Le norme dei regolamenti edilizi che impongono distanze tra le costruzioni

Consiglio di Stato, sezione quarta, Sentenza 4 febbraio 2019, n. 836.

La massima estrapolata:

Le norme dei regolamenti edilizi che impongono distanze tra le costruzioni maggiori rispetto a quelle previste dal codice civile o stabiliscono un determinato distacco tra le costruzioni e il confine sono volte non solo a regolare i rapporti di vicinato evitando la formazione di intercapedini dannose, ma anche a soddisfare esigenze di carattere generale, come quella della tutela dell’assetto urbanistico, così che, ai fini del rispetto di tali norme, rileva la distanza in sé, a prescindere dal fatto che gli edifici si fronteggino.

Sentenza 4 febbraio 2019, n. 836

Data udienza 24 gennaio 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9312 del 2008, proposto dal Signor Fr. Gi. Ba.,, rappresentato e difeso dagli avvocati Gi. Ra. e Pi. Mi., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Pa. Ra. in Roma, via (…);

contro
Il Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Ma. Te. Lo. Ro. e Ma. Go., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Il. Ro. in Roma, via (…);
nei confronti
Signori Gu. Er. e Ca. An., non costituitisi in giudizio;

per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia – Sezione staccata di Brescia – n. 579/2008.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 24 gennaio 2019 il consigliere Fabio Taormina e uditi per le parti l’avvocato Gi. Co. Ra., su delega dell’avvocato Gi. Ra., e l’avvocato Il. Ro., su delega dichiarata degli avvocati Ma. Te. Lo. Ro. e Ma. Go.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe impugnata n. 579/2008, il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia – Sezione Staccata di Brescia – ha respinto il ricorso n. 1033 del 2007, proposto dai Signori Gi. Ba. Fr. e Br. Ch., teso ad ottenere l’annullamento della ordinanza del dirigente area tecnica 5 giugno 2007 n. P.G. 7342-13657, che diffidava loro a non dare inizio ai lavori di cui alla dia presentata in data 23 marzo 2007 ed in data 11 maggio 2007.
2. Gli originarii ricorrenti avevano prospettato articolate censure di violazione di legge (erronea applicazione dell’art. 21 2 c. NTA PRG vigente; mancata applicazione, al caso, dell’art. 7 NTA relativo ai c.d. elementi strutturali accessori; violazione art. 873 Codice Civile) ed eccesso di potere.
3. Il Comune di (omissis) si era costituito in giudizio, deducendo l’inammissibilità del ricorso, in quanto proposto avverso un atto meramente confermativo di un precedente diniego, e comunque chiedendone la reiezione nel merito, in quanto infondato.
4. Il T.a.r. con la impugnata decisione, ha dichiarato di volere prescindere dalla disamina dell’eccezione di inammissibilità ed ha respinto nel merito il ricorso, alla stregua dei seguenti rilievi:
a) pur accettando la qualifica di accessorio per la struttura proposta con la DIA, in ogni caso anche a mente dell’art. 7 NTA relativo ai c.d. elementi strutturali accessori tali corpi accessori non erano considerabili solo ai fini del rispetto dei distacchi dagli edifici (art. 9 D.M. 1444 del 1968) principali; essi, infatti, dovevano sempre rispettare i vari distacchi di cui al codice civile e cioè quelle distanze lineari ivi previste dal confine di proprietà (ml. 3, tranne una previsione comunale non inferiore a tale metratura);
b) il richiamo generico al rispetto dei distacchi prescritti dal codice civile faceva ritenere che, nel caso di specie, il distacco preso in esame non fosse quello espresso, quale soglia minima lineare da non travalicare e di cui l’art. 873 del codice civile, ma quello che, traendo fonte nel detto articolo, era stata fissata dal Comune con l’art. 21.2 NTA;
c) in ogni caso, anche a volere discostarsi da tale tesi, non era possibile condividere, comunque, la tesi degli originarii ricorrenti, poiché era indubitabile che il citato manufatto sarebbe stato realizzato a meno di mt. 3 dal confine di proprietà, violando così l’invalicabile limite minimo dettato dal codice civile e comunque richiamato nelle NTA comunali.
4. Gli originarii ricorrenti rimasti soccombenti hanno impugnato la suindicata decisione, criticandola sotto ogni angolo prospettico, e, dopo avere riepilogato le principali tappe infraprocedimentali della controversia, hanno riproposto le censure invano articolate in primo grado, attualizzandole con riferimento alla motivazione della sentenza appellata.
5. In data 11 dicembre 2008, l’amministrazione comunale appellata si è costituita ed ha chiesto che l’appello venisse dichiarato inammissibile e comunque infondato nel merito.
L’Amministrazione in data 9 giugno 2017 si è costituita con un nuovo difensore ed in data 14 dicembre 2018 ha depositato documentazione relativa ai fatti di causa.
6. In data 18 dicembre 2018 l’appellante ha depositato una memoria, puntualizzando e ribadendo le proprie difese.
7. In data 24 dicembre 2018 l’amministrazione comunale appellata ha depositato una memoria, ribadendo le proprie difese e facendo presente che il ricorso di primo grado doveva essere dichiarato inammissibile e comunque doveva essere respinto nel merito, in quanto il suddetto “corpo accessorio” che gli originarii ricorrenti avrebbero voluto edificare si posizionava a meno di due metri dal confine del fondo.
8.Alla pubblica udienza del 24 gennaio 2019 la causa è stata trattenuta in decisione

DIRITTO

1. L’appello è infondato e va respinto, il che consente di prescindere dalla disamina dell’eccezione di inammissibilità per acquiescenza dell’originario ricorso di primo grado, articolata dal comune appellato con la memoria depositata il 24 dicembre 2018.
2. E’ incontestato in punto di fatto che l’immobile edificando disterebbe mt. 1, 575 dal confine di proprietà .
2.1. Tenuto conto delle N.t.a. comunali, nel senso che verrà di seguito esplicitato, ed anche a dare per incontestato che si trattasse di un’corpo accessoriò, l’appello non può essere accolto.
3. Invero, stabilisce l’art. 873 del codice civile che “le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono essere tenute a distanza non minore di tre metri. Nei regolamenti locali può essere stabilita una distanza maggiore.”.
4. Per la consolidata giurisprudenza (tra le tante, Cassazione civile, sez. II, 11 settembre 2018, n. 22054), “le norme dei regolamenti edilizi che impongono distanze tra le costruzioni maggiori rispetto a quelle previste dal codice civile o stabiliscono un determinato distacco tra le costruzioni e il confine sono volte non solo a regolare i rapporti di vicinato evitando la formazione di intercapedini dannose, ma anche a soddisfare esigenze di carattere generale, come quella della tutela dell’assetto urbanistico, così che, ai fini del rispetto di tali norme, rileva la distanza in sé, a prescindere dal fatto che gli edifici si fronteggino”.
Va sottolineato che la giurisprudenza, sul punto, non fa distinzioni tra corpo principale ed accessorio (Cassazione civile, sez. II, 16 marzo 2017, n. 6855: “in tema di distanze tra costruzioni e distanze tra costruzione e confine, non v’è alcuna differenza tra fabbricati principali e costruzioni accessorie ai primi. In questo contesto, a nulla valgono le eventuali distinzioni tra gli stessi enucleate nelle norme edilizie locali, le quali possono essere prese in considerazione al solo fine della maggiore distanza imponibile in ragione di quanto disposto dall’art. 873 c.c.. È da considerarsi illegittima la costruzione di un edificio a distanza inferiore di quella regolamentare, anche con riferimento ad edificio accessorio a quello principale posto su fondo finitimo”).
4.1. Muovendo da tali punti di partenza, ed incontestato che – sia con riguardo alle costruzioni, che con riferimento alla distanza dai confini – le N.t.a. comunali possono prevedere una distanza maggiore, rispetto a quella prevista nel codice civile, si osserva che:
a) l’art. 21, comma 2, delle NTA comunali stabilisce che la distanza dai confini debba essere pari o superiore a metri 5 e la distanza tra costruzioni debba essere pari o superiore a metri 10;
b) l’art. 7 delle norme di attuazione contiene effettivamente una deroga con riferimento ai corpi accessori, ma detta deroga è riferita soltanto alla distanza tra costruzioni, e non anche alla distanza dai confini;
c) sebbene si possa riconoscere che il coordinamento tra le due fattispecie sia poco perspicuo, il dato letterale è decisivo, sul punto;
d) neppure può dirsi – come sostiene la difesa dell’appellante- che intesa nel senso suindicato la deroga di cui all’art. 7 sia inutile, e svuotata di contenuto, in quanto la stessa vale a chiarire la non computabilità dei corpi accessori nell’ipotesi di costruzioni che insistono sul confine.
5. Alla stregua delle superiori, assorbenti, considerazioni, l’appello è infondato e deve essere respinto e la sentenza di primo grado va confermata, con le precisazioni sopra esposte.
6. Quanto alle spese processuali del grado, esse vanno compensate tenuto conto della complessità in fatto e della relativa novità in diritto della controversia.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello n. 9312 del 2008, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese processuali del secondo grado compensate tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 24 gennaio 2019, con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti – Presidente
Fabio Taormina – Consigliere, Estensore
Leonardo Spagnoletti – Consigliere
Daniela Di Carlo – Consigliere
Roberto Caponigro – Consigliere

Avv. Renato D’Isa

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