La sospensione “esterna” dell’esecuzione

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|28 marzo 2023| n. 8799.

La sospensione “esterna” dell’esecuzione

La sospensione “esterna” dell’esecuzione di cui all’art. 623 c.p.c. non ha la medesima funzione cautelare, provvisoria e strumentale tipica della sospensione “interna” ex art. 624, comma 1, c.p.c., ma ha l’effetto, meramente conservativo, di impedire la progressione del procedimento esecutivo e, quindi, di precludere il compimento degli atti strumentali alla liquidazione del bene pignorato; pertanto, è senz’altro consentita al giudice dell’esecuzione l’adozione del provvedimento di riduzione del pignoramento ex art. 496 c.p.c., il quale colpisce l’eccesso nell’espropriazione, vizio dell’azione esecutiva che prescinde dalla ragione di sospensione ex art. 623 c.p.c..

Ordinanza|28 marzo 2023| n. 8799. La sospensione “esterna” dell’esecuzione

Data udienza 10 gennaio 2023

Integrale

Tag/parola chiave: Pignoramento immobiliare – Riduzione perché sovrabbondante – Opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. – Interpretazione dell’art. 626 cpc – Sospensione esterna – Differenza con l’art. 624 cpc

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere

Dott. AMBROSI Irene – Consigliere

Dott. SAIJA Salvatore – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso N. 29728/2020 R.G. proposto da:
CONSORZIO (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), che lo rappresenta e difende come da procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in Roma, Piazza Cavour, presso la cancelleria della Corte di cassazione, rappresentata e difesa dall’avv. (OMISSIS) come da procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 724/2020 della Corte d’appello di Roma, depositata in data 1.9.2020;
udita la relazione della causa svolta nella adunanza camerale del 10.1.2023 dal Consigliere relatore Dott. SAIJA Salvatore.

FATTI DI CAUSA

Con provvedimento del 17.7.2018, il giudice dell’esecuzione del Tribunale di Civitavecchia dispose la riduzione del pignoramento immobiliare eseguito dal Consorzio (OMISSIS) contro (OMISSIS) s.r.l., perche’ sovrabbondante rispetto al credito vantato. Il Consorzio creditore propose opposizione agli atti esecutivi ex articolo 617 c.p.c., anzitutto perche’ detto provvedimento era stato adottato in violazione dell’articolo 626 c.p.c., giacche’ reso in vigenza della sospensione del processo esecutivo ex lege, essendo frattanto intervenuta una causa di sospensione esterna ex articolo 623 c.p.c., (l’efficacia esecutiva del decreto ingiuntivo azionato, infatti, era stata sospesa ex articolo 648 c.p.c., dal Tribunale di Roma, dinanzi al quale era pendente l’opposizione, con ordinanza del 7.6.2018); inoltre, perche’ esso era stato adottato inaudita altera parte, in violazione del principio del contraddittorio. Il Tribunale di Civitavecchia rigetto’ l’opposizione con sentenza del 1.9.2020, osservando, quanto al primo motivo, che l’articolo 626 c.p.c. fa divieto di compiere gli atti esecutivi inerenti alla liquidazione del compendio pignorato, ma non anche di quegli atti idonei ad eliminare, per l’esecutato, la protrazione degli effetti dell’illegittimo esercizio dell’azione esecutiva, quale quello dell’eccesso nell’espropriazione; quanto al secondo motivo, che la mera violazione del contraddittorio, denunciata dall’opponente, non consente l’accoglimento dell’opposizione agli atti esecutivi, qualora non si dimostri che detta violazione abbia cagionato in concreto un pregiudizio. Cio’ era nella specie da escludere, ha concluso il Tribunale, perche’ la decisione sulla riduzione del pignoramento era stata adottata dal giudice dell’esecuzione proprio sulla base della perizia prodotta dallo stesso opponente.
Avverso detta sentenza ricorre ora per cassazione il Consorzio (OMISSIS), affidandosi a due motivi, cui resiste con controricorso la (OMISSIS) s.r.l..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1 – Con il primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione degli articoli 496, 623 e 626 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver il Tribunale ritenuto validamente adottato il provvedimento di riduzione del pignoramento, nonostante il procedimento fosse sospeso ex lege, stante la sospensione dell’efficacia esecutiva del decreto ingiuntivo azionato dal creditore pignorante. Sostiene il ricorrente che, al contrario di quanto opinato dal Tribunale, l’articolo 626 c.p.c. non consente di discernere tra atti finalizzati alla liquidazione (il cui compimento resterebbe inibito dalla sospensione) ed atti di diversa natura, che sarebbe invece possibile adottare.
1.2 – Con il secondo motivo si lamenta omesso esame circa un fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Si censura l’impugnata decisione per aver ritenuto che la denunciata violazione del contraddittorio assuma rilievo solo in quanto la parte dimostri di aver subito un danno, giacche’ non si e’ considerato che esso Consorzio aveva dedotto che, prima di decidere sull’istanza di riduzione, era necessario stimare i beni. Aggiunge poi il ricorrente che esso, con una propria perizia di parte, aveva dimostrato la incommerciabilita’ dei beni pignorati, fatta eccezione per quelli poi liberati dal pignoramento, col provvedimento opposto. Anche per tale ragione, il Tribunale e’ incorso nel vizio denunciato, perche’ non ha considerato tale ulteriore fatto decisivo.
2.1 – Il primo motivo e’ infondato.
L’articolo 626 c.p.c., stabilisce che “quando il processo e’ sospeso, nessun atto esecutivo puo’ essere compiuto, salvo diversa disposizione del giudice dell’esecuzione”. Com’e’ noto, la norma e’ applicabile anche in caso di sospensione “esterna” (v. Cass. n. 26285/2019, in motivazione), ossia quella che discende ex articolo 623 c.p.c., dalla legge o (come avvenuto nel caso che occupa) dalla sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo da parte del giudice della cognizione dinanzi al quale esso sia stato impugnato.
Cio’ posto, l’ampiezza della disposizione (“nessun atto”) e la genericita’ dell’eccezione (“salvo diversa disposizione”) sono tradizionalmente spiegate nel senso che il divieto concerne gli atti esecutivi finalizzati alla progressione del processo (cioe’, alla liquidazione dei cespiti), ferma restando la facolta’ del giudice dell’esecuzione di autorizzare il compimento di atti di gestione dei beni pignorati non incidenti sulla pretesa esecutiva.
Nella giurisprudenza di legittimita’ non risultano, in verita’, molte pronunce sul punto. Tuttavia, risultano affermati da tempo i seguenti principi: “La norma dell’articolo 626 c.p.c., la quale vieta che in pendenza della sospensione del processo sia compiuto alcun atto esecutivo, ad eccezione del caso in cui il giudice dell’esecuzione disponga diversamente, ha inteso riferirsi nel dettare la predetta eccezione, non a tutti gli atti in genere ma soltanto a quelli per i quali si ravvisa la necessita’ o l’opportunita’ del compimento durante la sospensione e che di solito tendono alla conservazione o all’amministrazione dei beni pignorati” (Cass., n. 2318/1954); ed inoltre: “Sospeso il processo esecutivo a causa della pendenza di procedimento penale a carico del creditore procedente incidente sulla validita’ del titolo esecutivo, il giudice puo’ provvedere sulla istanza del creditore medesimo alla sostituzione del custode dei beni pignorati, dato che l’articolo 626 c.p.c. vieta gli atti esecutivi durante il periodo della sospensione del processo ma non gli atti amministrativi e conservativi” (Cass. n. 3179/1962).

La sospensione “esterna” dell’esecuzione

Quindi, la disposizione in esame e’ comunemente interpretata nel senso che la sospensione non priva il giudice dell’esecuzione della giurisdizione (cosi’, in particolare, Cass. n. 1195/1973); essa, pero’, lo priva del potere di compiere atti liquidatori in senso stretto (o anche ad essi strumentali, quali ad esempio la stima dei beni pignorati), rimanendo nel resto intatto il potere di adottare ogni altra tipologia di provvedimento.
2.2 – Cio’ non esclude, in ogni caso, che si debba pur sempre tener conto degli effetti eminentemente conservativi della sospensione “esterna”, che a ben vedere non vanno oltre l’esigenza di “congelare” lo stato del procedimento esecutivo, impedendone la progressione, salva diversa determinazione del giudice; la sospensione “esterna”, dunque, non ha di per se’ quella funzione cautelare, provvisoria e strumentale che invece e’ tipica della sospensione “interna”, o per gravi motivi, di cui all’articolo 624 c.p.c., comma 1, (sulla sua natura “anticipatoria”, al lume della disposizione di cui all’articolo 624 c.p.c., comma 3, si rinvia a Cass. n. 12977/2022, anche per richiami), essendo un effetto automatico che discende dalla ricorrenza della causa – legale o giudiziale, ma comunque posta al di fuori del perimetro del procedimento esecutivo – che la determina. Tanto e’ vero che il provvedimento del giudice dell’esecuzione che la pronunci ha natura meramente dichiarativa, dovendo egli limitarsi a valutare se la causa di sospensione sussista o meno (molto efficacemente, Cass. n. 14048/2013 afferma che la sussistenza di causa esterna “impone la sospensione, ai sensi dell’articolo 623 c.p.c., del processo esecutivo iniziato sulla base del detto titolo”); ne’ occorre che la causa di sospensione “esterna” sia fatta valere con opposizione esecutiva, essendo sufficiente investire il giudice dell’esecuzione con semplice istanza ex articolo 485 c.p.c. (si veda, ex multis, Cass. n. 709/2006; non puo’ peraltro escludersi che il debitore esecutato possa avere interesse a proporre comunque l’opposizione all’esecuzione, questione su cui si rinvia all’ampia motivazione della gia’ citata Cass. n. 26285/2019).
2.3 – Cosi’ stando le cose, ritiene la Corte come l’adozione della riduzione del pignoramento ex articolo 496 c.p.c., sia senz’altro consentita, perche’ e’ ben noto che essa colpisce l’eccesso nell’espropriazione, che e’ vizio dell’azione esecutiva che prescinde, di per se’, dalla causa di sospensione “esterna” (id est, non si traduce in un effetto “anticipatorio” e definitivo della stessa sospensione, nel senso prima descritto), tanto da poter essere disposta dal giudice dell’esecuzione anche d’ufficio, come espressamente previsto dalla legge, pur nell’ottica della piena proseguibilita’ dell’azione esecutiva.
La decisione impugnata e’ dunque esente da censure sul punto, perche’ si e’ con essa affermata la legittimita’ del provvedimento del giudice dell’esecuzione teso ad eliminare, per la societa’ debitrice, gli effetti dell’illegittimo esercizio dell’azione esecutiva, per come effettuata dal Consorzio pignorante.

La sospensione “esterna” dell’esecuzione

3.1 – Il secondo motivo e’ inammissibile.
Infatti, il Consorzio ricorrente censura la decisione del Tribunale laddove si e’ ritenuto che non sia sufficiente, al fine di far valere la pretesa violazione del contraddittorio, dolersi di per se’ della violazione della norma processuale, ma occorra invece dedurre e provare che, da detta violazione, e’ derivato un vulnus al diritto di difesa. In proposito, il Consorzio evidenzia di aver per tempo rappresentato la necessita’ che, prima di disporre la chiesta riduzione, il giudice dell’esecuzione nominasse un perito per la stima degli immobili; analogamente, esso ricorrente aveva anche sottolineato che i beni poi residuati all’esito della riduzione erano incommerciabili, il che risultava dalla perizia di parte pure prodotta. Il Tribunale, dunque, avrebbe omesso di considerare tali fatti decisivi, in quanto dimostrativi del pregiudizio subito da esso Consorzio.
3.2 – Orbene, la censura, per come proposta, non e’ in linea col dettato del vigente articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Detto vizio (sulla cui esegesi generale si veda Cass., Sez. Un., n. 8053/2014) concerne infatti l’omesso esame di un fatto storico-naturalistico fenomenicamente apprezzabile, oggetto di discussione tra le parti, nonche’ decisivo, perche’ idoneo a correlativamente spostare l’esito della lite (circa le caratteristiche del vizio in discorso si vedano ex multis, da ultimo, Cass. n. 13024/2022; Cass. n. 8584/2022). Il Consorzio, al contrario, col mezzo in esame pone “questioni”, il che avrebbe dovuto denunciarsi in questa sede ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4 (v. ex multis Cass. n. 17761/2016). D’altra parte, non puo’ neppure procedersi ad una riqualificazione del mezzo stesso, avendo il ricorrente argomentato in via esclusiva sulla pretesa erroneita’ in iure della decisione, sul punto, omettendo qualsiasi riferimento alla nullita’ della stessa (v. Cass., Sez. Un., n. 17931/2013).
Tanto esime dal rilievo che l’attribuzione di una valenza maggiore ad uno piuttosto che ad altro degli elementi a disposizione per apprezzare i presupposti del provvedimento da emettere rientra nella discrezionalita’ del giudice del merito ed e’ normalmente, salvo il caso – che qui non ricorre – di vizi logici o giuridici manifesti, incensurabile in sede di legittimita’.
4.1 – In definitiva, il ricorso e’ rigettato. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
In relazione alla data di proposizione del ricorso (successiva al 30 gennaio 2013), puo’ darsi atto dell’applicabilita’ del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 6.500,00 per compensi, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario spese generali in misura pari al 15%, oltre accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

 

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