni giudiziali promosse dall’imprenditore senza l’autorizzazione del giudice delegato, nel corso della procedura di concordato preventivo).
8.1. Anche la valutazione del contratto di locazione stipulato dopo la domanda di concordato con riserva quale atto di ordinaria amministrazione rispetta i criteri elaborati dalla giurisprudenza di questa Corte, la quale ha avuto modo di evidenziare che, in tema di attivita’ di impresa, il discrimine tra “ordinaria” e “straordinaria” amministrazione non puo’ ravvisarsi (come in altri settori, ad es. nell’amministrazione del patrimonio dell’incapace) nella natura conservativa dell’atto, “in quanto l’esercizio imprenditoriale presuppone necessariamente il compimento di atti dispositivi, e non meramente conservativi, sicche’ la distinzione va fondata, per contro, sulla relazione in cui l’atto si pone con la gestione normale del tipo di impresa e con le relative dimensioni” (Cass. n. 10229/1997; conf. Cass. n. 25952/2011; cfr. Cass. nn. 4584/1999 e 256/2004). Con specifico riferimento alla vicenda concordataria, e’ stato precisato che “la valutazione in ordine al carattere di ordinaria o straordinaria amministrazione dell’atto posto in essere dal debitore senza autorizzazione del giudice delegato, ai fini della eventuale dichiarazione di inefficacia dell’atto stesso ai sensi della L. Fall., articolo 167, deve essere compiuta dal giudice di merito tenendo conto che il carattere di atto di straordinaria amministrazione dipende dalla sua idoneita’ ad incidere negativamente sul patrimonio del debitore, pregiudicandone la consistenza o compromettendone la capacita’ a soddisfare le ragioni dei creditori, in quanto ne determina la riduzione, ovvero lo grava di vincoli e di pesi cui non corrisponde l’acquisizione di utilita’ reali prevalenti su questi ultimi” (Cass. n. 20291/2005, nella specie recante la cassazione con rinvio della sentenza di merito che aveva dichiarato inefficace una cessione di credito effettuata dall’imprenditore assoggettato a concordato preventivo, non autorizzata dal g.d., valorizzando esclusivamente l’importo del credito, senza considerare la possibilita’ di qualificarla come atto di ordinaria amministrazione, in quanto mezzo di pagamento di una fornitura di materiale resasi necessaria per l’esecuzione di un precedente contratto di appalto, che permetteva di acquisire alla massa il relativo corrispettivo). Di conseguenza, possono ritenersi di ordinaria amministrazione gli atti di comune gestione dell’azienda, strettamente aderenti alle finalita’ e dimensioni del suo patrimonio e quelli che – ancorche’ comportanti una spesa elevata (Cass. n. 9262/2000) – lo migliorino o anche solo lo conservino, mentre ricadono nell’area della straordinaria amministrazione gli atti suscettibili di ridurlo o gravarlo di pesi o vincoli cui non corrispondano acquisizioni di utilita’ reali su di essi prevalenti (cfr. ex multis, Cass. nn. 45/1979, 599/1982, 1357/1990).
9. Sotto altro profilo, la ritenuta insussistenza di atti di frode ai sensi della L. Fall., articolo 173, si pone in continuita’ con l’orientamento di questa Corte per cui integrano atti di frode, sul piano oggettivo, le condotte volte ad occultare situazioni di fatto idonee ad influire sul giudizio dei creditori, con valenza potenzialmente decettiva per l’idoneita’ a pregiudicare il consenso informato degli stessi sulle reali prospettive di soddisfacimento in caso di liquidazione – inizialmente ignorate dagli organi della procedura e dai creditori e successivamente accertate nella loro sussistenza o anche solo nella loro completezza ed integrale rilevanza, a fronte di una precedente rappresentazione del tutto inadeguata – purche’ caratterizzati, sul piano soggettivo, dalla consapevole volontarieta’ della condotta, sebbene non sia necessaria anche la dolosa preordinazione (Cass. n. 17191/2014; conf. Cass. n. 5273/2018).
10. Del tutto fuori centro sono invece le argomentazioni del ricorrente imperniate sulla L. Fall., articoli 111 e 182 quater.
10.1. Se infatti e’ vero che la L. Fall., articolo 182 quater, comma 4, introdotto dal Decreto Legge n. 78 del 2010, ebbe espressamente a sancire la prededucibilita’ del compenso dell’attestatore, subordinatamente ad un’esplicita statuizione in tal senso nel provvedimento di ammissione al concordato (mettendo cosi’ in discussione la possibilita’ di riconoscere analogo trattamento agli altri professionisti), e’ pur vero che il successivo Decreto Legge n. 83 del 2012, ha abrogato detta disposizione, con conseguente riespansione dell’area della prededucibilita’ dei crediti dei professionisti, sul presupposto che “l’accesso alla procedura di concordato preventivo costituisce, di per se’, un vantaggio per i creditori alla luce degli effetti della consecuzione, ossia la cristallizzazione della massa e la retrodatazione del periodo sospetto ai fini dell’esperimento della revocatoria fallimentare” (Cass. n. 6031/2014).
10.2. Da ultimo, correttamente la Corte territoriale ha dato atto che la norma di interpretazione autentica della L. Fall., articolo 111 (L. n. 9 del 2014, articolo 11, comma 3-quater, di conversione del Decreto Legge n. 145 del 2013) – che condizionava la prededucibilita’ dei crediti sorti in occasione o in funzione della procedura di concordato preventivo con riserva al deposito della proposta completa di piano e all’apertura della procedura senza soluzione di continuita’ – e’ stata abrogata dal Decreto Legge n. 91 del 2014, articolo 22, comma 7 convertito dalla L. n. 116 del 2014.
11. Al rigetto del ricorso segue la condanna alle spese.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre a spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi liquidati in Euro 200,00 ed accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

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