Corte di Cassazione, sezione lavoro, Sentenza 27 novembre 2018, n. 30680.
La massima estrapolata:
Ai fini della ricorrenza della giusta causa o giustificato motivo del licenziamento è necessario che le infrazioni contestate al lavoratore e la condotta illecita di questi, oltre ad essere acclarate in giudizio, non risultino meramente ed astrattamente richiamabili ma appaiano tra quelle annoverate nel contratto collettivo di riferimento e per esse preveda la sanzione espulsiva.
Sentenza 27 novembre 2018, n. 30680
Data udienza 26 giugno 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere
Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere
Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere
Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 9150/2017 proposto da:
(OMISSIS) S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) giusta delega in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 250/2017 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 02/02/2017 R.G.N. 1273/2016;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26/06/2018 dal Consigliere Dott. CARLA PONTERIO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MATERA Marcello, che ha concluso per l’accoglimento per quanto di ragione;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito l’Avvocato (OMISSIS).
FATTI DI CAUSA
1. La Corte d’appello di Bari, con sentenza n. 250 pubblicata il 2.2.17, in accoglimento del reclamo proposto dal sig. (OMISSIS) e in riforma della sentenza di primo grado, ha condannato (OMISSIS) s.p.a. alla reintegra del predetto nel posto di lavoro e al pagamento di un’indennita’ risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello della reintegra, oltre accessori, nonche’ al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali.
2. La Corte territoriale ha ritenuto dimostrate le violazioni della normativa antiriciclaggio e della circolare interna COI n. 250, addebitate al sig. (OMISSIS) quale Direttore dell’Ufficio Postale di (OMISSIS) e riferite al periodo da ottobre a novembre 2013.
3. Ha rilevato come i comportamenti posti a base della decisione di recesso fossero incontestabilmente riconducibili alla previsione di cui all’articolo 54, comma 5, lettera c) del c.c.n.l. e non a quella di cui al comma 6, lettera c), del medesimo articolo, come erroneamente affermato nella sentenza di primo grado.
4. Ha esaminato la fattispecie descritta all’articolo 54, comma 5, lettera c) del c.c.n.l., che prevede il licenziamento con preavviso nel caso di “irregolarita’, trascuratezza o negligenza, ovvero per inosservanza di leggi o di regolamenti o degli obblighi di servizio dalle quali sia derivato pregiudizio alla sicurezza ed alla regolarita’ del servizio con gravi danni alla societa’ o a terzi, o anche con gravi danni alle persone”.
5. Ha ritenuto non integrata la fattispecie suddetta sul rilievo che la societa’, benche’ onerata, non avesse fornito prova dell’elemento costitutivo dei “gravi danni”, da intendersi come danni conseguenza, essendo irrilevante la dedotta (e non provata) esposizione a sanzioni per violazione della normativa antiriciclaggio e infondata la tesi di un danno in re ipsa all’immagine della societa’.
6. Ha affermato come la mancanza di un “danno grave” comportasse la insussistenza del fatto contestato, con la conseguente tutela di cui alla L. n. 300 del 1970, articolo 18, come modificato dalla L. n. 92 del 2012.
7. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) s.p.a., articolato in sei motivi, cui ha resistito con controricorso il sig. (OMISSIS).
8. (OMISSIS) s.p.a. ha depositato memoria, ai sensi dell’articolo 378 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Col primo motivo di ricorso (OMISSIS) s.p.a. ha dedotto, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 231 del 2007, articoli 11, 56, 57 e 58.
2. Ha sottolineato come la sentenza abbia omesso di considerare il dettato normativo cogente in materia di antiriciclaggio di cui al Decreto Legislativo n. 231 del 2007, che ha introdotto un articolato sistema sanzionatorio a carico di determinati soggetti, tra cui (OMISSIS) s.p.a. quale intermediario finanziario.
3. Ha sostenuto come, per effetto del decreto legislativo citato, l’esposizione della societa’ ricorrente alle sanzioni ivi previste costituisse conseguenza immediata e diretta delle violazioni addebitate al sig. (OMISSIS), quale Direttore dell’Ufficio Postale di (OMISSIS) e come tale elemento fosse idoneo ad integrare il “grave danno” richiesto dall’articolo 54, comma 5, lettera c) del c.c.n.l..
4. Col secondo motivo la societa’ ricorrente ha dedotto violazione e falsa applicazione dell’articolo 54, comma 5, lettera c) del c.c.n.l. del 14.4.2011 e degli articoli 2043 e 2059 c.c..
5. Ha argomentato come i “gravi danni” richiesti ai fini dell’illecito disciplinare rientrassero nella categoria del danno-evento, inteso in senso naturalistico, come lesione, mediante la condotta illegittima, del bene giuridico tutelato dall’ordinamento, coincidente nel caso di specie con il diritto all’immagine e alla affidabilita’ aziendale. Difatti, l’esposizione alle sanzioni previste dal D.L.gs. n. 231 del 2007, vale a rappresentare la lesione dell’immagine di (OMISSIS) s.p.a. e della sua affidabilita’ pubblica, quale intermediario finanziario.
6. Col terzo motivo di ricorso la societa’ datoriale ha censurato la sentenza, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per inesistenza della motivazione in conseguenza dell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti.
7. Ha sottolineato come la Corte territoriale abbia omesso di valutare gli elementi costitutivi del grave danno all’immagine della societa’ dedotti e provati da quest’ultima nei propri scritti difensivi, in particolare alle pagine 4, 5, 9, 10, 15, 18, 22, 35, 37, 38, della memoria di costituzione nel giudizio di opposizione.
8. Ha evidenziato come il sig. (OMISSIS) non avesse mai contestato, nei propri scritti difensivi, l’esistenza del danno all’immagine subito da (OMISSIS) s.p.a..
9. Ha elencato gli elementi dedotti dalla societa’ e comprovanti il grave danno all’immagine subito: la commissione delle violazioni ad opera personalmente del Direttore dell’Ufficio Postale, la reiterazione delle violazioni e la rilevanza degli importi movimentati in contrasto con la normativa, sia aziendale e sia legale, in materia di antiriciclaggio ed ha rimarcato il carattere decisivo di tali elementi che, se valutati, avrebbero condotto ad un esito diverso della decisione.
10. Col quarto motivo di ricorso la societa’ ha dedotto violazione e falsa applicazione dell’articolo 2118 c.c., L. n. 604 del 1966, articolo 3 e dell’articolo 54, comma 4, lettera n) e comma 5, lettera c) del c.c.n.l. del 14.4.2011.
11. Ha sostenuto che, ove anche fosse corretta la statuizione della sentenza impugnata sulla inesistenza del grave danno e, quindi, sulla mancata integrazione del comma 5, lettera c) dell’articolo 54 c.c.n.l., la Corte di merito avrebbe, comunque, dovuto concludere nel senso della non riconducibilita’ della condotta posta in essere dal (OMISSIS) ad ipotesi punite con sanzione conservativa.
12. Ha richiamato la previsione dell’articolo 54, comma 4, lettera n) che commina la sanzione della sospensione fino a dieci giorni “in genere per qualsiasi negligenza o inosservanza di leggi o regolamenti o degli obblighi di servizio deliberatamente commesse, anche per procurare indebiti vantaggi a se’ o a terzi, ancorche’ l’effetto voluto non si sia verificato, e sempre che la mancanza non abbia carattere di particolare gravita’ altrimenti sanzionabile”.
13. Ha sottolineato come quest’ultima fattispecie si caratterizzi per la non particolare gravita’ della inosservanza di leggi, regolamenti o obblighi di servizio, laddove nel caso di specie dovesse essere rimarcata l’estrema gravita’ della violazione della normativa antiriciclaggio commessa dal (OMISSIS).
14. Ha aggiunto che la Corte di merito avrebbe dovuto valutare la condotta posta in essere dal (OMISSIS) alla luce di quanto disposto dall’articolo 2118 c.c. e L. n. 604 del 1966, articolo 3, rilevando la grave negazione degli elementi fondamentali del rapporto di lavoro e quindi l’idoneita’ della stessa ad integrare un giustificato motivo soggettivo di licenziamento, non essendo il giudice vincolato alle previsioni sul punto del contratto collettivo.
15. Col quinto motivo la societa’ ricorrente ha censurato la pronuncia emessa in sede di reclamo per violazione e falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, articolo 18, commi 4 e 5, come modificato dalla L. n. 92 del 2012.
16. Ha sostenuto, richiamando il precedente di questa Corte n. 18418 del 2016, come l’applicabilita’ del citato articolo 18, comma 4, fosse consentita in ipotesi di inesistenza del fatto contestato oppure di fatto sussistente ma privo del carattere di illiceita’, laddove, nel caso di specie, la condotta del sig. (OMISSIS) era certamente illecita e rilevante disciplinarmente (oltre che non riconducibile a quelle punite con sanzione conservativa), con conseguente applicabilita’ al piu’ del comma 5, dell’articolo 18.
17. Col sesto motivo di ricorso (OMISSIS) s.p.a. ha dedotto violazione e falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, articolo 18, comma 4, come modificato dalla L. n. 92 del 2012, per non avere la Corte di merito, comunque, tenuto conto del limite delle dodici mensilita’ posto dal citato comma 4 all’ammontare dell’indennita’ risarcitoria.
18. Per ragioni di priorita’ logica, si esamina prima il quarto motivo di ricorso, con cui la societa’ ha denunciato, tra l’altro, la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2118 c.c. e della L. n. 604 del 1966, articolo 3.
19. Costituisce principio piu’ volte enunciato da questa Corte quello secondo cui la giusta causa di licenziamento, cosi’ come il giustificato motivo soggettivo, e’ nozione legale e il giudice non e’ vincolato dalle previsioni del contratto collettivo; l’elencazione delle ipotesi di giusta causa di licenziamento contenuta nei contratti collettivi, al contrario che per le sanzioni disciplinari con effetto conservativo, ha valenza meramente esemplificativa e non esclude, percio’, la sussistenza della giusta causa per un grave inadempimento o per un grave comportamento del lavoratore contrario alle norme della comune etica o del comune vivere civile, alla sola condizione che tale grave inadempimento o tale grave comportamento, con apprezzamento di fatto del giudice di merito non sindacabile in sede di legittimita’ se congruamente motivato, abbia fatto venire meno il rapporto fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore (cfr. Cass. n. 14321 del 2017; Cass. n. 11027 del 2017; Cass. n. 7511 del 2017; Cass. n. 25380 del 2014, in motivazione; Cass. n. 4060 del 2011; Cass. n. 5372 del 2004).
20. D’altra parte, il giudice puo’ escludere che il comportamento del lavoratore costituisca una giusta causa o un giustificato motivo soggettivo di recesso, pur essendo qualificato tale dal contratto collettivo, in considerazione delle circostanze concrete che lo hanno caratterizzato e in base alla valutazione di compatibilita’ con l’inderogabile principio di proporzionalita’ sancito dall’articolo 2106 c.c. e con il modello legale di cui all’articolo 2119 c.c. ed alla L. n. 604 del 1966, articoli 1 e 3. Data l’inderogabilita’ della disciplina dei licenziamenti, il giudice deve sempre verificare se la previsione del contratto collettivo sia conforme alle nozioni di giusta causa e giustificato motivo e se, in ossequio al principio generale di ragionevolezza e di proporzionalita’, il fatto addebitato sia di entita’ tale da legittimare il recesso, tenendo anche conto dell’elemento intenzionale che ha sorretto la condotta del lavoratore (Cass. n. 6498 del 2012; Cass. n. 16260 del 2004; Cass. n. 5103 del 1998).
21. Si e’ affermato come la scala valoriale recepita dai contratti collettivi, che esprime le valutazioni delle parti sociali in ordine alla gravita’ di determinati comportamenti, costituisca solo uno dei parametri a cui occorre fare riferimento per riempire di contenuto le clausole generali di giusta causa e giustificato motivo soggettivo (Cass. Ord. n. 9396 del 2018; Cass. n. 2906 del 2005), senza che queste ultime possano coincidere completamente ed esaurirsi nelle previsioni della contrattazione collettiva, cio’ in coerenza peraltro col disposto della L. n. 183 del 2010, articolo 30, comma 3, secondo cui il giudice, nel valutare le motivazioni poste a base del licenziamento, “tiene conto” delle tipizzazioni di giusta causa e di giustificato motivo presenti nei contratti collettivi di lavoro stipulati dai sindacati comparativamente piu’ rappresentativi…”.
22. Da tali premesse discende che il catalogo contrattuale delle giuste cause o dei giustificati motivi puo’, a seconda dei casi, essere esteso oltre le ipotesi esemplificative del c.c.n.l. (se si tratta di condotte comunque rispondenti al modello legale di giusta causa o giustificato motivo) oppure essere ridotto (se tra le esemplificazioni contrattuali ve ne sono talune non rispondenti a tale modello legale, risultando in tal caso la relativa clausola nulla per violazione di norma imperativa di legge).
23. L’unico limite e’ rappresentato dal fatto che il datore di lavoro non puo’ irrogare un licenziamento per giusta causa o giustificato motivo quando questo costituisca una sanzione piu’ grave di quella prevista dal contratto collettivo in relazione ad una determinata infrazione (Cass. n. 19053 del 2005). Il che significa che condotte pur astrattamente ed eventualmente suscettibili di integrare giusta causa o giustificato motivo soggettivo ai sensi di legge, non possono rientrare nel relativo novero se l’autonomia collettiva le ha espressamente escluse, prevedendo per esse sanzioni meramente conservative (cfr., Cass. n. 9223 del 2015; Cass. n. 13353 del 2011; Cass. n. 1173 del 1996; Cass. n. 19053 del 1995).
24. Nel caso di specie, la Corte di merito ha accertato in fatto, richiamando le prove testimoniali assunte e la consulenza tecnica svolta in primo grado, la sussistenza delle violazioni commesse dal sig. (OMISSIS) nello svolgimento delle funzioni di Direttore dell’Ufficio Postale di (OMISSIS) cosi’ come contestate, vale a dire l’avere consentito plurime operazioni di prelievo di denaro contante per somme notevolmente superiori al limite dei 20.000,00 Euro, senza svolgere gli adempimenti richiesti dalla normativa, legale e aziendale, a fini di antiriciclaggio. La Corte territoriale ha infatti ritenuto non dimostrato e non integrato unicamente il requisito del grave danno richiesto dalla fattispecie astratta di cui all’articolo 54, comma 5, lettera c) del c.c.n.l..
25. Le condotte addebitate al (OMISSIS) con la lettera di contestazione, e dal medesimo ammesse nel corso della verifica ispettiva, erano consistite nell’avere consentito, nel periodo ottobre-novembre 2013, plurime operazioni di prelievo di denaro contante (per somme pari ad Euro 1.832.490,68) e di pagamento di vaglia circolari (per somme pari ad Euro 1.334.090,00), in violazione della disposizione di servizio (COI n. 250 del 6.6.2013) che imponeva la preventiva richiesta di autorizzazione al TSC Antiriciclaggio in caso di prelievi in contanti di importi maggiori o uguali ad Euro 20.000,00, considerando tutte le tipologie di operazione complessivamente effettuate dal singole cliente, e senza effettuare la segnalazione di operazioni sospette ai sensi del Decreto Legislativo n. 231 del 2007.
26. Nella lettera di contestazione, trascritta nel ricorso in esame, la societa’ aveva sottolineato come la condotta costituisse “chiara violazione del Codice etico in vigore in Azienda che impone a ciascun dipendente di improntare il proprio comportamento… ai principi di onesta’, correttezza e trasparenza ed assume particolare rilievo anche in relazione al servizio di pubblica rilevanza svolto dalla societa’”; che tale condotta del (OMISSIS) avesse “pregiudicato oltre alla regolarita’ del servizio anche l’immagine della Societa’ (OMISSIS)” e rivestisse “particolare gravita’ in considerazione della sua funzione in azienda e della connessa spiccata rilevanza che l’elemento fiduciario assume”. La societa’ aveva ripetuto come “i fatti di cui sopra di particolare gravita’… costituiscono aperta violazione degli obblighi e dei doveri su di lei gravanti ai sensi e per gli effetti degli articoli 2104 e 2105 c.c. (per mero errore nel ricorso sono indicati gli articoli 2014 e 2015 c.c.) come espressamente richiamati dall’articolo 52 del c.c.n.l. del 14.4.2011”.
27. Il licenziamento, sempre secondo quanto riportato nel ricorso in esame, e’ stato intimato al sig. (OMISSIS) con lettera del 7.5.2014, con preavviso, ai sensi dell’articolo 54, comma 5, lettera c) e articolo 80, lettera e) del c.c.n.l..
28. La Corte d’appello ha valutato la condotta, come contestata ed accertata nei confronti del sig. (OMISSIS), avendo unicamente in mente la fattispecie astratta descritta dall’articolo 54, comma 5, lettera c) del c.c.n.l., senza in alcun modo verificare se quella condotta concreta, pur non corrispondente esattamente alla previsione del contratto collettivo, integrasse comunque un giustificato motivo soggettivo di licenziamento.
29. La motivazione della sentenza non reca alcun passaggio che possa essere interpretato come significativo di una valutazione del fatto compiuta dalla Corte di merito anche rispetto alla nozione legale di cui alla L. n. 604 del 1966, articolo 3, quasi che il Collegio abbia considerato la fattispecie descritta dal contratto collettivo come esaustiva, e non esemplificativa, ai fini della valutazione sulla legittimita’ o meno della decisione di recesso.
30. La Corte di merito ha del tutto omesso di valutare se la violazione accertata, per le caratteristiche oggettive (di enorme e ripetuto sforamento dei limiti di movimentazione del denaro contante e delle disposizioni antiriciclaggio) e soggettive (di negligenza cosi’ grave da rasentare il dolo, anche in relazione al ruolo del sig. (OMISSIS) di Direttore dell’Ufficio Postale, incaricato tra l’altro di vigilare sul rispetto delle norme e degli ordini di servizio da parte dei sottoposti), integrasse un “notevole inadempimento degli obblighi del prestatore di lavoro”, anche in base al grado di negazione dei doveri di fedelta’ e diligenza e delle regole poste dal Codice Etico, e si e’ invece fermata al rilievo del difetto di prova di uno degli elementi costitutivi della fattispecie contrattuale rappresentato dai “gravi danni” derivati dalla violazione di leggi, regolamenti o obblighi di servizio.
31. In tal modo la Corte d’appello non si e’ conformata ai principi di diritto sopra richiamati che attribuiscono alla elencazione di giusta causa e giustificato motivo soggettivo ad opera dei contratti collettivi un ruolo solo esemplificativo della gravita’ della condotta ai fini della proporzionalita’ della sanzione espulsiva ma che non delimitano e non esauriscono la nozione legale di cui all’articolo 2119 c.c. e L. n. 604 del 1966, articolo 3, la cui interpretazione ed applicazione compete al giudice di merito.
32. E’ vero che l’articolo 54, comma 5, lettera c) del c.c.n.l. denota come le parti sociali abbiano individuato come meritevoli della sanzione espulsiva, del licenziamento con preavviso, le condotte consistenti in “irregolarita’ trascuratezza, negligenza… inosservanza di leggi, regolamenti o degli ordini di servizio” che abbiano provocato conseguenze dannose (“pregiudizio alla sicurezza e regolarita’ del servizio con gravi danni alla societa’ o a terzi, o anche gravi danni alle persone”). Tale esemplificazione, tuttavia, non preclude che un notevole inadempimento rilevante ai sensi della L. n. 604 del 1966, articolo 3, possa ravvisarsi, al di fuori della elencazione di cui al contratto collettivo, ove la condotta concretamente posta in essere realizzi una gravissima e ingiustificata negazione del rispetto di leggi, regolamenti e ordini di servizio e dei doveri di diligenza, di fedelta’ e di etica.
33. Nel caso di specie non ricorre la preclusione, pure individuata dalla giurisprudenza sopra richiamata, dell’essere la condotta contestata ed accertata riconducibile a quelle punite con sanzione conservativa.
34. Tali rilievi portano a ritenere fondato il quarto motivo di ricorso quanto alla violazione della L. n. 604 del 1966, articolo 3, sub specie di mancata applicazione di tale disposizione da parte della Corte di merito nella valutazione sulla legittimita’ o meno del licenziamento.
35. Risultano assorbiti il primo ed il secondo motivo di ricorso, relativi alla violazione della normativa antiriciclaggio e al danno all’immagine della societa’, suscettibili di valutazione da parte del giudice di rinvio ai fini della nozione legale di giustificato motivo soggettivo.
36. Anche il quinto e sesto motivo di ricorso risultano assorbiti poiche’ presuppongono una declaratoria di illegittimita’ del licenziamento.
37. Il terzo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non si conforma allo schema legale del nuovo vizio motivazionale, come delineato dalle Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 8053 del 2014), ed applicabile ratione temporis nel procedimento in oggetto (sentenza di reclamo emessa nel 2017), e non puo’ quindi trovare accoglimento.
38. Secondo l’orientamento espresso dalle Sezioni Unite, e dalle successive pronunce conformi (cfr. Cass., 27325 del 2017; Cass., n. 9749 del 2016), l’omesso esame deve riguardare un fatto, inteso nella sua accezione storico-fenomenica, principale (ossia costitutivo, impeditivo, estintivo o modificativo del diritto azionato) o secondario (cioe’ dedotto in funzione probatoria), la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali e che abbia carattere decisivo. Non solo quindi la censura non puo’ investire argomenti o profili giuridici, ma il riferimento al fatto secondario non implica che possa denunciarsi, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, anche l’omesso esame di determinati elementi probatori.
39. Il motivo in oggetto denuncia quale vizio motivazionale l’omesso esame degli elementi significativi del danno all’immagine della societa’, come la violazione ripetuta della normativa aziendale e nazionale antiriciclaggio, l’entita’ elevata degli importi in contanti movimentati in soli due mesi. Si tratta, all’evidenza, non di fatti storici intesi in senso fenomenico bensi’ di elementi probatori che, peraltro, la Corte di merito ha espressamente analizzato e valutato.
40. Per le considerazioni svolte, risulta fondato il quarto motivo di ricorso; deve essere respinto il terzo motivo e devono dichiararsi assorbiti i residui motivi.
41. La sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte di appello di Bari, in diversa composizione, che dovra’ compiere un nuovo esame della fattispecie conformandosi ai principi di diritto sopra enunciati, e provvedere altresi’ sulle spese del giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quarto motivo di ricorso, respinge il terzo e dichiara assorbiti i residui motivi; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Bari, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimita’.
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