Cassazione 10

Suprema Corte di Cassazione

sezione I
sentenza 9 maggio 2016, n. 9325

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Presidente
Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere
Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26099/2012 proposto da:

(OMISSIS), (c.f. (OMISSIS)) – nella qualita’ di titolare dell’impresa artigiana (OMISSIS); (OMISSIS) (c.f. (OMISSIS)) – nella qualita’ di titolare dell’omonima impresa artigiana; (OMISSIS) (c.f. (OMISSIS)) – gia’ nella qualita’ di titolare della cessata impresa individuale, nonche’ collaboratore dell’impresa familiare di (OMISSIS); (OMISSIS) (c.f. (OMISSIS)) – nella qualita’ di socio ed amministratore della ditta (OMISSIS) S.N.C. di (OMISSIS); (OMISSIS) (c.f. (OMISSIS)) – nella qualita’ di titolare dell’impresa artigiana (OMISSIS); (OMISSIS) (c.f. (OMISSIS)) – nella qualita’ di socio accomandatario dell’impresa artigiana (OMISSIS) SAS; (OMISSIS) (c.f. (OMISSIS)) – gia’ nella qualita’ di titolare dell’omonima impresa artigiana; (OMISSIS) (c.f. (OMISSIS)) nella qualita’ di titolare dell’omonima impresa artigiana; elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

(OMISSIS) S.P.A., (p.i. (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 192/2012 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE, depositata il 27/03/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 01/02/2016 dal Consigliere Dott. VITTORIO RAGONESI;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato (OMISSIS), con delega, che si riporta;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SALVATO Luigi, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso per quanto di ragione.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Gli odierni ricorrenti, tutti imprenditori titolari di imprese operanti nel settore della lavorazione del marmo destinati ai servizi funerari nei cimiteri del Comune di Trieste convenivano innanzi alla corte di appello della medesima citta’ la (OMISSIS) s.p.a., concessionaria locale dei servizi cimiteriali per sentirne accertare la condotta anticoncorrenziale con conseguente condanna al divieto di reiterazione delle condotte denunciate e all’ulteriore svolgimento delle attivita’ denunciate all’interno delle strutture cimiteriali e al risarcimento dei danni. Deducevano gli attori che la convenuta, ben lungi che limitarsi a svolgere le prestazioni previste dalla concessione – consistenti nel servizio di gestione dei cimiteri e di quelli di inumazione e di cremazione – arricchisse l’offerta alla clientela con l’aggiunta del servizio “lapidi e iscrizioni funerarie”, che esulava dall’ambito della privativa e interferiva con la loro attivita’ d’impresa, in cio’ abusando della propria posizione dominante derivante dalla qualita’ di concessionaria pubblica.

Si costituiva in giudizio la (OMISSIS) s.p.a. eccependo, per quanto ancora rileva in questa sede, l’infondatezza delle domande.

La Corte di appello di Trieste con la sentenza impugnata rigettava le domande, condannando gli attori in solido alla rifusione delle spese di lite. A parere della Corte territoriale la ristrettezza geografica nella quale l’attivita’ imprenditoriale degli attori si era esplicitata impediva gia’ in astratto di poter qualificare la sussistenza di un mercato rilevante. Sotto altro profilo, lo sfruttamento della posizione dominante derivante alla convenuta dalla sua natura di concessionaria di pubblico servizio non implicava necessariamente un abuso di tale posizione, circostanza che gli attori non avevano del resto provato.

Avverso tale sentenza ricorrono per cassazione gli originari attori con tre motivi; resiste La (OMISSIS) s.p.a. con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memorie.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso si deduce la nullita’ della sentenza ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4), in relazione all’articolo 132, n. 4), del medesimo codice lamentandosi che la motivazione della sentenza sarebbe fondata su affermazioni contrastanti, perplesse e comunque idonee ad evidenziare la ratio decidendi. In particolare la corte territoriale non avrebbe spiegato i motivi per i quali non avrebbe ritenuto “rilevante” il mercato dei servizi cimiteriali. La motivazione sarebbe stata inoltre contraddittoria allorquando proprio la affermata ristrettezza del mercato avrebbe dovuto far ritenere implicito l’abuso della posizione dominante del concorrente favorito.

Il motivo e’ infondato laddove prospetta la violazione dell’articolo 132 c.p.c., n. 4, in relazione all’articolo 360, n. 4, poiche’ si rinviene invero una estesa motivazione nella sentenza in relazione alla definizione ed alla individuazione nel caso di specie del marcato rilevante onde la norma processuale inerente al contenuto minimo della sentenza risulta del tutto rispettato dalla decisione impugnata.

Il motivo risulta invece fondato in relazione alla censura di motivazione perplessa e contraddittoria sul punto in questione; censura che,per come estrinsecata, appare investire anche un vizio di violazione di legge, nel senso di una errata applicazione della L. n. 287 del 1990, articolo 3.

Invero la Corte d’appello ha escluso che nel caso di specie ricorresse una ipotesi di mercato rilevante in ragione delle dimensioni limitate e circoscritte dell’area cimiteriale del Comune di Trieste e delle aree limitrofe.

Tale affermazione risulta erronea in linea di diritto oltre che non adeguatamente supportata sotto il profilo argomentativo.

Sul punto occorre rilevare che l’esistenza di un “mercato rilevante” ” va accertato sia sotto il profilo del prodotto che sotto il profilo geografico”, ed esso comprende, l’ambito nel quale le imprese sono in concorrenza tra loro. La perimetrazione del “mercato rilevante” rappresenta un prius logico e pratico, un presupposto essenziale dell’illecito in relazione al quale la condotta considerata puo’ assumere i tratti dell'”abuso di posizione dominante”.

Questa Corte ha gia’ chiarito che tale perimetrazione implica “l’analisi della sostituibilita’ sul versante della domanda (ed eventualmente dell’offerta), in presenza di beni e servizi intercambiabili o sostituibili dal consumatore, in ragione delle loro caratteristiche, dei loro prezzi, delle abitudini e tendenze dei consumatori, con riferimento ad una determinata area geografica che e’ quella nella quale le condizioni di concorrenza sono sufficientemente omogenee e che puo’ essere distinta dalle zone geografiche contigue perche’ in queste ultime le condizioni di concorrenza sono sensibilmente diverse”. (Cass. 11564/15).

L’accertamento del mercato rilevante operato alla luce dei siffatti principi porta ad escludere che in linea di principio possa escludersi l’esistenza di esso in ragione delle limitate dimensione del mercato stesso quando, in ogni caso,ricorrano condizioni di beni e servizi intercambiabili e l’area geografica ove gli stessi vengono forniti presenti condizioni di concorrenza diverse da aree geografiche Contigue.

Sempre questa Corte ha gia’ chiarito che “la definizione del mercato rilevante implica un accertamento di fatto cui segue l’applicazione ai fatti accertati delle norme giuridiche in tema di mercato rilevante, come interpretate dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale, che e’ sindacabile in sede di legittimita’ per violazione di norme di legge (articolo 360 c.p.c., n. 3) nei limiti in cui la censura abbia ad oggetto l’operazione di contestualizzazione delle norme, all’esito di una valutazione giuridica complessa che adatta al caso specifico concetti giuridici indeterminati, quale il mercato rilevante e “l’abuso di posizione dominante” (Cass. 11564/15).

E’ proprio tale contestualizzazione che, nella fattispecie concreta, e’ stata operata dai giudici di merito con carenze e lacune argomentative che si traducono in una falsa applicazione del parametro normativo indicato nella rubrica del motivo poiche’, dopo avere riportato i principi di individuazione del mercato rilevante, non hanno svolto nessun percorso argomentativo effettivo per esaminare se, in concreto, il mercato dei servizi cimiteriali nell’ambito del Comune di Trieste rivestisse i connotati della rilevanza.

In tal senso si sarebbe dovuto necessariamente valutare se la domanda di detti servizi rivestiva caratteri di rigidita’ nel senso che i cittadini del capoluogo e delle zone limitrofe si rivolgevano esclusivamente o prevalentemente agli operatori economici locali per usufruire dei servizi cimiteriali o se invece erano soliti rivolgersi anche ad altri operatori economici di altre province limitrofe in modo tale da allargare l’area geografica del mercato stesso ove venivano scambiati i medesimi prodotti e servizi.

Tale accertamento e’ del tutto carente nella fattispecie in esame.

Il motivo appare quindi fondato.

Cio’ pero’ non puo’ portare comunque all’accoglimento del ricorso.

Va infatti rilevato che la pronuncia sul punto da parte della Corte d’appello appare essere piuttosto un obiter dictum o, se si vuole, una delle due rationes decidendi sulle quali si base al sentenza.

Si osserva infatti che l’accertamento della mancanza della condizione di mercato rilevante avrebbe dovuto dar luogo al rigetto della domanda senza necessita’ di ulteriori accertamenti e pronunce. Ma cosi’ non e’ stato.

La Corte d’appello infatti, tralasciando la pronuncia di cui si e’ fin qui detto, e’ passata ad accertare comunque l’esistenza o meno di una situazione di abuso di posizione dominante escludendone la sussistenza e tale accertamento, oggetto di censure con il secondo ed il terzo motivo,di cui sta per dirsi, e’ di per se’ sufficiente a sostenere la sentenza.

Venendo quindi ad esaminare il secondo motivo si rileva che con esso si deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 287 del 1990, articoli 3 e 8, atteso che il comportamento della resistente doveva ritenersi rientrare con evidenza nella fattispecie delineata dall’articolo 3, sia sul versante della domanda che su quello dell’offerta del servizio. Il motivo ripropone in parte anche la questione della esistenza del mercato rilevante di cui si e’ gia’ detto.

Il motivo e’ infondato.

La corte territoriale ha ritenuto non dedotte specificamente le condotte di abuso della posizione dominante che alla odierna controricorrente rinveniva dalla qualita’ di concessionaria pubblica dei servizi cimiteriali. A tale proposito si e’ soffermata a valutare documenti prodotti in atti, in particolare provvedimenti del Comune di Trieste escludendo che da essi potesse desumersi qualsiasi abuso.

Tale ragionamento, idoneo ex se’ a definire il giudizio al pari del primo, non appare efficacemente censurato dalla censura. In essa infatti i ricorrenti si limitano ad affermare che vi sarebbe stato un abuso della posizione dominante, ma indicano solo un documento (n. 6 fascicolo urgenza in prime cure), riportandone uno stralcio (vedi pag. 22 del ricorso), dal quale non e’ dato comprendere in che cosa si sostanzi l’abuso della posizione dominante. Anzi, in esso (OMISSIS) mostra di voler riservare ai suoi potenziali concorrenti (tra cui si deve presumere anche gli odierni ricorrenti) un apposito spazio all’interno del comprensorio cimiteriale per esercitare l’eventuale attivita’ concorrenziale. Circostanza che appare di segno addirittura opposto rispetto al preteso abuso di posizione dominante.

Con il terzo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’articolo 101 c.p.c., e articolo 2697 c.c., comma 1, nonche’ dell’articolo 115 c.p.c., e articolo 24 Cost., censurandosi l’affermazione del giudice di appello secondo cui il fatto costitutivo della pretesa non sarebbe stato provato, atteso che le numerose istanze istruttorie formulate durante il giudizio erano state erroneamente ritenute irrilevanti.

Il motivo e’ inammissibile.

E’ appena il caso di rilevare che le istanze istruttorie, della cui mancata ammissione ci si duole con il motivo di ricorso, non risultano riprodotte nel ricorso, si’ che il motivo appare privo del requisito di autosufficienza.

La decisione impugnata appare corretta nelle sue conclusioni e, opportunamente argomentata nei sensi di cui in motivazione, e va quindi confermata con il conseguente rigetto del ricorso.

Segue alla soccombenza la condanna alle spese della fase, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese di questo giudizio, che liquida in favore di ciascuno dei controricorrenti in Euro 7.200,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi) oltre gli accessori come per legge e spese forfettarie

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *