Le trattative ed il contratto preliminare

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

sentenza 29 aprile 2016, n. 8483

Svolgimento del processo

Pe.Gi. , con atto di citazione del 23 maggio 2000, conveniva in giudizio, davanti al Tribunale di Tivoli, L.F. e, premesso di aver stipulato con il convenuto, in data 3 giugno 1996, una scrittura privata per la vendita di un immobile sito in (omissis) (appartamento e locale garage) chiedeva che accertato l’integrale pagamento del prezzo fosse emessa sentenza costitutiva ex art. 2932 cc., con vittoria di spese.
Si costituiva L.F. , eccependo la nullità del contratto per indeterminatezza dell’oggetto, che il prezzo versato di i 20.000.000 doveva considerarsi solo come anticipo del corrispettivo, tenuto conto del valore di mercato dei beni; che era il promissario acquirente inadempiente all’obbligo di corresponsione del prezzo e, pertanto, il contratto andava risolto per colpa dell’attore, che il contratto era nullo dato che il diritto di superficie che si assumeva essere stato trasferito non era accompagnato dalla forma scritta. Insisteva, in definitiva, per il rigetto della domanda o per la risoluzione del contratto, con vittoria delle spese di lite.
La difesa del convenuto chiedeva che venisse integrato il contraddittorio nei confronti del coniuge del convenuto in regime di comunione dei beni, ma la domanda veniva respinta.
La causa veniva rimessa sul ruolo per l’acquisizione di documentazione sulla regolarità edilizia degli immobili. All’esito del giudizio, il Tribunale di Tivoli, con sentenza n. 72 del 2006, accoglieva la domanda attrice e per l’effetto dichiarava trasferito, in favore del Pe. , l’appartamento ed il garage. Rigettava le domande riconvenzionali proposte dal convenuto e condannava lo stesso al pagamento delle spese del giudizio. A fondamento di questa decisione, il Tribunale di Tivoli riteneva che la scrittura intercorsa tra le parti, in data 3 giugno 1996, avesse tutti i requisiti di un contratto preliminare di vendita; accertava che l’abitazione era stata oggetto di concessione in sanatoria e quanto al garage era stata presentata domanda di condono con i relativi pagamenti dell’oblazione ai sensi della legge n. 326 del2003, a nulla rilevando che la regolarizzazione urbanistica dell’immobile fosse avvenuta successivamente alla stipula del preliminare, sulla base della sopravvenuta disciplina del condono degli abusi edilizi.
Avverso questa sentenza interponeva appello L.F. , chiedendo che venisse dichiarata la nullità assoluta ed insanabile del contratto intercorso tra le parti, non essendo stata provata la regolarità urbanistica e la commerciabilità del bene immobile promesso in vendita ai sensi della legge n. 47 del 1985, nonché venisse dichiarata la nullità, anche perché trattavasi di un bene di cui il convenuto dichiarava di essere superficiario e mancava la prova documentate del dedotto diritto di superficie, per l’inesistenza del prezzo derivante dall’irrisorietà dello stesso.
Si costituiva Pe.Gi. , resistendo al gravame e chiedendo la conferma della sentenza impugnata.
La Corte di Appello di Roma, con sentenza n. 4430 del 2013, rigettava l’appello e confermava la sentenza di primo grado, condividendo le ragioni già espresse dal Tribunale di Tivoli.
La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da P.L. , quale erede del marito L.F. per due motivi. Pe.Gi. ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione

1.- P.L. denuncia:
a) Con il primo motivo del ricorso, la violazione e falsa applicazione dell’art. 1376 cc e dell’art. 17 e 40 della legge n. 47 del 1985 in relazione all’art. 360 n. 3 cpc. Secondo la ricorrente, la Corte romana avrebbe errato nel qualificare il contratto intercorso tra le parti quale contratto preliminare, non considerando che il contenuto di quell’accordo era definitivo (ad effetti reali come previsto dall’art. 1376 cc) tant’è che le parti non erano, neanche, impegnate a riprodurlo nella forma del rogito notarile proprio nella considerazione della definitività della loro pattuizione. Piuttosto, la Corte distrettuale qualificando il contratto, di cui si dice, quale contratto definitivo,avrebbe dovuto applicare l’art. 40 della legge n.47 del 1985 e dichiarare nullo tale contratto perché l’immobile risultava privo della necessaria concessione edilizia. Tuttavia, aggiunge la ricorrente, anche ammesso che l’accordo di che trattasi fosse un contratto preliminare, allo stesso andrebbe applicata la normativa di cui all’art. 40 della legge n. 47 del 1985 perché come è stato affermato da questa Corte con la sentenza n. 23591 del 2013, anche, il contratto preliminare di vendita di un immobile irregolare dal punto di vista urbanistico, deve essere ritenuto nullo.
b) Con il secondo motivo, l’omessa motivazione per travisamento del fatto,circa un punto decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 n. 5 cpc. Secondo la ricorrente, la Corte romana avrebbe omesso di indicare le ragioni per cui la scrittura privata del 3 giugno 1996 fosse un contratto preliminare e non un contratto definitivo.
1.1.- I motivi, che per la innegabile connessione tra gli stessi vanno esaminati congiuntamente, sono in parte inammissibili ed in parte infondati.
1.1.a) È inammissibile la deduzione in ordine alla qualificazione del contratto intercorso tra le parti, quale contratto definitivo, essendo stata dedotta per la prima volta nel giudizio di cassazione, posto che dalla sentenza impugnata risulta che l’attuale ricorrente eccepiva: a) la nullità del contratto preliminare del 3 giugno 1996, per mancanza di causa; b) la nullità assoluta del contratto derivante dalla violazione delle norme urbanistiche ai sensi dell’art. 40 della legge n. 47 del 1985; c) che il giudice non si era pronunciato in ordine all’irrisorietà del prezzo. Comunque, e tuttavia, va qui osservato che nell’ipotesi in cui con il ricorso per cassazione sia contestata la qualificazione attribuita dal giudice di merito al contratto intercorso tra le parti, le relative censure, per essere esaminabili, non possono risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata, ma debbono essere proposte sotto il profilo della mancata osservanza dei criteri ermeneutici di cui agli artt. 1362 e ss. cod. civ. o dell’insufficienza o contraddittorietà della motivazione, e, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso, debbono essere accompagnate dalla trascrizione delle clausole individuative dell’effettiva volontà delle parti (la cui ricerca, che integra un accertamento di fatto, è preliminare alla qualificazione del contratto), al fine di consentire, in sede di legittimità, la verifica dell’erronea applicazione della disciplina normativa.
1.1.b) Sono infondati nella parte in cui si ritiene che la normativa di cui all’art. 40 della legge n. 47 del 1985 sia estensibile anche al contratto preliminare di vendita. E principio consolidato nella giurisprudenza di questa Suprema Corte quello secondo cui la nullità prevista dall’art. 40 della legge 28 febbraio 1985 n. 47 riguarda esclusivamente i contratti ad effetti traslativi, e non coinvolge il preliminare di vendita che abbia ad oggetto un immobile abusivo; e ciò, non soltanto, per un motivo di carattere letterale, in quanto la norma in questione attiene solo agli atti traslativi dei diritti reali sull’immobile, e non agli atti ad efficacia obbligatoria, ma per il rilievo che, successivamente al contratto preliminare, può intervenire la concessione in sanatoria degli abusi edilizi commessi o essere prodotta la dichiarazione prevista dalla stessa norma, ove si tratti di immobili costruiti anteriormente al 1 settembre 1967, con la conseguenza che – in queste ipotesi – rimarrebbe esclusa la sanzione di nullità per il successivo contratto definitivo di vendita (Cass. n. 59/2002, n.6018/1999, n. 1501/1999, n. 8335/1997). Nella fattispecie in esame,successivamente alla stipulazione del preliminare, è intervenuta, come non è contestato e come è stato indicato dalla stessa sentenza impugnata, la concessione in sanatoria, per l’abitazione e quanto al garage era stata presentata domanda di condono con i relativi pagamenti dell’oblazione ai sensi della legge 326 del 2003, e, pertanto, deve ritenersi che, come era consentito stipulare validamente il contratto definitivo, allo stesso modo poteva essere emessa sentenza che producesse gli effetti di questo ai sensi del citato ad. 2932 c.c.. (Cass. n. 2204 del 30/01/2013; n. 28456 del 19/12/2013;n. 13117, del 28/05/2010 n. 14489 del 2005);
1.1.b) Questa Corte conosce la sentenza n. 23591 del 17 ottobre 2013, la quale interrompendo la continuità dell’orientamento costante espresso nella materia da questa Corte ha affermato il principio secondo cui “il contratto preliminare di vendita di un immobile irregolare dal punto di vista urbanistico è nullo perla comminatoria di cui all’art. 40, secondo comma, della L. 28/02/1985 n. 47 che, sebbene riferita agli atti di trasferimento con immediata efficacia reale, si estende al preliminare, con efficacia meramente obbligatoria, in quanto avente ad oggetto la stipulazione di un contratto definitivo nullo per contrarietà a norme imperative”.
Tuttavia, questo Collegio, approfondendo ulteriormente la questione, ritiene di dover confermare l’orientamento costante di questa Corte, intanto, perché: l’affermazione di cui alla sentenza indicata, integra gli estremi di un obiter dictum, la situazione esaminata dalla sentenza citata attiene ad un’ipotesi diversa da quella in esame dato che, in quel caso, l’irregolarità urbanistica riguardava un opera abusiva e non risultava fosse stata sanata, comunque, perché non può non esser rilevato che rimane insuperabile l’indicazione letterale di cui all’art. 40, più volte citato, laddove si afferma che la nullità riguarda esclusivamente i contratti ad effetti traslativi e il contratto preliminare è un tipico contratto ad effetti obbligatori. E di più, va ancora ribadito che secondo la normativa in esame, successivamente al contratto preliminare (che è pur sempre un contratto temporaneo), può intervenire la concessione in sanatoria degli abusi edilizi commessi o essere prodotta la dichiarazione prevista dalla stessa norma, ove si atti di immobili costruiti anteriormente al 1 settembre 1967, con la conseguenza che in queste ipotesi – rimane esclusa la sanzione di nullità per il successivo contratto definitivo di vendita.
Fermo restando il principio che qui si afferma, la nullità del preliminare di vendita avente ad oggetto un immobile irregolare dal punto di vista urbanistico, può, tutt’al più, sostenersi di fronte ad una irregolarità urbanistica grave, come può essere l’assenza di permesso a costruire (o l’equiparata difformità totale), attesa, in ragione del combinato disposto, dagli art. 1346 e 1418 cc., l’impossibilità giuridica dell’oggetto, tale da giustificare legittimamente il rifiuto del promittente acquirente alla conclusione dell’atto definitivo di compravendita.
In definitiva, il ricorso va rigettato e la ricorrente, in ragione del principio di soccombenza ex art. 91 cpc, va condannata al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione che vengono liquidate con il dispositivo.
Il Collegio da atto che, ai sensi dell’art. 13 comma I del DPR n. 113 del 2002, sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, condanna la ricorrente al pagamento in favore di Pe.Gi. , delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 2.500,00di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge,dichiara la sussistenza delle condizioni per il pagamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13. del DPR 115 del 2002.

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