In tema di liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|22 marzo 2023| n. 8265.

In tema di liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale

In tema di liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale, i criteri di cui alle tabelle milanesi ante 2022 devono essere intesi nel senso che essi non indicano una “forbice liquidatoria” fra un minimo ed un massimo, bensì tra un “valore monetario base”, espressione di una valutazione media uniforme del danno e una personalizzazione massima, applicabile solo alla luce di circostanze peculiari specificatamente allegate. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha affermato l’inesistenza del denunciato contrasto della sentenza di merito che, riconoscendo dovuta la liquidazione del danno nella misura del valore medio aveva, poi, fatto riferimento al dato minimo della tabella milanese ante 2022).

Ordinanza|22 marzo 2023| n. 8265. In tema di liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale

Data udienza 1 febbraio 2023

Integrale

Tag/parola chiave: Risarcimento danni – Morte di congiunto – Tabelle del Tribunale di Milano – Efficacia paranormativa – Pronuncia della Corte di Cassazione a Sezioni Unite del 32061/2022 – Spese processuali, – Accoglimento in misura ridotta, anche sensibile, di una domanda articolata in un unico capo – Reciproca soccombenza – Esclusione – Spese sostenute per la consulenza tecnica di parte – Condanna del soccombente al pagamento delle stesse in presenza di di prova dell’esborso sopportato dalla parte vittoriosa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente
Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere

Dott. Spa ZIANI Paolo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12477/2019 proposto da:

(OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)

– ricorrente –

contro

(OMISSIS);

– intimato –

e contro

(OMISSIS) Srl, in persona del Consigliere Delegato e Legale Rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS) presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);

– controricorrente –

e contro

(OMISSIS) SA, Rappresentanza Generale e Direzione per l’Italia di (OMISSIS) AG, in persona del Procuratore, Societa’ incorporante di (OMISSIS) Spa elettivamente domiciliata in (OMISSIS) presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 132/2019 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE, depositata il 08/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 01/02/2023 dal cons. DANILO SESTINI.

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RILEVATO

che:

in relazione al decesso di (OMISSIS), avvenuto a seguito di un sinistro stradale verificatosi il (OMISSIS), il Tribunale di Pordenone accerto’ l’esclusiva responsabilita’ di (OMISSIS) (conducente del veicolo antagonista, di proprieta’ della (OMISSIS) s.r.l. e assicurato presso la (OMISSIS) s.p.a.) e condanno’ i convenuti (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), in solido, a risarcire i danni alla vedova e ai figli della vittima, nonche’ ai sette fratelli (riconoscendo a questi ultimi l’importo di 25.000,00 Euro ciascuno, in aggiunta all’importo gia’ percepito di 15.000,00 Euro);

la Corte di Appello di Trieste ha rigettato il gravame incidentale proposto – in punto di responsabilita’- dalla (OMISSIS) s.a. (che aveva incorporato la (OMISSIS)) e dal (OMISSIS), mentre ha accolto parzialmente l’appello principale dei fratelli della vittima, condannando i convenuti al pagamento dell’ulteriore somma di 1.510, 75 Euro a titolo di “anticipazioni” per spese di lite sostenute nel giudizio di primo grado; inoltre, compensate integralmente le spese del grado fra gli appellanti principali e quelli incidentali, ha condannato i fratelli Panontin al pagamento delle spese in favore della (OMISSIS), liquidandole in Euro 19.160,00 per compenso, oltre rimborso forfetario e accessori di legge;

hanno proposto ricorso per cassazione i fratelli (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)

con ordinanza interlocutoria del 12.2.2021, questa Corte ha rilevato che il ricorso era stato proposto contro la (OMISSIS) che, nelle more del giudizio, era stata incorporata dalla (OMISSIS), e ha disposto l’integrazione del contraddittorio nei confronti della societa’ incorporante; all’esito, l’ (OMISSIS) s.a. ha resistito con controricorso;

con successiva ordinanza interlocutoria n. 33031/2022 emessa all’esito dell’adunanza del 22.9.2022, questa Corte ha rinviato il ricorso a nuovo ruolo in attesa del deposito della decisione delle Sezioni Unite sulla questione (rimessa con ordinanza n. 28048/2021) concernente la possibilita’ di condannare la parte parzialmente vittoriosa al pagamento delle spese di lite;

per la nuova trattazione del ricorso e’ stata fissata l’odierna adunanza ai sensi dell’articolo 380 bis.1. c.p.c.;

entrambe le parti hanno depositato memorie.

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CONSIDERATO

che:

le controricorrenti (OMISSIS) ed (OMISSIS) s.a. hanno eccepito l’inammissibilita’ del ricorso in quanto nello stesso e’ stata indicata come parte intimata la (OMISSIS) – societa’ incorporata dalla (OMISSIS) s.a. – anziche’ la societa’ incorporante (che si e’ costituita nel giudizio di appello e nei cui confronti e’ stata emessa la sentenza impugnata);

l’eccezione e’ infondata, atteso che il complessivo tenore del ricorso (che riporta anche – a pag. 10 – uno stralcio della sentenza in cui la compagnia assicuratrice e’ indicata nella (OMISSIS) s.a.) non consente di dubitare che l’indicazione della incorporata deve intendersi riferita alla incorporante (ossia alla societa’ che, a seguito della incorporazione, era succeduta nei rapporti della (OMISSIS) e si trovava a garantire la responsabilita’ risarcitoria del (OMISSIS) e della (OMISSIS)), indicata come tale anche nell’intestazione della sentenza di appello, e la notifica del ricorso a quest’ultima – effettuata a seguito dell’ordinanza interlocutoria n. 14273/2021 – ha comportato la regolarizzazione del contraddittorio;

in via preliminare, deve rilevarsi che la tecnica di esposizione del fatto non incide sul requisito di cui all’articolo 366 c.p.c., n. 3, giacche’ quanto riportato nella ricostruzione del fatto e del processo e quanto premesso all’illustrazione di ciascun motivo consente alla Corte di avere chiara conoscenza della vicenda e delle questioni controverse in funzione dello scrutinio delle censure;

il primo motivo denuncia la violazione degli articoli 91 e 92 c.p.c. “con riguardo alle spese di causa liquidate in favore di (OMISSIS) s.r.l. con riferimento anche all’articolo 100 c.p.c. e alla Tariffa Forense ex Decreto Ministeriale n. 55 del 2014”, nonche’ la “nullita’ della sentenza per violazione dell’articolo 132 c.p.c. per mancata motivazione sul punto”;

i ricorrenti contestano la possibilita’ di condannare la parte che, seppure parzialmente, sia risultata vittoriosa e assumono (richiamando Cass. n. 1572/2018) che “la Corte doveva semmai applicare l’articolo 92 c.p.c., comma 2 perche’ essendovi reciproca soccombenza, ci stava la compensazione: comunque mai “la condanna dell’appellante parzialmente vittorioso””;

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in subordine, sostengono che doveva applicarsi l’articolo 92 c.p.c., comma 1, con esclusione delle spese eccessive o superflue, e che “in ogni caso”, a tutto concedere, lo scaglione di riferimento avrebbe dovuto essere quello compreso fra 52.000,00 e 260.000,00 Euro (a fronte di una richiesta di 106.000,00 Euro per ciascun danneggiato ed esclusa la possibilita’ di sommatoria fra le domande);

il motivo e’ fondato in relazione al primo profilo;

il contrasto giurisprudenziale sul punto e’ stato risolto dalle SSUU – con pronuncia del 32061/2022 – nel senso che, “in tema di spese processuali, l’accoglimento in misura ridotta, anche sensibile, di una domanda articolata in un unico capo non da’ luogo a reciproca soccombenza, configurabile esclusivamente in presenza di una pluralita’ di domande contrapposte formulate nel medesimo processo tra le stesse parti o in caso di parziale accoglimento di un’unica domanda articolata in piu’ capi, e non consente quindi la condanna della parte vittoriosa al pagamento delle spese processuali in favore della parte soccombente, ma puo’ giustificarne soltanto la compensazione totale o parziale, in presenza degli altri presupposti previsti dall’articolo 92 c.p.c., comma 2”; con il che e’ stata esclusa la possibilita’ di condannare al pagamento delle spese di lite la parte che abbia visto accogliere, anche in minima parte, la sua domanda, dovendosi piuttosto agire con la leva della compensazione delle spese;

il motivo va pertanto accolto sotto tale profilo (assorbiti gli altri) in quanto l’appello dei (OMISSIS) e’ stato accolto parzialmente (in relazione all’importo di 1.510,75 Euro) nei confronti di tutti gli appellati e, quindi, anche nei confronti della (OMISSIS) s.r.l., a favore della quale la Corte di Appello ha erroneamente riconosciuto il ristoro delle spese processuali;

il secondo motivo denuncia la “violazione dell’articolo 360, sub 3 e 5 per insanabile contrasto tra la scelta operata del valore medio delle Tabelle di Milano 2014 quale liquidazione del danno, e il riferimento poi al dato minimo di tal(i) Tabelle divenendo quindi vizio logico della motivazione che non consente neppure la possibilita’ di interpretazione complessiva della sentenza”; con conseguente violazione dell’articolo 132 c.p.c. e, quindi, nullita’ della sentenza ex articolo 156 c.p.c., comma 2; “il tutto con violazione degli articoli 1223-1226 c.c. non sapendosi se la Corte si sia attivata come doveva per liquidare il danno nel modo piu’ equo possibile”;

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la censura investe la parte della sentenza in cui la Corte ha affermato che il Tribunale aveva liquidato “ben piu’ del valore “medio” dettato dalle tabelle di Milano” (pari, all’epoca della pronuncia, a 23.740,00 Euro) e che l’importo di 25.000,00 riconosciuto a ciascuno di fratelli della vittima, sommato a quello di 15.000,00 Euro gia’ percepito da ognuno di essi prima del giudizio, costituiva “il risultato di un congruo aumento personalizzato del suddetto valore monetari “medio”, che, pertanto, non (era) suscettibile di essere aumentato ulteriormente”; premesso che era risultato provato il “grande turbamento creato alla comunita’ dei fratelli (OMISSIS) dalla morte” del congiunto, i ricorrenti rilevano che, pur riconoscendo dovuto il dato “medio”, la Corte ha poi erroneamente posto alla base del calcolo il dato “minimo” della forbice (Euro 23.740) prevista dalle tabelle milanesi, salvo aumentarlo a 40.000,00 Euro a titolo di congrua personalizzazione; sostengono che la Corte avrebbe dovuto applicare il dato medio della forbice (pari a 84.220,00 Euro, secondo l’edizione 2018 delle Tabelle);

il motivo va disatteso, in quanto:

i “criteri orientativi” delle tabelle milanesi del 2018 relativi alla liquidazione del danno parentale precisavano che “non esiste un importo “minimo garantito” da liquidarsi in ogni caso” e che gli importi indicati in tabella erano “quelli medi che, di regola, la prassi giurisprudenziale ha ritenuto congruo ristoro compensativo”, mentre la “misura massima di personalizzazione” andava applicata solo laddove fossero state allegate e provate circostanze di fatto da cui poter desumere “il massimo dello sconvolgimento della propria vita in conseguenza della perdita del rapporto parentale”;

tanto premesso, nella versione originaria (pubblicata il 14.2.2018), le tabelle indicavano una forbice di liquidazione del danno prevedendo – a pag. 4 – due colonne di importi denominate rispettivamente “da” e “a” e – nella successiva tabella riepilogativa (dopo la pag. 30/30 della tabella del danno biologico) – una prima colonna denominata “valore monetario medio” e una seconda denominata “aumento personalizzato (fino a max)”;

con nota del 5.7.2018, l’Osservatorio sulla giustizia civile di Milano ha dato atto di una criticita’, costituita da un'”interpretazione comportante l’applicazione di un valore mediano tra quelli minimi e massimi indicati nella predetta forbice anche in assenza di comprovate peculiarita’ del caso concreto”, e ha ritenuto opportuno dare una nuova veste grafica alla tabella, denominando la prima colonna “valore monetario base” (anziche’ “medio”), lasciando invariati la denominazione della seconda e gli importi indicati nelle due colonne;

tutto cio’ considerato, deve escludersi che la Corte di Appello, pur ritenendo dovuti gli importi medi, abbia invece erroneamente applicato quelli minimi: invero, la Corte ha correttamente rilevato che il Tribunale aveva liquidato piu’ del valore monetario “medio” indicato dalle Tabelle, attendendosi alla denominazione inizialmente data dalle medesime al valore monetario “base” (che e’ stato successivamente denominato come tale con la nota del 5.7.2018);

la censura dei ricorrenti e’ dunque basata su un equivoco linguistico/classificatorio e su una non corretta lettura delle Tabelle del 2018, che (secondo il criterio poi ripreso dalle Tabelle del 2021) individuavano la forbice liquidatoria non fra un minimo ed un massimo, bensi’ tra un importo “base” (costituente espressione di una “uniformita’ pecuniaria di base”) e una personalizzazione massima (applicabile solo alla luce di circostanze peculiari specificamente allegate e provate);

esclusa pertanto un’erronea e contraddittoria applicazione delle Tabelle da parte della Corte, deve ritenersi che, per il resto, le censure siano inammissibili in quanto dirette a sostenere l’opportunita’ di una liquidazione piu’ elevata, e quindi volte a sollecitare una rivisitazione della valutazione di “congruita’” degli importi liquidati che e’ stata effettuata dalla Corte di merito e che – comportando apprezzamenti di merito – non e’ sindacabile in sede di legittimita’;

col terzo motivo (che denuncia la violazione degli articoli 201 e 91 c.p.c. e degli “articoli 2054-2056 e quindi articoli 1223-1226 c.c.”), i ricorrenti censurano la sentenza nella parte in cui ha escluso il rimborso delle spese sostenute per l’assistenza del c.t.p. per il fatto che era stato depositato solo un preavviso di fattura e che non era stato documentato (e neppure allegato) il relativo pagamento;

assumono che il giudice era “obbligato (…) a liquidare le spese nella somma ritenuta equa e giusta, avendo tra l’altro un parametro certo e sicuro in causa: la liquidazione delle spese del CTU da lui operata”;

il motivo e’ infondato alla stregua del principio di diritto di cui a Cass. n. 21402/2022, secondo cui, “in tema di spese sostenute per la consulenza tecnica di parte, non e’ possibile disporre la condanna del soccombente al pagamento delle stesse in mancanza di prova dell’esborso sopportato dalla parte vittoriosa, dovendosi escludere che l’assunzione dell’obbligazione sia sufficiente a dimostrare il pagamento”; va rimarcato, peraltro, che e’ priva di pregio la prospettazione della possibilita’ di liquidazione equitativa, giacche’ nel caso si tratta di provare un esborso per spese vive, rispetto alle quali gli stessi ricorrenti avevano indicato l’ammontare facendo riferimento a preavvisi di fattura;

il quarto motivo deduce “violazione dell’articolo 360, n. 3 in relazione agli articoli 2054-2056 c.c. con riguardo agli articoli 1223-1220 c.c. e articolo 91 c.p.c. sulle spese per l’assistenza nella fase stragiudiziale” e censura la sentenza nella parte in cui ha ritenuto non provato il pagamento per spese di assistenza stragiudiziale prestata da un’agenzia infortunistica (documentato a mezzo di fatture non quietanzate); i ricorrenti assumono che anche il costo dell’assistenza tecnica prestata nella fase stragiudiziale di gestione del sinistro costituisce un danno patrimoniale consequenziale all’illecito che deve essere risarcito;

anche questo motivo e’ inammissibile poiche’, di fronte all’affermazione della Corte in ordine alla mancata prova del pagamento, non si preoccupa di spiegare come e perche’ quanto esposto nelle fatture dovesse essere riconosciuto, limitandosi a contestare la mancata liquidazione senza contrastare adeguatamente la ratio della decisione, basata sull’assunto che, per poter essere rimborsato, l’esborso va prima sostenuto;

in conclusione, il ricorso deve essere accolto soltanto in riferimento al primo motivo, con cassazione della sentenza in relazione ad esso;

non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, puo’ procedersi a decisione nel merito, disponendosi la compensazione delle spese del giudizio di appello fra i (OMISSIS) e la (OMISSIS), in considerazione della modestissima misura in cui il gravame dei (OMISSIS) e’ stata accolto;

quanto alle spese del giudizio di legittimita’, l’esito della lite giustifica la compensazione per due terzi fra i (OMISSIS) e la (OMISSIS), con condanna della seconda a rifondere il residuo terzo;

le originarie difficolta’ di lettura della tabella milanese (che hanno indotto l’Osservatorio a una successiva precisazione) giustificano la compensazione integrale delle spese fra i (OMISSIS) e la (OMISSIS) s.a..

P.Q.M.

La Corte, rigettati gli altri motivi, accoglie il primo, cassa in relazione e, decidendo nel merito, compensa le spese del giudizio di appello fra i (OMISSIS) e la (OMISSIS);

compensate per 2/3 le spese del giudizio di legittimita’ fra le anzidette parti, condanna la (OMISSIS) a rifondere ai ricorrenti il residuo terzo, liquidato in Euro 2.847,50 per compensi, oltre ad Euro 66,66 per esborsi e oltre spese forfettarie e accessori di legge; compensa integralmente le spese del presente giudizio fra i ricorrenti e l’altra controricorrente.

 

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