Locazione ad uso non abitativo ed il mancato ottenimento da parte del conduttore dei titoli amministrativi abilitativi

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|24 gennaio 2023| n. 2174.

Locazione ad uso non abitativo ed il mancato ottenimento da parte del conduttore dei titoli amministrativi abilitativi

In materia di locazione ad uso non abitativo, il mancato ottenimento, da parte del conduttore, dei titoli amministrativi abilitativi necessari allo svolgimento dell’attività imprenditoriale convenuta non determina la nullità del contratto per difetto di causa, ma dà luogo alla responsabilità del locatore solo nel caso in cui lo stesso abbia assunto l’impegno di conseguire detti titoli, ovvero se il loro ottenimento sia reso definitivamente impossibile in ragione delle caratteristiche intrinseche del bene concesso in godimento

Ordinanza|24 gennaio 2023| n. 2174. Locazione ad uso non abitativo ed il mancato ottenimento da parte del conduttore dei titoli amministrativi abilitativi

Data udienza 21 dicembre 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Locazione – Uso non abitativo – Conduttore – Mancato ottenimento dei titoli amministrativi necessari – Responsabilità del locatore – Certificato di agibilità

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso r.g. n. 1807/2019 proposto da:
(OMISSIS) S.N.C. DI (OMISSIS) ED (OMISSIS), domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati NICOLA GRANI e STEFANO CALOI;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) E (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dagli avvocati (OMISSIS) E (OMISSIS);
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 1170/2018 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 31/05/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/12/2022 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI.

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Rilevato

che, con sentenza resa in data 31/6/2018, la Corte d’appello di Venezia ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado, riunite la cause separatamente proposte dalle parti per l’accoglimento delle rispettive domande, disattese quelle proposte dalla (OMISSIS) s.n.c. di (OMISSIS) ed (OMISSIS) (in qualita’ di conduttrice) nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) (in qualita’ di locatori) (domande rivolte all’accertamento dei contestati inadempimenti dei locatori e alla relativa condanna al rimborso dei canoni non dovuti e al risarcimento dei danni subiti), in accoglimento delle domande proposte da questi ultimi, ha pronunciato la risoluzione del contratto di locazione per uso diverso da quello di abitazione concluso tra le parti per inadempimento della societa’ conduttrice, condannando quest’ultima al pagamento di tutti i canoni dovuti fino al rilascio dell’immobile locato gia’ disposto in corso di causa;
a fondamento della decisione assunta, per quel che ancora rileva in questa sede, la corte territoriale ha rilevato la correttezza della decisione del primo giudice nella parte in cui aveva sottolineato l’infondatezza della pretesa della societa’ conduttrice di veder riconosciuto l’inadempimento dei locatori per il mancato conseguimento, da parte di questi, di tutti i titoli amministrativi indispensabili per l’esercizio dell’attivita’ commerciale programmata dalla societa’ conduttrice (con particolare riguardo, nel caso di specie, al certificato di prevenzione incendi e, implicitamente, al connesso certificato di agibilita’), dovendo piuttosto ricondursi, all’ambito degli oneri propri del conduttore, l’impegno al conseguimento di tutti i titoli amministrativi necessari allo svolgimento dell’attivita’ destinata ad essere esercitata all’interno dell’immobile locato, in particolar modo la’ dove, come nel caso di specie, il locatore non ne abbia espressamente assunto alcun onere e il conduttore abbia espressamente riconosciuto, in sede di conclusione del contratto, la piena idoneita’ dell’immobile locato al conseguimento degli scopi connessi all’attivita’ della societa’ conduttrice;

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avverso la sentenza d’appello, la (OMISSIS) s.n.c. di (OMISSIS) ed (OMISSIS) propone ricorso per cassazione sulla base di tre motivi d’impugnazione;
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) resistono con controricorso;
la trattazione e’ stata fissata ai sensi dell’articolo 380-bis.1 c.p.c.;
il Procuratore generale presso la Corte di cassazione non ha depositato conclusioni;
entrambe le parti hanno depositato memoria;
considerato che,
con il primo motivo, la societa’ ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell’articolo 1, comma 1, del Decreto Ministeriale n. 16 febbraio 1982 (in vigore fino al 7/10/2011) e del relativo allegato; dell’articolo 16 del Decreto Legislativo n. 139 del 2006; del Decreto Ministeriale n. Interno del 27 luglio 2010 e degli articoli 1346, 1418, 1575, 1362, 1366, 1374 e 1375 c.c. (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto – in violazione delle norme invocate e dei canoni legali di ermeneutica negoziale specificamente richiamati in ricorso – che l’immobile oggetto del contratto di locazione concluso tra le parti non fosse destinato, gia’ sul piano della comune intenzione delle parti, all’esercizio di una quelle attivita’ per le quali la disciplina amministrativa di cui alle norme richiamate imponeva il rilascio di quel âââEurošÂ¬Ã‹Å”certificato di prevenzione degli incendi’ che i locatori non avevano mai ottenuto per l’immobile concesso in locazione; e per aver conseguentemente escluso che l’inidoneita’ dell’immobile locato ad essere oggetto di quello specifico contratto di locazione non si fosse riflessa sulla stessa validita’ del contratto;
il motivo e’ inammissibile;
rileva preliminarmente il Collegio come l’odierna societa’ ricorrente abbia del tutto trascurato di censurare l’autonoma ratio decidendi individuata, tra le altre, dalla corte territoriale a fondamento del rigetto del primo motivo d’appello nella specie riferito alla medesima questione posta ad oggetto della censura in esame, la’ dove la corte veneziana ha evidenziato come la societa’ conduttrice, all’articolo 9 del contratto di locazione concluso tra le parti, si fosse fatta carico di adottare “ogni cautela dall’unita’ sanitaria locale o da qualsiasi altro ente preposto al fine di soddisfare le norme legislative vigenti”;
e’ appena il caso di rilevare come, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, quando la sentenza assoggettata ad impugnazione sia fondata su diverse rationes decidendi, ciascuna idonea a giustificarne autonomamente la statuizione, la circostanza che tale impugnazione non sia rivolta contro una di esse determina l’inammissibilita’ del gravame per l’esistenza del giudicato sulla ratio decidendi non censurata, piuttosto che per carenza di interesse (Sez. 3, Sentenza n. 13880 del 06/07/2020, Rv. 658309 – 01 Sez. 3, Sentenza n. 14740 del 13/07/2005, Rv. 582931 – 01);
varra’ peraltro evidenziare, in ogni caso, la radicale infondatezza delle argomentazioni poste a fondamento della censura in esame, essendosi la corte territoriale correttamente uniformata – nell’escludere il ricorso di alcun inadempimento dei locatori in relazione alle contestazioni avanzate in questa sede dalla societa’ conduttrice – al consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimita’, secondo cui, in materia di locazione ad uso non abitativo, il mancato ottenimento, da parte del conduttore, dei titoli amministrativi abilitativi necessari allo svolgimento dell’attivita’ imprenditoriale convenuta da’ luogo alla responsabilita’ del locatore nel solo caso in cui lo stesso abbia assunto l’impegno di conseguire detti titoli, ovvero se il loro ottenimento sia reso definitivamente impossibile in ragione delle caratteristiche intrinseche del bene concesso in godimento (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 20796 del 20/08/2018, Rv. 650414 – 02; Sez. 3, Sentenza n. 15377 del 26/07/2016, Rv. 641148 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 13651 del 16/06/2014, Rv. 631823 – 01);
nella specie, ferma l’attestata specifica assunzione, da parte della societa’ conduttrice, dell’impegno al conseguimento, in proprio, dei titoli amministrativi necessari allo svolgimento dell’attivita’ imprenditoriale da svolgersi all’interno dell’immobile locato (e, dunque, indiscussa l’attestazione dell’inesistenza di alcun corrispondente impegno assunto da parte dei locatori), neppure e’ risultata alcuna intrinseca conformazione dell’immobile locato tale da rendere definitivamente impossibile il conseguimento di detti titoli, con la conseguente rivelazione, anche per tale via, della piena correttezza della decisione impugnata, nella parte in cui ha disatteso la rivendicazione, avanzata dalla societa’ conduttrice, dell’accertamento di un corrispondente inadempimento dei locatori;
con il secondo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione degli articoli 112 e 132 c.p.c. (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4), nonche’ per mera apparenza di motivazione in relazione all’applicazione e interpretazione dell’articolo 21 della L. n. 241 del 1990, per avere la corte territoriale omesso di rilevare (limitandosi all’indicazione di brevi, lacunosi ed imprecisi accenni in relazione al corrispondente motivo di appello della societa’ odierna ricorrente) che la circostanza del mancato conseguimento effettivo del âââEurošÂ¬Ã‹Å”certificato di prevenzione incendi’ in relazione all’immobile oggetto del presente giudizio aveva impedito il formarsi del silenzio-assenso della pubblica amministrazione sull’istanza di concessione del âââEurošÂ¬Ã‹Å”certificato di agibilita” del medesimo immobile, con la conseguenza che quest’ultimo, diversamente da quanto espressamente garantito dai locatori, era rimasto del tutto privo di tale fondamentale certificazione, si’ da manifestare con evidenza il corrispondente grave inadempimento delle controparti;
il motivo e’ inammissibile;
osserva preliminarmente il Collegio come la societa’ ricorrente abbia del tutto trascurato di specificare, in relazione alla proposizione della presente doglianza, i termini dell’avvenuta prospettazione, in appello, delle questioni di diritto concernenti il rilascio del certificato di agibilita’ in esame, con la conseguente impossibilita’, per questa Corte, di verificare l’eventuale novita’ della questione cosi’ criticamente impostata, rispetto alla natura e all’oggetto delle questioni effettivamente dibattute in sede di appello;
e’ appena il caso di rilevare, riguardo, come, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilita’, questioni che siano gia’ comprese nel tema del decidere del giudizio d’appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimita’ questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito, tranne che non si tratti di questioni rilevabili d’ufficio.

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Il ricorrente, al fine di evitare una statuizione di inammissibilita’ per novita’ della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione avanti al giudice del merito, ma anche di indicare in quale atto del precedente giudizio lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare ex actis la veridicita’ di tale asserzione, prima di esaminarne il merito (cfr. Sez. 2, Sentenza n. 20712 del 13/08/2018, Rv. 649963 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 25319 del 25/10/2017, Rv. 645791 – 01; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 17041 del 09/07/2013, Rv. 627045 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 5836 del 13/03/2007, Rv. 595398 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 2140 del 31/01/2006, Rv. 588057 – 01);
varra’, in ogni caso, rilevare, anche in relazione a tale censura, il carattere decisivo del richiamo alla giurisprudenza di legittimita’ gia’ menzionata a proposito della trattazione del primo motivo di ricorso, con particolare riguardo all’impossibilita’ di predicare alcun profilo di inadempimento contrattuale a carico dei locatori, in assenza dei relativi presupposti, anche alla luce di quanto rilevato nella sentenza impugnata con riferimento all’espresso impegno, assunto dalla societa’ conduttrice, di provvedere in proprio al conseguimento di tutti i titoli amministrativi abilitativi indispensabili per l’esercizio dell’attivita’ imprenditoriale all’interno dell’immobile locato;
con il terzo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli articoli 1362 e segg., 1575, 1578 e 1453 c.c., nonche’ nell’articolo 21 della L. n. 241 del 1990, per avere la corte territoriale erroneamente omesso di rilevare il grave inadempimento dei locatori rispetto all’obbligazione di consegnare un immobile dotato di regolare certificato di agibilita’, atteso che quest’ultimo era stato solo apparentemente rilasciato nelle forme del silenzio-assenso della pubblica amministrazione a seguito di un’istanza che i locatori avevano presentato attestando falsamente l’avvenuto rilascio del certificato finale di prevenzione incendi da parte del Comando Provinciale dei Vigili del fuoco, in tal modo omettendo di rilevare la responsabilita’ contrattuale delle controparti per tale gravissimo inadempimento originario, di per se’ idoneo a giustificare la risoluzione del contratto per responsabilita’ dei locatori, ovvero il riconoscimento della nullita’ del contratto di locazione per l’impossibilita’ (giuridica) dell’oggetto;

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il motivo e’ inammissibile;
osserva il Collegio come l’argomentazione su cui risulta fondata la censura in esame muove arbitrariamente dal presupposto della (pretesa) illegittimita’ di un certificato di agibilita’ esistente in relazione all’immobile locato per il modo in cui lo stesso si sarebbe formato a seguito di silenzio-assenso della pubblica amministrazione, senza, tuttavia, che tale illegittimita’ fosse mai stata dichiarata in sede giurisdizionale o, in sede di autotutela, della stessa pubblica amministrazione;
peraltro, nella misura in cui il motivo d’impugnazione si duole dell’erronea interpretazione, da parte dei giudici del merito, dei contenuti effettivi degli impegni negoziali reciprocamente assunti dalle parti, lo stesso risulta inammissibilmente argomentato, dovendo al riguardo sottolinearsi come, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimita’, l’interpretazione degli atti negoziali deve ritenersi indefettibilmente riservata al giudice di merito ed e’ censurabile in sede di legittimita’ unicamente nei limiti consentiti dal testo dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, ovvero nei casi di violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale, ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 3;
in tale ultimo caso, peraltro, la violazione denunciata chiede d’essere necessariamente dedotta con la specifica indicazione, nel ricorso per cassazione, del modo in cui il ragionamento del giudice di merito si sia discostato dai suddetti canoni, traducendosi altrimenti, la ricostruzione del contenuto della volonta’ delle parti, in una mera proposta reinterpretativa in dissenso rispetto all’interpretazione censurata; operazione, come tale, inammissibile in sede di legittimita’ (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 17427 del 18/11/2003, Rv. 568253);
nel caso di specie, l’odierna societa’ ricorrente si e’ limitata ad affermare, in modo solo inammissibilmente apodittico, l’avvenuta violazione, da parte del giudice a quo, dei canoni legali di ermeneutica negoziale, orientando l’argomentazione critica rivolta nei confronti dell’interpretazione della corte territoriale, non gia’ attraverso la prospettazione di un’obiettiva e inaccettabile contrarieta’ a detti canoni della propria lettura della relazione contrattuale esaminata, bensi’ attraverso l’indicazione degli aspetti della ritenuta non condivisibilita’ della lettura interpretativa criticata, rispetto a quella ritenuta preferibile, in tal modo travalicando i limiti propri del vizio della violazione di legge (ex articolo 360 c.p.c., n. 3) attraverso la sollecitazione della corte di legittimita’ alla rinnovazione di una non consentita valutazione di merito, finendo infine col trascurare quanto espressamente affermato dal giudice d’appello laddove (pag. 17 della sentenza impugnata) ha rilevato l’avvenuta conferma, da parte del Comune di Villafranca, dell’insussistenza dei motivi per l’annullamento del certificato di agibilita’ dell’immobile de quo gia’ concesso in epoca anteriore alla conclusione del contratto tra le parti;

Locazione ad uso non abitativo ed il mancato ottenimento da parte del conduttore dei titoli amministrativi abilitativi

anche in relazione a tale censura, da ultimo, varra’, in ogni caso, richiamare il carattere decisivo dei contenuti della giurisprudenza di legittimita’ gia’ menzionata a proposito della trattazione del primo motivo di ricorso, con particolare riguardo all’impossibilita’ di predicare alcun profilo di inadempimento contrattuale a carico dei locatori, in assenza dei relativi presupposti, anche alla luce di quanto rilevato nella sentenza impugnata con riferimento all’espresso impegno, assunto dalla societa’ conduttrice, di provvedere in proprio al conseguimento di tutti i titoli amministrativi abilitativi indispensabili per l’esercizio dell’attivita’ imprenditoriale all’interno dell’immobile locato;
sulla base di tali premesse, dev’essere dato atto dell’inammissibilita’ del ricorso, con la conseguente condanna della societa’ ricorrente al rimborso, in favore dei controricorrenti, delle spese del presente giudizio di legittimita’, secondo la liquidazione di cui al dispositivo;
al rigetto del ricorso segue l’attestazione della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della societa’ ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-quater, dell’articolo 13 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002;

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso, in favore dei controricorrenti, delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 7.500,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dell’articolo 1-bis, dello stesso articolo 13.

 

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