Locazione ad uso abitativo e la forma scritta “ad substantiam”

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|21 luglio 2022| n. 22828.

Locazione ad uso abitativo e la forma scritta “ad substantiam”

In tema di contratti di locazione ad uso abitativo, la prescrizione di requisiti di validità ai sensi degli artt. 1, 2 e 14 della l. n. 431 del 1998 – cioè, la forma scritta “ad substantiam” – e dell’art. 1, comma 346, della l. n. 311 del 2004 – in forza del quale i negozi sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati – si applica solo ai contratti stipulati dopo l’entrata in vigore delle citate norme, giusta il principio “tempus regit actum”, non derogato da alcune speciale disposizione transitoria.

Ordinanza|21 luglio 2022| n. 22828. Locazione ad uso abitativo e la forma scritta “ad substantiam”

Data udienza 3 maggio 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Contratto di locazione – Inadempimento del conduttore – Ricorso per cassazione – Mancata allegazione e produzione dei documenti e degli atti richiamati – Applicazione della disciplina vigente al momento della stipulazione del contratto – Rigetto

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere

Dott. CONDELLO Pasqualina A. P. – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso r.g. n. 1959/2018 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv.to (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avv.to (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), e (OMISSIS), quale esercente la responsabilita’ genitoriale sui figli minori (OMISSIS) JR, e (OMISSIS), tutti eredi di (OMISSIS), domiciliati ex lege in ROMA presso la CANCELLERIA della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avv.to (OMISSIS);
– controricorrenti –
e
(OMISSIS);
– intimato –
avverso la sentenza n. 2202/2017 della Corte d’appello di Napoli depositata il 01/06/2017;
udita relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 03/05/2022 dal consigliere Dott. Dell’Utri Marco.

Locazione ad uso abitativo e la forma scritta “ad substantiam”

RILEVATO

che,
con sentenza resa in data 1/6/2017, la Corte d’appello di Napoli ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado, in accoglimento della domanda proposta da (OMISSIS), ha pronunciato la risoluzione per inadempimento di (OMISSIS) (in qualita’ di conduttrice) del contratto di locazione stipulato tra le parti, condannando la (OMISSIS) al rilascio dell’immobile locato;
a fondamento della decisione assunta la corte territoriale ha rilevato la correttezza della decisione del primo giudice nella parte in cui aveva ritenuto adeguatamente comprovata la stipulazione tra le parti di un contratto di locazione, nonche’ il mancato pagamento, da parte della (OMISSIS), dei canoni della stessa dovuti, nonche’ laddove aveva ritenuto la conduttrice decaduta dalla facolta’ di eccepire l’asserito mancato esperimento del tentativo di conciliazione e l’assunzione in giudizio di prove testimoniali inammissibili, giudicando, infine, valida la rinnovazione orale del contratto originariamente concluso in tale forma in epoca anteriore all’entrata in vigore della L. n. 431 del 1998;
avverso la sentenza d’appello, (OMISSIS) propone ricorso per cassazione sulla base di tre motivi d’impugnazione;
(OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), quale esercente la responsabilita’ genitoriale sui figli minori (OMISSIS) jr. e (OMISSIS), tutti eredi di (OMISSIS), resistono con controricorso;
nessun altro intimato ha svolto difese in questa sede;
la trattazione del ricorso e’ stata fissata ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c., n. 1;
non sono state depositate conclusioni dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione;
i resistenti hanno depositato memoria;

 

Locazione ad uso abitativo e la forma scritta “ad substantiam”

CONSIDERATO

Che:
con il primo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 28 del 2010, articolo 5 e dell’articolo 170 c.c. (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente escluso l’improcedibilita’ dell’originaria domanda introdotta da (OMISSIS), avendo quest’ultimo omesso di introdurre in modo rituale il tentativo di conciliazione (ove effettivamente compiuto) attraverso la comunicazione di tale tentativo direttamente alla conduttrice anziche’ al suo difensore costituito nella precedente fase relativa alla domanda di convalida di sfratto;
il motivo e’ inammissibile;
fermo l’assorbente rilievo del mancato corretto assolvimento, da parte della ricorrente, degli oneri di puntuale e completa allegazione del ricorso, ai sensi dell’articolo 366 c.p.c., n. 6 (con specifico riguardo agli atti e i documenti su cui la censura in esame risulta fondata), osserva il Collegio come la (OMISSIS) abbia in ogni caso trascurato di censurare in modo specifico la ratio decidendi, fatta propria dal giudice d’appello, in ordine alla decadenza della ricorrente dalla facolta’ di far valere l’improcedibilita’ della domanda, non avendo sollevato la relativa eccezione entro l’udienza di cui all’articolo 420 c.p.c. (cfr. pag. 5 della sentenza impugnata);
si tratta di una ratio decidendi che, al di la’ della relativa correttezza, appare autonomamente idonea a provocare il rigetto del motivo di appello sul punto proposto dall’odierna ricorrente;
cio’ posto, la censura in esame deve ritenersi inammissibile per irrilevanza, attesa l’evidente inidoneita’, dell’eventuale accertamento circa la correttezza delle modalita’ di introduzione del tentativo di conciliazione, a impedire il rilievo del carattere incontestato circa la decadenza della ricorrente dalla facolta’ di far valere l’improcedibilita’ della domanda;
con il secondo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli articoli 116 c.p.c. e degli articoli 2697, 2721 e 2726 c.c. (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto utilizzabili le prove testimoniali assunte sulla dimostrazione della conclusione del contratto e del pagamento dei canoni di locazione, in contrasto con lo stesso provvedimento del giudice di primo grado che ne aveva sancito l’inammissibilita’;
il motivo e’ inammissibile per violazione dell’articolo 366 c.p.c., n. 6;
al riguardo, osserva il Collegio come, sulla base del principio di necessaria e completa allegazione del ricorso per cassazione ex articolo 366 c.p.c., n. 6 (valido oltre che per il vizio di cui all’articolo 360, comma 1, n. 5 anche per quelli previsti dai nn. 3 e 4 della stessa disposizione normativa), il ricorrente che denunzi la violazione o falsa applicazione di norme di diritto, non puo’ limitarsi a specificare soltanto la singola norma di cui, appunto, si denunzia la violazione, ma deve indicare gli elementi fattuali in concreto condizionanti gli ambiti di operativita’ di detta violazione (cfr. Sez. L, Sentenza n. 9076 del 19/04/2006, Rv. 588498);
siffatto onere sussiste anche allorquando il ricorrente affermi che una data circostanza debba reputarsi comprovata dall’esame degli atti processuali, con la conseguenza che, in tale ipotesi, il ricorrente medesimo e’ tenuto ad allegare al ricorso gli atti del processo idonei ad attestare, in relazione al rivendicato diritto, la sussistenza delle circostanze affermate, non potendo limitarsi alla parziale e arbitraria riproduzione di singoli periodi estrapolati dagli atti processuali propri o della controparte;
e’ appena il caso di ricordare come tali principi abbiano ricevuto l’espresso avallo della giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte (cfr., per tutte, Sez. Un., Sentenza n. 16887 del 05/07/2013), le quali, dopo aver affermato che la prescrizione dell’articolo 366 c.p.c., n. 6, e’ finalizzata alla precisa delimitazione del thema decidendum, attraverso la preclusione per il giudice di legittimita’ di porre a fondamento della sua decisione risultanze diverse da quelle emergenti dagli atti e dai documenti specificamente indicati dal ricorrente, onde non puo’ ritenersi sufficiente in proposito il mero richiamo di atti e documenti posti a fondamento del ricorso nella narrativa che precede la formulazione dei motivi (Sez. Un., Sentenza n. 23019 del 31/10/2007, Rv. 600075), hanno poi ulteriormente chiarito che il rispetto della citata disposizione del codice di rito esige che sia specificato in quale sede processuale nel corso delle fasi di merito il documento, pur eventualmente individuato in ricorso, risulti prodotto, dovendo poi esso essere anche allegato al ricorso a pena d’improcedibilita’, in base alla previsione del successivo articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4 (cfr. Sez. Un., Sentenza n. 28547 del 02/12/2008 (Rv. 605631); con l’ulteriore precisazione che, qualora il documento sia stato prodotto nelle fasi di merito e si trovi nel fascicolo di parte, l’onere della sua allegazione puo’ esser assolto anche mediante la produzione di detto fascicolo, ma sempre che nel ricorso si specifichi la sede in cui il documento e’ rinvenibile (cfr. Sez. Un., Ordinanza n. 7161 del 25/03/2010, Rv. 612109, e, con particolare riguardo al tema dell’allegazione documentale, Sez. Un., Sentenza n. 22726 del 03/11/2011, Rv. 619317);
nella violazione di tali principi deve ritenersi incorsa la ricorrente con il motivo d’impugnazione in esame, atteso che la stessa, nel dolersi che la corte d’appello avrebbe erroneamente ritenuto utilizzabili le prove testimoniali assunte sulla dimostrazione della conclusione del contratto e del pagamento dei canoni di locazione, in contrasto con lo stesso provvedimento del giudice di primo grado che ne aveva sancito l’inammissibilita’, ha tuttavia omesso di fornire alcuna idonea e completa indicazione circa gli atti e i documenti processuali (e il relativo contenuto) comprovanti il ricorso effettivo di detto errore, con cio’ precludendo a questa Corte la possibilita’ di apprezzare la concludenza delle censure formulate al fine di giudicare la fondatezza del motivo d’impugnazione proposto;
in particolare, avendo il giudice d’appello affermato che la conduttrice era incorsa nella decadenza dalla facolta’ di eccepire l’assunzione di una prova per testi inammissibile (avendo trascurato di eccepire detta inammissibilita’ dopo l’espletamento della prova contestata: cfr. pag. 6 della sentenza impugnata), ed avendo la ricorrente viceversa affermato in questa sede di aver tempestivamente impugnato le dichiarazioni testimoniali in esame nello stesso verbale dell’udienza in cui dette dichiarazioni furono raccolte (cfr. pag. 9 del ricorso), la mancata allegazione e produzione (o anche solo la mera indicazione e localizzazione negli atti) di detto verbale (indispensabile ai fini della verifica della tempestiva impugnazione delle dichiarazioni testimoniali contestate) vale a rendere inammissibile il motivo in esame in ragione delle motivazioni in precedenza indicate;
con il terzo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione della L. n. 431 del 1998, articoli 1, 2 e 14 e della L. n. 311 del 2004, articolo 1, comma 346 (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente disatteso l’eccezione di nullita’ del contratto di locazione sollevata dalla conduttrice in ragione della mancata rinnovazione per iscritto del contratto di locazione concluso in forma orale nel 1996, nonche’ in ragione della mancata registrazione dello stesso ai fini fiscali;
il motivo e’ infondato;
osserva il Collegio come le norme in questa sede invocate dall’odierna ricorrente (e, segnatamente, la L. n. 431 del 1998, articoli 1, 2 e 14 e la L. n. 311 del 2004, articolo 1, comma 346), nella misura in cui introducono specifici requisiti sostanziali di validita’ dei contratti di locazione ad uso abitativo (sotto il profilo della forma scritta richiesta ad substantiam e della registrazione fiscale imposta a pena di nullita’), devono ritenersi applicabili alle sole fattispecie negoziali perfezionate successivamente all’entrata in vigore di dette norme, dovendo viceversa ritenersi applicabile, ai contratti di locazione conclusi in epoca anteriore all’entrata in vigore delle medesime norme, la disciplina allora in vigore; e tanto, in coerenza al generale principio tempus regit actum, nella specie non derogato da alcuna diversa disposizione transitoria, ed anzi da ritenere confermato dalle disposizioni di cui alla L. n. 431 del 1998, articolo 2 (la’ dove limita l’imposizione della forma scritta ai soli contratti di locazione ad uso abitativo stipulati – e dunque conclusi – a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge) e di cui all’articolo 2, comma 6 medesima legge, la’ dove, disciplinando le modalita’ di rinnovazione dei contratti di locazione stipulati prima della data di entrata in vigore della L. n. 431 del 1998, si limita a richiamare del medesimo articolo 2, il solo comma 1 senza alcun richiamo all’articolo 1 cit.;
varra’ rilevare, in generale, come, una volta identificata la disciplina normativa applicabile alla forma di conclusione del contratto di locazione in esame (con l’esclusione dell’imposizione della forma scritta e l’assenza di alcuna necessita’ di registrazione fiscale ai fini della relativa validita’), deve altresi’ escludersi che la manifestazione delle volonta’ negoziali dirette a disporre la rinnovazione del medesimo contratto sia sottoposta a un regime formale di diversa (e piu’ stringente) natura, trattandosi, non gia’ di dar luogo alla conclusione di un nuovo (e diverso) negozio (che avrebbe eventualmente imposto una revisione dei requisiti formali previsti dalla disciplina anteriore alle norme invocate in questa sede), bensi’ di provocare la prosecuzione nel tempo degli effetti del medesimo contratto gia’ validamente concluso nelle forme originarie, e gia’ svincolato da qualsivoglia onere di registrazione fiscale ai fini della relativa validita’ (impregiudicate le eventuali conseguenze sul piano amministrativo) sulla base della disciplina vigente al tempo della sua conclusione;
del tutto correttamente, pertanto, il giudice a quo ha disatteso le corrispondenti censure sul punto sollevate dall’allora appellante;
sulla base di tali premesse, rilevata la complessiva infondatezza delle censure esaminate, dev’essere pronunciato il rigetto del ricorso, con la conseguente condanna della ricorrente al rimborso, in favore dei controricorrenti, delle spese del presente giudizio di legittimita’, secondo la liquidazione di cui al dispositivo, oltre all’attestazione della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso, in favore dei controricorrenti, delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 4.500,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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