La prestazione di attività non retribuita a favore della collettività

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|24 febbraio 2021| n. 7195.

La prestazione di attività non retribuita a favore della collettività, cui può essere subordinata la sospensione condizionale della pena, pur non rivestendo natura di sanzione penale, ha contenuto afflittivo e, pertanto, nel caso di revoca del beneficio per il parziale inadempimento della prestazione occorre tener conto, nella determinazione della pena da scontare, delle prestazioni adempiute e delle restrizioni subite dal condannato, con un giudizio analogo a quello svolto per l’affidamento in prova al servizio sociale o la liberazione condizionale.

Sentenza|24 febbraio 2021| n. 7195

Data udienza 19 gennaio 2021

Integrale

Tag – parola chiave: PENA – SOSPENSIONE CONDIZIONALE

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IASILLO Adriano – Presidente

Dott. TARDIO Angela – Consigliere

Dott. SIANI Vincenzo – Consigliere

Dott. CAPPUCCIO Daniele – Consigliere

Dott. RENOLDI Carlo – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nata ad (OMISSIS);
avverso l’ordinanza della Corte di appello di Torino in data 4/3/2020;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Carlo Renoldi;
letta la requisitoria del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. CENICCOLA Elisabetta, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza in data 4/3/2020, accogliendo la richiesta della Procura generale territoriale, la Corte di appello di Torino dispose la revoca della sospensione condizionale della pena accordata a beneficio di (OMISSIS) con sentenza del Tribunale di Torino del 20/2/2015, confermata dalla Corte di appello di Torino in data 8/4/2016. Secondo il Collegio, infatti, la condannata aveva interrotto la prestazione dei lavori socialmente utili cui era stata subordinata l’applicazione del beneficio ai sensi dell’articolo 165 c.p., e non aveva fornito adeguate giustificazioni al riguardo, essendo rimaste sfornite di qualunque riscontro le sue allegazioni circa la sopravvenienza di una patologia che le avrebbe impedito di lavorare e non avendo ella ripreso contatto con l’Amministrazione interessata una volta superata la temporanea condizione di inabilita’.
2. (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione avverso il predetto provvedimento, per mezzo del difensore di fiducia, avv. (OMISSIS), deducendo, con un unico motivo di impugnazione, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex articolo 173 disp. att. c.p.p., la inosservanza o erronea applicazione degli articoli 165 e 168 c.p., nonche’ la mancanza della motivazione in relazione al periodo di lavoro socialmente utile svolto in precedenza. In particolare, il ricorso denuncia, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), da un lato, che la Corte di appello non abbia valutato adeguatamente le circostanze addotte dalla condannata in relazione alle ragioni di salute, comunicate al comune di Susa, che le avrebbero impedito di prestare temporaneamente l’attivita’ lavorativa; e, dall’altro lato, che i Giudici di merito non abbiano tenuto conto del periodo lavoro di pubblica utilita’ svolto prima dell’interruzione. Infine, il provvedimento impugnato non avrebbe preso in considerazione la richiesta dell’interessata di proseguire o di iniziare ex novo un’attivita’ di pubblica utilita’ presso il medesimo o altro ente.
3. In data 29/12/2020 e’ pervenuta in Cancelleria la requisitoria scritta del Procuratore generale presso questa Corte, con la quale e’ stato chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ parzialmente fondato e, pertanto, deve essere accolto per quanto di ragione.
2. Pacifica e non controversa e’ la circostanza che (OMISSIS) abbia interrotto la prestazione dei lavori socialmente utili, cui era stata subordinata la sospensione condizionale della pena. E correttamente il ricorso ha richiamato la giurisprudenza di legittimita’ secondo la quale, ai fini della revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena per inadempimento dell’obbligo di prestazione di attivita’ non retribuita in favore della collettivita’, il giudice di merito, nel riscontrare l’inadempimento del condannato, sia tenuto a verificare se la prestazione lavorativa fosse esigibile e se, dunque, detto inadempimento fosse rimproverabile, dovendo poi valutare, solo successivamente all’esito positivo di tale scrutinio, l’eventuale inattivita’ o scarsa collaborazione del condannato a soddisfare l’obbligo cui sia stato subordinato il beneficio (Sez. 1, n. 10053 del 28/1/2020, Leoncini, non massimata; Sez. 1, n. 49094 del 9/7/2019, Russo, non massimata; Sez. 1, n. 28541 del 22/1/2019, Gagliardi, non massimata; Sez. 1, n. 58060 del 20/10/2017, Coglitore, Rv. 271615; Sez. 1, n. 35809 del 20/4/2016, Gigli, Rv. 267581; Sez. 1, n. 6314 del 10/12/2009, dep. 2010, Esposito, Rv. 246108).
Non e’, tuttavia, condivisibile l’argomentazione difensiva secondo cui l’ordinanza impugnata non si sarebbe fatta carico di accertare il prospettato impedimento fisico derivante da una patologia a un arto superiore (sindrome del tunnel carpale). Infatti, la Corte di appello, pur non soffermandosi diffusamente sulla circostanza allegata, l’ha comunque assunta come dimostrata o, in ogni caso, non contestata; e, tuttavia, essa ha formulato un giudizio di rimprovero nei confronti di (OMISSIS) non tanto per avere interrotto la prestazione lavorativa, quanto piuttosto per essersi del tutto disinteressata della procedura, omettendo di prendere contatto con il comune di Susa una volta superata la condizione di temporanea indisposizione. A nulla rilevando, come correttamente osservato dalla Corte di appello, la circostanza del mutamento di utenza telefonica, che certo non le avrebbe impedito di realizzare una qualche forma di comunicazione con l’Amministrazione per rappresentare la propria intenzione di riprendere nella prestazione delle attivita’ non retribuite.
Detto atteggiamento e’ stato valutato del tutto negativamente dalla Corte torinese, quale indice di marcata inaffidabilita’, con apprezzamento di merito che, in questa sede, si sottrae a ogni censura non potendosi ritenere manifestamente illogico. E con cio’ e’ stata implicitamente respinta anche la richiesta subordinata, tardivamente articolata, di riprendere, a distanza di anni, l’attivita’ prematuramente interrotta.
Ne consegue, pertanto, la sostanziale aspecificita’ delle doglianze sul punto articolate dalla difesa, che omettendo di confrontarsi con il contenuto del provvedimento impugnato si connotano in termini di chiara inammissibilita’.
3. E’, invece, fondata l’ulteriore censura concernente la mancata rideterminazione della pena residua alla luce delle prestazioni non retribuite gia’ svolte, gia’ richiesta, in via subordinata, nel corso del giudizio di merito.
3.1. In proposito, va ricordato che, per costante insegnamento della Corte di cassazione, in caso di revoca della sospensione condizionale della pena per incompleto svolgimento del lavoro di pubblica utilita’ al quale era subordinata, occorre tener conto nella determinazione della pena da scontare delle prestazioni adempiute e delle restrizioni subite dal condannato, con un giudizio analogo a quello svolto per l’affidamento in prova al servizio sociale o la liberazione condizionale (Sez. 1, n. 32649 del 16/6/2009, Lattore, Rv. 244845). Cio’ in quanto la prestazione di attivita’ non retribuita a favore della collettivita’ ha contenuto afflittivo (Sez. 1, n. 4723 del 3/12/2010, dep. 2011, Ciccone, Rv. 249555), sicche’ qualora nella determinazione della pena da scontare non potessero in alcun modo incidere le prestazioni adempiute e le restrizioni subite, si avrebbe un’aggiunta di carico afflittivo che, in quanto determinato da comportamenti che non costituiscono di per se’ reato, si porrebbe in contrasto con gli articoli 3, 13, 36 e 27 Cost., secondo i principi affermati da Corte Cost. n. 282 del 1998 (con riguardo alla liberazione condizionale), da Corte Cost. nn. 185 e 312 del 1985 e n. 343 del 1987 nonche’, interpretativamente, da Sez. U, n. 10530 del 27/2/2002, Martola, in tema di annullamento, di revoca per fatto incolpevole, di revoca per fatto incompatibile e di esito negativo dell’affidamento in prova (Sez. 1, n. 32649 del 16/6/2009, Lattore, in motivazione; Sez. 1, n. 46161 del 5/6/2018, Zanni, non massimata).
4. Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere accolto limitatamente alla determinazione del quantum di pena da espiare, si’cche’ l’ordinanza impugnata deve essere annullata, con rinvio, per nuovo giudizio sul punto, alla Corte di appello di Torino. Nel resto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alla rideterminazione della pena residua da scontare con rinvio per nuovo giudizio sul punto alla Corte di appello di Torino. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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