La presunzione di buona fede dei terzi del negozio simulato

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|18 ottobre 2024| n. 27048.

La presunzione di buona fede dei terzi del negozio simulato

Massima: La presunzione di buona fede che assiste coloro che abbiano acquistato, in dipendenza del negozio simulato, un diritto proprio ed autonomo sulla cosa simulatamente alienata, ha valore di presunzione semplice, per superare la quale possono essere utilizzate, quali fonti legittime ed esclusive di convincimento del giudice, anche delle semplici presunzioni aventi i requisiti prescritti dall’art 2729 c.c..

 

Ordinanza|18 ottobre 2024| n. 27048. La presunzione di buona fede dei terzi del negozio simulato

Data udienza 25 settembre 2024

Integrale

Tag/parola chiave: Contratti in genere – Simulazione (nozione) – Effetti – Rispetto ai terzi buona fede dell’acquirente della cosa simulatamente alienata – Presunzione semplice – Prova contraria – Per presunzioni ex art. 2729 c.c. – Ammissibilità.

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

composta da:

Dott. BERTUZZI Mario – Presidente
Dott. CAVALLINO Linalisa – Consigliere rel. est.

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere

Dott. VARRONE Luca – Consigliere

Dott. TRAPUZZANO Cesare – Consigliere

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso n. 38112/2019 R.G. proposto da:

Ce.Em., c.f. (Omissis), rappresentato e difeso dall’avv. Lu.Fi., elettivamente domiciliato in Roma presso l’avv. Fi.Un. nel suo studio in via Ar.N.

ricorrente

contro

IF.NP. Spa, p.i. (Omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. An.La., elettivamente domiciliata in Roma presso di lui nel suo studio in viale Gi.Ma.

controricorrente

nonché contro

Mo.Vi., c.f. (Omissis), rappresentato e difeso dall’avv. Pi.An., elettivamente domiciliato in Roma presso di lui nel suo studio in piazza Ad.N.

controricorrente

nonché contro

FI.2. Srl, c.f. (Omissis), e per essa quale mandataria DO.VA. Spa, c.f. (Omissis), già Do. Spa, rappresentata e difesa dall’avv. Ro.Iu., elettivamente domiciliata in Roma presso l’avv. Fa.Ba. nel suo studio in via Va.N.

controricorrente

nonché contro

BA.NA. Spa BN.

Ba.An.

Ca.Gi.

Ba.Al.

Zi.Ni.

FI.IT. Spa

intimati

avverso la sentenza n. 5845/2019 della Corte d’Appello di Roma depositata il 26-9-2019

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25-9-2024 dal consigliere Linalisa Cavallino

La presunzione di buona fede dei terzi del negozio simulato

FATTI DI CAUSA

1. Con atto di citazione notificato in data 8-8-1997 e in pari data trascritto Ca.Gi. ha convenuto avanti il Tribunale di Latina Ba.Al. e Zi.Ni., perché fosse accertato che la scrittura privata da loro sottoscritta in data 8-6-1993 aveva natura di vendita dell’immobile di proprietà dei convenuti, per il quale aveva già pagato l’intero prezzo, e in subordine perché fosse disposto il trasferimento del bene ex art. 2932 cod. civ.

È intervenuta FI.IT. Spa chiedendo l’accertamento della simulazione dell’atto o in subordine la sua inefficacia ex art. 2901 cod. civ., in quanto Ba.Al. e Zi.Ni. erano fideiussori di Zi.An. per un finanziamento di Lire 20.000.000 rimasto insoluto; ha dichiarato che la scrittura privata doveva ritenersi simulata al fine di eludere i creditori, in quanto Ca.Gi. aveva ventidue anni all’epoca dell’atto e non poteva disporre delle risorse economiche necessarie all’acquisto.

Analoga domanda è stata proposta da Un. Spa, intervenuta in giudizio deducendo di essere creditrice di Ba.Al. e Zi.Ni. in forza di decreto ingiuntivo e che l’immobile era l’unico bene nella disponibilità dei debitori; alla causa è stata anche riunita altra causa instaurata da BA.NA. e Mo.Vi., a loro volta creditori di Ba.Al. e Zi.Ni., nella quale si era costituito anche Ce.Em., il quale nel frattempo aveva acquistato l’immobile da Ca.Gi., deducendo la propria buona fede.

Con sentenza n. 2313/2013 pubblicata il 20-11-2013 il Tribunale di Latina ha dichiarato la cessazione della materia del contendere in relazione alle domande relative alla scrittura privata, in quanto nel corso del giudizio era avvenuto il trasferimento di proprietà in favore dell’attore; ha dichiarato la nullità per simulazione assoluta del contratto stipulato da Ba.An. e Zi.Ni. quali venditori e Ca.Gi. quale acquirente e del successivo contratto tra Ca.Gi. e Ce.Em.

La presunzione di buona fede dei terzi del negozio simulato

2. Solo Ce.Em. ha proposto appello, impugnando il capo della sentenza relativo alla dichiarazione di inefficacia della vendita da lui conclusa. La Corte d’Appello di Roma ha rigettato l’impugnazione con sentenza n. 5845/2019 pubblicata il 26-9-2019, condannando l’appellante alla rifusione delle spese del grado a favore degli appellati costituiti Mo.Vi., BN. Spa, IF.NP. s.p.a, cessionaria del credito di BN., e Do. Spa già Un.Cr. Spa

La sentenza ha premesso che il capo della sentenza che aveva dichiarato la simulazione assoluta dell’atto di vendita da Ba.Al. e Zi.Ni. a Ca.Gi. era passato in giudicato, perché non era stato impugnato. Ha dichiarato che sussistevano gli elementi presuntivi che consentivano di ritenere la consapevolezza in capo a Ce.Em. dell’accordo simulatorio, consistenti: nella circostanza che nell’atto di vendita a suo favore si attestava l’esistenza della trascrizione della domanda giudiziale, che consentiva a Ce.Em. di conoscere i rapporti contrattuali tra le parti; nella contestualità delle vendite effettuate nella stessa data e avanti lo stesso notaio da Ba.Al. e Zi.Ni. a Ca.Gi. e da questi a Ce.Em.; nella mancata prova del pagamento del corrispettivo, tra l’altro pattuito in misura inferiore al valore di mercato; nella conoscenza tra le parti, in quanto Ce.Em. era zio di Ce.St., la cui moglie era sorella di Ba.Al. Ba.An., mentre all’epoca Ca.Gi. era fidanzato della figlia di Ba.Al. e Zi.Ni. Ha dichiarato che le deduzioni dell’appellante volte a contrastare la valenza probatoria delle presunzioni non erano rilevanti, perché non era stata offerta alcuna ragione verosimile a fondamento della contestualità delle due vendite, il Ce.Em. non poteva ignorare che nell’atto di acquisto era menzionata la trascrizione e non era stata data prova del pagamento del prezzo, avendo Ce.Em. dichiarato nel rendere l’interrogatorio formale di essere stato aiutato dal padre, senza essere in grado di riferire in quale modo fosse stato pagato il prezzo; infine ha rilevato l’inammissibilità delle contestazioni dell’appellante in ordine ai valori attribuiti dal c.t.u. all’immobile e ai lavori di ristrutturazione, in quanto tardivamente svolte in primo grado solo nelle note di replica alla comparsa conclusionale.

La presunzione di buona fede dei terzi del negozio simulato

3. Avverso la sentenza Ce.Em. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.

Mo.Vi., IF.NP. Spa, Fi.2. Srl cessionaria del credito e per essa quale mandataria Do. Spa – nuova denominazione di Do. Spa – hanno resistito con separati controricorsi.

Le altre parti citate BA.NA. Spa, Ba.An., Ca.Gi., Ba.Al., Zi.Ni. e FI.IT. Spa sono rimaste intimate.

Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380-bis.1 cod. proc. civ. e in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio il ricorrente e la controricorrente FI.2. Srl hanno depositato memoria illustrativa.

All’esito della camera di consiglio del 25-9-2024 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente si dà atto che, in ragione dell’esito del giudizio, non si pone questione sulla modalità della notificazione del ricorso per cassazione alle parti rimaste intimate, in applicazione del principio costituzionale sulla ragionevole durata del processo, che impone di evitare comportamenti che ostacolino una sollecita definizione del giudizio, tra i quali rientrano quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuale, non giustificata dalla struttura dialettica del processo (Cass. Sez. 1 11-3-2020 n. 6924 Rv. 657479-01, Cass. Sez. 6-3 17-6-2019 n. 16141 Rv. 654313-01, Cass. Sez. 2 21-5-2018 n. 12515 Rv. 648755-01).

2. Il primo motivo è rubricato “violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 n. 3 c.p.c. nella specie della violazione del principio della prova di cui all’art. 115 c.p.c.” e con esso il ricorrente sostiene che la sentenza impugnata non abbia fondato la decisione sulla conoscenza in capo a Emilio Ce.Em. della simulazione della precedente vendita su delle prove, con la conseguente violazione dell’art. 115 cod. proc. civ.

3. Il secondo motivo è rubricato “violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 n. 3 c.p.c. nella specie della violazione dell’art. 2729 c.c., dell’art. 1147 c.c., dell’art. 1415 co.1 c.c. e dell’art. 116 c.p.c.”. Con esso il ricorrente sostiene che le circostanze valorizzate dal giudice di primo grado non avessero forza probante, in quanto si trattava di presunzioni semplici che non erano gravi, precise e concordanti e perciò sono state ammesse come fonti di prova in violazione degli artt. 2729 cod. civ. e 116 cod. proc. civ. Rileva che tutte le circostanze individuate dalla Corte d’Appello trovano spiegazione logica che esclude la mala fede di Ce.Em., in quanto egli aveva l’esigenza di acquistare l’immobile, nel rogito si dichiarava che il prezzo era stato pagato e in tal senso erano state le dichiarazioni di Ce.Em. nell’interrogatorio formale, era stato dimostrato che l’immobile richiedeva dispendiosi interventi di ristrutturazione, la situazione debitoria di Ba.An. e Zi.Ni. non era conoscibile, il prezzo non era stato così vantaggioso come sembrava. Aggiunge che il grado di parentela non era tale da ritenere l’esistenza di uno stretto legame, non era stata data prova della frequentazione ed evidenzia che, se Ce.Em. non fosse stato in buona fede, non avrebbe acquistato il bene, pagandone il prezzo e sostenendo ingenti spese di ristrutturazione; quindi conclude sostenendo che il quadro era quello di un subacquirente all’oscuro della simulazione. Aggiunge che è stato violato l’art. 1147 cod. civ. secondo il quale la buona fede si presume e che ai sensi dell’art. 1415 cod. civ. occorre la certezza in ordine alla consapevolezza che le parti abbiano simulato il precedente negozio.

La presunzione di buona fede dei terzi del negozio simulato

4. Il secondo motivo di ricorso è infondato.

Non è configurabile violazione degli artt. 1415 e 1147 cod. civ., in quanto la sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione del principio secondo il quale la presunzione di buona fede che assiste coloro che abbiano acquistato in dipendenza del negozio simulato un diritto proprio sulla cosa simulatamente alienata ha valore di presunzione semplice, a superare la quale possono essere utilizzate, quale fonte legittima ed esclusiva del convincimento del giudice, anche delle semplici presunzioni aventi i requisiti prescritti dall’art. 2729 cod. civ. (Cass. Sez. 3 19-9-1979 n. 4814 Rv. 401429-01).

Non è configurabile neppure violazione degli artt. 2729 cod. civ. e 116 cod. proc. civ., in quanto la denuncia di violazione o falsa applicazione dell’art. 2729 cod. civ. ai sensi dell’art. 360 co.1 n. 3 cod. proc. civ. può prospettarsi solo quando il giudice di merito affermi che il ragionamento presuntivo può basarsi su presunzioni non gravi, precise e concordanti, ovvero fondi la presunzione su un fatto privo di gravità o precisione o concordanza ai fini dell’inferenza dal fatto noto della conseguenza ignota e non anche quando la critica si concreti nella diversa ricostruzione delle circostanze fattuali o nella mera prospettazione di una inferenza probabilistica diversa da quella ritenuta dal giudice di merito (Cass. Sez. 2 21-3-2022 n. 9054 Rv. 664316-01, Cass. Sez. L 30-6-2021 n. 18611 Rv. 661649-01, Cass. Sez. 6-3 13-2-2020 n. 3541 Rv. 657016-01). Nella fattispecie il ricorrente in primo luogo nega l’esistenza di dati accertati in fatto dalla sentenza impugnata, quale il mancato pagamento del prezzo da parte di Ce.Em., e perciò propone una diversa ricostruzione in fatto in termini estranei al giudizio di legittimità; è evidente che, nella ricostruzione eseguita dalla sentenza impugnata, il mancato pagamento del prezzo da parte del terzo acquirente Ce.Em., a fronte di rogito di compravendita in cui si dichiarava il già avvenuto pagamento del prezzo, ha costituito l’elemento fondamentale per escludere la buona fede del terzo acquirente. Le ragioni del ricorrente, secondo le quali l’art. 1415 cod. civ. tutela i terzi di buona fede anche se acquirenti a titolo gratuito non sono pertinenti, perché nella fattispecie il mancato pagamento del prezzo in presenza di rogito di compravendita nel quale si dichiarava che il prezzo era stato interamente pagato era elemento indicante che il terzo acquirente aveva partecipato all’operazione simulata. Per il resto il ricorrente, al fine di negare che gli indizi valorizzati dalla sentenza impugnata siano gravi, precisi e concordanti, si limita a riproporne una lettura avulsa dal loro reale contenuto; però, già la Corte d’Appello, nell’esercizio del suo apprezzamento discrezionale incensurabile in questa sede in quanto immune da vizi logici e giuridici, ha spiegato come tale lettura non fosse condivisibile, laddove ha esaminato le deduzioni dell’appellante volte a contrastare la valenza probatoria del quadro presuntivo acquisito in causa.

La presunzione di buona fede dei terzi del negozio simulato

5. L’infondatezza del secondo motivo comporta l’infondatezza anche del primo motivo: la Corte d’Appello ha accertato la mala fede del terzo acquirente sulla base della prova presuntiva, che, essendo nella fattispecie ammissibile, costituiva prova completa alla quale il giudice di merito poteva fare ricorso anche in via esclusiva per la formazione del suo convincimento, essendo la valutazione delle prove rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito e non esistendo nel nostro ordinamento una gerarchia delle prove, al di fuori dei casi di prova legale (Cass. Sez. 3 12-5-1998 n. 4777 Rv. 515354-01, Cass. Sez. 1 4-12-1972 n. 3493 Rv. 361408-01, Cass. Sez. 1 17-5-1969 n. 1686 Rv. 340663-01, per tutte).

6. In conclusione il ricorso è integralmente rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo tenendo conto che uno dei tre controricorrenti ha depositato memoria illustrativa.

In considerazione dell’esito del ricorso, ai sensi dell’art. 13 co. 1-quater D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso;

condanna il ricorrente alla rifusione a favore dei controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità, che liquida per compensi a favore dei controricorrenti Mo.Vi. e IF.NP. Spa in Euro 3.200,00 ciascuno e a favore della controricorrente FI.2. Srl in Euro 4.000,00, oltre 200,00 per spese, 15% sui compensi a titolo di rimborso delle spese forfettarie, iva e cpa ex lege a favore di tutti i controricorrenti.

Sussistono ex art. 13 co.1-quater D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co.1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile della Corte suprema di cassazione il 25 settembre 2024.

Depositata in Cancelleria il 18 ottobre 2024.

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